Ricerca italo-danese pubblicata su Nature Scientific Report

PASSAGGIO A NORD-OVEST

LIBERO DAI GHIACCI 8MILA ANNI FA

Andrea Spolaor alle Svalbard
Andrea Spolaor alle Svalbard

Analisi su carota di ghiaccio della Groenlandia rivela la storia del ghiaccio marino artico. Obiettivo migliorare le proiezioni climatiche future

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VENEZIA –  Nelle estati di 8mila anni fa, quando la temperatura del pianeta era circa due gradi superiore all’attuale, il passaggio a Nord-Ovest era sgombro dal ghiaccio marino. La scoperta è frutto dell’analisi di campioni di ghiaccio estratti in Groenlandia, attraverso i quali è stato possibile stimare l’estensione della calotta artica nel corso degli ultimi 10mila anni. La ricerca, pubblicata su Scientific Reports, è stata condotta da scienziati dell’Università Ca’ Foscari Venezia, del Consiglio nazionale delle ricerche e delNiels Bohr Institute di Copenhagen.

Campo alle Svalbard
Campo alle Svalbard

Si tratta della prima ricostruzione attendibile della storia del ghiaccio marino artico, osservato grazie ai satelliti solo a partire dal 1970. Il risultato è stato reso possibile grazie a un’intuizione degli scienziati: tracce di bromo trovate nei ghiacci della Groenlandia indicano la quantità di ghiaccio marino formatosi in inverno a centinaia di chilometri di distanza dal luogo del carotaggio.

 «Nella stagione primaverile una reazione chimica innesca il rilascio in atmosfera di grandi quantità di bromo naturalmente presente nel ghiaccio marino – spiega Andrea Spolaor, glaciologo del Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica di Ca’ Foscari -. Il vento lo trasporta e con la neve si deposita sulla crosta ghiacciata della Groenlandia, spessa chilometri. Nei nostri laboratori di Venezia siamo in grado di misurare la quantità di bromo immagazzinata nei millenni negli strati delle carote di ghiaccio estratte nel continente e stimare così la quantità di ghiaccio marino stagionale».

 La scoperta apre la strada sia ad analisi che possono ricostruire 120mila anni di storia di calotta artica, sia al perfezionamento delle proiezioni climatiche future, calcolate finora senza dati precisi sul ghiaccio marino, la cui estensione influisce sulla riflessione delle radiazioni solari, correnti marine, habitat, ma anche, ai nostri giorni, sulle rotte commerciali tra Europa e Nord America.

«Il riscaldamento globale potrebbe portarci a condizioni climatiche già verificatesi sul pianeta 8-10mila anni fa, con un Oceano Artico più caldo di 2-3 gradi e privo di ghiaccio in estate. Resta da capire quando raggiungeremo queste condizioni, oggi innescate dai gas serra – commenta Carlo Barbante, co-autore della ricerca, direttore dell’Istituto per le dinamiche dei processi ambientali del Consiglio nazionale delle ricerche (Idpa-Cnr) e professore all’Università Ca’ Foscari Venezia –. L’aver scoperto un metodo per ricostruire la storia del ghiaccio marino potrà aiutarci a comprendere meglio le sue interazioni con il clima futuro, con implicazioni rilevanti per l’ambiente e l’economia».

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L’articolo: Canadian Arctic sea ice reconstructed from bromine in the Greenland NEEM ice core

pubblicato su http://www.nature.com/articles/srep33925

Andrea SpolaorPaul VallelongaClara TurettaNiccolò MaffezzoliGiulio CozziJacopo Gabrieli, Carlo BarbanteKumiko Goto-AzumaAlfonso Saiz-LopezCarlos A. CuevasDorthe Dahl-Jensen

Testo e immagini da Ufficio Comunicazione Università Ca’ Foscari Venezia

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