L’incredibile Buovo d’Antona di Carlo Goldoni e Tommaso Traetta

Qualche anno fa, mentre si attraversava Venezia e ci si perdeva tra i suoi calli, capitava spesso di sentire il nome di Tommaso Traetta, un compositore del Settecento, che ha avuto l’insolita quanto rara fortuna di vedersi riconoscere il suo talento in vita. Adesso non tutti lo conoscono, perché non ha assunto la fama popolare di Mozart o Beethoven. Per chi è nato e cresciuto a Bitonto, la sua città natale, è un oltraggio non conoscere il celeberrimo Traetta, ma la crudele verità è che solo gli specialisti conoscono il suo nome, molti dei quali neppure italiani. Eppure, si sta tentando da qualche anno di ristabilire la sua antica fama popolare, attraverso molti festival operistici e non, primo tra tutti il Traetta Opera Festival (TOF), un festival che intenda promuovere il compositore e tentare di far luce su aspetti della sua musica non ancora del tutto chiari. Perfino, della sua bibliografia.

Corte Fenice, casa natale di Tommaso Traetta, nel centro storico di Bitonto. Foto di 92bari, CC BY-SA 3.0

Nato a Bitonto, Traetta ha girato molto l’Italia sin da quando era piccolo, ma se Napoli è il luogo della sua formazione, Venezia è la città dove ha vissuto i momenti più salienti della sua esistenza: dal matrimonio al battesimo del figlio. Qui che è divenuto il direttore dell’Ospedaletto (Ospedale di Santa Maria dei Derelitti), il conservatorio di Venezia dove erano ricoverate delle orfanelle e dove queste ultime venivano istruite nel bel canto. Compose per loro il Miserere, destinato ad un coro esclusivamente femminile. Traetta è profondamente legato alla città di Venezia e vi morì all’età di cinquantadue anni, compianto dai suoi contemporanei.

È incredibile che, nonostante la terribile crisi economica che stava attraversando l’Italia in quegli anni, il compositore conobbe un successo incredibile, ma, considerando quanto grande fosse l’importanza che si dava alla cultura in quel periodo, quando a Venezia la lirica attirava sempre più pubblico pagante, si possono comprendere le ragioni del suo successo.

Tommaso Traetta Buovo D'Antona
La statua di Tommaso Traetta a Bitonto. Foto di Emanuele Porzia

Eppure, nonostante la varietà delle sue opere e il notevole successo della sua musica, non solo nell’ambito italiano ma anche, e soprattutto, europeo, Traetta è stato conosciuto decisamente tardi nel suo paese natale che, addirittura, inizialmente dedicò il suo teatro al monarca Umberto I e non al suo famoso compositore, cosa avvenuta recentemente. D’altro canto, la notizia appare meno sorprendente alla luce del fatto che la sua fama sia stata più grande all’estero e nel nord Italia. Bitonto, in effetti, ha scoperto e rivalutato piuttosto in ritardo il suo noto compositore. E difatti, attualmente, la città conserva davvero poco dei suoi spartiti originari, eccezion fatta di una copia del celebre Stabat Mater, appartenuta a Gian Donato Rogadeo, donata alla città e attualmente conservata nella Biblioteca comunale.

Tommaso Traetta è una figura avvolta nel mistero e del compositore non si conosce con assoluta certezza neppure il volto, spesso rappresentato in maniera diversa da ritratto a ritratto. Così come poco si sa dell’uomo e delle sue passioni, se non attraverso le sue opere, suo straordinario e variegato lascito, oggetto affascinate di studio e di approfondimento. Prima che vi fosse questo periodo di emergenza sanitaria, a Bitonto presso il teatro Traetta sono state portate in scena le tre opere del ciclo comico di Traetta, scritte da Carlo Goldoni e portate in scena per la prima volta a Venezia: Il cavaliere errante, Le serve rivali e il Buovo d’Antona. In questa sede, si tenterà di analizzare da un punto di vista letterario proprio quest’ultima opera, straordinaria nella sua profondità e  modernità.

Il Teatro Traetta a Bitonto: qui sono state portate in scena le tre opere del ciclo comico di Traetta, scritte da Carlo Goldoni e portate in scena per la prima volta a Venezia: Il cavaliere errante, Le serve rivali e il Buovo d’Antona. Foto di Emanuele Porzia

Protagonista della commedia (in musica) è proprio il cavaliere Buovo d’Antona, oggi forse meno noto di altri celeberrimi paladini, come Orlando e Rinaldo. La storia originale di Buovo d’Antona (eroe cavalleresco di origine inglese, in quel contesto noto con il nome di Bevis of Hampton) è molto diversa da quella musicata da Traetta, eppure si possono notare dei temi ricorrenti, come quello della conquista del regno. Infatti, Bevis era figlio del re di Antona (Hampton) e della figlia del re di Scozia. Quest’ultima, nella versione originale, avrebbe spinto l’imperatore di Alemannia, innamorato di lei, ad attaccare il consorte, ucciderlo e a prenderne il trono. Buovo sarebbe stato tratto in salvo dal precettore, per poi anni dopo vendicarsi e riprendere il trono. Inoltre, c’è un’altra versione, secondo cui la madre avrebbe venduto il piccolo Buovo a dei mercanti, a sua volta conquistato dal re di Armenia. Questi aveva una bellissima figlia, di cui Buovo si sarebbe innamorato crescendo. Questo filone è interessante perché Buovo è di classe inferiore, ma riesce comunque a sposarsi, una volta recuperato il regno.

Veniva cantato nelle chansons anglo-normanne ed è sopravvissuto nella memoria popolare, grazie alla raccolta dei Reali di Francia di Andrea Barberino, un autore italiano del Quattrocento. Il quarto libro è, infatti, interamente dedicato al cavaliere e Goldoni riprende e rielabora una storia abbastanza conosciuta. Ma, contrariamente all’epoca, non la riempie di quei personaggi ‘volgarotti’ che fanno ridere il pubblico o dei soliti ruoli fissi dell’opera buffa: si tratta di persone comuni, prese dalla quotidianità, alle prese con un sentimento che era ben presente nella sua epoca, e cioè quel desiderio di riscatto che serpeggiava e impreziosiva quelle vite che, fino a poco tempo prima, parevano già scritte. Ma, innanzitutto, la trama.

Il povero Buovo è stato cacciato da Antona, insieme al suo fedele scudiero Striglia, perché il malvagio Maccabruno l’ha defraudato del regno e della bellissima Drusiana, amata da entrambi. Questo tiranno era interpretato da un eunuco nel lontano Settecento o, meglio, da un uomo evirato, pratica particolarmente diffusa e approvata dal pubblico. Attualmente, quindi, una categoria assente, che viene rimpiazzata da donne in abiti maschili. Tornando alla storia, Maccabruno, per quanto sia malvagio, è realmente innamorato di Drusiana e, allora, cerca di farsi strappare una promessa di matrimonio. Drusiana, vista l’insistenza, gli promette che lo sposerà solo se Buovo non sarà di ritorno per tre anni.

Naturalmente, l’opera si apre con il ritorno del cavaliere e dello scudiero, travestiti da poveri pellegrini, che subitamente vengono intercettati da Menichina e Cecchina, due umili fanciulle innamorate dell’uno e dell’altro. Cecchina e Striglia subito si innamorano, perché della medesima classe sociale, ma è diverso per Menichina che è di rango inferiore. Eppure, si fa promettere da Buovo di sposarla e questi giura che, se Drusiana non gli è stata fedele, prenderà in sposa la fanciulla. È un personaggio intraprendente quello di Menichina, coraggioso, straordinariamente moderno, e nel corso dei tre atti è sempre meno propenso e troppo scaltro per farsi manovrare da Buovo, deciso com’è nell’intento di sposarlo. E nel tentativo di riuscirci affina le sue arti seduttive, rivelandosi molto simile alla ben più celebre protagonista della Locandiera goldoniana.

Le due ragazze devono, però, nascondere l’arrivo dei giovani da Capoccio, un mugnaio assai fedele a Maccabruno, di certo per codardia e non per sincera devozione. Eppure, l’impresa appare ardua, quanto verificare la fedeltà di Drusiana, personaggio di Drusiana è molto ambiguo e squisitamente complicato. La donna in questione è stanca di aspettare il ritorno di Buovo e vorrebbe sposare l’usurpatore del suo trono. E, inizialmente, pare una scelta di comodo, ma più la trama progredisce, più si comprende che è seriamente innamorata di Maccabruno.

Vive una tormentata guerra interiore tra quello che dovrebbe fare, cioè aspettare Buovo, e quello che vorrebbe fare, alias sposare il suo rivale, a sua volta tremendamente innamorato di lei. Si preoccupa della sua salute più che del regno, tanto da chiamare medici a destra e a manca per farla guarire, ignorando del tutto il campo di battaglia che le siede all’interno. Buovo e Striglia si presentano a corte travestiti da medici e scoprono l’amara verità.

Il cavaliere tenterà di farle cambiare idea, ma otterrà solamente un incrementarsi dei sensi di colpa di Drusiana e della rabbia di Menichina. Eppure, giunge una notizia che porta un senso di pace, almeno nella promessa di Buovo: questi è morto. Adesso Drusiana non necessita più di mentire e può sposare il suo amato. Buovo ne approfitta per riprendersi il trono, ma una volta riuscito non si vendica di Maccabruno o di Drusiana. Dà al entrambi un marchesato da governare, oltre che la sua benedizione. Intanto, sposerà Menichina.

È incredibile quanti elementi di novità siano presenti in questa commedia: innanzitutto, Buovo non sposa Drusiana, come ci si aspetterebbe, ma la povera figlia di un mulinaro, Menichina, un personaggio fuori dagli schemi e che non manca di essere irriverente con Buovo, specialmente nel terzo atto.  Per non parlare di Maccabruno che non impersona il solito cattivo, ma un personaggio impulsivo, affatto senza cuore, di cui Drusiana finisce con l’innamorarsi, sebbene sia così difficile ammetterlo, visto che non sta bene innamorarsi del cattivo e scordarsi del buono… del Buovo, in questo caso. E motore di questa storia sono proprio le donne, a cui Goldoni dà parola, potere e azione, nonché la possibilità di avere l’amore che desiderano, anche se si tratta del cattivo, anche se si è innamorati del ricco, anche se siamo nel Settecento.

Tommaso Traetta
Bitonto: la statua di Tommaso Traetta, che ha musicato il Buovo d’Antona. Foto di Kasimix, CC BY-SA 4.0

Riferimenti Bibliografici

Goldoni, Traetta, Buovo d’Antona. Dramma giocoso per musica, testi di Carlo Goldoni, musiche di Tommaso Traetta, su www.librettidopera.it

Staffieri, Un teatro tutto cantato. Introduzione all’opera italiana, Carocci Editore, Roma 2012.

Dorsi, Storia dell’opera italiana. Il Seicento, il Settecento (Vol.1), Casa Musicale Eco, Roma 2016.

Coletti, Da Monteverdi a Puccini. Introduzione all’opera italiana, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino 2017.

 

Nata a Bitonto nel ’94, ha studiato Lettere Classiche e Filologia Classica. Nel 2021 si è laureata in Scienze dello Spettacolo. Giornalista Pubblicista, collabora con più testate online. Attualmente frequenta il master in Critica Giornalistica alla Silvio D’Amico. I suoi interessi e studi riguardano la letteratura, il cinema e il teatro.

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