Nuovo restyling per le fontane di Pompei. Si tratta di un progetto che prevede il restauro di oltre 40 fontane pubbliche dell’antica città, il rilievo in 3D e lo scavo archeologico attorno ad alcune di esse per comprenderne meglio i rapporti con gli assi viari.
Il restauro, spiegato dalla funzionaria restauratrice del Parco archeologico di Pompei Paola Sabbatucci e dal direttore tecnico del progetto Luca Pantone ha come obiettivo la lunga conservazione dei manufatti e la restituzione al pubblico.
Ma come avveniva l’approvvigionamento idrico nella città di Pompei? L’approvvigionamento idrico in città fu risolto inizialmente tramite l’utilizzo di cisterne e pozzi collocati nelle strade, negli edifici pubblici ma anche nei giardini e nelle case private. Le cisterne erano alimentate dall’acqua piovana che veniva raccolta grazie all’apertura del tetto della domus (compluvium) nel sottostante bacino (impluvium).
Successivamente, l’approvvigionamento migliorò grazie alla costruzione in età augustea di un acquedotto alimentato dalle sorgenti dell’Acquaro, presso Serino. Di qui il monumentale complesso che attraversava varie città tra cui Pompei e arrivava, nella diramazione cittadina, nel punto più alto, presso Porta Vesuvio, in un grande serbatoio che era appunto il castellum aquae.
Qui partivano tre diramazioni che servivano a distribuire l’acqua in tutta la città. Secondo quanto ipotizzato dall’architetto Vitruvio, la tripartizione del castellum aquae serviva per la distribuzione idrica delle utenze più importanti di una città, cioè abitazioni private, fontane, terme e giochi d’acqua.
L’impianto idrico della città di Pompei fu danneggiato durante il terremoto del 62 d.C. ma al momento dell’eruzione del 79 sembra fossero in atto altre riparazioni causate dai danni provocati dai terremoti che avevano preceduto l’eruzione.
Le fontane pubbliche della città ricevevano la maggior quantità di acqua che fluiva ininterrottamente giorno e notte a differenza delle altre utenze che avevano rubinetti che ne regolavano la distribuzione.
Per garantire una migliore copertura, anche la distanza tra una fontana e l’altra era ben stabilita. Le fontane sono poste ad una distanza che variava fra i 70 e gli 80 metri l’una dall’altra in maniera tale che ogni cittadino ne potesse fruire senza allontanarsi troppo dalla sua abitazione.
In città se ne contano una quarantina e presentano una struttura pressoché uguale con bacino rettangolare costituito da quattro lastre in pietra lavica o di calcare e un tubo di piombo per l’erogazione dell’acqua posizionato su un pilastrino forato che spesso era decorato.
Nell’area del Foro Triangolare, invece, si conserva l’unico esemplare di labrum, con bacino e supporto in marmo probabilmente utilizzato per abluzioni sacre.
Il progetto di restauro delle fontane pubbliche prevederà una fase operativa “sul campo” adattata di volta in volta alle diverse esigenze che questi manufatti presenteranno, adoperando sempre, da parte dei restauratori, un approccio quanto più critico e scientifico possibile.
Quindici saranno invece le fontane interessate da uno scavo stratigrafico per capire maggiormente i rapporti non solo relativi alla costruzione della stessa fontana ma anche alla monumentalizzazione della strada e del marciapiede, oltre all’acquisizione di informazioni utili per una più precisa collocazione temporale all’interno del tessuto urbano della città.
Al termine dello scavo e del restauro, ogni fontana sarà oggetto di un rilievo 3D e il progetto iniziato ad ottobre 2021 proseguirà per tutto il 2022.