22 Maggio 2015

Comprendere il mondo antico attraverso il linguaggio

Il nuovo libro di James Clackson guarda a cosa il linguaggio può dirci sulle società antiche.

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Il linguaggio ha giocato un ruolo chiave nella formazione dello stato e nella diffusione della Cristianità, nella costruzione dell’etnicità e nella negoziazione di posizioni di status sociale e di appartenenza al gruppo nel mondo antico. Potrebbe rafforzare norme sociali e gettare luce sui tabù. Eppure è spesso sottovalutata come fonte per comprendere le civiltà antiche.

Un nuovo libro di James Clackson, Lettore in Filologia Comparativa alla Facoltà dei Classici, utilizza il linguaggio come lente per comprendere il mondo antico.
Language and Society in the Greek and Roman Worlds parla del perché alcune lingue – Latino e Greco – crebbero e altre si ritrassero, e di cosa il linguaggio può dirci del modo in cui le persone vivevano. Il centro di attenzione principale riguarda le civiltà Greca e Romana nel periodo compreso all’incirca tra l’800 a. C. e il 400 d. C. Il libro cataloga anche il modo con cui stati diversi in tempi antichi gestivano le popolazioni multilingue ed evidenzia la pletora di differenti linguaggi che esistevano al tempo. A dirla tutta, fino all’ultimo secolo della Repubblica, il Latino era una lingua di minoranza, persino in Italia.
Il tema del multilinguismo è un tema che ha implicazioni per le attuali preoccupazioni sull’immigrazione, e che Clackson affronterà nel suo discorso a venire del 29 Maggio al Festival Hay, dove è uno dei tanti accademici a parlare come parte di the Cambridge Series.
Disegnerà paralleli tra l’attuale ansietà britannica circa l’ascolto di altri linguaggi diversi dall’Inglese e sulle paure dell’imbastardimento dell’Inglese da parte di altre lingue, e sulle preoccupazioni dei Romani circa l’influsso di gente e parole straniere sulla lingua latina. “Sono interessato all’impatto della migrazione di lungo termine sul linguaggio. Alla fine, nonostante le preoccupazioni, il Latino fu arricchito dalle migrazioni. Moltissime parole latine sono di origine greca e questo si è trasferito nelle lingue romanze come il Francese, nel quale si può tracciare l’impatto del Greco in parole quali bras, jambe e parler,” spiega Clackson.
Clackson confronta gli approcci al linguaggio di Grecia e Roma. La Grecia aveva molti stati minori, ognuno col proprio dialetto e spesso col proprio alfabeto. Spiega che i Greci erano contenti di lasciar parlare le persone in altri dialetti, in luoghi pubblici come le corti e le stanze di lezione. Il multilinguismo non era un problema. “Era quasi invisibile. Gli antichi scrittori non parlano generalmente di interpreti o traduzioni. Lo considerano naturale, come qualcosa che non ha neppure bisogno di essere menzionata,” spiega.
Non fu che in epoca romana che qualcosa di simile a una lingua ufficiale cominciò ad emergere. “I magistrati romani, ad esempio, parlavano Latino, anche se il pubblico parlava Greco e se l’oratore poteva parlare Greco. Vi sono casi documentati di questo tipo,” spiega Clackson. “Era un modo di far sapere alla gente chi era il capo.”
Coloro che erano tra il pubblico avrebbero dovuto aspettare la traduzione per comprendere ciò che era stato detto.
“Si può tracciare la discussione in epoca romana su come non suonare come un Greco all’ascoltatore. Nei discorsi pubblici, Cicerone [in figura] evitava il più possibile le parole greche, ma nelle sue lettere private utilizza di continuo parole e frasi greche. È come una persona linguistica differente. Avrebbe detto che non avrebbe mai usato parole greche in una frase latina, ma ci sono prove che, in privato, lo fece.”
Clackson aggiunge che sembra esserci stata una differenza di genere nel modo in cui il linguaggio era utilizzato, con le donne che non avevano una gran voce a livello pubblico, e utilizzavano più probabilmente le lingue native.
Nonostante le differenze, non c’è prova scritta, dice Clackson, che il linguaggio fosse associato a una resistenza politica all’imperialismo Romano. Questo potrebbe essere parzialmente dovuto al fatto che le lingue locali non avevano un sistema scritto. “Se i Romani ti conquistavano, dovevi parlare in Latino e se volevi essere educato e trovarti bene dovevi imparare il Latino,” spiega.
Clackson spiega che la gente utilizzava il linguaggio in modo abbastanza pragmatico, secondo quello che le avrebbe garantito i risultati migliori. “Nella legge romana, bisognava parlare Latino perché i contratti fossero validi, così si sarebbe stati esclusi dall’economia a non utilizzarlo, ma non c’erano una centralizzazione scolastica o tentativi di imporre in quel modo un linguaggio. Non era così associato all’identità come lo è oggi.”
Nondimeno, la capacità di parlare le più alte forme di Greco era anche un indicatore di status. Molti Romani impararono il Greco perché lo vedevano come il linguaggio della letteratura e della cultura.
La ricerca di Clackson Clackson attualmente si concentra sulla possibilità o meno che i Romani trattassero il Greco differentemente da altri linguaggi, e se erano più aperti alla cultura greca e se quella apertura era parte del loro successo
*James Clackson ha parlato al Festival di Hay Festival alle 15:00 del 29 Maggio sul tema Migration and Language: Ancient Perspectives.
Traduzione da University of Cambridge.
L’Università di Cambridge non è responsabile dell’accuratezza della traduzione.
Cicerone, di Cesare Maccari [1], da WikipediaPubblico Dominio, caricata da Bogomolov.PL.

 

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