1 Febbraio 2016
La struttura del significato unisce i linguaggi, da un punto di vista semantico? Per esprimerci e comunicare significati agli altri, utilizziamo le parole. Queste sono condizionate dalle abilità cognitive e dalla dipendenza dal linguaggio, e quindi universali, o sono influenzate in modo distinto dall’ambiente e dalla cultura?
Partendo da concetti (sole, luna, montagna, fuoco, ecc.) espressi in 81 lingue, un nuovo studio ha ideato una nuova metodologia per misurare i significati delle parole, partendo dal concetto di polisemia. Determinate lingue possono indicare con una parola polisemica concetti differenti, mentre altre possono adoperare parole distinte per gli stessi concetti. Partendo da questa osservazione, e dal fatto che certe parole sono più inclini alla polisemia, si è creata una rete ponderata che utilizza le polisemie per valutare collegamenti tra concetti che possono essere semanticamente vicini. Prima di questo lavoro, non era facile valutare la prossimità tra concetti, e non vi erano metodi per quantificare relazioni più o meno universali tra concetti.
[Dall’Abstract:] Quanto è universale una struttura concettuale umana? Il modo con cui i concetti sono organizzati nel cervello umano può riflettere caratteristiche distinte del contesto culturale, storico e ambientale, in aggiunta a proprietà universali per la cognizione umana. La semantica, o significato espresso attraverso il linguaggio, fornisce accesso indiretto alla struttura concettuale sottostante, ma il significato è notoriamente difficile da misurare, figurarsi da parametrizzare. Qui si fornisce una misura empirica di prossimità semantica tra concetti utilizzando dizionari per diverse lingue per tradurre parole da e verso lingue attentamente selezionate per essere rappresentative della diversità mondiale. Queste traduzioni rivelano casi in cui un particolare linguaggio utilizza una singola parola “polisemica” per esprimere concetti multipli per i quali un altro linguaggio utilizza parole distinte per la rappresentazione. Qui si utilizza la frequenza di tali polisemie collegando due concetti come misura della loro prossimità semantica e rappresentando i pattern di questi collegamenti con una rete ponderata. Questa rete è altamente strutturata: certi concetti sono assai più inclini alla polisemia di altri, e naturalmente emergono raggruppamenti di concetti strettamente collegati. L’analisi statistica delle polisemie osservate in un sottoinsieme del vocabolario base dimostra che queste proprietà strutturali sono coerenti lungo diversi gruppi di linguaggi, e ampiamente indipendenti dalla geografia, dall’ambiente, e dalla presenza o assenza di una tradizione letteraria. I metodi sviluppati qui possono essere applicati a qualsiasi altro dominio semantico per rivelare l’estensione per la quale la sua struttura concettuale è, similarmente, un attributo universale della cognizione umana e dell’utilizzo del linguaggio.
Lo studio “On the universal structure of human lexical semantics”, di Hyejin Youn, Logan Sutton, Eric Smith, Cristopher Moore, Jon F. Wilkins, Ian Maddieson, William Croft, e Tanmoy Bhattacharya, è stato pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America.
Link: PNAS; Santa Fe Institute
Murale da Teotihuacan, Tepantitla; foto di da Wikipedia, CC BY 2.0.