Il Gladiatore 2, di Ridley Scott: una delusione, seppur magnifica
Giano, dal latino Janus, ossia passaggio o porta, è la divinità romana dei mutamenti e delle transizioni. Viene rappresentato come un uomo dai due volti: uno guarda indietro, l’altro guarda avanti. Passato e futuro, dunque. Gli stessi che convivono (malamente) ne Il Gladiatore 2, l’ultimo film di Ridley Scott, sequel del celebre cult del 2000.
Da una parte, l’anima commerciale e spettacolare, che raggiunge il suo apice nella scena della naumachia, tanto coinvolgente quanto goffa, pigra e impacciata nella scrittura. Il continuo tentativo di ricalcare le gesta del primo film risulta spesso maldestro, complice la scelta di affidare le redini del racconto a un personaggio, Lucio, interpretato da Paul Mescal, a cui per troppo tempo viene chiesto di essere ciò che non è, ovvero un nuovo Massimo Decimo Meridio. Non è un problema dell’attore irlandese, sia chiaro. Sulla carta, il suo Lucio avrebbe anche avuto un grande potenziale, come si vede nel finale, ma di questo parleremo più avanti. Le frasi di Massimo riecheggiano costantemente sulla bocca dei personaggi, quasi forzatamente. Ma se il primo film prende vita attraverso questi slogan, avendo messo al centro di tutto il generale romano, lo stesso non fa il suo sequel. Ciò che ha reso grande la pellicola del 2000 è anche il suo “limite” ideologico. Un limite che Ridley Scott cerca di sfondare attraverso la storia di Lucio, dimostrando (o almeno provandoci) quanto non da un singolo uomo, ma solo dalla collettività – magari sì ispirata da un singolo uomo – possa nascere un vero cambiamento.
Il Gladiatore 2 infatti, nella seconda parte, rivela un’altra anima, una che non ti aspetti: più autoriale, pungente e critica nei confronti della società contemporanea. Ridley Scott utilizza, a volte in maniera sorprendente, l’antica Roma per riflettere sulla politica e sul potere. I due imperatori: meravigliosi nel loro essere così esagerati, grotteschi, kitsch, paranoici. Vuoti. A mio avviso, sono i personaggi meglio riusciti del film. Se loro rappresentano i politici e i governanti, il Macrino di Denzel Washington tratteggia l’immagine di coloro che serpeggiano nell’ombra, che sfruttano le meccaniche del sistema per il proprio tornaconto, disposti a tutto pur di saziare la loro sete di denaro e potere (molto attuale, non vi pare?). Il personaggio più intrigante del film, tuttavia, è probabilmente Acacio. Cosa sarebbe successo se Massimo Decimo Meridio avesse baciato l’anello di Commodo? Se si fosse piegato all’imperatore? Interpretato divinamente da Pedro Pascal, Acacio è l’esatta risposta a questa domanda. Infine, a chiudere il cerchio, Lucio: un personaggio che, quando si toglie le vesti di Massimo, dimostra di avere molto da dire. Il fatto che sia un signor nessuno, o che si dipinga come tale, è perfettamente in linea con il messaggio che Ridley Scott vuole lanciare: lui non può e non deve essere un nuovo Massimo. Se non vuole essere soggiogata per sempre, tutta Roma deve abbracciare la rivoluzione. Lui non è nessuno, è Roma che deve muoversi. A riguardo, il suo conflitto con il personaggio di Acacio, ridotto a copia posticcia di quello tra Massimo e Commodo, è forse la più grande occasione sprecata del film.
Due anime molto diverse, insomma: una guarda al passato, al primo film, l’altra guarda al futuro, cercando di andare oltre ciò che è stato. Purtroppo, come già accennato, non solo non convivono bene, ma si ostacolano a vicenda, con il risultato che Il Gladiatore 2 finisce per scontentare un po’ tutti: sia chi avrebbe voluto una pellicola sulla falsariga del film del 2000, sia chi, come me, avrebbe preferito un focus su ciò che accade quando la camera abbandona il sangue e la sabbia dell’arena. È lì che Il Gladiatore 2 dà il meglio. Peccato che lo faccia solo verso la fine. A prescindere da ciò, bisogna comunque sottolineare come Ridley Scott, quando si dedica al genere del film in costume, faccia magie. Sul piano tecnico e della messa in scena, Il Gladiatore 2 è uno spettacolo per gli occhi. Il regista britannico vive in ogni singola inquadratura. Si tratta davvero di un film visivamente appagante (candidato agli Oscar 2025 nella sezione migliori costumi), al quale si può tranquillamente perdonare quelle orribili scimmie in CGI. Purtroppo, nonostante ciò, siamo lontani dai fasti della prima pellicola e da quello che questo secondo capitolo avrebbe potuto essere.
La sensazione che si ha, al termine della visione, è che, nella fase di concepimento del progetto, tra Ridley Scott, David Scarpa, David Franzoni e la produzione, qualcuno abbia voluto tirare la corda da una parte e qualcun altro dall’altra. Ne esce un film che, cercando di accontentare tutti, come spesso succede, finisce per non accontentare nessuno. Una delusione, seppur magnifica.