14 Dicembre 2015

Il miglio: il pezzo mancante nel puzzle della transizione degli umani preistorici da cacciatori raccoglitori ad agricoltori

Martin Jones con il miglio nel Nord della Cina (Foto di Martin Jones)
Martin Jones con il miglio nel Nord della Cina (Foto di Martin Jones)

Una nuova ricerca mostra come il cereale oggi familiare ai più come mangime per uccelli, fu trasportato lungo l’Eurasia da antichi pastori e mandriani che posero le basi, in combinazione con le nuove colture che incontravano, dell’agricoltura ‘multi-coltura’ (NdT: ‘multi-crop’ in Inglese) e il sorgere di società stanziali. Gli Archeologi spiegano che il miglio ‘dimenticato’ ha un ruolo da giocarsi nella moderna diversità delle colture e nel dibattito sull’odierna sicurezza alimentare.

La domesticazione del miglio, cereale dai piccoli semi, nel Nord della Cina attorno a 10.000 anni fa, creò la coltura perfetta per fare da ponte tra i cacciatori raccoglitori nomadi e l’agricoltura organizzata nell’Eurasia del Neolitico, e potrebbe offrire soluzioni alla moderna sicurezza alimentare, secondo una nuova ricerca.
Ora una coltivazione dimenticata nell’Occidente, questo cereale robusto – diffuso nell’Occidente oggi come mangime per uccelli – era ideale per gli antichi pastori e mandriani, che lo trasportarono proprio lungo l’Eurasia, dove fu mescolato a coltivazioni come frumento e orzo. Questo diede vita alla ‘multi-coltura’, che in turno gettò i semi delle società urbane complesse. Così nella spiegazione degli archeologi.
Un team composto da membri dal Regno Unito, dagli Stati Uniti e dalla Cina ha tracciato la diffusione del cereale domesticato dal Nord della Cina e dalla Mongolia Interiore nell’Europa, attraverso un “corridoio collinoso” lungo le colline pedemontane dell’Eurasia. Il miglio predilige collocazioni in altezza, non richiede molta acqua, e ha una stagione di crescita breve: può essere raccolto 45 giorni dopo la semina, in confronto ai 100 giorni del riso, permettendo una forma molto mobile di coltivazione.
Le tribù nomadi furono in grado di combinare coltivazioni di miglio con la caccia e il foraggiamento, mentre viaggiavano lungo il continente, tra il 2500 e il 1600 a. C. Il miglio fu infine mescolato con altre coltivazioni nelle popolazioni emergenti, per creare una diversità ‘multi-coltura’, che estese le stagioni di crescita e fornì ai nostri antichi antenati sicurezza alimentare.
Il bisogno di gestire differenti coltivazioni in diversi luoghi, e le risorse idriche richieste, contarono sugli elaborati contratti sociali e sul sorgere di comunità più stanziali, stratificate, e infine di complesse società umane ‘urbane’.
I ricercatori affermano che dobbiamo imparare dai primi agricoltori, quando pensiamo al nutrimento delle popolazioni odierne, e il miglio potrebbe avere un ruolo da giocarsi nel proteggerci da moderne perdite del raccolto e carestie.
“Oggi il miglio è in declino e attrae relativamente poca attenzione scientifica, ma un tempo era tra i cereali più estesamente coltivati, in termini geografici. Siamo stati in grado di seguire il movimento del miglio nelle profondità della storia, da quando si originò in Cina e si diffuse lungo l’Europa e l’India.” Così il professor Martin Jones del Dipartimento di Archeologia e Antropologia dell’Università di Cambridge, che ha presentato oggi (NdT: ieri) le sue scoperte al Forum Archeologico di Shanghai.

“Questi ritrovamenti hanno trasformato la nostra comprensione della prime forme di agricoltura e società. In precedenza si è presunto che la prima agricoltura fosse concentrata nelle valli dei fiumi dove vi è abbondante accesso a fonti idriche. Ad ogni modo, i resti di miglio dimostrano che la prima agricoltura era invece centrata più in alto sulle colline pedemontane – permettendo questo primo sentiero per i cereali ‘esotici’, per il loro trasportoverso  Occidente.”

Coltivatore di miglio a Chifeng nella Mongolia Interna (Foto di Martin Jones)
Coltivatore di miglio a Chifeng nella Mongolia Interna (Foto di Martin Jones)

I ricercatori hanno effettuato datazioni al radiocarbonio e analisi degli isotopi su chicchi di miglio carbonizzato, provenienti da siti archeologici lungo la Cina e la Mongolia Interiore, così come analisi genetiche di varietà moderne di miglio, per rivelare il processo di domesticazione che avvenne lungo migliaia di nani nella Cina Settentrionale e che produsse l’antenato di tutte le forme di Panicum miliaceum nel mondo.
“Possiamo vedere che il miglio nella Cina settentrionale fu uno dei primi centri della domesticazione della coltura, verificandosi sulla stessa dimensione temporale della domesticazione del riso nella Cina meridionale e dell’orzo e del frumento nella Cina occidentale,” ha spiegato Jones.
“La domesticazione è enormemente significativa nello sviluppo della prima agricoltura – gli umani selezionano piante con semi che non si staccano naturalmente e che possono essere raccolti, così lungo diverse migliaia di anni questo crea piante che sono dipendenti dai coltivatori per la riproduzione,” ha affermato.
“Questo significa pure che la composizione genetica di queste colture cambia in risposta al loro ambiente – nel caso del miglio, possiamo vedere che certi generi furono ‘spenti’ mentre venivano presi dagli agricoltori in luoghi lontani da quelli di origine.”
Mentre la rete di agricoltori, pastori e mandriani andava cristallizzandosi lungo il corridoio eurasiatico, condivisero colture e tecniche di coltivazione con altri agricoltori, e in questo, spiega Jones, vi fu l’emergere dell’idea cruciale di  ‘multi-coltura’.

“I primi pionieri dell’agricoltura volevano coltivare a monte, al fine di avere un maggiore controllo sulle loro fonti idriche ed essere meno dipendenti dalle variazioni stagionali meteorologiche o da potenziali vicini a monte,” ha affermato. “Ma quando coltivazioni ‘esotiche’ apparvero in aggiunta alla coltura di base della regione, allora si cominciarono ad ottenere diverse colture in crescita in aree diverse e in diversi periodi dell’anno. Questo è un enorme vantaggio in termini di sostentamento delle comunità contro possibili perdite del raccolto e nell’estendere la stagione della crescita, per produrre più cibo o persino un surplus.
“Ad ogni modo, introduce pure un bisogno più pressante di cooperazione, e gli inizi di una società stratificata. Con alcune persone che crescono le colture a monte alcune attività agricole a valle, c’è bisogno di un sistema di gestione idrica, e non si può avere una gestione idrica e una rotazione stagionale delle colture, senza un elaborato contratto sociale.”
Verso la fine del secondo e primo millennio a. C. grandi insediamenti umani, sostenuti da un’agricoltura multi-coltura, cominciarono a svilupparsi. I primi esempi di testo, come le tavolette in argilla dalla Mesopotamia, e le ossa oracolari dalla Cina, alludono all’agricoltura multi-coltura e alla rotazione stagionale.
Ma l’importanza del miglio non è solo nel trasformare la nostra comprensione del nostro passato preistorico. Jones crede che il miglio e altre colture dai piccoli semi possano giocare un ruolo importante nell’assicurare la futura sicurezza alimentare.
“L’attenzione della ricerca per la sicurezza alimentare oggi è rivolta alle colture con alte rendite, riso, mais e frumento, che alimentano il 50% della catena alimentare umana. Ad ogni modo, questi costituiscono solo tre di 50 tipologie di cereali, la maggior parte dei quali sono cereali con chicchi piccoli o “migli”. Potrebbe essere ora di considerare se i migli abbiano un ruolo da giocare in una risposta variegata a perdite del raccolto e carestie,” ha spiegato Jones.
“Abbiamo bisogno di comprendere di più sul miglio e su come possa essere parte della soluzione alla sicurezza alimentare globale – potremmo ancora avere molto da imparare dai nostri predecessori neolitici.”
Immagini: Martin Jones con il miglio nel Nord della Cina (Foto di Martin Jones); Coltivatore di miglio nella Mongolia Interna a Chifeng (Foto di Martin Jones).

 

Traduzione da University of Cambridge. L’Università di Cambridge non è responsabile dell’accuratezza della traduzione.

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