L’UOMO CHE UCCISE LIBERTY VALANCE:

STORIA DELL’ANTI-MITO CHE FECE L’AMERICA

Poster della pellicola, copyright Paramount Pictures (1962)

Il western americano, così popolare tra gli anni ‘30 e ‘50, si avviava ormai a sparare i suoi ultimi grandi ‘colpi di fucile’ quando il genio assoluto del genere, John Ford, nel 1961 convinse James Stewart, John Wayne e la Paramount a portare nelle sale il suo nuovo film o meglio la sua nostalgica e acuta riflessione sul mito e sull’epopea del West di cui lui stesso fu, con John Huston, il massimo cantore. Questo film è intitolato L’uomo che uccise Liberty Valance ed è la storia di Rance Stoddard (un formidabile James Stewart), giovane avvocato squattrinato e in cerca di fortuna, che giunge a Shinbone, un villaggio di frontiera, dove i piccoli allevatori in rivolta reclamano la tutela dalle leggi e dello Stato per contrastare i soprusi dei grandi proprietari terrieri, la cui unica legge è quella del «chi spara più veloce». Stoddard appena arrivato viene rapinato, aggredito e frustato da Liberty Valance (Lee Marvin), bandito al soldo dei grandi latifondisti e incarnazione della legge del più forte che domina il West.

Il giovane comprende presto, a sue spese, che a Shinbone le leggi di Washington non esistono e che conta solo la legge della pistola, come gli spiegherà insistentemente il mandriano Tom Doniphon (un John Wayne in stato di grazia), simbolo positivo di un’America primigenia e leggendaria, nonché nemesi naturale di Liberty Valance. Tutti gli sforzi di Stoddard sono volti a difendere il piccolo giornale locale con cui collabora, a portare l’alfabetizzazione nel villaggio (celebre la scena in cui catechizza contadini e mandriani sul significato della parola democrazia), nonché a tutelare, senza l’uso delle armi, la legge che a Shinbone è incarnata da uno sceriffo ubriacone e sovrappeso.

Le provocazioni e le aggressioni di Valance si fanno sempre più continue e violente. Dopo la vile aggressione di Valance alla sede del giornale (il Shinbone Star diretto da Dutton Seabody) Stoddard non può più sottrarsi allo scontro armato.

Da una parte l’Arbitrio (Liberty Valance, cappello, pistola e stivali), dall’altra la Legge, la Civiltà (Stoddard con indosso il grembiule da lavapiatti). Il giovane sembra essere spacciato, ma è proprio lui a prevalere, uccidendo clamorosamente il bandito.

Grazie a questo trionfo, Hallie (Vera Miles), la ragazza amata da Tom Doniphon, si innamora del giovane Rance, che diverrà poi tre volte governatore del nuovo Stato, senatore e sfiorerà la vicepresidenza degli Stati Uniti. Tuttavia, il mito, la leggenda che aveva dato il là alla sua strabiliante carriera politica non è altro che un inganno: al momento della sua candidatura al Congresso, Stoddard viene accusato di dovere la sua ascesa all’uccisione di un uomo, ma nel momento in cui decide di rinunciare alla candidatura, arriva Tom Doniphon a persuaderlo, rivelandogli che in verità era stato lui a uccidere Valance, con un colpo di fucile, mentre si nascondeva nel buio, senza che nessuno se ne accorgesse.

Il duello tra Rance Stoddard (James Stewart) e Liberty Valance (Lee Marvin)

Stoddard, la Legge, la Civiltà, il Progresso, la Nuova America, ha prevalso sull’Arbitrio dell’America Arcaica di Valance soltanto grazie al sacrificio di Doniphon che, per salvare la vita a Stoddard, in nome di un bene superiore perde tutto: la donna amata e il codice valoriale che costituiva l’architrave della propria esistenza.

Tutta questa vicenda è narrata dallo stesso Stoddard, ormai anziano, tornato con Hallie a Shinbone per far visita alla bara del defunto Doniphon. Il film, infatti, non è altro che un lungo flashback omerico in cui Stoddard racconta la ‘vera’ vicenda dell’uccisione di Liberty Valance ad un giornalista, in cerca di un grande scoop. Ma quando il nodo è sciolto e il mito ‘smascherato’, il giornalista straccia i suoi appunti e si rifiuta di pubblicare l’incredibile storia: «Qui siamo nel West, dove se la leggenda diventa realtà, vince la leggenda». Il mito, l’epopea, alla fine prevale su tutto il resto, la narrazione si impone sulla verità. Il progresso che Stoddard aveva portato con i suoi mandati da governatore, trasformando Shinbone da villaggio di frontiera in un ‘giardino’, affonda le sue radici in una bugia. Raccontando il mito dell’uomo che uccise Liberty Valance, Stoddard de facto lo decostruisce, lo trasforma in ‘realtà’. Il mito diventa così anti-mito.

Stoddard, l’eroe (ma solo presunto!), è un politico, un anti-cowboy refrattario all’uso delle armi, poco abile a tirar di pugni, istruito, lavapiatti squattrinato. Non c’è epica nelle sue imprese (ossia i compromessi della politica). Eppure Stoddard è una figura necessaria e assolutamente positiva, che opera nell’interesse esclusivo della comunità. Doniphon, di contro, sarebbe l’eroe western per eccellenza, ma la fama gli è negata e il suo eroismo è tragico perché deve rinunciare a tutto pur di far prevalere un altro (e tragica è la scena in cui Doniphon, ubriaco e disperato, dà fuoco al suo ranch).

Il paradosso che fa di questo film uno dei più grandi capolavori del genere è che Doniphon è necessario e superfluo al tempo stesso: è lui l’eroe ‘vero’ ma non può più esserlo, perché per l’interesse della comunità è necessario che l’eroe sia un altro, cioè Stoddard, portatore di un nuovo linguaggio e di nuove istanze che Doniphon non sarebbe in grado di incarnare. Lui, che naturaliter sarebbe il vero rivale di Valance, si nasconde nell’ombra.

Tom Doniphon (John Wayne) convince Rance Stoddard a candidarsi al Congresso

Ed è su questo paradosso, su questa ‘bugia bianca’ che si fonda l’America moderna, l’America della libertà di stampa e di espressione, l’America dello Stato di diritto. La visione di Ford non è pessimistica, ma semplicemente nostalgica: un’era americana è finita e ha lasciato il posto ad un’altra. Un genere è ormai esaurito e Liberty Valance sembra sancire questa fine (sebbene di western se ne facciano ancora oggi), ma forse ad essersi esaurito era lo spirito della conquista eroica di nuovi spazi e mondi (vero propellente del western). La pellicola, infatti, (forse anche per i limiti al budget imposti dalla Paramount) si discosta dal repertorio tipico del genere: mancano i grandi spazi aperti e le grandi battaglie campali. La maggior parte delle scene, infatti, si svolge in interni (la cucina e il ristorante di Hallie, la sede del giornale, la casa di Doniphon, il Saloon, il treno su cui Stoddard torna e riparte da Shinbone). Uno dei temi cardine del western però resta: il mito di fondazione, l’eroe che plasma la natura e gli conferisce un nuovo ordine, fonda nuove comunità, nuove città. Questo tema è presente ed è centralissimo. È Stoddard il ‘mitico’ padre fondatore di Shinbone e dello Stato, ma il velo nostalgico con cui Ford ammanta il finale del film (immortale l’ultima scena in treno) ci ricorda che l’America è davvero grande come colui che l’ha fatta, ma in questo non c’è nulla di mitico, come tutti invece credevano, perché non è Stoddard in realtà l’uomo che uccise Liberty Valance.

Rance Stoddard e sua moglie Hallie (Vera Miles) lasciano Shinbone

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