Berthe Morisot – Pittrice impressionista, la mostra

alla GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino

16 ottobre 2024 – 9 marzo 2025

Con il sostegno eccezionale del Musée Marmottan Monet di Parigi

a cura di Maria Teresa Benedetti e Giulia Perin

Display di Stefano Arienti a cura di Chiara Bertola

La mostra Berthe Morisot - Pittrice impressionista alla GAM Torino

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commento a cura di Chiara Zoia (20 ottobre 2024)

Berthe Morisot e la difficile avanguardia femminile in mostra a Torino

Morisot ci imbarazza.

A 150 anni dall’inizio dell’avventura impressionista, a cui partecipò con convinzione e costanza, e a quasi 130 dalla sua morte, ancora facciamo fatica a rapportarci con la sua eredità.

Un senso di distanza, incompiutezza, frustrazione, che si rispecchia dalle sue opere al nostro modo di interpretarle.

Morisot sfugge a qualsiasi tentativo di racconto piatto e banale, come pittrice e come donna. Non abbastanza femminista per farne una Frida del XIX secolo, non abbastanza indifferente ai vincoli subiti a causa del suo genere perché la sua opera possa essere affrontata ignorando la questione.

Berthe Morisot “Giovane donna sdraiata” 1889, puntasecca, Bibliothèque de l'Institut National d'Histoire de l'Art, collections Jacques Doucet. Foto di Chiara Zoia
Berthe Morisot, Giovane donna sdraiata (1889), puntasecca, Bibliothèque de l’Institut National d’Histoire de l’Art, collections Jacques Doucet. Foto di Chiara Zoia

Morisot ha così grande consapevolezza di sé che firma con il suo cognome da nubile. Anche dopo il matrimonio che gliene avrebbe conferito uno ben più pesante ma difficile da gestire: Manet, come Eduard, fratello di suo marito e suo indiscusso punto di riferimento artistico. Eppure non può fare a meno di oscillare tra la più radicale avanguardia e l’adesione alle più comuni aspettative nei confronti dell’opera di una signora della buona società.

La mostra inaugurata lunedì 15 ottobre alla GAM di Torino non è immune a queste contraddizioni, all’incompiutezza che sembra accompagnare il percorso artistico di Berthe Morisot. All’imbarazzo nel doverlo raccontare attraverso un percorso inevitabilmente didascalico.

L’allestimento presenta un numero abbastanza contenuto di opere, che sembra ancora più piccolo per l’enorme varietà: di tecniche, soggetti, importanza, dimensioni, poetiche.

A questo stimolante disordine cerca di dare una forma finita la suddivisione in quattro sezioni, ciascuna dedicata a un tema. Eppure le opere di Morisot sembrano non aderire mai alla perfezione al contorno tracciato. Perché le figure nel verde molto spesso sono ritratti femminili e allo stesso modo appartengono alla sfera familiare.

È come trapelasse un certo imbarazzo nel dover presentare l’opera di questa pittrice incastrata nel far quadrare i conti tra la propria idea dell’arte e i vincoli che si trova a sperimentare in quanto donna.

Berthe Morisot Autoritratto 1885 Olio su tela Parigi, musée Marmottan Monet, legs Annie Rouart, 1993. lnv. 6022
Berthe Morisot, Autoritratto (1885), olio su tela. Parigi, musée Marmottan Monet, legs Annie Rouart, 1993. lnv. 6022

Morisot aveva sviluppato una visione artistica molto lucida e definita: lo capiamo appena entrati in mostra, di fronte a una delle opere più interessanti di tutto il percorso. Il suo Autoritratto è un vero manifesto di come l’artista vede sé stessa e il linguaggio che ha scelto. La giacca “da lavoro”, macchiata ovunque di pittura, e la tavolozza sono i segni della sua identità; si pone così in una lunghissima serie di autoritratti di pittori, e pittrici, che vogliono legare la memoria di sé al proprio mestiere. Berthe Morisot, pronipote di Jean-Honoré Fragonard, rivendica la sua genealogia, di sangue e di vocazione.

I capelli raccolti con semplicità in una coda, il foulard scuro al collo, e il vezzo di un paio di fiori appuntati, sembrano più evocare un gusto dandy che l’adesione a un’identità di genere. Lo stile veloce e sicuro, che alterna le pennellate stenografate del fondo e degli abiti ai tocchi densi e affollati che definiscono tratti del viso e ciocche, è una dichiarazione di campo.

Morisot, educata artisticamente nell’ossequio della pittura lucidatissima alla Ingres, incontra per caso l’avanguardia. Ed è forse questo l’innamoramento più cocente della sua vita. Nell’incredulità dei suoi maestri abbandona la pittura accademica, per cui pur era incredibilmente portata. Lo dimostrano le due impeccabili puntasecca in mostra, forse tra le opere più valide. Emerge da queste incisioni una mano controllata e sicura, una visione sintetica ma non approssimativa dei volumi e della composizione: quasi una versione perfezionata di quelle qualità artistiche di solito attribuite a Manet.

Invece di seguire una traiettoria sicura e di successo, abbraccia senza incertezze la strada di un linguaggio che ancora non esisteva, e che lei stessa contribuirà a codificare. Nel dialogo artistico con Manet in prima battuta, e quindi come presenza stabile alle mostre del gruppo che si definirà Impressionista.

L’avanguardia, quindi. Una scelta consapevole, che non la spaventa e che anzi darà la direzione a tutta la sua produzione, anche quando le ricerche personali dei pittori impressionisti cominceranno a prendere direzioni divergenti.

Berthe Morisot “Paesaggio a Gennevilliers”, 1875, collezione privata. Foto di Chiara Zoia
Berthe Morisot, Paesaggio a Gennevilliers (1875), collezione privata. Foto di Chiara Zoia

Che si legge chiara ad esempio nel Paesaggio a Gennevillier, minuscola tela del 1975 che pare una sintesi da manuale della ricerca impressionista: una pittura leggera, sottile e veloce come il progresso tecnologico, racchiude in un accordo di tonalità la permanenza di un covone e la travolgente irruzione del denso fumo grigio delle ciminiere.

Un nuovo linguaggio per un mondo nuovo, fatto non più per durare ma per scorrere via in una rapidissima successione di momenti effimeri.

Un linguaggio che richiede una dedizione totale, al limite dell’insano. Quella dell’organizzata follia di Monet, che trascina ovunque tele, attrezzi e cavalletti per lavorare in simultanea su più opere. Quella della totale immersione nel flusso della vita parigina, nei posti e nelle situazioni in cui si rivela, all’improvviso, nella sua estraneità alla tradizione. Come nell’esperienza dello stesso Manet o di Renoir, che ci regala il ritratto affettuoso di una Morisot vista come sodale, senza troppo riguardo alle convezioni sulla piacevolezza femminile.

A sinistra, Berthe Morisot “Giovane nuda, vista di spalle” 1889, puntasecca; a destra Pierre Auguste Renoire “Berthe Morisot”, c. 1892, puntasecca, entrambe Bibliothèque de l'Institut National d'Histoire de l'Art, collections Jacques Doucet. Foto di Chiara Zoia
A sinistra, Berthe Morisot, Giovane nuda, vista di spalle (1889), puntasecca; a destra Pierre Auguste Renoire, Berthe Morisot (c. 1892), puntasecca, entrambe Bibliothèque de l’Institut National d’Histoire de l’Art, collections Jacques Doucet. Foto di Chiara Zoia

Dedizione che Morisot non si può permettere, proprio perché donna, perché signora alto-borghese.

È così che la “sfera familiare” incombe, con una certa cupezza, nell’evolversi del suo linguaggio. Come una gabbia monotona e stretta, come il cortile del carcere a cui Van Gogh saprà dare la forza dell’archetipo.

Donne, fanciulle, bambine. In casa o al parco; col papà, col marito, con le altre donne della famiglia. Compostamente impegnate in quelle poche attività loro concesse.

Per Morisot non ci sono treni e scogliere, come per Monet, niente vicoli disdicevoli, brulichio metropolitano e classe lavoratrice, come per Pisarro, niente bar in cui si ubriacano le prostitute, come per Degas, niente idilli classicheggianti nella natura imbevuti di un morbido eros come per Renoir.

C’è una visione lucida e determinata, un talento che guizza, scalpita e che probabilmente per sovrabbondanza si riversa dentro l’invenzione stilistica che attribuiamo a Eduard Manet. E che invece sembra piuttosto il prodotto di collaborazione paritaria. Fenomeno per altro non così peregrino in un’epoca in cui fare la modella non era affatto una scelta neutra, e quindi spesso appannaggio di donne non estranee alle ragioni dell’arte. E non sconosciuto allo stesso Manet, che già aveva scelto come soggetto Victorine Meurent, anche lei artista e pittrice.

E poi c’è la scialba evanescenza di quelle tele in cui le sembra sfuggire il filo del discorso, quelle piene di figure tutte uguali, tutte egualmente eleganti, egualmente delicate ed inconsistenti. Quelle dietro cui persino lei pare perdere la pazienza, come fossero infiniti esercizi di solfeggio che non sfociano mai nell’esecuzione di un brano.

Berthe Morisot, Les Aloès, Cimiez (1895). Foto di Chiara Zoia
Berthe Morisot, Les Aloès, Cimiez (1895). Foto di Chiara Zoia

Proprio in mezzo a questo contraddittorio disordine arriva come una stilettata, dritta, inevitabile e letale, Les Aloes, Cimiez. Una tela piccola e perfetta. In cui Morisot non assomiglia a nessunə e non insegue nessunə. In cui nulla sembra distrarla e fuorviarla dall’obiettivo.

Una composizione sprezzante, a partire dal tronco che la taglia in due, quasi malamente. Per continuare nella gamma acidissima di giallo lime e azzurro metallico. La carnosità delle foglie dell’aloe un puro pretesto per modellare masse di colore in un’onda di proporzioni impeccabili.

Una tela forte, meditata, che non concede nulla al grazioso e forse per questo trova la strada dell’eccellente.

Berthe Morisot, Les Aloès, Cimiez (1895). Foto di Chiara Zoia
Berthe Morisot, Les Aloès, Cimiez (1895). Foto di Chiara Zoia

Uno scorcio che sembra troppo breve sull’idea di avanguardia di Berthe Morisot. Che ci lascia, incastrata in un sospiro, la frustrazione di un’energia dissipata in un compito troppo difficile. Quello di modellare una pennellata dopo l’altra una rivoluzione nel rapporto tra l’occhio e la realtà. E allo stesso tempo soddisfare le infinite, pretestuose, titaniche richieste della società verso il genere femminile.

Un tetto di cristallo su cui Berthe sembra sbattere costantemente e dolorosamente, come una falena intrappolata, e quindi perdersi in momenti di vacuo stordimento. Ma senza smettere mai di vedere chiarissimo, per quanto fuori portata, l’obiettivo a cui tendeva.

E credo che in questo l’esperienza di Morisot ci sia ancora molto utile: a poco servono il nostro talento, la nostra passione, persino il nostro privilegio. Se non riconosciamo l’ostacolo che ci impedisce di portarlo a pieno compimento, e non riconosciamo di condividerlo con tutte, senza che questo ci causi più alcun imbarazzo e senza riguardo all’imbarazzo degli altri.


Torino, 15 ottobre 2024 – Nell’anno internazionalmente dedicato all’Impressionismo, dal 16 ottobre 2024 al 9 marzo 2025, la GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino presenta la mostra “Berthe Morisot. Pittrice impressionista”, che celebra la storia e il percorso artistico dell’unica donna tra i fondatori del movimento impressionista.

L’esposizione è organizzata e promossa da Fondazione Torino Musei, GAM Torino e 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, a cura di Maria Teresa Benedetti e Giulia Perin, con il sostegno eccezionale del Musée Marmottan Monet di Parigi, istituzione che vanta la più grande raccolta di opere di Berthe Morisot da cui provengono importanti dipinti, e realizzata grazie allo sponsor BPER Banca.

La mostra illustra il legame di Morisot con la poetica del movimento e fa emergere il suo personalissimo timbro nel cogliere la labilità dell’attimo, a simbolo della fragilità dell’esistenza, capace di rappresentare con grazia gli elementi della natura e della realtà.

L’allestimento della mostra accoglie anche un display, realizzato da Stefano Arienti, artista italiano tra i più riconosciuti, che si inserisce all’interno di un progetto concepito da Chiara Bertola, Direttrice della GAM – Galleria Civica di Arte Moderna e Contemporanea, intitolato l’Intruso. In dialogo con le opere di Morisot, il contributo di Arienti si sviluppa lungo tutto il percorso espositivo, utilizzando una varietà di elementi per immaginare un contesto e un’ambientazione inedita delle opere dell’artista che arricchisce l’esperienza dei visitatori.


Grande interprete
della Nouvelle Peinture, Berthe Morisot ha avuto un ruolo importante nella storia del movimento partecipando a sette delle otto mostre impressioniste che si sono tenute dal 1874 al 1886 (unica assenza nel 1879 per la nascita della figlia Julie).

Dopo un periodo di formazione a Parigi, nel 1868 Morisot conosce Édouard Manet, il più importante artista del suo tempo, con il quale instaura una profonda amicizia e relazione professionale. I due artisti si influenzano a vicenda nello stile e Manet la sceglie anche come musa per alcuni dei suoi dipinti.

Qualche anno dopo, nel 1874, Berthe sposa Eugène Manet, fratello di Édouard, entrando di diritto nella famiglia. Indipendentemente dalla presenza di Manet, Morisot continua a vivere intensamente la propria vicenda creativa, legandosi in modo diretto al gruppo.

Attraverso una selezione di circa 50 opere, tra celebri dipinti, disegni e incisioni, provenienti da prestigiose istituzioni pubbliche – tra cui, oltre al Musée Marmottan Monet di Parigi, il Musée d’Orsay di Parigi, il Musée des Beaux-Arts di Pau, il Museo Nacional Thyssen-Bornemisza di Madrid, il Musée d’Ixelles di Bruxelles, l’Institut National d’Histoire de l’Art (INHA) di Parigi – e importanti collezioni private, la mostra ripercorre la vita e la carriera di Berthe Morisot, dai suoi esordi connessi al sodalizio artistico e umano con Édouard Manet, fino alla piena adesione alla poetica impressionista.

Il percorso espositivo si sviluppa in quattro sezioni tematiche dedicate ai principali soggetti protagonisti della produzione di Morisot – sfera familiare, ritratti femminili colti in situazioni di intimità o nel brillio della vita sociale, luoghi all’aperto con un focus su paesaggi e giardini e figure nel verde – e racconta il suo stile leggero, talvolta sorprendentemente ellittico e moderno. La luce, protagonista indiscussa della produzione di Berthe Morisot, avvolge e irradia attraverso pennellate brillanti la superficie delle opere, raggiungendo la massima espressione nelle scene en plein air, sempre caratterizzate da atmosfere vibranti e cromaticamente intense. A queste sezioni, si affianca inoltre una sala dedicata ad un’importante raccolta di opere su carta di Berthe Morisot provenienti dal Musée Marmottan Monet di Parigi, fondamentali come i dipinti per ripercorrere le tappe del suo percorso creativo.

La mostra offre ai visitatori la possibilità di ammirare alcuni tra i più grandi capolavori dell’artista, riuniti tutti insieme nelle sale della GAM di Torino, che il visitatore troverà riallestita e rinnovata in tutti gli spazi espositivi.

Opere significative e distintive dello stile di Morisot come, ad esempio, importanti dipinti provenienti dal Musée Marmottan Monet, tra i quali: Eugène Manet all’isola di Wight (1875) realizzato dalla pittrice durante il viaggio di nozze in Inghilterra, Eugène Manet e sua figlia nel giardino di Bougival (1884) che illustra perfettamente la forza dei legami familiari nella vita e nella produzione dell’artista, Donna con ventaglio o Al ballo (1875) che ritrae una figura femminile colta nell’eleganza di un evento sociale e Il Ciliegio (1891), tra i dipinti ad olio di dimensioni più imponenti realizzati da Morisot.

La mostra vanta inoltre Pasie che cuce nel giardino (1881-82), una tela di grandi dimensioni e dai colori brillanti concessa dal Musée des Beaux-Arts di Pau che ritrae la giovane bambinaia della figlia Julie, insieme al celebre dipinto Su una panchina al bois de Boulogne (1894) proveniente dal Musée d’Orsay di Parigi, e, ancora, l’olio Pastorella nuda sdraiata  (1891) del Thyssen-Bornemisza di Madrid e la luminosa tela La bambina con la bambola o l’interno del cottage (1886) proveniente dal Musée d’Ixelles di Bruxelles.

L’esposizione è anche un’importante occasione per scoprire straordinarie opere dell’artista meno conosciute provenienti da collezioni private come La ciotola del latte (1890), esposto per la prima volta in Italia e venduto in un’asta Sotheby’s a maggio 2022 per più di un milione di euro, a dimostrazione della costante valorizzazione che l’opera della pittrice acquista nel tempo. Il primo proprietario di questo dipinto è stato il grande Monet, amico e collega di Berthe Morisot.

Ad arricchire il percorso espositivo è l’intervento di Stefano Arienti ideato e realizzato in stretta collaborazione con le curatrici della mostra con l’intento di offrire ai visitatori un’esperienza coinvolgente per poter apprezzare maggiormente le opere di Morisot in un contesto che ne esalta la bellezza e l’ambiente storico. All’interno delle sezioni della mostra, Arienti utilizza materiali differenti come ritratti di Morisot rivisitati, elementi olfattivi, nastri di stoffa in raso e organza, carte da parati, oggetti dell’epoca, per fare da sfondo ai meravigliosi e ariosi dipinti dell’artista impressionista. Questo approccio riflette appieno la poetica di Arienti, che spesso si serve di immagini ed elementi molto riconoscibili per manipolarli e rielaborarli in modi nuovi e significativi.

La mostra “Berthe Morisot. Pittrice impressionista” racconta in modo esaustivo la vita e l’attività di una grande artista che in uno dei suoi diari lascia la perfetta descrizione della sua essenza: “La mia vita si limita a voler fissare qualcosa di quello che accade, e bene, quell’ambizione è ancora smisurata! …un atteggiamento di Julie, un sorriso, un fiore, un frutto, un ramo d’albero, una sola di queste cose mi basta”

L’esposizione è accompagnata dal catalogo “Berthe Morisot. Pittrice impressionista” edito da 24 ORE Cultura, che oltre ai saggi delle curatrici, vanta i contributi di Sylvie Patry, massima esperta internazionale dell’artista e di Sylvie Carlier, Direttrice delle Collezioni del Musée Marmottan Monet di Parigi. Il volume è disponibile presso il bookshop della mostra,nelle librerie e online.

Per approfondire la figura di Berthe Morisot e altri aspetti del suo percorso artistico, a Palazzo Ducale di Genova la mostra “Impression, Morisot” dall’11 ottobre 2024 al 23 febbraio 2025, a cura di Marianne Mathieu. Ingresso ridotto su presentazione del biglietto dell’esposizione torinese.

Biografie curatrici
Maria Teresa Benedetti
Storica e critica d’arte, Grande Ufficiale della Repubblica (onorificenza ottenuta dal presidente Ciampi), premio simpatia 2018 in Campidoglio. Nasce ad Urbino, ma vive e lavora a Roma. Dal 2001 al 2004 ha ricoperto la carica di presidente della Sezione italiana dell’A.I.C.A. (Associazione internazionale di critici d’arte). Da inizio anni 2000 fino al 2016 Consulente del Complesso del Vittoriano a Roma, oltre che membro permanente del Comitato scientifico per l’attività espositiva della stessa istituzione.  Dal 1980 al 1998 è stata titolare della cattedra di Storia dell’arte all’Accademia di Belle Arti di Roma ricevendo a fine mandato il titolo di professore accademico emerito, precedentemente, dal 1972 al 1979, a quella di Frosinone. È autrice di numerosi volumi – alcuni tradotti e pubblicati in Francia e negli Stati Uniti d’America – dedicati alla cultura artistica europea del secondo Ottocento e del primo Novecento, nonché di svariati saggi per riviste scientifiche, dossier e per cataloghi di numerose mostre internazionali da lei curate. Ha redatto le voci “Impressionismo” e “Post-Impressionismo” per l’Enciclopedia Universale dell’Arte (a cura di Vittorio Sgarbi). Curatrice di mostre e cataloghi per spazi pubblici e per gallerie private, annovera anche partecipazioni a Comitati scientifici e a Convegni internazionali, così come contributi a mostre in istituzioni pubbliche.

Giulia Perin
Laureata con lode in Storia dell’Arte presso l’Università “La Sapienza” di Roma, prima con una tesi triennale dal titolo “Berthe Morisot e l’Italia”, poi con una tesi magistrale sull’Ottocento Italiano “Arte Italiana all’Esposizione Universale di Parigi del 1878”, ha pubblicato saggi su cataloghi di esposizioni e articoli su riviste specialistiche. Dal 2015 lavora nel mercato dell’arte come consulente per gallerie italiane ed internazionali. Dal 2020 è perito alla Camera di Commercio di Roma nella categoria Antichità e Belle Arti e dal 2021 è CTU del Tribunale Civile di Roma. Nel 2019 pubblica con Maria Teresa Bendetti il dossier Giunti “Morisot”, nel gennaio 2024 il dossier dedicato alla pittrice Angelica Kauffmann e a luglio 2024 è in uscita il dossier da lei curato sull’impressionista Mary Cassatt. Nell’ottobre 2022 è vincitrice borsista del XXXVIII ciclo del Dottorato di Ricerca in Storia dell’Arte presso La Sapienza Università di Roma con un progetto su “La presenza femminile nel mercato dell’arte a Parigi nella seconda metà del XIX secolo”. Da gennaio 2023 è cultrice della materia in Storia dell’Arte Contemporanea.

Biografia Stefano Arienti
Nato ad Asola (Mantova) nel 1961, dal 1980 si trasferisce a Milano, dove risiede tuttora. Nel 1986 si laurea in Scienze Agrarie con una tesi di virologia. Partecipa alla prima mostra collettiva nel 1985 alla ex fabbrica Brown Boveri, dove incontra Corrado Levi, il suo primo maestro.
Ha frequentato l’ambiente artistico italiano, assieme ad altri giovani artisti, nel momento di rinnovamento successivo alle stagioni dominate dall’Arte Povera e dalla Transavanguardia. Ha tenuto una serie di mostre personali in musei e istituzioni d’arte italiane e straniere, fra cui il Museo MAXXI di Roma, la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, le Fondazioni Querini Stampalia e Bevilacqua la Masa di Venezia, il Palazzo Ducale di Mantova, la Galleria Civica di Modena, il Museo di Villa Croce di Genova, i Chiostri di Sant’Eustorgio a Milano e la Villa Carlotta a Tremezzo. Negli Stati Uniti: ArtPace San Antonio, Texas e Isabella Stewart Gardner Museum, Boston. Ha partecipato a numerose mostre collettive in Italia e all’estero, fra cui le Biennali di Venezia, Istanbul e Gwanjiu.
Ha viaggiato soprattutto in Europa, Nord America e Asia, partecipando inoltre a programmi di residenza per artisti negli Stati Uniti a San Francisco, Boston e San Antonio, Nuova Dehli, India e Clisson, Francia. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti Giacomo Carrara di Bergamo e all’Università IUAV di Venezia.

INFORMAZIONI


Berthe Morisot

Pittrice impressionista

16 ottobre 2024 – 9 marzo 2025

GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea,

Via Magenta, 31 Torino

www.gamtorino.it

Orari
Lunedì chiuso | Martedì – Domenica dalle 10 alle 18
La biglietteria chiude un’ora prima

Biglietti
Intero 14 euro | Ridotto 12 euro
(Più diritti se acquistato in prevendita)

 

Comunicazioni ufficiali e immagini (ove non indicato diversamente) dall’Ufficio Stampa della Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino – GAM

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