Tutelare il patrimonio culturale dei reperti ossei antichi, ora è possibile: la nuova tecnica per “vedere” l’invisibile, cioè la presenza di collagene
Messa a punto da studiosi dell’Università di Bologna e dell’Università di Genova, la nuova tecnologia permette di mappare ad alta risoluzione la presenza del collagene, proteina fondamentale per realizzare datazioni al radiocarbonio. Sarà così possibile campionare strategicamente i reperti, individuando i frammenti e le aree adatte da sottoporre alle analisi.

Arriva un metodo innovativo, messo a punto da un team tutto italiano, che rivoluzionerà il campo dell’archeologia, del radiocarbonio e proteggerà il nostro patrimonio culturale. Gli studiosi l’hanno utilizzato con risultati sorprendenti su ossa di interesse archeologico, rendendo visibile l’invisibile.
Questi importanti risultati – pubblicati sulla rivista Communications Chemistry del gruppo Nature – nascono da un ampio lavoro di ricerca, di un gruppo italiano, coordinato dalla professoressa Sahra Talamo, a cui hanno collaborato esperti nel campo della chimica analitica dell’Università di Bologna e dell’Università di Genova.

“Questa innovazione permetterà di realizzare progressi significativi nello studio dell’evoluzione umana”, spiega Sahra Talamo, coautrice dello studio e direttrice del Laboratorio di datazione al radiocarbonio BRAVHO dell’Università di Bologna. “Potremo infatti analizzare i preziosi reperti ossei e ottenere datazioni precise, riducendo al minimo la quantità di materiale prelevato”.
“In questo studio abbiamo utilizzato la tecnologia di imaging per quantificare la presenza di collagene nei campioni di ossa in modo non distruttivo: è così possibile selezionare i campioni più adatti da sottoporre all’analisi della datazione al radiocarbonio”, dice Cristina Malegori, ricercatrice all’Università di Genova e prima autrice dell’articolo. “Per rilevare la distribuzione del collagene nelle ossa antiche è stata utilizzata la tecnica di imaging iperspettrale nella regione del vicino infrarosso: un modello che fornisce una mappatura chimica del contenuto di collagene quantificando la sua presenza in ogni singolo pixel”.
“La tecnica di imaging iperspettrale nel vicino infrarosso che abbiamo utilizzato è un sistema a scansione di linea che acquisisce immagini chimiche in cui, per ogni pixel, viene registrato uno spettro completo nell’intervallo spettrale del vicino infrarosso”, spiega Giorgia Sciutto, professoressa dell’Università di Bologna e coautrice dello studio. “Il sistema di analisi non danneggia il reperto e permette di ottenere risultati affidabili in pochi minuti: si possono quindi analizzare rapidamente diversi reperti per trovare quelli adatti, evitando la distruzione di materiale prezioso e riducendo notevolmente i tempi e i costi”.
“Questa nuova tecnica permette non solo di selezionare i campioni migliori, ma anche di scegliere il punto di campionamento in quelli selezionati in base alla quantità di collagene prevista”, aggiunge Paolo Olivieri, professore all’Università di Genova e coautore dello studio. “In questo modo è possibile ridurre drasticamente il numero di campioni utilizzati per l’analisi del radiocarbonio e, all’interno dell’osso, aiuta a evitare la selezione di aree che potrebbero presentare una quantità di collagene non sufficiente per la datazione”.
“Il potenziale del metodo proposto risiede nel tipo e nella quantità di informazioni che il modello predittivo fornisce, rispondendo a due domande fondamentali e complementari per la caratterizzazione del collagene nelle ossa: quanto e dove“, conferma Cristina Malegori.“Conoscere la quantità di collagene concentrata in una precisa area dell’osso ci permette di tagliare solo questa porzione“, aggiunge in conclusione la professoressa Talamo. “Inoltre, quando la previsione del collagene mostra che l’osso è scarsamente conservato, possiamo decidere di eseguire un pretrattamento mirato, per ridurre al minimo la perdita di collagene durante l’estrazione”.