Roma 4 maggio 2023 – Un intervento di restauro all’insegna di tecniche sostenibili e all’avanguardia ha permesso di restituire la leggibilità al capolavoro di Jacopo Sansovino: la Madonna con il Bambino, a tutti nota con il nome di Madonna del parto, custodita nella Basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio a Roma.

Promosso dalla Soprintendenza Speciale di Roma, il restauro è stato realizzato in collaborazione con Intesa Sanpaolo nell’ambito di Restituzioni, il programma della Banca per la salvaguardia e la valorizzazione dei beni culturali del nostro Paese.

«La Soprintendenza è da sempre in prima linea nei restauri dei capolavori delle chiese romane, eseguiti con grande competenza e allo stesso tempo con i metodi più innovativi, per restituire e valorizzare dipinti e monumenti. – spiega Daniela Porro, Soprintendente Speciale di Roma – In questa occasione si sono messe insieme grandi professionalità, anche grazie alla comunione di intenti e di vedute con Intesa Sanpaolo, per la prima volta impegnata a Roma in un restauro monumentale».

L’intervento, condotto dalla restauratrice Anna Borzomati, è durato sei mesi e ha visto l’impiego congiunto di metodologie e indagini non tradizionali: un vero e proprio bio restauro, rispettoso della materia su cui agisce, dell’ambiente e della salute sia del restauratore sia del fruitore dell’opera all’interno di uno spazio chiuso come quello di una chiesa.

Restauro della Madonna del Parto di Jacopo Sansovino. Gallery

La delicata fase di rimozione dal gruppo scultoreo dei depositi di olii, cere, proteine e resine sintetiche, che deturpavano il marmo bianco di Carrara con evidenti macchie di colore bruno, è avvenuta con l’utilizzo di batteri, un metodo sperimentale nel campo del restauro. Il progetto è stato corredato dallimpiego di una dettagliata fase di documentazione grafica realizzata grazie alla creazione di un modello 3D.

Michele Coppola, Executive Director Arte, Cultura e Beni Storici di Intesa Sanpaolo: «Per la prima volta sosteniamo a Roma il restauro di un importante bene monumentale che si aggiunge alle opere, custodite in musei e chiese della capitale, che sono state recuperate negli anni grazie a Restituzioni, a difesa di un patrimonio ricco di testimonianze identitarie per l’intero Paese. Siamo lieti di collaborare con la Soprintendenza Speciale di Roma, affiancandola nell’impegnativo compito di conservare e valorizzare le bellezze artistiche della città, in coerenza con l’attenzione della Banca alla sostenibilità e alla cultura, due pilastri del nostro lavoro a servizio delle comunità».

La Madonna del parto è una delle poche opere del Rinascimento italiano capace di conservare, ancora nel XXI secolo, un forte carattere devozionale, per il suo legame con l’esperienza della maternità. Non è raro assistere all’omaggio di fedeli che, inginocchiati, pregano e depositano ex voto. Ricorrenti pratiche votive che, soprattutto nel passato, hanno provocato pesanti depositi sulla superficie della scultura con un evidente deterioramento dell’opera di Sansovino.

Commissionato nel 1516, il gruppo scultoreo viene ultimato da Sansovino nel 1521. Nell’opera coesistono influenze classiche e contemporanee e non mancano fascinazioni e influenze di Michelangelo e di Raffaello.

RESTAURO DEL GRUPPO SCULTOREO DELLA MADONNA CON BAMBINO

CHIESA DI SANT’AGOSTINO IN CAMPO MARZIO, CONTROFACCIATA

Artista Jacopo Tatti, detto il Sansovino 1518-1521

Marmo di Carrara

Dimensioni in centimetri: 181 altezza, 115 spessore, 100 larghezza.

SOPRINTENDENZA SPECIALE DI ROMA

Daniela Porro, Soprintendente Speciale

Alessandro Mascherucci, Responsabile del procedimento

Ilaria Sgarbozza, Direttori lavori

Chiara Scioscia Santoro, Direttore operativo

INTESA SANPAOLO

Roberto Gabrielli, Direttore Regionale Lazio e Abruzzo

Michele Coppola, Executive Director Arte, Cultura e Beni Storici Silvia Foschi, Responsabile Patrimonio Storico Artistico e Attività Culturali Carla Di Francesco e Giorgio Bonsanti, Curatori Scientifici Restituzioni

COLLABORAZIONI

RESTAURATRICE COORDINATORE CANTIERE

Anna Borzomati

INDAGINI PRELIMINARI

Ulderico Santamaria Rocco Mazzeo Ottaviano Caruso Fabio Aramini Domenico Poggi

SELEZIONE E CULTURA DEI BATTERI

Chiara Alisi Enea

RESTAURATORI

Emanuele Marconi Antonio Mignemi Eleonora Gigante Francesca Castiello Alice Caporicci

PROGETTO IN 3D

Alessandro Massa

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RESTAURO DELLA MADONNA DEL PARTO DI JACOPO SANSOVINO, NELLA BASILICA DI SANT’AGOSTINO IN CAMPO MARZIO

Il restauro del gruppo scultoreo di Jacopo Sansovino, nella Basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio, è stato caratterizzato dalla collaborazione di diversi enti di ricerca, impegnati nello studio preliminare e nell’applicazione di tecnologie biosostenibili ed ecocompatibili: un intervento coordinato dalla Soprintendenza Speciale di Roma e promosso nell’ambito del progetto Restituzioni Monumentali da Banca Intesa Sanpaolo.

La scultura, raffigurante la Madonna con il bambino Gesù, è scolpita in un unico blocco di marmo di Carrara bianco cristallino, a grana fine e caratterizzato da venature tendenti al grigio. Si sviluppa nel complesso per circa 181 centimetri in altezza, per 115 in spessore e circa 100 in larghezza.

CONDIZIONI DELL’OPERA

Al momento del restauro l’opera si presentava talmente deteriorata da richiedere un intervento conservativo immediato. L’intero monumento, compresi i due stemmi laterali della famiglia Martelli, mostrava un pesante imbrunimento, esteso a macchia sulla superficie marmorea, dovuto alla consuetudine dei fedeli di toccare la superficie con l’olio sacro presente nei lumini posti lì accanto. Una pratica devozionale resa lecita dalla bolla papale di Pio VII che, nel 1822, accordò l’indulgenza a chi avesse baciato le due sacre immagini. Una consuetudine che, nel tempo, ha causato l’usura e la perdita di parte del marmo del piede della Madonna, reintegrato nella prima metà del ‘900 con una lamina d’argento tutt’ora presente.

Durante gli interventi ottocenteschi, che hanno visto la Basilica riempirsi delle ricche e articolate decorazioni parietali di Pietro Gagliardi, vennero realizzati in marmi policromi l’attuale basamento e il panchetto ai piedi del monumento. A quest’epoca sembrano risalire anche le finiture in foglia d’oro di tutto l’apparato architettonico che accoglie il gruppo scultoreo della Madonna con il bambino, che presentavano evidenti segni di degrado.

Le abrasioni e i numerosissimi graffi presenti sulla superficie marmorea sono stati, invece, causati da un’altra, diffusa, pratica devozionale che, come documentato dalle foto storiche, si svolgeva in occasione di particolari eventi liturgici e consisteva nel “vestire” le due figure con corone, collane, bracciali e pendenti, alcuni fissati a ganci metallici sul retro delle statue.

Infine, sempre nel ‘900 sono stati applicati, rispettivamente sulla veste della Madonna e sul Bambino, una cinta e un gonnellino, entrambi in lamina d’argento che, in accordo con la direzione scientifica del restauro, è stato deciso di rimuovere definitivamente per restituire una immagine del gruppo scultoreo il più possibile coerente con le intenzioni del suo creatore.

IL RESTAURO

L’intervento, durato 6 mesi, è stato articolato in tre fasi: la prima è iniziata con un approfondito studio diagnostico, finalizzato all’individuazione delle sostanze compenetrate nel marmo e causa delle numerose macchie bruno arancio che deturpavano le superfici del monumento.

I risultati delle indagini hanno permesso di elaborare un intervento che ha visto l’impiego combinato di metodologie tradizionali, come miscele di solventi organici, e tecniche innovative, quali l’utilizzo di agenti biologici pulenti.

Nella seconda fase l’utilizzo dei solventi organici è stata la base per la successiva applicazione della biologia al restauro: in via di sperimentazione da circa vent’anni, la biopulitura (e in generale il biorestauro) si pone come una valida alternativa alle metodologie tradizionali, per l’assoluto rispetto della materia su cui agisce, dell’ambiente e della salute dell’uomo, sia esso restauratore o semplice fruitore dell’opera all’interno di uno spazio chiuso come quello di una chiesa.

In pratica, prevede l’utilizzo di microrganismi che, attraverso l’azione metabolica rimuovono, mangiandole, le sostanze incoerenti sull’opera d’arte non intaccando la materia di cui è composta.

Per l’intervento sul monumento di Sansovino sono stati selezionati – all’interno di alcune centinaia di specie – quattro tipi di microrganismi: ceppi batterici che, una volta inglobati in un gel polisaccaride, sono stati applicati alternati tra loro e per più volte sulla superficie da trattare. Al Laboratorio OEM dell’Enea si deve sia la selezione che la ripetuta coltura dei batteri, necessaria per la vita estremamente breve di questi microrganismi.

La terza ed ultima fase del restauro ha visto l’impiego della strumentazione laser per la rimozione delle incrostazioni sulle dorature, restituendo alla partitura architettonica e decorativa che circonda il gruppo scultoreo il raffinato gioco di rifrazioni, tra luce e ombra, ricercato nella sistemazione ottocentesca del monumento.

Infine, con l’impiego di un sistema digitale sono stati inseriti in un modello tridimensionale la documentazione, i dati scientifici delle indagini preliminari e una relazione delle attività di restauro: informazioni che saranno utili per la gestione, la manutenzione e i restauri futuri.

Questa documentazione, corredata da mappature, specifici punti d’interesse, documenti di archivio, indagini e particolari fotografici, verrà messa a disposizione su internet e sarà possibile accedervi dal portale della Soprintendenza Speciale di Roma.

(maggio 2023)

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FONTI DEVOZIONE STORIA

Sono rare le opere d’arte del Rinascimento italiano ancora capaci, nel XXI secolo, di custodire un valore devozionale: la Madonna con il Bambino di Jacopo Sansovino è una di queste. La comune titolazione, Madonna del Parto, è l’esplicita affermazione del legame con l’universo femminile alla ricerca della maternità.

Nel 1822 Pio VII Chiaramonti, giunto al suo ultimo anno di pontificato, ne istituisce il culto con la concessione dell’indulgenza alle donne e agli uomini che avessero baciato il piede della statua recitando l’Ave Maria. Conseguenza della straordinaria fortuna della pratica devozionale è la sostituzione, nella prima metà del Novecento, dell’originario piede sinistro di Maria, deformato dall’uso, con un nuovo piede in lamina d’argento. Con acuta spregiudicatezza Giuseppe Gioacchino Belli nel suo sonetto La madonna tanto miracolosa del 2 febbraio 1833 descrive lo stato alterato del manufatto, gremito di ex voto:

«Co li su’ bbravi orloggi ar borzellino, e ccatene, e sscioccajje, e anelli e ccinte.

De bbrillanti e dde perle, eh ccià l’apparto: tiè vvezzi, tiè smanijji, e ttiè ccollana:

e dde diademi sce n’ha er terzo e ‘r quarto».

Una immagine tanto mondana e vistosa da assumere un aspetto antitetico al proprio.

LA GENESI DEL GRUPPO SCULTOREO

La più popolare opera di Jacopo Sansovino trova origine nella committenza degli eredi del ricco mercante fiorentino Giovanni Francesco Martelli, che nel 1516 affidano all’artista fiorentino l’incarico di coronare la decorazione dell’altare di famiglia a Sant’Agostino.

Il contratto, redatto il 20 maggio di quell’anno, viene probabilmente onorato non prima del 1518, quando Jacopo lascia Firenze per trasferirsi a Roma. Il lavoro viene terminato in circa tre anni nel 1521: quando Leone X de’ Medici muore e Roma è l’assoluto centro delle arti in Europa, con Michelangelo in piena attività e gli allievi di Raffaello che subentrano nei cantieri lasciati incompiuti dal maestro.

Nel tempo di gestazione della scultura, l’edicola destinata a contenerla assume forme classiche solo in parte sopravvissute, con le colonne scanalate e impostate su un alto basamento, uno stilobate che accoglie lo stemma con un grifone rampante della famiglia Martelli con una calotta a conchiglia.

È andato perduto, forse alla metà del XVIII secolo, sia l’altare su cui era originariamente sistemato il gruppo scultoreo, sia il coronamento affrescato noto grazie a un disegno conservato agli Uffizi: un motivo di putti e cartiglio che le fonti letterarie, a partire da Giorgio Vasari, ascrivono a Polidoro da Caravaggio, non a caso allievo di Raffaello, e Maturino da Firenze.

L’attuale sistemazione della statua su un basamento di marmi policromi e le finiture in doratura si devono ai numerosi interventi ottocenteschi di Pietro Gagliardi, artista molto attivo nella Basilica di Sant’Agostino tanto da averne affrescato le tre navate.

TRA INFLUENZE CLASSICHE E CONTEMPORANEE

Jacopo Sansovino costruisce dunque la scultura in dialogo con la pittura, rielaborando e aggiornando nella forma e nell’iconografia quanto aveva fatto il suo maestro Andrea Sansovino nell’altare commissionatogli per la stessa chiesa dal protonotario apostolico Johann Goritz.

In quel caso il gruppo scultoreo della Madonna con il Bambino e Sant’Anna dialoga con il celeberrimo Isaia di Raffaello, cucendo la vicenda mariana con quella biblica dei profeti, secondo l’impostazione teologica agostiniana. Partendo da quel modello di gusto archeologico intriso di sensibilità leonardesca per gli affetti e i moti dell’animo – Jacopo si muove in direzione però di un più esuberante citazionismo compositivo.

È un Apollo seduto in porfido e bronzo, nel Cinquecento conservato nel cortile di casa Sassi e ritenuto la personificazione della dea Roma, a ispirare la posa e la forma della Madonna in Sant’Agostino. Portatrice dei concetti di abbondanza, forza e autorità, la statua romana si presta bene a una rielaborazione in ambito cristiano, con particolare riferimento alla Vergine: Jacopo ne ripropone la disposizione degli arti, la rotazione del busto e del capo, la tipologia e il panneggio della veste, perfino l’acconciatura.

Dal fortunato gruppo ellenistico del Fanciullo con l’oca – noto già nel XVI secolo in numerose varianti, una delle quali a Roma – l’artista trae ispirazione per il Bambino: eretto, in movimento e fiero, con un cardellino stretto nella mano destra, trattenuto dal possente braccio di Maria, dal quale sembra potersi svincolare. La potente energia vitale del piccolo è di estremo naturalismo e contrasta con la solidità e la buona dose di astrazione della figura femminile.

Sotto il profilo del dinamismo e della monumentalità il gruppo di Jacopo paga pure un tributo a Michelangelo e Raffaello: se è evidente il legame con i celebri Tondi del Buonarroti e le Sibille della Cappella Sistina, ancor più stretto è invece il rapporto con modelli di Sanzio, che Sansovino aveva visto da vicino data la sua frequentazione dello studio romano del pittore. In particolare la critica ha evidenziato il rapporto del gruppo scultoreo di Sant’Agostino con la Madonna della Quercia del 1518 e oggi al Museo del Prado: stesso torso imponente della Vergine, stessa posa serpentinata, stesse mani affusolate, stesso capo minuto poggiato su un collo largo.

UN MODELLO DEL RINASCIMENTO ITALIANO

La perfetta attualità, negli anni 1518-1520, del gruppo scultoreo, è dimostrata dalla sua eredità, che, sia in scultura sia in pittura, conta riscontri importanti. Certamente la Madonna del Sasso, eseguita in marmo negli anni 1520-1524 da Lorenzetto per la tomba di Raffaello al Pantheon, reitera la posa del bambino eretto che cerca di divincolarsi dalla madre, sembra nutrita dalla stessa passione antiquaria, nella citazione quasi pedissequa di modelli greco-romani quanto alla capigliatura, al manto che copre il capo, al ricco panneggio di Maria.

Ugualmente la Sacra Conversazione dipinta da Giulio Romano per l’altare della cappella Fugger in Santa Maria dell’Anima (1521-1523 circa) è animata da simili valori formali e iconografici. E lo stesso vale per celebri pale d’altare di Andrea del Sarto, nelle quali la componente antiquaria tuttavia sfuma.

L’eccezionalità del manufatto, ma soprattutto il suo valore devozionale – con il continuo omaggio dei fedeli, fatto di doni ed ex voto –, lo hanno reso ‘resistente’ agli interventi conservativi, dei quali non c’è traccia nella documentazione archivistica degli ultimi quarant’anni in possesso della Soprintendenza Speciale di Roma. Nel quadro degli interventi conservativi dell’intera chiesa, il restauro condotto da Anna Borzomati ha permesso finalmente di recuperare la leggibilità dell’opera: restituendo un capolavoro del Rinascimento alla comunità dei fedeli, degli studiosi, degli appassionati di arte.

Ilaria Sgarbozza

(aprile 2023)

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COL RESTAURO DELLA MADONNA DEL PARTO DI JACOPO SANSOVINO, PER LA PRIMA VOLTA A ROMA UNA RESTITUZIONE MONUMENTALE NELL’AMBITO DEL PROGRAMMA DI RESTAURI DI INTESA SANPAOLO

Nel 2022 è stato realizzato, nell’ambito del progetto Restituzioni monumentali, il restauro conservativo del monumento in marmo realizzato da Jacopo Sansovino raffigurante la Madonna del Parto presso la Basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio in Roma: si tratta del primo intervento nella capitale dedicato a un’opera inamovibile, e per questo motivo rientrante nel filone monumentale del programma Restituzioni.

Il restauro ha previsto un’approfondita fase di indagini diagnostiche e molteplici test per elaborare la metodologia di intervento da utilizzare. Nelle operazioni di pulitura sono stati impiegati tradizionali e innovativi mezzi, quali miscele di solventi organici alternate da agenti pulenti di origine biologica. Per la biopulitura sono stati selezionati 4 ceppi di differenti batteri adatti a lavorare sui diversi materiali sovrammessi.

Si ricordano, fra gli esempi di Restituzioni monumentali, i mosaici pavimentali paleocristiani della Basilica di Aquileia, gli affreschi di Lanfranco nella Cappella del Tesoro di San Gennaro nel Duomo di Napoli, quelli di Altichiero e Avanzo nella Cappella di San Giacomo nella Basilica del Santo a Padova, il portale in bronzo della Basilica di San Marco a Venezia, gli affreschi di Stefano fiorentino dell’Abbazia di Chiaravalle milanese, due delle vetrate rinascimentali di Santa Maria del Fiore a Firenze, l’intera realtà museale di Casa Manzoni a Milano e, di recente, il grande telero di Paolo Veronese Cena di san Gregorio Magno a Vicenza.

RESTITUZIONI A ROMA NELLE VARIE EDIZIONI

Occupandosi di conservazione e valorizzazione del patrimonio artistico nazionale, nella sua lunga vita, Restituzioni non poteva non essere presente a Roma. Già in passato Restituzioni è stato attivo nella Capitale con il restauro di opere “mobili”, sostenendo nel 2011, 2016, 2018 e 2022 il recupero di opere (per un totale di quasi 50 manufatti) di una lunga lista di musei cittadini, come il Museo Nazionale di Palazzo Venezia, l’Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia, il Museo Mario Praz, il Museo Nazionale degli Strumenti Musicali, il Museo Ebraico, il Museo delle Civiltà o la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, e chiese come la chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini o la chiesa del Santissimo Nome di Gesù all’Argentina.

IL PROGRAMMA RESTITUZIONI

Da 34 anni la Banca, con cadenza biennale, collabora con gli Enti ministeriali preposti alla tutela (Soprintendenze, Direzioni Regionali Musei e Musei autonomi) per individuare opere appartenenti a musei pubblici, privati o ecclesiastici, siti archeologici e chiese di tutta Italia, bisognose di restauro e ne sostiene gli interventi. La scelta delle opere segue un unico criterio: ascoltare le esigenze dei territori per valorizzarne l’identità attraverso interventi che privilegino l’effettiva necessità e urgenza del restauro. L’obiettivo è sempre quello di recuperare beni rappresentativi della varietà del patrimonio storico-artistico italiano, sia in termini cronologici sia in termini di materiali e tecniche – pittura su tavola e tela, affreschi, mosaici, scultura in marmo o pietra, in bronzo, manufatti tessili, oreficeria, etc. – capolavori d’indubbia rilevanza, così come opere che contribuiscono a costruire il vissuto del territorio. Al termine degli interventi di ciascuna edizione, le opere restaurate sono esposte in una mostra organizzata da Intesa Sanpaolo, dove il pubblico può apprezzare il risultato del lavoro dei restauratori.

Dal 1989 ad oggi, sono ormai oltre 2000 le opere “restituite” alla collettività: una sorta di ideale museo, con testimonianze che spaziano dalle epoche più lontane fino all’età contemporanea, dall’archeologia all’oreficeria, alle arti plastiche e pittoriche. Sono centinaia i musei, i siti archeologici, le chiese, garanti della destinazione pubblica dei propri tesori, che hanno beneficiato di questo programma, altrettanti i laboratori di restauro qualificati, distribuiti da Nord a Sud, incaricati dei restauri, così come gli studiosi coinvolti nella redazione delle schede storico-critiche per i cataloghi.

Oltre al progetto Restituzioni per la salvaguardia del patrimonio pubblico, Intesa Sanpaolo esprime il suo impegno in ambito culturale attraverso la valorizzazione a livello nazionale e internazionale del suo cospicuo e prestigioso patrimonio storico, artistico, architettonico e archivistico – in particolare nei musei delle Gallerie d’Italia a Milano, Napoli, Vicenza e nella nuova sede di Torino -, nell’intento di condividerlo con la collettività. Le iniziative in ambito culturale si concretizzano in un piano triennale di interventi denominato Progetto Cultura, che prevede mostre, incontri, attività didattiche e formative oltre ad attività sinergiche con importanti istituzioni culturali nazionali e internazionali.

Testo e immagini dall’Ufficio Stampa Soprintendenza Speciale di Roma.

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