6 – 19 Ottobre 2015
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Solo pochi anni fa (2010) fece scalpore la vicenda di Beppe Bigazzi, che durante la trasmissione “La prova del cuoco”, rievocò il consumo di carne di gatto negli anni ’30 e ’40 in Valdarno.
Nelle gran parte delle società occidentali, difatti, la pratica costituisce un tabù: solo in pochissime aree ci si sognerebbe di mangiare il proprio animale domestico.
Tuttavia, non è così ovunque nel mondo. In Asia, 4 milioni di gatti vengono consumati ogni anno, per preferenza o superstizione, oltre che per insicurezza alimentare. Anche in Africa l’animale viene mangiato.
Un nuovo studio ha esaminato il consumo di carne di gatto in Madagascar (dove anche a causa dell’instabilità politica la pratica è aumentata), e le ripercussioni della cosa sulla salute pubblica. Ben il 34% degli intervistati ha consumato la carne di gatto nell’ultima decade, ma questo sarebbe stato determinato da opportunismo: si tratta di gatti regalati, o che si sono acquisiti in modo casuale (ad esempio, a seguito di un incidente). Non si tratterebbe perciò di una risposta alle difficoltà economiche. Per questo motivo, la cosa può costituire un rischio per la salute pubblica e per la diffusione di determinate malattie (tra cui la toxoplasmosi).
Lo studio “Consumption of Domestic Cat in Madagascar: Frequency, Purpose, and Health Implications”, di Raymond Czaja, Abigail Wills, Sahondra Hanitriniaina, Kim E. Reuter & Brent J. Sewall, è stato pubblicato su Anthrozoös: A multidisciplinary journal of the interactions of people and animals.
Link: Anthrozoös: A multidisciplinary journal of the interactions of people and animals; Taylor & Francis Newsroom.
Gatto, foto di David Corby (Edited by: AradImage:Kittyplya03042006.JPG), da WikipediaCC BY 2.5, caricata da Arad.
 

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