PAOLO COGNETTI PORTA AL CINEMA IL FILM “FIORE MIO”
Il primo film scritto, diretto e interpretato dallo scrittore in anteprima alla 77esima edizione del Locarno Film Festival e nei cinema a partire dall’autunno
In compagnia dell’inseparabile cane Laki, lo scrittore Premio Strega Paolo Cognetti torna nello scenario alpino de “Le otto montagne”, questa volta per un documentario che racconta il Monte Rosa attraverso paesaggi mozzafiato e incontri con chi nella montagna ha trovato, prima che una casa, un vero e proprio “luogo del sentire”.
Con queste prime immagini inizia il viaggio di FIORE MIO, il primo film scritto, diretto e interpretato da Paolo Cognetti, è stato presentato in anteprima mondiale alla 77esima edizione del Locarno Film Festival come evento di pre-apertura il 6 agosto in Piazza Grande.
26 settembre 2024 – Il film verrà presentato in anteprima italiana nell’ambito della 65a edizione del Festival dei Popoli, dedicata al meglio del cinema documentario internazionale. Il documentario sarà l’evento di apertura della manifestazione sabato 2 novembre alle 20.30 a Firenze al cinema La Compagnia Compagnia (le prevendite aperte dal 10 ottobre sul sito https://cinemalacompagnia.
“Seguo e ammiro da tempo il lavoro di Paolo Cognetti – ha spiegato Stellino – e sono molto felice di poter presentare in apertura di festival questo suo splendido esordio alla regia, in cui il pubblico ritroverà molti dei temi esplorati con passione e sensibilità nella sua letteratura. Fiore mio è un film che parla al cuore delle persone e che tocca temi profondi su un piano collettivo, facendo anche affiorare quesiti esistenziali che riguardano tutte e tutti in prima persona. Non si tratta solo di un’opera eccellente dal punto di vista tecnico e della resa cinematografica: è un film di paesaggi interiori, di solitudini che dialogano, di scelte di vita che hanno a che fare con la fede nell’essere umano e in qualcosa di più grande, e porta lo spirito di chi guarda a desiderare di levarsi in volo e superare ogni ostacolo”.
Dopo il successo de Le otto montagne – tratto dal suo omonimo romanzo e diretto da Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, vincitore del Premio della Giuria a Cannes 2022 – Paolo Cognetti arriva al cinema il 25, 26 e 27 novembre (elenco sale a breve su nexostudios.it e prevendite aperte a partire dal 24 ottobre) con FIORE MIO, prodotto da Samarcanda Film, Nexo Studios, Harald House e EDI Effetti Digitali Italiani con il sostegno della Film Commission Valle d’Aosta.
Protagonista di FIORE MIO, che dopo l’uscita italiana sarà distribuito in tutto il mondo da Nexo Studios (dettagli e sale a breve su nexostudios.it), è il tema più viscerale della poetica di Cognetti: quella montagna che l’autore ha esplorato anche nel documentario Sogni di Grande Nord diretto da Dario Acocella, dove ha seguito le tracce del Christopher McCandless di Into the Wild negli incredibili e remoti scenari dell’Alaska. Questa volta il viaggio di Paolo Cognetti si fa più vicino allo spettatore e racconta, in modo intimo, introspettivo e mai scontato, la sua montagna: il Monte Rosa, un luogo geografico ma soprattutto un luogo del sentire e un luogo della comprensione di quanto abbiamo intorno.
Quando nell’estate del 2022 l’Italia viene prosciugata dalla siccità, Paolo Cognetti assiste per la prima volta all’esaurimento della sorgente della sua casa a Estoul, piccolo borgo posto a 1700 metri di quota che sovrasta la vallata di Brusson. Questo avvenimento lo sconvolge profondamente, tanto da far nascere in lui l’idea di voler raccontare la bellezza delle sue montagne, dei paesaggi e dei ghiacciai ormai destinati a sparire o cambiare per sempre a causa del cambiamento climatico. Cognetti racconta così la sua montagna sulla falsariga de “Le 36 vedute del monte Fuji” di Hokusai, un’opera in cui l’artista giapponese ritrasse il Fuji cambiando continuamente i punti di vista e raccontando la vita che scorre a vari livelli: sui suoi fianchi, nelle valli sottostanti, sulla vetta ma anche nelle città più vicine da dove ancora è visibile, lontano, oltre la nebbia dell’inquinamento, il profilo maestoso della montagna.
Nel suo viaggio sul Monte Rosa Cognetti non è solo. Con lui ci sono il direttore della fotografia Ruben Impens, conosciuto sul set delle Le otto montagne e che firma anche la fotografia di Fiore Mio, e le persone incontrate durante questo viaggio. Come l’amico di una vita Remigio, nato e cresciuto in val d’Ayas, di cui conosce ogni luogo e custodisce la memoria. Ci sono Arturo Squinobal, una vita dedicata alle montagne e un volto che ne ricorda le tracce, e sua figlia Marta, che Paolo conosce sin dall’infanzia e che ha trasformato l’Orestes Huette nel primo e unico rifugio vegano delle Alpi. E ancora ci sono Corinne e Mia, donne dei rifugi che accolgono i viandanti con il sorriso caloroso e rilassato di chi ama ciò che fa. C’è il silenzioso eppure tagliente Sete, sherpa d’alta quota che ha scalato tre Ottomila – Everest, Manaslu e Daulaghiri – e si divide tra Italia e Nepal: lavora qui d’estate e d’inverno, mentre in autunno e in primavera fa la guida per i trekking in Himalaya, dove ha moglie e figli. E poi c’è il cane Laki, inseparabile compagno di camminate.

A chiudere il viaggio la presenza preziosa del cantautore Vasco Brondi, amico fraterno di Cognetti e in questa occasione, per la prima volta, al lavoro su un’intera colonna sonora. Per il film, oltre alle musiche originali, Brondi ha scritto e interpretato una nuova canzone, “Ascoltare gli alberi”, che chiuderà il documentario. “Fiore mio”, la traccia presente nel finale del film e che ne ha ispirato il titolo, è invece da tempo una delle canzoni più popolari di Andrea Laszlo De Simone, cantautore e musicista torinese che ha vinto il Premio César 2024 per la Migliore Musica Originale di Animal Kingdom (Le Règne Animal), divenendo il primo italiano ad aggiudicarsi questo prestigioso premio.
FIORE MIO è prodotto da Samarcanda Film, Nexo Studios, Harald House e EDI Effetti Digitali Italiani con il sostegno della Film Commission Vallée d’Aoste e in collaborazione con Montura e Jeep, technical partner SONY, service di produzione L’Eubage. Sarà distribuito nei cinema da Nexo Studios in collaborazione con i media partner Radio DEEJAY e MYMovies.it.
NOTE DI REGIA
Le montagne
“Osservo queste montagne da quando ero bambino. Le ho avute negli occhi per tutta l’estate, un ragazzino solitario che guardava e guardava. D’inverno, in città, certe immagini mi sorprendevano da dove erano rimaste bloccate: un albero, un masso, un ruscello, il rudere di una capanna. Mi succede anche adesso, senza motivo, magari mentre sto facendo altro a Milano. Ho 45 anni, ma quando vado lassù mi sento dentro il corpo di un giovane me stesso. E, oltre al corpo, la voce, il testo, perché sono uno scrittore. Capisco attraverso le parole, scrivere e pensare sono due atti indistinguibili per me. Mi piace usare frasi interrogative, per esempio: come sarà la montagna quando non ci sarò? Le mancherò, in qualche modo, come lei manca a me? Sono domande alle quali non credo di trovare risposta, ma mi aiutano a guardare meglio le cose. Quella montagna senza di me – e senza nessun altro – è la montagna degli animali che, non visti, esistono e la abitano nel modo più autentico. I camosci, gli stambecchi, i cervi. Anche i lupi. Vivono al di là di noi, nonostante noi, nascosti a noi, mentre noi non ci accorgiamo della loro presenza. Per incontrarli bisogna appostarsi nelle stagioni giuste, cioè l’autunno e la primavera. Sono necessari silenzio e pazienza. Desideravo che i personaggi del film vivessero come gli animali, che anche loro fossero soprattutto corpi, gesti, parti della montagna. Non tante parole. Ho voluto coglierli nel loro fare, entrare con lo stesso silenzio e la stessa pazienza nella loro intimità. Infine, ho voluto parlare di ghiaccio, neve e acqua. Questo è il tempo del flusso. L’anima della montagna, la sua trasformazione e il suo essere viva. Ho scoperto una cosa scrivendo di paesaggio: ho abolito il verbo essere che ferma le immagini e ho deciso di usare i verbi d’azione, perché il paesaggio si muove e agisce, non è un’immagine. Un albero oscilla nel vento, un torrente scorre e salta, un masso incombe, protegge, proietta la sua ombra. In questo film, avrei voluto utilizzare molte immagini fisse della montagna, ma che nulla fosse veramente fermo, che la montagna fosse viva.”
Il film
“Fiore mio” è il mio primo film da regista, dopo aver scritto tanti libri e lavorato come autore a tanti documentari. Ho avuto la fortuna di avvalermi della fotografia di Ruben Impens, che avevo conosciuto su “Le otto montagne”. Ruben è un grande fotografo e non avevo bisogno di suggerirgli l’inquadratura, anche perché ero quasi sempre in campo. All’inizio ci siamo detti solo: vogliamo che ci sia tanto paesaggio in questo film, tanta montagna sopra le nostre teste e che gli esseri umani ci si perdano dentro, ne facciano parte. Da metà film in poi abbiamo seguito anche una seconda idea: volevo, gradualmente, scomparire. Ho chiesto a Ruben di riprendermi quasi sempre di spalle, anche di farmi uscire dal quadro. Di perdermi in modo che l’occhio dello spettatore potesse osservare un torrente, un albero, un animale. Lo stesso ho fatto con il fonico Paolo Benvenuti, uno che detesta i radio-microfoni perché sono troppo vicini ai personaggi, a lui interessa anche ciò che c’è intorno. Con Paolo ci conosciamo dai tempi della scuola di cinema così come con Giorgio Carella, il mio collaboratore alla regia. Sono stato anche in macchina, per la prima volta in vita mia, dopo aver fatto tante foto in questi anni di montagna. Per quattro mesi ho tenuto nel mio rifugio la fedele SonyFx6, una decina di chili di zaino che mi portavo ogni giorno a camminare. Ho raccolto ore e ore di paesaggi. A volte mi accompagnava Michele Alliod, che è anche l’autore dei droni finali sul ghiacciaio, e giravamo scene dei miei vagabondaggi, dei miei giochi con Laki nella neve, della mia ricerca dell’acqua. Infine,Michel Dalle era l’operatore incaricato della fauna, la nostra “wildlife camera”. Michel ha passato molto tempo a caccia di camosci, stambecchi, marmotte, volpi, scoiattoli, falchi e aquile, perché volevo che il film fosse pieno di animali, ancora più che di uomini e donne. In montaggio, con Mario Marrone, non ho fatto altro che seguire il lavoro di questi miei co-autori. Gli stacchi erano già nelle riprese di Ruben, il microfono di Paolo indicava già i suoni più preziosi, e quanto all’ordine delle scene era facile, una dopo l’altra seguendo le stagioni. Davanti al monitor io e Mario ci siamo resi conto che il film si stava raccontando da solo. Avevo previsto un voice-over con i testi del mio diario ma poi abbiamo levato tutto, perché non servivano. Sono grato ai produttori del film e agli altri collaboratori, da scrittore solitario quale mi ritrovo a vivere. Un film è un’impresa collettiva e non viene bene senza la fiducia reciproca; certe volte poi la fiducia si trasforma in amicizia. Spero che la nostra amicizia si senta guardandolo.”
Paolo Cognetti
INTERPRETI
(nel ruolo di se stessi)
PAOLO COGNETTI
LAKI
REMIGIO VICQUERY
MARTA SQUINOBAL
ARTURO SQUINOBAL
CORINNE FAVRE
SETE TAMANG
MIA TESSAROLO
e con
VASCO BRONDI
EMIL SQUINOBAL
CECILIA MERCADANTE
CREDITI
Regia PAOLO COGNETTI
Soggetto e sceneggiatura PAOLO COGNETTI
Fotografia RUBEN IMPENS
Montaggio MARIO MARRONE (A.M.C.)
Suono in presa diretta PAOLO BENVENUTI, DANIELE SOSIO
Musiche originali VASCO BRONDI
Una co-produzione ITALO-BELGA
Prodotto da prodotto da LEONARDO BARRILE,
FRANCO DI SARRO, FRANCESCO FAVALE
Una produzione SAMARCANDA FILM, NEXO DIGITAL, HARALD HOUSE,
EDI Effetti Digitali Italiani
Con il sostegno della FILM Commission Vallée d’Aoste
In collaborazione con MONTURA e JEEP
Technical partner SONY
Service di produzione L’EUBAGE
Distribuzione NEXO STUDIOS
Durata 78 minuti
Anno 2024
“Questo film non parla di come possiamo salvare la montagna.
Parla di come la montagna potrebbe salvare noi” (Paolo Cognetti)
Testo, video e immagini dagli Uffici Stampa del film e Nexo Studios e del Festival dei Popoli. Aggiornato il 10 luglio, il 26 settembre e il 19 novembre 2024.