MICKEY 17, film di Bong Joon-Ho
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commento a cura di Angelo Giannone (12 marzo 2025)
L’edizione degli Oscar del 2020 è stata segnata da Parasite, vincitore dei quattro prestigiosissimi premi come miglior film, regia, sceneggiatura originale e film internazionale, portando il regista sudcoreano Bong Joon-ho ad essere conosciuto dal grande pubblico. Prima di questo trionfo, il regista ha comunque compiuto un percorso lungo 20 anni e 7 film, oscillando tra produzioni coreane come lo stesso Parasite o i meravigliosi Memories of murder e Madre e produzioni di respiro internazionale come Snowpiercer e Okja. Il suo ottavo film, Mickey 17, arriva a sei anni di distanza da quel trionfo assoluto, proponendo qualcosa di molto distante dallo stesso.
Basato sul romanzo Mickey 7 [sì è 7 e non 17] di Edward Ashton, affronta la vita e le morti di Mickey Barnes in un futuro distopico, dove il giovane accetta di diventare un Sacrificabile, ossia un essere umano da utilizzare in vari esperimenti mortali e destinato ad essere “ristampato” dopo ogni morte. Cosa succede se questa stampa avviene quando Mickey è ancora vivo?
È bene chiarire come le premesse del film non siano delle più solide. Il sistema con cui la memoria di Mickey viene digitalizzata e salvata non dovrebbe consentire al protagonista di ricordare una buona parte delle morti. Inoltre, non è del tutto logico che esista una sola macchina per la “stampa”, un solo e unico backup della memoria di Mickey e che il tutto sia nelle mani di un solo politico, peraltro sconfitto per ben due volte a delle elezioni. Tuttavia, queste considerazioni si infrangono contro una scrittura fin da subito sopra le righe e non alla ricerca del perfetto rigore (indipendentemente dal materiale di partenza).
Mickey 17 è, a conti fatti, un film tanto di fantascienza quanto grottesco, che oscilla tra i confini della satira e della parodia. Perseguendo questo filone, dà vita ad antagonisti estremizzati e senza alcuna profondità. La coppia di capitani (dittatori) della nave spaziale su cui si svolge parte del film e della piccola comunità in essa contenuta sono dei mai così odiosi Mark Ruffalo e Toni Collette, quest’ultima a metà tra una “Karen” statunitense e Crudelia De Mon. Sarebbe paradossale ravvisare dei parallelismi tra la realtà e queste macchiette, ma la finzione non nasce forse dalla realtà stessa?
Pur non avendo un’ispirazione esplicita, il Kenneth Marshall di Ruffalo ricorda diverse figure autoritarie tanto del passato (Mussolini in primis), quanto del presente – gestualità, movimenti della bocca e intonazione delle parole suonano spesso come un’imitazione di Donald Trump. La somiglianza tra i discorsi patetici, deliranti e incoerenti di Marshall, di fatto burattino della moglie, e quelli di molti politici conservatori attuali è tale da non arrivare mai a causate risate sguaiate, quanto più a ridere a denti stretti, oscillando proprio come il film sul confine tra comicità e angoscia. Questo tipo di scrittura non è detto funzioni in maniera universale, ed è facilmente possibile rimanere stuccati dalla coppia, se non addirittura irritati, arrivando a non apprezzare il film.
Al contrario, l’incredibile Mickey di Robert Pattinson è un caleidoscopio delle sfaccettature di un essere umano, anche grazie all’enorme lavoro vocale, fisico ed espressivo dell’attore britannico. Lasciando intendere in maniera palese quanto la ristampa sia un processo difettoso, i vari Mickey non sono uguali fra loro, ma enfatizzano lati diversi della stessa persona. Una persona piena di difetti, ingenua e alla deriva, completamente travolta tra una società avida e spietata. Anche la relazione tra Mickey e la soldatessa/pompiera/poliziotta Nasha (Naomi Ackie) non è che un paravento per scavare ancora più a fondo nel protagonista. Bong Joon-ho crea un legame con lo spettatore, intercettando i sentimenti che si provano quando ci si sente sopraffatti e schiacciati dalla società. Raccoglie il bisogno di ascolto, comprensione, pace, libertà, filtrando tutto attraverso un personaggio che, in un certo senso, non può morire.
Se questo da un lato può sembrare rinfrancante, dall’altro ne esaspera le pene, perché la sua condizione non fa considerare Mickey come un essere umano dalla “classe dirigente” (due persone). Di fatto, l’elemento fantascientifico principale della storia è un secondo paravento per trattare la disumanizzazione che viene spesso vissuta da molte persone, tanto in maniera attiva, quanto in maniera più passiva e sottile. Troppo spesso si viene identificati tramite un solo aspetto di quel che si è; ecco, Mickey è “quello che muore e viene ristampato”, da cui deriva la domanda ricorrente con cui è bersagliato. Sfruttando la potenza intrinseca nel genere, Bong Joon-ho tocca aspetti quotidiani partendo da premesse impossibili.
Di fronte a questo aspetto, anche altri temi ricorrenti nella filmografia del regista paiono secondari. C’è una parvenza di critica sociale, una forte e marcata – al limite del didascalico – critica agli attuali conservatori, la difesa degli animali vista anche in Okja, l’opposizione al razzismo. Certo, la distanza da Parasite e Snowpiercer è in questo senso abissale, ma forse proprio perché questi temi non sono il cuore di Mickey 17.
Anzi, forse c’è la voglia di raccontare anche troppo, sbilanciando la durata e il ritmo dei tre atti del film, con il secondo più riuscito degli altri, proprio perché più focalizzato sullo sviluppo del protagonista. Sotto il profilo registico è comunque un’opera ineccepibile, sia per come segue e insegue Pattinson, che per come rende ora ampi ora soffocanti gli interni dell’astronave. Proprio il contesto così piccolo e chiuso aiuta a focalizzare l’attenzione sui pochi individui importanti, compresi alcuni di contorno e forse non del tutto completi, come il Timo di Steven Yeun e la Kai di Anamaria Vartolomei.
Mickey 17 di Bong Joon-ho è quindi un film ben lontano dalla coerenza, dal rigore e dalla spietatezza di altre opere del regista, risultando da un lato uno dei suoi film più deboli, ma dall’altro una storia folle ed originale, un tentativo del regista sudcoreano di espandere il suo orizzonte verso lidi non colonizzati. Il tempo dirà se questo tentativo ha lo stesso finale del film.

Il regista e sceneggiatore Premio Oscar® per “Parasite”, Bong Joon Ho, presenta la sua nuova esperienza cinematografica rivoluzionaria: “Mickey 17”. L’improbabile eroe Mickey Barnes (Robert Pattinson) si ritrova nella particolare circostanza di prestare servizio ad un titolare che esige l’impegno definitivo sul lavoro… ovvero morire, per vivere.
Scritto e diretto da Bong Joon-Ho, “Mickey 17” è interpretato da Robert Pattinson (“The Batman”, “Tenet”), Naomi Ackie (“Star Wars: Episodio IX – L’ascesa of Skywalker”), Steven Yeun (“Minari”, “Lo Scontro”) e dai candidati all’Oscar® Toni Collette (“Hereditary”) e Mark Ruffalo (“Povere creature!”).
Il film è prodotto da Dede Gardner e Jeremy Kleiner (vincitori dell’Oscar® per “Moonlight” e “12 anni schiavo”), Bong Joon Ho e Dooho Choi (“Okja”, “Snowpiercer”). Il film è tratto dal romanzo ‘Mickey7’ di Edward Ashton. I produttori esecutivi sono Brad Pitt, Jesse Ehrman, Peter Dodd e Marianne Jenkins. Il direttore della fotografia è Darius Khondji (nominato all’Oscar® per “Bardo: Cronaca falsa di alcune verità”, ‘Okja’). La scenografia è di Fiona Crombie (nomination all’Oscar® per “La favorita”, “Crudelia”). Il montaggio è affidato a Yang Jinmo (nomination all’Oscar per “Parasite”, “Okja”). Con le musiche di Jung Jaeil (“Parasite,” “Squid Game”). Il supervisore agli effetti speciali è Dan Glass (“Animali fantastici: I segreti di Silente”, “Fast & Furious – Hobbs & Shaw”). La costumista è Catherine George (“Okja”, “Snowpiercer”).
Warner Bros. Pictures presenta, una produzione Plan B Entertainment, una produzione Offscreen / Kate Street Picture Company, un film di Bong Joon-Ho: “Mickey 17”.
Il film sarà distribuito nelle sale italiane da Warner Bros. Pictures a partire dal 6 marzo 2025.
Roma, Giovedì 6 marzo 2025 – In occasione dell’uscita in sala di Mickey 17, Ghali, l’artista italiano più influente della sua generazione, ha incontrato e intervistato il regista Premio Oscar® Bong Joon-Ho. Un incontro unico nel suo genere in cui il rapper italiano e il regista coreano, entrambi icone delle rispettive arti, si sono incontrati a Londra per un’intervista che ha toccato temi profondi e universali, come la musica, il cinema, l’amore e le rispettive ispirazioni.
Nel corso dell’incontro, Ghali e Bong Joon-ho hanno condiviso riflessioni personali sul processo creativo e su come le loro opere siano influenzate da numerosi fattori quali le esperienze di vita, le diverse influenze culturali e la ricerca di storie che potessero trascendere le barriere sociali universali.
In un passaggio dell’intervista, il regista Bong ha dichiarato: ‘Mickey 17 è il mio ottavo film, ogni volta che dirigo una pellicola, mi frantumo anima e corpo per farlo, quindi – come accade a Mickey in questa storia – sembra che io debba rinascere e cambiare personalità dopo ogni mio nuovo lavoro’. Un passaggio che ha trovato Ghali in completo accordo, l’artista italiano ha infatti dichiarato di vivere questa stessa esperienza dopo la creazione di un nuovo brano o la registrazione di un nuovo disco.
Questa conversazione, unica nel suo genere, ha offerto uno spunto di riflessione per tutti coloro che sono appassionati di arte, cinema e cultura, dimostrando come questi mondi possano convergere per esplorare le emozioni più profonde dell’esperienza e dell’esistenza umana.
Testi, video e immagini dall’Ufficio Stampa Warner Bros. Discovery. Aggiornato il 6 marzo 2025.