Con il nome di Horti, i Romani del periodo imperiale indicavano generalmente le grandi ville e i parchi all’interno delle città, costruiti secondo le modalità proprie delle ville di otium. Durante il periodo repubblicano, diversamente, con il termine hortus si intendeva un piccolo appezzamento di terra coltivato per le necessità della famiglia. Le modalità di costruzione di questi ampi spazi verdi non avevano come centralità gli ambienti destinati ai vari usi, ma l’elemento predominante era costituito proprio dalle piante, spesso foggiate in forme geometriche o animali e poi secondariamente dagli edifici. Mirabile esempio è la villa dell’imperatore Adriano a Tivoli costruita secondo questo modello.
Tra i primi giardini monumentali dell’Urbe si ricordano i numerosi horti di Cicerone di cui abbiamo eco nelle lettere ad Attico, quando l’Arpinate cercò di acquistare dei terreni per farvi costruire un sepolcro all’amata figlia Tullia morta nel 45 a.C. a Tusculum, o i famosi Horti di Cesare sulla sponda destra del Tevere lungo la via Portuense lasciati nel 44 a.C., anno della morte del dittatore, al popolo di Roma come eredità. Alcuni giardini cesariani si trovavano sul Quirinale, presso la porta Collina e furono acquistati, alla morte di Cesare, dallo storico Caio Sallustio Crispo, probabilmente con le enormi ricchezze accumulate in maniera illecita quando era governatore della Numidia e ancora oggi conosciuti con il nome di Horti Sallustiani.
Nato ad Amiternum, nella Sabina, il 1° ottobre dell’86 a.C. da famiglia facoltosa, compì i suoi studi probabilmente a Roma, dove i suoi interessi cominciarono ben presto a gravitare intorno alla carriera politica. Inizialmente si legò ai populares, fu tribuno della plebe nel 52 ma, poco dopo, per vendetta degli aristocratici, venne espulso dal senato nel 50 per indegnità morale. Dopo lo scoppio della guerra civile combatté appoggiando Cesare e fu così riammesso in senato dopo la vittoria di questo.
La sua carriera fu tutta in salita, tanto che nel 46 arrivò anche la nomina di pretore. Sconfitti i pompeiani in Africa, Cesare nominò Sallustio governatore della provincia di Africa nova, costituita per la maggior parte dal regno di Numidia sottratto a Giuba che aveva appoggiato i pompeiani. Il suo governo fu senza scrupoli. Al ritorno dalla provincia, venne colpito da un’accusa di malversazione e per evitargli un’altra espulsione dal senato Cesare gli consigliò di ritirarsi una volta per tutte dalla vita politica. Da questo momento Sallustio dedicherà la sua vita alla scrittura e in modo particolare alla storiografia. Morì nel 35 o nel 34 a.C. nella sua lussuosa residenza tra il Pincio e il Quirinale, proprio nei suoi Horti che da lui presero il nome.
Non abbiamo notizie certe che riguardano il suo accumulo di ricchezze ma non vi è dubbio che queste contribuirono ad ampliare e ad abbellire la sua lussuosissima residenza. Gli ampliamenti ai vecchi giardini di Cesare riguardarono le aree a nord e ad est della villa, dove fu inglobato il tempio di Venere Ericina costruito nel 187 a.C. su modello del più famoso tempio dedicato alla dea nel sito siciliano di Erice. Probabilmente Venere era una delle dee protettrici degli Horti, come dimostra un altro luogo di culto dedicato alla dea della bellezza e dell’amore situato nella Valle Sallustiana e nume tutelare dello stesso Cesare che faceva risalire le origini leggendarie della sua famiglia proprio a Venere.
Alla morte dello storiografo, la villa andò in eredità al nipote Sallustio Crispo, ricordato dalle fonti come consigliere di Augusto e poi di Tiberio. Nel 21 d.C., dopo la morte di Crispo, i giardini entrarono a far parte dei possedimenti imperiali. La bellezza della residenza e la posizione favorevole fecero si che la villa spesso venne preferita dagli imperatori come residenza occasionale in alternativa alla residenza ufficiale sul colle Palatino. Tale preferenza era motivata anche da ragioni di sicurezza, in quanto la villa si trovava in prossimità dei Castra Pretoria, la caserma dove risiedevano le guardie personali dell’imperatore.
Tacito narra che Nerone, per fuggire dalle attenzioni della corte in occasione delle sue scorribande notturne tra i quartieri malfamati della città, si serviva spesso di questa residenza. Diversamente, con l’avvento dei Flavi e in particolare con Vespasiano, i grandi giardini del Quirinale vennero restituiti all’uso pubblico. L’imperatore si preoccupava infatti di aprire la grande villa ai cittadini dopo i lavori di restauro degli edifici a causa degli scontri tra le sue truppe e quelle di Vitellio, scontri avvenuti proprio in prossimità degli Horti Sallustiani.
Su esempio di Vespasiano, anche l’imperatore Nerva preferì la residenza di Sallustio al palazzo imperiale sul Palatino, tanto da passarci gli ultimi anni della sua vita. Ancora una volta le fonti non ci aiutano e tacciono durante il periodo adrianeo sui lavori della villa, ma questa, quasi sicuramente, fu sottoposta ad una generale ristrutturazione, come dimostrano la tipologia degli edifici ancora oggi visibili. È in questo periodo che, seguendo anche l’inclinazione di Adriano per i progetti audaci e innovativi come la sua Villa a Tivoli, che si afferma il concetto di Parco monumentale con edifici distribuiti su una vasta area e adattati alla natura del terreno.
Dopo gli importanti interventi di Adriano, bisognerà giungere alla fine del III secolo d.C. con Aureliano per scoprire che gli Horti Sallustiani verranno inseriti nel progetto della nuova cinta muraria di cui si doterà Roma dopo i sopraggiunti problemi politici legati alla crisi dell’impero e alle incursioni barbariche. Fortunatamente, con un esito diverso rispetto ad altri giardini, quelli del Quirinale saranno risparmiati dai lavori per le nuove mura così che la struttura si preservò. Lo stesso imperatore Aureliano dimostrò per gli Horti un interesse particolare, tanto da farsi costruire un portico monumentale (Porticus Miliarensis), una sorta di maneggio lungo mille passi e decorato similmente ad un giardino dove l’imperatore era solito rilassarsi e montare a cavallo.
Inizierà con il sacco dei Goti, nel 410, il declino degli Horti Sallustiani così come degli altri grandi complessi monumentali dell’Urbe. I barbari, entrati dalla vicina porta Salaria, arrecheranno tanti di quei danni ai giardini che non potranno mai più essere avviati lavori di ristrutturazione. Ancora nel VI secolo, lo storico Procopio che abitò nella villa di Sallustio ricordava gli ingenti danni provocati dai saccheggi e gli edifici ormai in rovina, erano segni inequivocabili delle distruzioni passate.
Nonostante le varie menzioni nelle fonti storiche, molto si è discusso sulla effettiva estensione dei giardini, riconosciuti da tutti come il più grande parco monumentale della città di Roma. Nel periodo del suo massimo sviluppo, intorno al III secolo d.C., probabilmente l’area si estendeva dal Quirinale fino ad arrivare al Pincio, includendo anche la lunga valle che separava i due colli. I numerosi plessi che erano sparsi nella villa, isolati o in gruppi, erano inseriti nell’ambiente circostante pur non costituendone la parte principale che ricordiamo essere stata costituita dal verde e dai numerosi alberi piantati. Tra le piante preferite vi erano i sempreverdi (bosso, cipresso, leccio) e molte siepi erano oggetto di vere e proprie realizzazioni scultoree dalla forma geometrica o fantastica. A completare la magnificenza generale, la presenza anche di numerose opere d’arte disseminate e raccolte nel tempo in ogni angolo dell’enorme villa.
Tra le opere di maggiore rilievo provenienti dagli Horti Sallustiani ricordiamo:
- Il trono Ludovisi che ritrae la nascita di Venere e il ritorno di Persefone dall’Ade, oggi conservato al Museo Nazionale Romano;
- La statua del Galata morente rinvenuta nel 1663 e oggi conservata ai Capitolini e il Galata suicida;
- Fregi a girali d’acanto con sfingi databili alla prima età augustea, oggi alla Centrale Montemartini;
- Lo splendido gruppo marmoreo con Oreste ed Elettra, opera dello scultore Menelaos con tracce di policromia originaria.