La rivedrò nell’estasi:
eroine scandalose e conflitti di genere

ne L’opera a luci rosse di Federico Fornoni

Articolo a cura di Gianluca Colazzo e Mariano Rizzo

Accade raramente di imbattersi in libri tanto istruttivi quanto sorprendenti, così eccezionali da farci dubitare di tutti i nostri pregiudizi in merito a discipline tradizionalmente ritenute barbose: si tratta di saggi in cui delle suddette viene fornita una rilettura innovativa che rasenta talvolta la linea di confine tra ossimoro e provocazione. È difficile, per esempio, immaginare la giustapposizione di due argomenti all’apparenza opposti quali l’opera lirica e… il sesso.

In questa difficile impresa si è cimentato Federico Fornoni, insegnante di Storia della Musica presso il Conservatorio di Novara e collaboratore per svariate riviste, stagioni operistiche e mostre tematiche sul mondo della lirica. La sua ultima fatica letteraria, L’opera a luci rosse – seduzione e sessualità nel melodramma del secondo Ottocento, è stata pubblicata nel 2022 per i tipi della Leo S. Olschki di Firenze, casa editrice che, forte di una lunga esperienza e di un catalogo in grado di combinare il rigore accademico alla sana curiosità scientifica, non si è lasciata sfuggire questo importante saggio, vero e proprio unicum nel panorama librario italiano.

Federico Fornoni Opera a luci rosse
La copertina del saggio di Federico Fornoni, L’opera a luci rosse –
Seduzione e sessualità nel melodramma del secondo Ottocento, pubblicato da Olschki Editore (2022);
Centro studi Giacomo Puccini. Premio Rotary Giacomo Puccini Ricerca, vol. 3
2022, cm 17 × 24, xiv-394 pp. con 64 es. mus.

Occorre chiarire che altri testi, in passato, non sono stati insensibili a questa “spinosa” tematica; tuttavia, in genere essi l’hanno trattata in maniera assai settoriale, tanto nell’approccio quanto nella scelta del compositore esaminato. Nel saggio di Fornoni, sebbene a essere preso in esame sia un determinato periodo storico – scelta quantomai adeguata – , tale argomento diventa invece materia organica e interdisciplinare, combinando un profilo squisitamente musicologico a un ricco studio di fonti letterarie, politiche e di storia del costume.

Il libro espone passo dopo passo i mutamenti sociali intercorsi in quell’Europa che si era appena lasciata alle spalle la Rivoluzione Francese e l’esperienza Napoleonica, la quale, concluso il difficile processo della Restaurazione, doveva gestire inedite tensioni sociali che inevitabilmente avevano risvolti su ambienti culturali e produzioni artistiche.

Il Teatro San Carlo a Napoli. Foto di Pask00, in pubblico dominio

Il teatro, e in particolar modo il teatro d’Opera, risentirono inevitabilmente di un humus culturale così in fermento, trovandosi a essere – assai più di quanto oggi possiamo immaginare – veri e propri specchi della società, delle sue convinzioni, finanche delle sue stratificazioni e divisioni, le quali condizionavano il comportamento dei singoli fruitori. Il teatro e l’Opera costituivano, in altre parole, momenti caratterizzanti della vita collettiva; la loro evoluzione andava di pari passo a quella del costume dominante e delle convenzioni sociali, non ultime quelle che coinvolgevano la sfera sessuale. Era pertanto inevitabile che questi mutamenti “andassero in scena” davanti agli occhi degli spettatori, talvolta perfino in anticipo sui tempi.

Per orientarsi in questo complesso gioco di parallelismi, l’autore propone come efficace fil rouge l’evoluzione della figura femminile. Le eroine dell’Opera diventano in tal modo espressioni delle complicate questioni di genere che caratterizzarono l’ultimo cinquantennio del secolo XIX.

Fiumi di inchiostro si sono versati sulle eroine Verdiane: basti pensare alla “dissoluta” Violetta Valery, protagonista di un’opera il cui titolo doveva suonare all’epoca come un terribile insulto, o alla donna “mobile” cantata dal Duca sciupafemmine del Rigoletto; come pure risultava sconveniente la Rossiniana Semiramide, o l’apparentemente meno audace Cenerentola, il cui sensuale – e vagamente feticistico – piedino non poteva essere mostrato nei teatri della Roma papalina dell’epoca, costringendo la poverina a barattare la classica scarpetta della fiaba con inediti (e pudichi) bracciali.

Un’ampia parentesi del libro di Fornoni è dedicata ad un argomento paradigmatico per i temi trattati: il matrimonio, uno degli istituti maggiormente indagati da librettisti e critici poiché foriero di lacerazioni interiori per i protagonisti dei drammi.

“[…] Sul piano politico-legislativo” scrive l’autore, “va considerato come, con la Restaurazione, si riaffermassero i precetti e le norme della Chiesa cattolica in fatto di matrimonio, dopo le riforme introdotte dal codice napoleonico tese a laicizzare l’istituzione” (p. 160).

L’esempio più adeguato a questo proposito è forse dato da Amelia, eroina dell’opera verdiana Un ballo in maschera, la quale incarna in pieno le contraddizioni generate al sovrapporsi dell’etica borghese post-rivoluzionaria ai tentativi di riportare in auge un rapporto uomo/donna di stampo tradizionale. Costei, legittimamente sposata, è incapace di ignorare le profferte amorose (per quanto formalmente caste) del suo sovrano, il quale è peraltro intimo amico di suo marito. L’appiglio emotivo al quale aggrapparsi per lenire le sue lacerazioni è l’aderenza ai principii di castità e indissolubilità del matrimonio: guarda caso, gli stessi propagandati dall’istituzione ecclesiastica ai tempi di Verdi. La storia di Amelia mette pertanto in luce un’attualissima questione di genere: la donna deve rimanere custode dell’istituzione familiare, pena imputarle senza possibilità d’appello la responsabilità del suo fallimento. Pena che, tra l’altro, non sembra gravare sulla controparte maschile, né in qualità di amante né in qualità di marito.

Un ballo in maschera trasla, nella sua sublimazione artistica, le reali vicende di Gustavo III di Svezia in una esotica Boston, lontana e scomparsa colonia di un’Inghilterra ante Rivoluzione americana; ben note sono le vicende che portarono Verdi a rivedere più volte nomi, setting e situazioni, cagionate tra l’altro dal carattere scandaloso dell’opera.

La tendenza a portare in scena ciò che veniva percepito come estraneo al tessuto sociale rimane però un carattere basilare del mondo operistico, resosi più evidente col passare del tempo; anche in questo caso sono i personaggi femminili a rappresentare efficacemente tali tematiche: a esse vanno ascritte la “diversità” etnica dell’etiope Aida, o la condizione di doppia subalternità (di classe sociale e di “scomunicata”) della Nedda di Leoncavallo, come pure la volubile Manon Lescaut pucciniana, finanche facendo ricorso all’elemento straniante dell’immaginario e del meraviglioso.

Percorrere la via dell’alterità in quel periodo non era un semplice distanziamento cronologico, geografico o culturale (come ancora era accaduto nei casi della Traviata e di Un ballo in maschera) necessario per porre l’attenzione su problemi scabrosi allontanandoli, bensì criterio di per sé utile a porre in rilievo tali problemi. In un mondo in cui l’’altro’ geografico veniva avvertito a causa della colonizzazione […] e l’altro sociale si imponeva per la questione femminile […]” (p. 270)

ecco che l’Opera costringeva spettatori e spettatrici a fare i conti col diverso, con la contrapposizione tra la morale propria e quella altrui, conservando e acuendo una spiccata funzione educativa.

Attraverso la lettura del libro di Fornoni, acuto ed erudito quanto scorrevole e fluido, il lettore sarà invitato a riflettere su sentimenti, pulsioni e arte, e in particolar modo su come l’evoluzione di ciascuno di questi elementi si sia compenetrata con quella degli altri, sorprendendosi di come il trascorrere del tempo ci regali risposte a domande che, forse, non avrebbe neppure immaginato di porre a sé stesso. Un po’ come entrare dall’ingresso principale nell’ideale teatro d’Opera della vita.

Federico Fornoni, L'opera a luci rosse - Seduzione e sessualità nel melodramma del secondo Ottocento
La copertina del saggio di Federico Fornoni, L’opera a luci rosse –
Seduzione e sessualità nel melodramma del secondo Ottocento, pubblicato da Olschki Editore (2022);
Centro studi Giacomo Puccini. Premio Rotary Giacomo Puccini Ricerca, vol. 3
2022, cm 17 × 24, xiv-394 pp. con 64 es. mus.

Il libro recensito è stato cortesemente fornito dalla Casa editrice.

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