Un libro per far rivivere: Graziano Fiore – Poeta gentile, volume a cura di Paolo Comentale

«Io non sono un poeta. Io non sono che un piccolo fanciullo che piange»,
scriveva Sergio Corazzini all’alba del Novecento. Risulta naturale associare questi versi alla giovane morte, soprattutto se a perire è qualcuno che ha scritto anche delle poesie.
È il caso di Graziano Fiore, nato ad Altamura, nel barese, il 17 marzo 1925 e morto il 28 luglio 1943 durante l’eccidio di Bari, noto anche come la strage di via Niccolò dell’Arca, nel quale venti persone furono uccise con colpi di arma da fuoco dai soldati fascisti, nel corso di una manifestazione pacifica. Quell’evento è raccontato nel libro La Bellezza e il Coraggio (Edizioni di Pagina, 2022) di Paolo Comentale, autore e interprete di spettacoli teatrali per ragazzi, ma anche di romanzi e articoli giornalistici.
Ora lo scrittore barese è in libreria in veste di curatore del volume Graziano Fiore – Poeta gentile, pubblicato da Edizioni Radici Future in collaborazione con il Consiglio Regionale della Puglia. L’occasione è quella di presentare, per la prima volta, le poesie che il figlio più piccolo dell’umanista, meridionalista e antifascista Tommaso Fiore scrisse da maggio a luglio del 1943.
Il volume, oltre al corpus poetico, che conta ventidue componimenti, è arricchito da un commento critico e storiografico e da alcuni documenti e fotografie provenienti dall’Archivio storico dell’Istituto pugliese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea (IPSAIC) con l’autorizzazione della famiglia Fiore.

Lo sguardo del giovane Graziano volge alla natura, spesso spietata perché ride di fronte al suo dolore interiore ma da cui egli cerca ascolto.
«O spietato bosco, / non io cercava / infrangerti, / ma solo posarmi / solitario / sul tuo silenzioso corpo, / soffuso / di quel dolce incanto» (p. 64).
Non mancano le richieste alla luna, i richiami del tramonto, della sera e della notte, metafore di oscurità e paura.
Un sentimento di profonda tristezza, in fondo comprensibile, emerge nei versi iniziali di Cruda prigione:
«Dura prigion tien chiuso / il suo libero andare / per via giusta percorsa» (p. 80),
ricordando il periodo in carcere, l’anno prima, a soli diciassette anni, età in cui i giovani dovrebbero fiorire.
Quell’infelicità di fondo è possibile riscontrarla anche in Trapasso, una lirica che conserva versi dai caratteri nostalgici:
«Riviver giorni felici, / quando i dolori / le sofferenze / di mia prima età / non s’accalcavano / in questo animo / turbato, / che solo / deve soffrire / per vivere» (p. 72).
Le poesie di Graziano Fiore echeggiano nell’aria come una carezza madida di lacrime. I suoi versi, pregni di sofferenza ma anche di speranza, sono una testimonianza storica inestimabile ed è un bene che siano stati portati alla luce.

1 Comment
Gentile amico,
grazie per le tue parole. Abbiamo bisogno anche di parole poetiche in questi tempi cupi e drammatici.
Un saluto cordiale.
Buon lavoro
paolo