Di un’altra voce sarà la paura: un inno alla vita e al coraggio
A volte, quando mi capita di leggere poesie, ho come l’impressione che siano fuori dal tempo e che potrebbero essere state scritte in qualunque epoca. Certo, il linguaggio muta irreversibilmente e la lingua di Leopardi non può essere la stessa di Dante. Eppure, questi componimenti mancano di indicazioni temporali. Ci sono il sole e le stelle, ma non si nominano i treni, i grattaceli, se non in pochissimi componimenti, come se la modernità possa in qualche modo intaccare la poesia o toglierle qualcosa. Una falsità che mi fa sorridere. Come se fossero questi elementi immutabili, come il cielo e le nuvole, a rendere eterea la poesia. Come se servissero questi elementi a rendere davvero speciale una poesia.
Ai suoi tempi, Charles Baudelaire, con Les Fleurs du Mal, ha compiuto una rivoluzione. In un periodo in cui tutti i suoi contemporanei scrivevano di alberi e natura, lui parlava di carrozze, di navi, di tutto quello che il suo occhio poteva scorgere, insegnando ai suoi contemporanei e a noi che tutto può essere poesia. Perfino le strade ricoperte di asfalto. Perfino due ragazzi che percorrono grandi distanze con la bici in mano, come racconta Giovanni Raboni in una delle sue poesie più belle, Il sole o noi due soli. La prova di come la poesia mantenga il suo carattere unversale ed eterno, pur collocandosi in un tempo storico preciso, dove ci sono le automobili, i supermercati, lo smog.
E quello che mi è piaciuto sin dal primo momento di Yuleisy Cruz Lezcano, scrittrice italiana di origine cubana, è questo suo includere il presente, la modernità, nei versi. Ci sono telecamere e si respirano gli odori della città. È nel movimento vertiginoso del presente che questa poeta, con all’attivo diciotto libri, colloca la sua poesia. Nei suoi versi un’indimenticabile fluidità, e però non mi permette di correre, perché il peso delle parole mi fa inciampare, invitando alla riflessione. Parole pesanti, che inchiodano il lettore, che lo obbligano a fermarsi ad ogni verso e a rileggere ciascuna poesia, finché non si fa largo nella nostra interiorità, nella nostra intimità.
I versi di Lezcano hanno un carattere sinuoso. Si espandono come un fumo nella mente di chi legge, legandosi a ciascun pensiero. Sono versi maturi, consapevoli, con uno stile preciso. Sono innanzitutto contenuto, poi tecnica e forma. Da queste poesie traspare, piuttosto, la fretta, l’urgenza di trasmettere un messaggio importante. Un messaggio di speranza, di coraggio, di resistenza. È questo a piacermi di Yuleisy Cruz Lezcano, del suo modo di fare poesia e di una raccolta come Di un’altra voce sarà la paura. La sua poesia nasce da una necessità: quella di denunciare, quella di allontanare la paura e il dolore, attraverso i versi.
La violenza è centrale nella raccolta. La violenza perpetrata ai danni di tante donne, che purtroppo non hanno la forza di urlare, di parlare, di esprimere quello che vogliono, fino in fondo. Racconta l’orrore, la vergogna, l’abbandono, la solitudine, con grande grazia, senza dimenticare mai la propria missione: spingere queste donne, tradite e infelici, a non arrendersi, a non demordere, a cercare la forza nella poesia.
Ciò che impreziosisce la raccolta è che questa denuncia non è fuori dal tempo, ma calata nel presente, ed esprime un’urgenza. Lezcano sembra dirci, con grandissima empatia e maturità, che non è più tempo di attendere e di riflettere, ma di agire. La violenza, i femminicidi, l’abuso sono problemi culturali, che bisogna combattere adesso. Bisogna parlare di violenza, educare la popolazione al rispetto delle donne.
La poesia di Lezcano – che vive a Marzabotto, in provincia di Bologna – colpisce come un macigno l’io del lettore e lo sprona a non fuggire. Ad accettare l’orrore, a farlo suo, per poterlo combattere. Comprendere significa impedire che quello che viene raccontato possa ripetersi ancora. È una scrittura gremita di emozioni, sensazioni, caratterizzata dall’urgenza di esprimere una verità: noi abbiamo potere su ciò che ci accade e la nostra forza è proprio nella parola, oltre che nell’azione.
Di un’altra voce sarà la paura è un inno alla speranza, un invito alla denuncia, alla possibilità di superare ogni paura, ogni esperienza, perfino la più terribile, e tornare a vivere. Ogni poesia è carica di rabbia, frustrazione per le gioie rubate e il tempo perso. Scriveva Dostoevskij nelle Memorie del sottosuolo “io sono solo e loro sono tutti”, ma la raccolta di Lezcano contraddice il grande scrittore: ogni storia è la storia di ciascuno. Ogni atto di violenza riguarda tutti noi.
Infatti, scrive questa poeta in una delle sue più belle poesie Un altro mondo per me: “Sotto la pelle batte un cuore / che non sa di battere, può essere / il cuore di chiunque” (vv. 1-3). Eppure, l’io personale non naufraga totalmente nella collettività, ma risale a galla, affermandosi quale singolo: “ma è il mio / che si sente tanto e niente, / ho una ferita aperta / di terra bruciata / dal pianto acido, calpestato / divenuto pietra, solo per esistere” (vv. 4-9).
Il coraggio del dire la verità, di denunciare il mal di vivere, ci isola, ma solo se ci si dimentica che la nostra è una storia comune. Che il cuore necessità dei suoi tempi, dopo essere stato ferito, ma che può tornare a battere al ritmo della vita che ci circonda: “alzati! / Ché la tua anima è un fiore / illimitato, bello, al di là del corpo” (vv.35-36 della poesia Dal corpo disertato).
Di un’altra voce sarà la paura è uno splendido viaggio nell’io collettivo. Il racconto di come la storia di una donna non sia solo personale, ma riguardi tutte le donne, la natura stessa e tutti gli esseri viventi. Come se ciascuno fosse parte di quell’anima mundi di cui parlavano gli antichi. Salvare una vita significa salvare ciascuna vita. Far sì che in questo labirinto che è la nostra esistenza ci sia spazio per ciascuno di noi e ci sia una luce per ogni vita spezzata e la speranza di rinascere, in questo continuo divenire che è l’esistenza.