18 Luglio 2015

Come la scultura classica contribuì a creare standard irraggiungibili di bellezza

Cosa intendiamo quando diciamo che qualcuno possiede una bellezza ‘classica’? Sono appropriati i nudi maschili nell’arte, alla visione da parte di un pubblico di famiglie? Guardando alle discussioni innescate dall’apertura, nel 1854, di una mostra sulla statuaria greca e romana, la dott.ssa Kate Nichols esplora le modalità con le quali le nozioni di bellezza, moralità e genere sono intrecciate.

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Gli sforzi che facciamo per modellare i nostri corpi al fine di raggiungere l’ideale confinano con l’estremo. Agli inizi di questa estate i pubblicitari di prodotti per la perdita del peso fecero infuriare migliaia di Londinesi in metropolitana, chiedendo: il tuo corpo è pronto per la spiaggia? L’immagine di accompagnamento mostrava una modella infelicemente magra, con un bikini minuscolo. Un recente sondaggio indica un’impennata di sei volte nel numero di uomini che utilizzano steroidi anabolizzanti, ampiamente noti per i loro effetti dannosi, al fine di incrementare i propri muscoli nella ricerca di un corpo da dio greco.

Da dove provengono le idee sulla bellezza del corpo? Nel suo recente libro, la dott.ssa Kate Nichols, ricercatrice al CRASSH, esplora le connessioni tra bellezza, moralità e nudità attraverso il prisma delle risposte del pubblico alla scultura classica portata alle masse dal Crystal Palace a Sydenham. Nel 1854 queste rappresentazioni di calchi in gesso di dei ed eroi, molti dei quali senza uno straccio di vestito, accesero feroci discussioni sui corpi e sulla perfezione, su ciò che è appropriato e su cosa non lo è.
Nichols guarda anche al dibattito sulle oscenità che comparvero specificamente dalle esibizioni di sculture di corpi nudi maschili al Crystal Palace. Agli occhi moderni, la scultura classica è l’apice della rispettabilità, incarnando la tradizione e (come da titolo della mostra di successo del British Museum) ‘definendo la bellezza’. Ma non è sempre stato così.
“Sculture maschili nude sono state in mostra al British Museum a partire dai primi anni dell’Ottocento, senza proteste. Il Crystal Palace attrasse più del doppio dei visitatori del British Museum – 2 milioni circa ogni anno, e da un pubblico di massa composto da tutte le classi sociali. Per molti, l’idea della nudità in mostra a tale pubblico era profondamente scioccante,” spiega Nichols.
L’8 Maggio 1854, il Times pubblicò una lettera indirizzata ai direttori del Crystal Palace. Progettato per la Grande Esposizione del 1851, il palazzo è stato spostato da Hyde Park al sobborgo di Sydenham, nella parte meridionale di Londra. Qui, l’edificio è stato ricostruito per ospitare una mostra che mirasse a portare arte e cultura alle masse. Gli oggetti in mostra furono disposti, in una serie di giganteschi ‘cortili’, per raccontare la storia della civilizzazione attraverso l’arte e l’architettura.
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Firmata dall’Arcivescovo di Canterbury e diversi vescovi, la petizione chiedeva che i calchi in gesso delle statue nude maschili in mostra nel cortile greco fossero vestiti dell’‘usuale foglia’ per riflettere il modo con cui certe parti del corpo sono coperte nella vita quotidiana. L’‘usuale foglia’ è un riferimento piuttosto tenero alle foglie di fico che sono spesso impiegate per preservare la modestia delle rappresentazioni della figura umana maschile.
“Dal sedicesimo secolo in poi, vari Papi insisterono perché si collocassero foglie di fico per coprire i genitali delle sculture maschili in mostra negli spazi pubblici in Italia. Nella Firenze del sedicesimo secolo, il David di Michelangelo fu un particolare motivo di disputa,” spiega Nichols.
Le reazioni alla lettera del Times furono confuse. Lo stesso giornale derise il bisogno di ricreare le “prime mode del paradiso” – ma i vescovi ottennero che si facesse a modo loro. A una società specializzata fu commissionata la realizzazione di foglie di fico per coprire i genitali di parecchie statue maschili.
Gli dei e gli eroi greci che trovarono i propri genitali scomparsi tra parti di fogliame, comprendono l’Ercole Farnese dai muscoli prominenti, le figure contorte di Laoconte e dei suoi figli, e lo slanciato Apollo del Belvedere. “I calchi di tutti e tre furono fatti da sculture celebrate e ospitate in Italia, e furono punti di riferimento chiave per le élite istruite che facevano il Gran Tour al fine di ampliare i propri orizzonti estetici,” spiega Nichols.

“La richiesta da parte dell’Arcivescovo e dei suoi sostenitori fu un modo sottilmente velato di dire che i visitatori della classe operaia, e coloro che non erano istruiti nell’arte classica, sarebbero stati incapaci di apprezzare la purezza e la bellezza della scultura classica a un livello cerebrale adeguato. È un’ammissione del bisogno di assorbire un insieme di tecniche culturali al fine di guardare alle opere d’arte – non è innato.”
L’accesa discussione su quella che oggi potremmo chiamare l’‘adeguatezza’ della scultura nuda  fu incastonata in questioni che provocarono sentimenti appassionati nella società vittoriana. Il pubblico vittoriano non aveva familiarità con opere d’arte che mostrassero corpi svestiti. L’esibizione della forma umana in gesso del Crystal Palace a un pubblico di massa coincise con una crescente preoccupazione per la moralità da un punto di vista sessuale.
“Negli anni ’50 dell’Ottocento, gli attivisti cercarono di sensibilizzare ai problemi associati alla prostituzione e discutevano dei metodi per controllarla. L’anno 1857 vide il passaggio di leggi su matrimonio, divorzio e pubblicazioni oscene, mentre cresceva la regolamentazione statale della condotta sessuale,” spiega Nichols. ”Le tensioni tra ciò che era bello, e dovrebbe essere ammirato, e ciò che era osceno, e dovrebbe essere nascosto dalla vista della famiglia, crearono divisioni – specialmente quando si trattò di nudi maschili.”
La Gran Bretagna Vittoriana era trincerata dietro l’insegnamento biblico. La presenza a Sydenham di statue nude, accessibile a tutte le classi ed età, provocò un turbinio di fragorosi pamphlet provenienti da alcuni gruppi religiosi. Storie sensazionali (vere e inventate) furono registrate: nel 1862 Susan Flood, giovane membro della Confraternita di Plymouth, subì apparentemente un tale affronto con i nudi ‘pagani’ in mostra al Crystal Palace che si spinse a distruggere diversi calchi in gesso col suo parasole.
Sarebbe sbagliato, comunque, presumere che la società vittoriana fosse universalmente soffocante e puritana. “Il Crystal Palace fu, per certi versi, una sorta di parco a tema dove le persone potevano divertirsi – ci sono favolose fotografie di donne vittoriane su canali d’acqua nei suoi terreni – ma fu anche il prodotto di una missione al fine dell’educazione delle masse,” spiega Nichols.
“Sono affascinata dalle modalità con le quali sculture svestite greche e romane fecero nascere due punti di vista opposti – da una parte, come minaccia alla moralità e, dall’altra parte, come veicolo per migliorare e sollevare le menti dei visitatori.”
Il progettista Owen Jones fu responsabile della selezione delle sculture classiche per i cortili greco e romano. Secondo il Times, Jones reagì con ‘orrore’ quando la direzione generale del Palace capitolò alle domande di vescovi e simili. Aveva persino suggerito che i soldi spesi a Sydenham “avrebbero fatto risparmiare molte migliaia in più derivanti dalla spesa per la costruzione di carceri”.
Jones fu appoggiato da altri commentatori che videro come il Crystal Palace contribuì alla radicata associazione tra la visione dell’arte e un’elevata condotta morale.
“Questi dialoghi mostrano come l’arte fosse considerata una potente forza a fin di bene. La credenza nel potere di miglioramento dell’arte fu l’impeto per la fondazione di molte gallerie nelle città industrializzate. Il Museums Act del 1845 permise ai paesi di imporre tasse per finanziare i musei, sulla base che la cultura migliorasse moralmente, e fu su questa base che gallerie furono fondate in città come Manchester, Birmingham, Blackburn e Leeds,” spiega Nichols.
L’esplorazione da parte di Nichols delle reazioni alla rappresentazione della figura umana tocca nozioni radicate sulla bellezza del corpo – e di come le forme idealizzate del corpo si siano radicate nella consapevolezza pubblica con le statue greche che hanno stabilito parametri per una (impossibile) perfezione.
La Dott.ssa rivela che il culto della fine del diciannovesimo secolo per il culturismo, promosso da Eugen Sandow, prese la sua ispirazione dalla perfezione atletica delle figure greche, coi loro organi affinati e tonificati, gli impressionanti addominali scolpiti, e la prodezza intellettuale e morale associata all’antica Grecia. Fu al Crystal Palace che Sandow aprì nei sobborghi la sua prima ‘Scuola per la Cultura Fisica’ per uomini, donne e bambini nel 1899.
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“La nozione di bellezza ispirata dalla classicità è enfaticamente quella dei corpi idealizzati dei bianchi Europei. Il Crystal Palace aveva un ‘dipartimento di storia naturale’, che presentava scene di modelli di popolazioni indigene da tutte le parti del mondo – alcune delle quali erano calchi in gesso di gente vivente,” spiega Nichols.
“Gli Europei erano specialmente assenti da queste esposizioni, e diversi commentatori affermarono che gli Europei erano già rappresentati dalle sculture greche in mostra come oggetto di ‘belle arti’, piuttosto che di ‘storia naturale’. Questo rafforzò la gerarchia razzista nella quale i bianchi incarnavano bellezza e ‘civiltà’, mentre i non-Europei rappresentavano la barbarie e l’‘estetica in fase di sviluppo’.”
Molti erano turbati, ad ogni modo, che entrambi gli insiemi di sculture non fossero vestiti. Molta dell’ansietà sentita dall’élite istruita, per conto delle masse illetterate che non erano istruite nell’apprezzare l’arte, si rivolse alla sottile distinzione tra nudo pericoloso e rispettabile – un confine che è per molti versi artificiale, ma necessario – e che invero richiede ancora – una vigilanza costante.
“Sono interessata ai modi coi quali il corpo svestito nell’arte ha guadagnato rispettabilità, e anche ai modi coi quali le differenze di genere sono rappresentate nelle reazioni ai corpi maschili e femminili nell’arte. Gli attivisti al Crystal Palace si concentrarono soprattutto sui corpi maschili svestiti. Le sculture, ad esempio, di Venere, erano già ritenute ‘nude’ e rispettabili. Questa disparità prosegue oggi – una mostra di nudi maschili a Vienna nel 2012 causò indignazione – mentre i nudi femminili sono ovunque e generalmente indiscussi, tranquillamente inglobati nella categoria del nudo della storia dell’arte,” spiega Nichols.
”L’idea che i corpi femminili siano oggetti accettabili per il pubblico esame, mentre quelli maschili sarebbero pericolosi e perturbatori dice moltissimo del potere relativo di uomini e donne. La discussione del Crystal Palace mostra che la scultura classica rimase ai limiti della rispettabilità negli anni cinquanta dell’Ottocento, quando il pubblico aveva meno familiarità col nudo come arte. Il contributo del Palace alla storia della categoria ‘nudo’ risiede nel suo disseminare la forma maschile svestita, esibita come ‘arte’, a un’ampia varietà di persone. Ma con vari gradi di successo come suggerisce la lettera dei Vescovi.”
Il collegamento tra bellezza corporea e scultura classica è considerevolmente durevole. Nell’uscita di Giugno 2015, il magazine patinato Tatler chiede: quanto è fine il tuo corpo? Le sue risposte satiriche in relazione al corpo femminile nell’alta società (i piedi dovrebbero essere graziosamente piccoli, gli organi affinati ma non muscolosi) decreta che il collo dovrebbe essere “lungo, dritto e di alabastro” – un riferimento ai materiali bianchi e splendenti della statuaria classica. Il piede dell’uomo fine dovrebbe essere lungo ed elegante, e dovrebbe parlare “di autorità, e di dominio, e di rivendicazione dei confini dell’Impero”.
“Le idee e gli ideali che circondano ‘il bel corpo’ sulla base della scultura classica sono costantemente ripetuti e rafforzati nella nostra cultura. Ma si spesso si pensa davvero poco a dove tali idee possono aver avuto la loro origine. Le discussioni di Storia dell’Arte e Archeologia sulla bellezza della statuaria classica si svilupparono nei contesti dell’imperialismo, del razzismo ‘scientifico’, e dell’eugenetica, e spesso diedero contributi attivi a questi discorsi. La divisione tra i corpi presumibilmente ‘Europei’ della scultura greca nei cortili delle ‘belle arti’, e i corpi non-Europei in quelli del ‘dipartimento di storia naturale’ al Crystal Palace è solo un esempio” spiega Nichols.
Tatler collega l’aspetto classico con ‘l’Impero’ e le classi dominanti – e forse implicitamente con la ‘buona famiglia’ o almeno un buono status sociale. La sua caratteristica è l’ironia e il ridicolizzare le facce arrossate dei ricconi che hanno esagerato con le attività all’aperto. Ma, come aggiunge Nichols: “È importante pensare a chi è stato escluso da queste definizioni normative e francamente razziste di bellezza, alle quali si dà credito per i loro collegamenti al ‘classico’.”
Greece and Rome at the Crystal Palace: Classical Sculpture and Modern Britain, 1854-1936 di Kate Nichols è pubblicato da Oxford University Press.
Immagini nell’articolo originale (e qui riprese in parte): Il Crystal Palace a Sydenham attorno al1910 (Wikimedia Commons); Ercole Farnese, versione in marmo di epoca romana (quarto secolo d. C.)di una scultura greca (prima parte del terzo secolo d. C.) (Wikimedia Commons); Fotografia Souvenir dell’imprenditore e culturista Eugen Sandow che posa come ‘Ercole Farnese’ (con foglia di figo) attorno al1893 (Wikimedia Commons).

Traduzione da University of Cambridge. L’Università di Cambridge non è responsabile dell’accuratezza della traduzione.
Ercole Farnese, Glicone di Atene (copia), Lisippo (originale)foto di Marie-Lan Nguyen (2011), da WikipediaCC BY 2.5, caricata da Jean-Christophe BENOIST
 

Il Crystal Palace a Sydenham, Londra (1910), foto di Ignoto ([1]) da WikipediaPubblico Dominio, caricata da Rockybiggs.
Eugene Sandow come Ercole Farnese, foto di Napoleon Saronyhttp://www.all-art.org/20ct_photo/Sarony1.htm, da WikipediaPubblico Dominio, caricata da Xocolatl.
 
 

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