In occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, il Parco Archeologico di Pompei svela altri ritrovamenti nel cuore della Regio V. Ad un incrocio tra il vicolo dei Balconi e il vicolo delle Nozze d’Argento, gli archeologi, durante i recenti scavi per la messa in sicurezza dei fronti di scavo, hanno rinvenuto una fontana pubblica.
Questa, che era riempita da una spessa coltre di lapilli, non dissimile da altre sparse in tutta la città, appare con una grande vasca composta da blocchi in pietra lavica e con l’erogatore decorato da un elemento circolare. Si è conservata perfettamente anche la fistula, il tubo di piombo che portava l’acqua e che ne permetteva l’erogazione. Non distante dalla fontana è stato ritrovato anche il pozzo cisterna per attingere acqua e la torre pizometrica collegata al castellum aquae della città.
L’approvvigionamento idrico in città fu risolto inizialmente tramite l’utilizzo di cisterne e pozzi collocati nelle strade, negli edifici pubblici ma anche nei giardini e nelle case private. Le cisterne erano alimentate dall’acqua piovana che veniva raccolta grazie all’apertura del tetto della domus (compluvium) nel sottostante bacino (impluvium).
Successivamente, l’approvvigionamento migliorò grazie alla costruzione in età augustea di un acquedotto alimentato dalle sorgenti dell’Acquaro, presso Serino. Di qui il monumentale complesso che attraversava varie città tra cui Pompei e arrivava, nella diramazione cittadina, nel punto più alto, presso Porta Vesuvio, in un grande serbatoio che era appunto il castellum aquae.
Qui partivano tre diramazioni che servivano a distribuire l’acqua in tutta la città. Secondo quanto ipotizzato dall’architetto Vitruvio, la tripartizione del castellum aquae serviva per la distribuzione idrica delle utenze più importanti di una città, cioè abitazioni private, fontane, terme e giochi d’acqua. L’impianto idrico di Pompei fu danneggiato durante il terremoto del 62 d.C. ma al momento dell’eruzione del 79 sembra fossero in atto altre riparazioni causate dai danni provocati dai terremoti che avevano preceduto l’eruzione.
Le fontane pubbliche della città ricevevano la maggior quantità di acqua che fluiva ininterrottamente giorno e notte a differenza delle altre utenze che avevano rubinetti che ne regolavano la distribuzione. Per garantire una migliore copertura, anche la distanza tra una fontana e l’altra era ben stabilita.
Le fontane sono poste ad una distanza che variava fra i settanta e gli ottanta metri l’una dall’altra in maniera tale che ogni cittadino ne potesse fruire senza allontanarsi troppo dalla sua abitazione. In città se ne contano una quarantina e presentano una struttura pressoché uguale con bacino rettangolare costituito da quattro lastre in pietra lavica o di calcare e un tubo di piombo per l’erogazione dell’acqua posizionato su un pilastrino forato che spesso era decorato.