JOHN BARRYMORE INCARNA IL MITO DI JEKYLL
ALLE GIORNATE DEL CINEMA MUTO DI PORDENONE
 
FRA LE ALTRE PROPOSTE IL CAPOLAVORO DI PUDOVKIN TEMPESTE SULL’ASIA, UNA COMMEDIA DI PROTAZANOV, IMMAGINI DI ATENE NEGLI ANNI VENTI, IL PIÙ ANTICO LUNGOMETRAGGIO TECHNICOLOR E I MÉLIÈS COLORATI A MANO
 
Dr. Jekyll and Mr. Hyde (1920) di John S. Robertson
Giovedì 9 ottobre, Teatro Comunale Giuseppe Verdi
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Il mito del doppio, lo strano caso del dottor Jekyll e Mr.Hyde rivive alle Giornate del Cinema Muto in una splendida copia della George Eastman House, che sarà proiettata al Teatro Verdi di Pordenone giovedì 9 ottobre alle 20.30. Prima di questa, datata 1920, c’erano già stati ben otto adattamenti cinematografici della celebre novella di Robert Louis Stevenson, ma è con questa versione che l’opera conquista il pubblico, grazie soprattutto alla magistrale interpretazione di John Barrymore, capace di trasformarsi da star tra le più fascinose di Hollywood in mostro ripugnante, senza cadere in un involontario effetto comico.
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È invece merito del regista John Robertson l’aver accentuato più che l’ossessione scientifica, il desiderio sessuale che la visione della ballerina Gina scatena in Jekyll, che risveglia in lui “gli aspetti più ignobili della sua natura”. John Barrymore avrebbe dovuto essere anche il protagonista della successiva versione di Jekyll, quella celebre di Rouben Mamoulian che fruttò l’Oscar a Fredric March, subentrato come seconda scelta.
 
Giornata all’insegna della grande spettacolarità con il capolavoro di Vsevolod Pudovkin Tempeste sull’Asia,alle 17 sempre al Teatro Verdi. Uscito in Unione Sovietica nel 1928, costituisce l’ultima parte della trilogia del grande regista, dopo La madre e La fine di San Pietroburgo, sull’influenza sociale della rivoluzione nello sviluppo della coscienza individuale. La vicenda di Tempeste sull’Asia si svolge nella Mongolia sotto l’occupazione degli inglesi, fatto che non corrisponde alla verità storica, ma utile propagandisticamente per denunciare il colonialismo occidentale. In quel momento le relazioni diplomatiche tra Unione Sovietica e Inghilterra erano ai minimi storici e Londra era il nemico numero uno. Uno dei tratti principali del film di Pudovkin è la fotografia che restituisce lo spirito della Mongolia attraverso il suo paesaggio e il carattere dei suoi abitanti attraverso i primi piani dei loro volti. Combinando uno stile etnografico documentario con le metafore visive, Golovnya dispiega una gamma pittorica che va oltre le immagini della Mongolia o della Rivoluzione: la sequenza della pelliccia di volpe richiama le nature morte olandesi del ‘600 e la sequenza del protagonista bendato riprende nella sua composizione lo scorcio prospettico del Cristo morto di Andrea Mantegna.
 
Si resta in Unione Sovietica ma cambiando decisamente genere con Don Diego i Pelageya, di Yakov Protazanov, del 1928. E’ una commedia dimenticata per decenni e apprezzata sempre di più fino a diventare uno dei muti più amati e apprezzati in Russia. Il film dette grande popolarità alla protagonista femminile, l’attrice Maria Blumenthal-Tamarina, che grazie a questo film divenne, ultrasessantenne, una vera stella del cinema fino ad essere una dei primi tredici artisti insigniti nel 1936 del più alto titolo onorifico della Russia sovietica, “Artista del Popolo dell’URSS.”
 
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È d’obbligo citare le altre proposte di questa ricca giornata. Si comincia la mattina alle 9, con una delle interpretazioni più complesse di Lionel BarrymoreThe Bells, del 1926, in cui c’è una delle prime apparizioni diBoris Karloff. Alle 11.50, Le avventure di Villar, 1924, il più vecchio tra i film di finzione prodotti in Grecia e restaurati dalla Cineteca ellenica. Questa comica di Joseph Hepp, con protagonista il popolare personaggio di Villar, ha valore soprattutto come ritratto di Atene negli anni Venti essendo stata girata quasi interamente in esterni.
 
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Nel pomeriggio, alle 14.30, nel programma sulla Technicolor, il più antico lungometraggio a colori sopravvissuto, The Toll of the Sea, 1922, e a seguire, gli straordinari Méliès a colori, tutti dipinti a mano, fotogramma per fotogramma, che rafforzano anche nello spettatore di oggi l’entusiasmo per questo artista geniale, il più inventivo regista e illusionista del cinema delle origini, erede di molti secoli di tradizioni magiche, di pratiche fantasmagoriche, di segreti tecnici, ottici, teatrali, delle féeries tramandate da schiere di taumaturghi, negromanti, scenografi, lanternisti, tecnici e prestigiatori.
 
 
Pordenone, 8 ottobre 2014
Le Giornate del Cinema Muto – Ufficio stampa

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