2 Novembre 2015
Il primo progetto archeologico polacco in Bosnia-Erzegovina
Dalla prima metà del primo secolo, veterani e legionari che ricevevano terre dagli Imperatori venivano qui. Ecco perché quest’area è così ricca, e soccombette rapidamente alla Romanizzazione. Qui, nell’attuale municipalità di Ljubuški nella Bosnia-Erzegovina occidentale, scienziati dell’Istituto di Archeologia dell’Università di Varsavia hanno cominciato il loro studio.
Le due settimane di ricerca sul campo di quest’anno sono cominciate agli inizi di Ottobre. L’obiettivo è quello di studiare l’insediamento del periodo romano e la Tarda Antichità.
“Fino ad ora, abbiamo localizzato i resti di un ponte nascosto sott’acqua, il corso di alcune delle strade e la collocazione degli insediamenti principali. I reperti più antichi datano approssimativamente a duemila anni” – ha spiegato Tomasz Dziurdzik, a capo della spedizione, dottorando all’Istituto di Archeologia dell’Università di Varsavia.
Il patrimonio archeologico di questa regione presenta pochi rilevamenti e documentazioni da parte dei professionisti locali. Il conflitto armato negli anni novanta del secolo scorso ha contribuito a questa situazione. “La guerra ha causato un declino di lungo periodo nel sistema di protezione del patrimonio storico e archeologico, e di conseguenza molti siti sono stati distrutti o sono attualmente minacciati dalle costruzioni moderne” – ha aggiunto Dziurdzik.
Attualmente, gli scienziati polacchi verificano i dati inaccurati precedenti la guerra nell’ex-Yugoslavia. Nelle loro attività utilizzano tecnologie avanzate. Entrano nei siti archeologici visitati sul database GIS (Sistema di Informazione Geografica, NdT: Geographic Information System) – segnano la loro posizione GPS, aggiungono foto. Nei loro lavori, sono aiutati dalla ricognizione aerea, esaminano pure immagini satellitari. La preparazione di modelli 3D dei siti è pure in programma. “Questa è la prima applicazione di metodi archeologici moderni e non distruttivi nell’area” – ha affermato Dziurdzik.
Localizzare diversi insediamenti vecchi di duemila anni fa, la cui collocazione era precedentemente ignota, prova che i metodi utilizzati dai Polacchi sono efficaci. Ancora in attesa di essere scoperto è il Forte Romano: secondo le fonti scritte esisteva vicino Narona, una delle più importanti città nella provincia romana della Dalmazia. Gli Archeologi sostengono che si tratta di un’area di studio molto interessante a causa della ricchezza e diversità del patrimonio archeologico.
“Abbiamo stabilito una cooperazione di lungo periodo con gli archeologi locali e le istituzioni – programmiamo ulteriori progetti in comune, compreso lo sviluppo di rilevamenti non invasivi con prospezioni geofisiche e scavi” – ha concluso Dziurdzik.
Il progetto è stato implementato in cooperazione con l’Università di Mostar e la municipalità di Ljubuški. Il progetto di ricerca ha ricevuto supporto finanziario dal Consiglio Consultivo del Movimento Scientifico Studentesco presso l’Università di Varsavia. Gli attuali resoconti degli archeologi dell’area sono disponibili online.
“Fino ad ora, abbiamo localizzato i resti di un ponte nascosto sott’acqua, il corso di alcune delle strade e la collocazione degli insediamenti principali. I reperti più antichi datano approssimativamente a duemila anni” – ha spiegato Tomasz Dziurdzik, a capo della spedizione, dottorando all’Istituto di Archeologia dell’Università di Varsavia.
Il patrimonio archeologico di questa regione presenta pochi rilevamenti e documentazioni da parte dei professionisti locali. Il conflitto armato negli anni novanta del secolo scorso ha contribuito a questa situazione. “La guerra ha causato un declino di lungo periodo nel sistema di protezione del patrimonio storico e archeologico, e di conseguenza molti siti sono stati distrutti o sono attualmente minacciati dalle costruzioni moderne” – ha aggiunto Dziurdzik.
Attualmente, gli scienziati polacchi verificano i dati inaccurati precedenti la guerra nell’ex-Yugoslavia. Nelle loro attività utilizzano tecnologie avanzate. Entrano nei siti archeologici visitati sul database GIS (Sistema di Informazione Geografica, NdT: Geographic Information System) – segnano la loro posizione GPS, aggiungono foto. Nei loro lavori, sono aiutati dalla ricognizione aerea, esaminano pure immagini satellitari. La preparazione di modelli 3D dei siti è pure in programma. “Questa è la prima applicazione di metodi archeologici moderni e non distruttivi nell’area” – ha affermato Dziurdzik.
Localizzare diversi insediamenti vecchi di duemila anni fa, la cui collocazione era precedentemente ignota, prova che i metodi utilizzati dai Polacchi sono efficaci. Ancora in attesa di essere scoperto è il Forte Romano: secondo le fonti scritte esisteva vicino Narona, una delle più importanti città nella provincia romana della Dalmazia. Gli Archeologi sostengono che si tratta di un’area di studio molto interessante a causa della ricchezza e diversità del patrimonio archeologico.
“Abbiamo stabilito una cooperazione di lungo periodo con gli archeologi locali e le istituzioni – programmiamo ulteriori progetti in comune, compreso lo sviluppo di rilevamenti non invasivi con prospezioni geofisiche e scavi” – ha concluso Dziurdzik.
Il progetto è stato implementato in cooperazione con l’Università di Mostar e la municipalità di Ljubuški. Il progetto di ricerca ha ricevuto supporto finanziario dal Consiglio Consultivo del Movimento Scientifico Studentesco presso l’Università di Varsavia. Gli attuali resoconti degli archeologi dell’area sono disponibili online.
Traduzione da PAP – Science & Scholarship in Poland. PAP non è responsabile dell’accuratezza della traduzione.
1 Comment
Incredibilmente interessante!
Un lavoro importante e rischioso che porterà a numerosissime scoperte di ogni tipo e di notevole importanza.