Un evento letterario inusitato del 2019 è stata la pubblicazione da parte di Adelphi, per la seconda volta soltanto nella sua storia editoriale, di un’opera prima, ovverosia del romanzo Benevolenza Cosmica di Fabio Bacà. Inutile dire che le aspettative erano altissime, ragion per cui, di fianco a opinioni entusiastiche che elogiavano la novità, l’originalità e la brillantezza del romanzo, una pacata delusione per l’ardita scelta di Adelphi ha preso piede fra i lettori.

Cosa non andava nel lavoro di Bacà? Semplicemente, sembrava uno strano romanzo scritto in italiano da un autore americano. Mi spiego: com’è stato fatto notare benissimo da altri recensori (cito un’ottima analisi di Vincenzo Politi da Goodreads), Bacà, verosimilmente affascinato dalla ruggente ed estremamente vitale letteratura americana contemporanea, ne ha importato i toni e gli stili, che però deve aver conosciuto solo attraverso delle traduzioni, e li ha impiantati nel contenitore-romanzo italiano. Il risultato è, però, leggermente grottesco, se il nostro autore, pur ispirato dai grandi narratori statunitensi degli ultimi decenni, decide di ambientare la sua storia in una Londra irreale (in cui forse è stato solo da turista?), senza evidentemente conoscere a sufficienza l’inglese, se ad un certo punto il protagonista discute sul darsi del lei o del tu. Un vero peccato, perché l’idea di fondo del romanzo era anche interessante, un po’ distopica alla Carrère.

Ma questo articolo, malgrado il verboso paragrafo iniziale, non è una recensione a Benevolenza Cosmica, e l’opera prima di Bacà ci serviva solo ad introdurre un’importante riflessione sull’editoria nostrana, a cui il tipico romanzo italiano – o all’italiana – non piace più tanto, se per essere pubblicati da Adelphi dobbiamo strizzare l’occhio a David Foster Wallace.

Alessio Forgione

Verrà da chiedersi, allora, che cosa sia un romanzo italiano. Ce lo spiega, o meglio, ce lo ricorda, Alessio Forgione, autore di Giovanissimi, in lizza fra i dodici finalisti per il LXXIV Premio Strega, divenuto noto dopo il successo del suo primo romanzo Napoli Mon Amour.  La storia è semplicissima: ci troviamo davanti a un breve romanzo di (incompiuta) formazione che ha per protagonista un quattordicenne napoletano, ed è ambientato negli anni ’80. Il giovane protagonista non è un prodigio, o un talento, o un genio, né un totale reietto, o un caso perso, o un rifiuto della società. Non è neanche un vero e proprio mediocre, né è un poveraccio. È solo un ragazzino (Marco, detto Marocco per i capelli scuri e ricci) mediamente intelligente ma niente affatto brillante, figlio di un semplice e onesto lavoratore stipendiato e di una donna che lo ha abbandonato quando aveva 9 anni, e dal cui abbandono è rimasto comprensibilmente segnato. Marocco gioca a calcio a livello agonistico, non studia quasi, inizia a spacciare nei bagni della scuola, in principio riluttante ma poi decisamente convinto dal suo migliore amico Lunno (un mezzo ragazzaccio non poi davvero cattivo), e ad un certo punto si innamora dell’angelica e deliziosa Serena, una brava ragazza che per la prima volta lo fa sentire amato.

Insomma, gli ingredienti del romanzo italiano ci sono tutti. Perché a differenza della Francia, dell’Inghilterra, della Russia, i cui romanzi ottocenteschi e del primo novecento hanno fatto la storia della letteratura mondiale, l’Italia, da sempre perlopiù patria di poeti (fatte pochissime eccezioni), ha davvero conosciuto la sua grande stagione del romanzo nel secondo dopoguerra. Il romanzo italiano è un romanzo che parla di poveri, di vinti, di gente normale, spesso un po’ sfortunata (come Marocco, la sua famiglia e i suoi amici), in opposizione ai grandi romanzi americani, pullulanti di self-made men, di rincorse al sogno capitalista (da Gatsby, allo Svedese di Pastorale Americana), o ai romanzi inglesi, dai protagonisti aristocratici e di buona famiglia (da Wilde, alla Woolf, a McEwan).

Alessio Forgione

L’italiano di Forgione è pulitissimo, e, pur nella sua chiarezza così netta e distinta, si sa presentare con convinzione come l’italiano di un quattordicenne. I pensieri del giovane Marocco non sono mai filtrati da una voce autoriale, e l’unico vero “filtro” è necessità del narratore di renderli in un italiano esatto, preciso. Non incontriamo mai la verbosità, talvolta futile, e la ridondanza di dialoghi di certi romanzi italiani contemporanei di grande successo (si pensi alla lunga saga della Ferrante).  La semplicità dello stile di questo romanzo si identifica con la semplicità dei fatti che racconta: la Napoli presentata da Forgione è una Napoli di gente comune, dove la malavita esiste (e non risulta edulcorata), ma la cui descrizione non ruba la scena alla vita semplice dei protagonisti; abbiamo poche azioni, azioni poco memorabili, banali, quotidiane; molti pensieri e riflessioni spontanee, decisamente e meravigliosamente comuni. E un finale brusco, agghiacciante, aperto e allo stesso tempo non aperto, in una sorta di climax che non si sa se ascende o discende.

Chi vincerà il Premio Strega è sempre difficile dirlo con largo anticipo, ma sarebbe innegabilmente bello che quest’anno lo vincesse un vero romanzo italiano.

Giovanissimi di Alessio Forgione
La copertina del romanzo Giovanissimi di Alessio Forgione, pubblicato da NN Editore

Giovanissimi di Alessio Forgione è candidato alla LXXIV edizione del Premio Strega.

Le foto di Alessio Forgione sono state cortesemente fornite dall’Ufficio Stampa NN Editore

Napoli in una foto di Orna Wachman

 

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