Girato in gran parte in Italia, DON’T LET THE SUN è ambientato in diverse location milanesi, tra cui il Complesso residenziale Monte Amiata nel quartiere Gallaratese, il Museo di Storia Naturale, i Giardini di Porta Venezia e l’area dell’ex Macello. Alcune scene sono state realizzate anche a Genova, nel complesso residenziale de Le Lavatrici a Pra’.
Sinossi
Jonah (28 anni) lavora per un’agenzia che fornisce relazioni umane su richiesta: un servizio a pagamento pensato per colmare vuoti affettivi e mettere al riparo dalle delusioni – perfetto in un’epoca in cui l’intimità è sempre più difficile da raggiungere. Le condizioni climatiche estreme hanno reso impossibile vivere alla luce del sole: la Terra si è riscaldata al punto che le persone sono costrette a vivere solo di notte. Ma se la temperatura esterna è salita, quella interiore, emotiva, affettiva, si è abbassata fino al gelo.
Jonah non fatica a calarsi nei panni degli altri, a vivere vite non sue. È più a suo agio quando può essere qualcun altro.
Ma un nuovo incarico lo costringe a uscire dal copione: interpretare il ruolo di padre per Nika, una bambina di 9 anni. La sua malinconia, il suo silenzio lo disorientano.
Quando Nika inizia lentamente ad aprirsi, qualcosa si muove anche dentro di lui, qualcosa rimasto sepolto troppo a lungo. Il controllo sul suo mondo fatto di finzione e relazioni perfettamente regolate comincia a sgretolarsi. Il loro incontro accende una luce nella notte – una luce che illumina Nika e travolge Jonah fino a bruciarlo.
DON’T LET THE SUN, esordio nel cinema di finzione della regista svizzera Jacqueline Zünd, propone una visione provocatoria del nostro futuro imminente, segnato dal cambiamento climatico e da un profondo deterioramento delle relazioni umane.
Note di regia
Durante le riprese di ALMOST THERE (2016) in Giappone, ho scoperto qualcosa che mi è rimasto dentro: un’agenzia in cui puoi assumere attori professionisti per interpretare qualsiasi ruolo nella tua vita. Possono essere il tuo migliore amico, marito, figlia, amante o addirittura i partecipanti a un funerale. Sebbene questo fenomeno sembri appartenere più che altro alla cultura giapponese, l’ho visto come una prospettiva inquietante anche per le nostre società in Europa.
DON’T LET THE SUN è una storia sulla natura fragile delle relazioni nella nostra epoca post-digitale. Il film esplora tematiche legate all’intimità: come nasce realmente? Che tipo di vicinanza desideriamo? Perché è così difficile permetterci qualcosa che tutti desideriamo? E quanto sono cambiati nel tempo i nostri bisogni di intimità? Nel mio film, non è il mondo digitale a creare distanza tra le persone, ma le condizioni climatiche. La terra si è riscaldata a tal punto che le persone sono costrette a restare al chiuso durante il giorno. Se il calore rende difficile stare bene nella propria pelle, come si può essere vicini a qualcun altro?
La storia apre riflessioni provocatorie sui legami umani: è sbagliato colmare il vuoto dell’intimità con una sua versione “sostitutiva”? Le relazioni a pagamento sono davvero meno autentiche di quelle spontanee? In fondo, ogni rapporto non è uno scambio? Il film non cerca risposte, ma pone domande che toccano il cuore delle nostre fragilità.
Il film rappresenta un mondo poco distante dal nostro – non solo per quanto riguarda le relazioni umane, ma anche per l’ambientazione: le persone hanno trasformato la notte in giorno, una possibile conseguenza della crisi climatica attuale che vede le temperature della Terra in costante ascesa. Le situazioni più comuni assumono un’atmosfera del tutto nuova quando si svolgono di notte: un cortile scolastico appena rischiarato da flebili luci artificiali o un tratto di spiaggia illuminato solo dalla luna dove la gente si ferma a nuotare e a parlare diventano luoghi sospesi, quasi irreali. Questa inversione del tempo quotidiano mi affascina profondamente, soprattutto dal punto di vista narrativo e cinematografico.
Il film è ambientato in una città abitata da persone provenienti da tutto il mondo, che comunicano tra loro in inglese, ognuno con il proprio accento. Una città non più densamente popolata come un tempo, forse perché molti si sono spostati verso zone più fresche.
In questo scenario frammentato, il complesso residenziale Monte Amiata di Milano si è rivelato il luogo ideale in cui ambientare la mia storia. Durante una visita al quartiere Gallaratese di Milano, sono rimasta colpita dall’architettura di Carlo Aymonino e Aldo Rossi: uno spazio che unisce elementi familiari e visioni futuristiche. Le forme essenziali e la materia spoglia di questi edifici riflettono con forza i paesaggi interiori dei personaggi, dando forma visiva alla loro vulnerabilità e solitudine.
Credits
Cast
Levan Gelbakhiani (GE; And Then we Danced)
Maria Pia Pepe (IT; per la prima volta sullo schermo)
Agnese Claisse (IT/FR Ferie d’Agosto, My soul summer)
Karidja Touré (FR; Diamante Nero)
Cecilia Bertozzi (IT)
Sceneggiatura Jacqueline Zünd & Arne Kohlweyer
Regia Jacqueline Zünd
Produttori Louis Mataré, David Fonjallaz
Davide Pagano, Andrea Randazzo, Gianfilippo Pedote
Direttore della Fotografia Nikolai von Graevenitz
Montaggio Gion-Reto Killias
Casting Director Chiara Polizzi
Musiche Marcel Vaid
Scenografia Nicole Hoesli
Costumi Sophie Reble
Informazioni Tecniche
Titolo originale/Internazionale: DON’T LET THE SUN
Genere: Drama
Durata: 101‘
Location: Italia (Milano e Genova), Brasile (São Paulo)
Lingua: Inglese
Una produzione Lomotion (Svizzera)
con SRF Schweizer Radio und Fernsehen (CH)
in coproduzione con Casa delle Visioni (Italia)
Vendite Internazionali Sideral
Le location del film
Si è scelto di ambientare il film DON’T LET THE SUN in luoghi con una forte personalità architettonica e una marcata impronta di modernità, per evocare un mondo solo leggermente spostato nel futuro. Le riprese sono state effettuate in gran parte in Italia, a Milano e Genova, in due quartieri che sono diventati un simbolo internazionale dell’architettura contemporanea. La scelta delle location ha avuto un ruolo centrale nella costruzione dell’identità visiva del film.
A Milano, il film è stato girato principalmente nel quartiere Gallaratese, all’interno del celebre complesso residenziale “Monte Amiata”, progettato alla fine degli anni ’60 dagli architetti Carlo Aymonino e Aldo Rossi. Un iconico esempio di architettura brutalista con un’impronta estetica caratterizzata da forme geometriche semplici e nette e progettato con l’idea di creare nella metropoli un corpo urbano funzionale e autosufficiente.
A Milano il film è stato girato inoltre nel bellissimo Museo di Storia Naturale, nei Giardini di Porta Venezia, il primo parco pubblico della città, e nella grande area dismessa dell’ex Macello. Le location a Milano e in Lombardia sono state individuate e rese accessibili grazie alla preziosa e fattiva collaborazione di Lombardia Film Commission.
Alcune scene del film sono ambientate poi a Genova, in particolare nel grande complesso residenziale di edilizia popolare conosciuto significativamente come “Le Lavatrici” di Pra’, progettato nei primi anni ’80 da Aldo Luigi Rizzo e destinato a diventare uno dei più controversi edifici genovesi della seconda metà del ‘900. Oggi riconosciuto come un simbolo dell’Italia in piena trasformazione, questo complesso è caratterizzato da forme monolitiche e da grandi spazi labirintici che arricchiscono l’estetica visionaria e distopica del film.
Lomotion
Casa Delle Visioni e SRF Schweizer Radio und Fernsehen
presentano
DON’T LET THE SUN
di Jacqueline Zünd
con
Levan Gelbakhiani
Agnese Claisse
Karidja Touré
Prodotto da Lomotion e Casa Delle Visioni
con SRF Schweizer Radio Und Fernsehen
Con il contributo di
Ufficio Federale della Cultura, Svizzera
Ministero della Cultura – Direzione Generale Cinema
Zürcher Filmstiftung
Berner Filmförderung
Suissimage
MEDIA Desk Switzerland
Film und Medienkunst BS/BL
Migros-Kulturprozent
SRG SSR
Focal
Prodotto da
Louis Mataré (Svizzera)
Davide Pagano (Italia)
Testo, video e immagini dall’Ufficio Stampa Borghi.