11 Marzo 2016
Si stima che 3 milioni di relitti siano ancora presenti sui fondali degli oceani, la maggior parte dei quali si determina in prossimità della costa, dove vi sono rischi determinati dalla congestione marittima, da rocce o altri oggetti sommersi.
La localizzazione di questi relitti è importante, non tanto per l’idea romantica che si possano qui trovare tesori, quanto per il valore storico degli stessi, o per quello ecologico: spesso dove affonda una nave si crea una barriera artificiale. Inoltre i relitti possono essere oggi causa di inquinamento o costituire un pericolo per altri naviganti.
Gli autori di un nuovo studio, pubblicato sul Journal of Archaeological Science, hanno rilevato come i relitti lascino un pennacchio di sedimenti sulla superficie marina che può contribuire alla localizzazione degli stessi. L’osservazione, verificata dai ricercatori nelle colorate immagini dal satellite NASA/USGS Landsat 8, è alla base della nuova metodologia da loro proposta.
Un quarto di tutti i relitti sarebbe da collocarsi nel Nord Atlantico, e sarebbe particolarmente evidente all’estremità meridionale del Mare del Nord, dove abbonderebbero quelli della Seconda Guerra Mondiale. I ricercatori hanno testato la nuova metodologia sui relitti noti della SS Sansip, della SS Samvurn, della SS Nippon e della SS Neutron. La profondità sembra essere un fattore importante, perché i pennacchi di sedimenti possano essere rilevabili da satellite.
Lo studio “Detection of shipwrecks in ocean colour satellite imagery”, di Matthias Baeye, Rory Quinn, Samuel Deleu, Michael Fettweis, è stato pubblicato sul Journal of Archaeological Science.
Link: EurekAlert! via NASA/Goddard Space Flight Center