Una missione archeologica dell’Università di Pisa in collaborazione con l’Università di Münster ha intrapreso la scorsa estate una campagna di scavi che ha portato all’identificazione di un edificio preposto come archivio  dell’antica città di Doliche, situata nel sud-est dell’odierna Turchia.

Gli archeologi ne hanno potuto individuare la funzione grazie alla cospicua presenza di impronte di sigilli in terracotta, preziose proprio per la chiusura di documenti in papiro e pergamena.

Doliche
Impressioni su argilla. Foto: Università di Pisa

I documenti venivano sigillati con una cordicella e attorno venivano posti questi grumi di argilla di piccole dimensioni. Sull’argilla fresca poi venivano impressi anelli decorati o iscritti così da garantirne l’inviolabilità. Una curiosità; solo in caso di incendio di un archivio questi si possono conservare in quanto cotti e induriti, a differenza dei documenti che venivano persi tra le fiamme.

Doliche
Veduta aerea dell’area di scavo a Doliche, con l’edificio preposto come archivio. Foto: Università di Pisa

“Le poleis dell’Oriente ellenistico e romano dovevano certamente possedere archivi per la conservazione di documenti di carattere amministrativo e legale – aggiunge la professoressa Facella – La loro sopravvivenza, tuttavia, è un evento assai raro, possibile solo in caso di incendio e successivo abbandono dell’edificio. Infatti, se da una parte il fuoco causa la distruzione dei documenti, dall’altra consente la cottura dell’argilla cruda su cui i sigilli sono impressi, garantendone così la sopravvivenza. Nel 253 d.C., il re persiano Shapur I distrusse numerose città nella provincia romana della Siria, inclusa Doliche, come conseguenza di una sanguinosa guerra tra l’Impero Romano e quello dei Sasanidi”.

Doliche, città nota nell’antichità come uno dei centri urbani più importanti dell’antica Siria del Nord fu fondata sotto i successori di Alessandro Magno (i Seleucidi) ed era stata chiamata come molte altre fondazioni di quella zona col nome della città greca da cui i coloni provenivano: Doliche in Tessaglia, vicino al Monte Olimpo.

Doliche
Sezione di scavo. Foto: Università di Pisa

“Il sito dell’antica Doliche è stato oggetto di indagini tedesche già dagli anni ’70 del secolo scorso – spiega Margherita Facella, professoressa di Storia greca nell’Ateneo di Pisa e direttrice della missione pisana – Dal 2015 un team internazionale sotto la guida del professor Engelbert Winter ha condotto prospezioni e scavi, portando alla luce i resti di alcuni edifici pubblici, tra cui delle terme romane. Accanto a queste terme, erano stati identificate le tracce di un’altra costruzione, ora parzialmente scavata dai nostri archeologi. Si tratta di un archivio cittadino, come rivelano le numerose impronte di sigillo in terracotta qui trovate: più di 2000 impronte (cosiddette bullae) sono state recuperate nell’area e sottoposte, laddove possibile, a pulizia e restauro. Le impronte di sigillo indicano chiaramente che qui venivano conservati documenti scritti su papiro e pergamena, andati poi distrutti a causa di un incendio”.

Uno studio preliminare di questi materiali rivela che si tratta sia di sigilli privati come di sigilli ufficiali della città.

“Le immagini sui sigilli ufficiali della città sono direttamente collegate alla città. Di solito mostrano le divinità più importanti come Giove Dolicheno, il dio principale della città – spiega Michael Blömer, professore dell’Università di Munster e visiting professor dell’Università di Pisa nel 2023, che ha co-diretto gli scavi – Le impronte dei sigilli privati più piccoli mostrano una vasta gamma di immagini e simboli che dicono molto sul patrimonio culturale e religioso degli abitanti di Doliche. Figure mitiche e rari ritratti privati indicano una forte influenza greco-romana su questa regione a metà fra Oriente e Occidente”.

Due bullae raffiguranti Giove Dolicheno che stringe la mano ad imperatore romano e, a destra, Tyche seduta. Foto: Università di Pisa

Lo studio di queste impressioni è quindi del tutto essenziale per ricostruire non solo la realtà amministrativa di una città, ma anche il suo tessuto culturale e religioso.

“Siamo felici dei risultati di questa prima campagna e siamo grati al rettore Riccardo Zucchi e al professor Federico Cantini, delegato per la promozione della ricerca nel settore delle scienze sociali e umanistiche, per il sostegno economico e a tutto il personale amministrativo che ci ha affiancato in questo lavoro – conclude la professoressa Facella – A nostro avviso è anche importante che il progetto interessi una zona recentemente colpita da un devastante terremoto, in cui l’investimento di risorse è di sicuro aiuto per la popolazione, che ha trovato nelle strutture della missione archeologica un rifugio e da parte del gruppo di ricerca un aiuto concreto. La valorizzazione del patrimonio archeologico a fini turistici sarebbe poi indubbiamente un apporto significativo alla ripresa di questa regione, che vive molto di turismo interno ed esterno”.

Michael Blömer e Margherita Facella
Michael Blömer e Margherita Facella

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