L’esordio di Elisabetta Giromini, Centomila tulipani, uscito per i tipi di Morellini editore, è un romanzo che si legge molto velocemente, un page-turner che mi ha conquistato fin dall’incipit e poi mi ha portato per mano fino alla nota conclusiva.
Di questo libro mi è rimasta attaccata addosso una sensazione di bellezza, di empatia, anche di disagio, quello che prova Daria, la protagonista, nei confronti del mondo che conosceva e che ora non esiste più, di “ignoto”.
Questa è una parola che ritengo fondamentale per intavolare una discussione su Centomila tulipani perché come Giromini ci descrive l’Iran, una terra a noi lontana e forse anche sconosciuta in gran parte, ci permette di capire davvero la differenza tra Oriente e Occidente, tra Paesi e culture che non seguono nemmeno lo stesso calendario. Eppure, i sentimenti sono gli stessi per chiunque – questa è la grandezza dell’essere umano: l’unicità e la comunanza allo stesso tempo – , la passione per un sogno, l’amore e la sessualità, il desiderio di libertà e la discrepanza tra ciò che le realtà è e come la vorremmo.
La protagonista, Daria, è una studentessa italiana di archeologia – e il lavoro è descritto così bene nelle pagine che pensavo fosse il lavoro dell’autrice – con una grande passione per la cultura iraniana e un desiderio che le scava dentro: quello di fuggire dall’incertezza per il futuro e dal rapporto complesso e litigioso con la madre. Si può dire che la missione in Iran cui partecipa grazie al professore che la segue per la tesi le cambia la vita. A Persepoli conosce Payam e tra i due si istaura fin da subito una relazione speciale, fatta di silenzi e sguardi, di mani sfiorate in segreto, di quel suono dolce di lingue straniere e dei passi che risuonano nella notte, tutto di notte, quando nessuno li vede e li può giudicare o, peggio, arrestare.

Nel clima delle elezioni politiche del Paese, Daria si perde completamente in Iran, mostrandoci, grazie alla grande competenza in fatto di viaggi di Giromini, come i dettagli e le storie nascoste al governo e all’autocrazia islamica siano fonte di ispirazione e di meraviglia. Ho davvero avuto l’impressione di conoscere luoghi, attraverso la lettura, che per molti motivi mi sono preclusi. La grandezza delle descrizioni di Centomila tulipani è proprio la capacità di Giromini di farti entrare non solo all’interno della storia e del dramma di Daria e Payam, ma anche nei luoghi, nelle strade, nelle case presentate e tratteggiate con tanti punti di luce e alcuni di ombra, a rappresentare un tempo che non è nostro, ma solo loro. E infatti sul tempo mi voglio concentrare: sebbene il romanzo si spalmi nell’arco di molti anni, il tempo che percepisce il lettore è quello interno, quello intimo dei personaggi, che non vogliono capire quanti giorni siano passati o se è mattino o sera, ciò che vogliono è vivere il qui e ora, il presente, in una culla della civiltà che non è quella abituale, tutto è straniero, è estraneo, eppure tutto diventa casa.
Ciò che più mi ha colpito è anche l’arco di trasformazione di Daria, da ragazza indecisa e timorosa a donna forte e fragile allo stesso tempo, che vorrebbe avvicinarsi a un’idea di perfezione che le scappa sempre, non si lascia afferrare e la modella con i palmi delle mani in una giovane che sa cosa vuole ma ha paura di ottenerlo. Daria ha timore della felicità? Io dico di sì, e il terrore per le cose belle è così umano che fa tenerezza, la vorresti abbracciare e confortare, alla ricerca anche tu, insieme a lei, di quel padre che se n’è andato di casa quando lei era piccola. Una ferita fatale? Anche qui, credo di sì.
Lo stile del romanzo è interessante, ho avvertito un guizzo poetico che ti permette di favoleggiare su questi luoghi esotici senza però dimenticare i drammi personali che ognuno vive nella storia.
Una lettura che consiglio per profondità, capacità di introspezione e montaggio della trama, temi e personaggi. Per quanto il mondo sia così diviso da conflitti esterni e interni, c’è solo una forza che regge tutto, lo dicevano i Greci: l’amore per gli altri. E ciò che deve imparare Daria: l’amore per sé.


