Il panorama poetico italiano, oggigiorno, è alquanto peculiare. Stiamo assistendo ad un fenomeno definibile come “boom poetico”, considerando il numero sempre più elevato di raccolte poetiche presenti sul mercato. Tuttavia, il lettore che si trova davanti a questa ingente produzione si ferma un minuto e si chiede: ma sarà poi poesia? Com’è possibile che tutto oggi siano poeti?

Domanda più che lecita, poiché, andando a spulciare tra le raccolte prodotte da case editrici indipendenti e self publishing, troppo spesso ci si scontra con prodotti tiepidi e solo instagrammabili. C’è da chiedersi se questo fenomeno stia esplodendo a causa delle chat o dei social che favoriscono un tipo di comunicazione.
Tuttavia, fortunatamente, nel mucchio spiccano anche nomi degni di essere ricordati. Uno è quello di Francesco Strocchi.

Francesco Strocchi Ultimissime dall'Italia
La copertina del libro di Francesco Strocchi, Ultimissime dall’Italia, pubblicato da 96, Rue de-La-Fontaine Edizioni (2019) nella collana La carrucola del pozzo

Ma chi è il poeta Strocchi? Francesco nasce nel settembre del 1971 e cresce tra Veruno e Biella. Dopo aver concluso gli studi di Lettere Classiche presso l’Università di Milano, ottiene un PhD presso l’University College of London. Oggi risiede nella capitale inglese, dove vive con la sua famiglia e ha lavorato come Direttore di Openedu Ltd. Alla carriera universitaria si affianca quella poetica. Nel 2019 esce il suo primo libro, dal titolo Ultimissime dall’Italia. Nel 2021, invece, assistiamo alla nascita della sua seconda raccolta Tr3 Sei 5.

Francesco Strocchi Tr3 sei 5
La copertina del libro di Francesco Strocchi, Tr3 Sei 5, pubblicato da 96, Rue de-La-Fontaine Edizioni (2021) nella collana La carrucola del pozzo 

Tr3 Sei 5

“chi siamo noi adulti?” una ripetizione, Mirko dice,
senza ritornello, gli ospiti di quel castello, una relazione
con quello che bene ti scopa, il braccio si buca,
tre civette (o tre galline o tre scimmiette) 

Tr3 Sei 5 è una raccolta tremendamente nostalgica. Il tempo pare essere l’elemento cardine della sua struttura. Il tempo inteso come temporalità, che vede andar via ricordi d’infanzia, di gioventù sino all’età adulta. A questo, si unisce la bellezza, a tratti frammentata, dei paesaggi e delle città del mondo. Spesso non c’è dato sapere di quale luogo Strocchi stia parlando, eppure le sue descrizioni rendono quei luoghi ignoti conoscibili.

Il tempo e il luogo non sarebbero però nulla senza le persone che ne fanno parte. Si parla di amici, amanti e conoscenti. Di loro Francesco racconta dettagli tanto precisi da permettere al lettore di poter costruire nella propria testa il volto e le abitudini di questi personaggi. A questo, la lirica di Strocchi affianca il mondo classico e, come un aedo, sfrutta questo per poter parlare dell’essere umano nella sua complessità e completezza.

Unendo tutti questi elementi, diventa impossibile non accostare Strocchi ad un altro nome: Konstantinos Kavafis. Tuttavia, se in Kavafis la tematica amorosa e sensuale assume toni struggenti e rassegnati, in Strocchi questi contenuti diventando pieni di brio, come in un film di Fellini. Proprio tramite il regista riminese, ci colleghiamo all’uso del cinema all’interno di Tr3 Sei 5. Un regista la cui poetica risulta essere fortemente presente è Ingmar Bergman. Bergman, per definizione, è stato il regista che più di tutti è riuscito a scavare all’interno dell’animo umano e a rendere la pellicola cinematografica un potete strumento narrativo. Molti critici, infatti, ritengono che Bergman sia stato il primo regista capace di filmare il senso del tempo.

Poeti e poesia

Collegandoci a quanto detto nel paragrafo introduttivo, oggi siamo circondati da poeti o, meglio, da gente che scrive poesia. In generale, l’Italia è una delle nazioni in cui si scrive di più, ma è anche una delle nazioni in cui si legge di meno. Questo dato dovrebbe già farci comprende che c’è qualcosa che non va. Tanta gente scrive poesia e nessuno vieta e vieterà mai loro di farlo. Esprimersi è un diritto fondamentale, sacrosanto. Tuttavia, tra scrivere poesie ed essere un poeta vi è una notevole differenza. Francesco Strocchi è un poeta. Questo non solo per i suoi versi più strutturati a livello metrico o per l’uso eccelso dell’assonanza (personalmente parlando, credo di aver letto alcuni dei versi “più ritmati” degli ultimi anni).

Un poeta è tale proprio quando la “struttura” non pesa, ovvero quando il lettore meno colto riesce ad approcciarsi all’opera e ad appassionarsi. Come spesso si sente dire: abbiamo già raccontato tutto e, forse, quest’affermazione è veritiera. Tuttavia, a fare la differenza non è tanto il tema, quanto come lo si narra.

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