Quello strano rapporto tra Gustave Flaubert ed Emma Bovary

Sarebbe interessante analizzare come un autore si rapporti al suo personaggio, quali dinamiche portino alla creazione di determinati aspetti del protagonista, quanto ci sia dell’animo dello scrittore, del suo carattere, dei suoi sogni, all’interno della sua creazione. In altre parole, quanto controllo abbia a conti fatti sulla sua stessa creatura. Potremmo affermare che un bravo scrittore è proprio colui che riesce a dare vita propria a un personaggio. È in grado di idearlo talmente bene che a un tratto smette di controllarlo e questi vive e agisce, come se si fosse creato da solo. Sfugge del tutto alla volontà di chi l’ha messo al mondo.

Un esempio che si può fare in questo caso è Pinocchio. Questo burattino viene intagliato da Geppetto, che diviene a quel punto suo creatore, suo padre. Ma Pinocchio non è mai docile nei confronti del suo padrone, non è mai dipendente dalle volontà dell’anziano falegname e diviene metafora perfetta di come dovrebbe essere un personaggio. Talmente realistico e reale che neppure il suo stesso demiurgo riesce ad averne la meglio. Il personaggio agisce per propria volontà e lo scrittore è bello che dimenticato. Anche se, volendo, può anche vendicarsi della sua creatura prediletta, che è un po’ quello che avviene con la celeberrima protagonista del romanzo Madame Bovary.

Gustave Flaubert Bovary
Ritratto di Gustave Flaubert, tratto dal libro di Caroline Commanville, Souvenirs sur Gustave Flaubert, A. Ferroud éditeur, Parigi (1895). Immagine in pubblico dominio 

Cosa accade a Gustave Flaubert nell’atto della creazione di Emma? Una domanda di certo complessa ma a cui non ha mancato di rispondere Dacia Maraini in un suo fortunato e interessante saggio, edito Bur, dal nome Cercando Emma. Secondo la scrittrice, Flaubert aveva raccolto in Emma le caratteristiche che maggiormente disprezzava in un essere umano. Che le sia odiosa è palese sin dalle prime pagine, perché il nostro scrittore francese non apre il libro parlando di questa bellissima e tormentata donna, ma del suo futuro marito, da cui prenderà il cognome Bovary.

Il frontespizio dell'edizione del 1857 di Madame Bovary di Gustave Flaubert
Il frontespizio dell’edizione del 1857 di Madame Bovary di Gustave Flaubert; Michel Lévy Frères, Librairies-Éditeurs, Parigi. Immagine in pubblico dominio

L’articolo prosegue con alcuni dettagli importanti della trama.

Charles è probabilmente il solo personaggio che Flaubert mostri di sopportare nel corso del suo romanzo d’esordio. Nonostante sia un uomo senza grandi velleità o ambizioni, Charles è una persona genuina. È onesto e, soprattutto, realmente innamorato di Emma. Stravede per sua moglie, al punto che quando nel finale scoprirà che la donna l’ha tradito, non cessa di amarla, ma si reca da Rodolphe – l’amante della donna – per perdonarlo. Non viene intuita la grandezza d’animo di questo personaggio, e il suo gesto di bontà finisce per essere considerato sintomatico di una mente stupida, nulla di più.

Charles sembra che lo capisca e lo stimi soltanto il suo scrittore, che si dilungherà in lungo e in largo proprio su quest’uomo impacciato, su come sia diventato medico di campagna e su come abbia conosciuto sua moglie. Di nessun personaggio del romanzo avremo un’anamnesi così dettagliata, che è in linea con il desiderio di Flaubert di farci provare un po’ di compassione, di empatia e di benevolenza nei confronti di Charles. Di Emma, che dovrebbe essere la protagonista, abbiamo poche informazioni: sappiamo poco, ad esempio, della sua vita in collegio e della morte della madre. E non fatichiamo a riconoscere un certo malcelato disprezzo dell’autore nei confronti del suo personaggio, che ci fa da subito intuire la natura indifferente e superficiale di Emma:

«Quando morì sua madre nei primi giorni pianse molto» (p.44, Madame Bovary, traduzione di Maria Luisa Spaziani, Bur 2012).

L’ora di pranzo a casa Bovary, illustrazione dal romanzo Madame Bovary di Gustave Flaubert. Composizione di Alfred de Richemont, incisa all’acquaforte da Carlo Chessa, nell’edizione parigina Librairie des Amateurs A. et F. Ferroud (1905). Immagine in pubblico dominio

Attraverso il sarcasmo, Flaubert tenta quasi di dissuadere il lettore dal non cadere vittima del fascino della signora Bovary. Lo spinge quasi a concentrarsi su Charles, a non perderlo di vista, e a osservare quanto accadrà tenendo sempre in conto l’animo incompreso del marito. Questa operazione, però, fallisce, perché è Emma che prende la scena. E non la collochiamo in una dimensione temporale, ma simbolica, metaforica. La associamo sin da subito alla lettura stessa, tanto che il bovarismo finisce con l’identificarsi in un tentativo di uscire a tutti i costi dalla realtà, di raggiungere un ideale, sacrificando ogni aspetto del reale pur di riuscirci. Quando Emma tradisce il marito, non è innamorata del suo amante. Non ama nessuno dei suoi amanti, in realtà non ama nessuno. Tenta a tutti i costi di entrare in quel mondo presente solamente nei romanzi sentimentali che legge.

Flaubert ce l’ha con questo tipo di donna, lontana dalla tradizione. E probabilmente il nostro scrittore ha conosciuto una Madame Bovary, tanto che ha scambiato numerose lettere con una certa donna che, non casualmente, ha abbandonato dopo la pubblicazione del romanzo. Infatti, Gustave usciva con Louise Colet, una signora che lo amava tremendamente e aveva una figlia, proprio come Emma. Questa bambina veniva trascinata a ogni appuntamento con lo scrittore e questo innervosiva non poco l’uomo, perché riteneva che una bambina non dovesse assistere a simili smancerie. La donna era, inoltre, scrittrice proprio di romanzi simili a quelli che Emma leggeva. Perciò è altamente probabile che la Bovary derivi da questa donna; tuttavia, questo ambiguo personaggio conserva in sé anche quel desiderio di Flaubert di evasione dalla realtà, di fuga dal presente. Quella frase famosissima che recita «Madame Bovary c’est moi!» è di certo un’allusione alla natura dello scrittore.

E c’è inoltre da dire che l’intera storia si ispirasse, secondo quanto ricostruito dai critici (si veda Michel Winock, pp. 107, 155) ad un fatto di cronaca che al tempo fece parecchio scalpore e al quale lo scrittore francese si è certamente ispirato per la sua storia. A Rouen viveva questo giovane medico, un certo Eugène Delamare, che sposò la figlia di un contadino, che si chiamava Delphine. La donna odiava suo marito e non si lasciava sfuggire occasione per tradirlo. Il marito, pur sapendolo, non ha mai smesso di amare sua moglie e seguitava a riempirla di regali e gioielli. Delphine aveva contratto un tale numero di debiti che alla fine si avvelenò, portando il marito ancora ciecamente innamorato a suicidarsi a sua volta.

Eppure, al di là di tutto, perché Flaubert detesta tanto il suo personaggio? Fornire una risposta certa è impossibile. Certamente, possiamo dire che Emma non è mai autentica. Perfino per morire usa l’arsenico, un rimedio letterario, ma proprio quando è convalescente, il suo creatore si vendica del suo personaggio. La lascia morire e poi la fa resuscitare, la fa vomitare sul suo vestito da sposa, le rende impossibile questa morte, impedendole il sogno di una morte romantica. Charles è così dissimile. Non finge, ama seriamente la moglie. Non smetterà un attimo di farlo. Emma, invece, finge, recita sempre una parte. Si cala al punto nel suo sogno, che quando tradirà per la prima volta Charles, si guarderà allo specchio e proferirà felicemente:

«Ho un amante! Ho un amante!» (p. 180).

Oppure, come si legge un po’ prima,

«era innamorata di Léon e cercava la solitudine per meglio godere della sua immagine. La vista della sua persona turbava la voluttà di questa meditazione» (p. 121).

Questi passi sono la prova di questo bovarismo, di questo scarto tra sogno e realtà, tra il puro desiderio e la vita concreta. E nel tentativo di inseguire questo sogno, per Emma non si concretizzerà mai la possibilità di essere pienamente soddisfatta e felice.

Bibliografia:

André Bernard, Madame Bovary c’est moi, Frassinelli, Torino 2004.

Gustave Flaubert, Madame Bovary, traduzione di Maria Luisa Spaziani, introduzione di Antonia S. Byatt, con una nota di Charles Baudelaire, Oscar Mondadori, Milano 2012.

Dacia Maraini, Cercando Emma, Gustave Flaubert e Madame Bovary indagini attorno ad un romanzo, Bur, Milano 2018.

Vladimir Nabokov, Lezioni di letteratura, a cura di Fredson Bowers, introduzione di John Updike, traduzione di Franca Pece, Adelphi Edizioni, Torino 2018.

Jean-Paul Sartre, Che cos’è la letteratura? Lo scrittore e i suoi lettori secondo il padre dell’esistenzialismo, il Saggiatore, Milano 2009.

Michel Winock, Flaubert, Folio, Paris 2013.

Nata a Bitonto nel ’94, ha studiato Lettere Classiche e Filologia Classica. Nel 2021 si è laureata in Scienze dello Spettacolo. Giornalista Pubblicista, collabora con più testate online. Attualmente frequenta il master in Critica Giornalistica alla Silvio D’Amico. I suoi interessi e studi riguardano la letteratura, il cinema e il teatro.

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