23 – 24 Novembre 2015
Nuovi studi rimettono in discussione il passato leggendario dell’Abbazia di Glastonbury. Questa sarebbe stata fondata 200 anni prima di quanto ritenuto: lo proverebbero i frammenti di giare per il vino in ceramica dal Mediterraneo, e relative a un insediamento dei cosiddetti “secoli bui”.
Non solo, i monaci dell’Abbazia avrebbero contribuito a forgiare le storie mitiche legate a Glastonbury, rendendolo uno dei monasteri più ricchi della regione. Secondo questa visione tradizionale, l’Abbazia di Glastonbury sarebbe il luogo di sepoltura di Re Artù (individuato dai monaci nel 1191), oltre che la più antica chiesa in Gran Bretagna, fondata da Giuseppe di Arimatea. Secondo questa che è la leggenda più nota (l’altra vede lo stesso Gesù fondare la chiesa), Giuseppe di Arimatea avrebbe piantato un ramo che sarebbe miracolosamente fiorito, e lì si sarebbe fondata la chiesa. Le prove più antiche di tale leggenda sarebbero però del diciassettesimo secolo.
Negli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso, gli scavi di Ralegh Radford avrebbero poi ritrovato un cimitero cristiano e un chiostro di epoca sassone, i più antichi in Inghilterra, oltre alla tomba dello stesso Artù. La nuova ricerca ritiene invece che le tombe che Radford riteneva dei “secoli bui” sarebbero di epoca successiva alla chiesa e al monastero sassone. Sempre secondo il nuovo studio, la tomba di Artù, datata tra l’undicesimo e il quindicesimo secolo, non presenterebbe alcuna prova per l’identificazione in tal senso: si tratterebbe solo di un fosso con delle macerie, non ci sarebbero elementi riguardanti Artù o Ginevra.
I monaci avrebbero quindi costruito la chiesa di modo da enfatizzarne gli elementi arcaici, producendo pure le celebri leggende. L’obiettivo sarebbe stato quello di promuovere un’immagine di grande antichità cristiana del luogo e di aumentare le entrate derivanti dai pellegrinaggi: queste si sarebbero rese necessarie dopo il devastante incendio del 1184.
Queste le conclusioni alle quali è giunto il progetto quadriennale, portato avanti da un team di 31 specialisti guidati dalla professoressa Roberta Gilchrist dell’Università di Reading, e che ha riesaminato tutte le registrazioni archeologiche riguardanti le 36 stagioni di scavo effettuate negli anni dal 1904 al 1979 presso Glastonbury.
Secondo gli autori, coloro che in passato hanno esaminato l’Abbazia in precedenza sarebbero stati “annebbiati” dai miti e dalle leggende che la circondano, contribuendo a perpetuarne molti.
Con le nuove ricerche si sarebbero inoltre ritrovati resti di lavori in vetro del 700 d. C., con un importante complesso di fornaci di epoca sassone, i più antichi della regione. La rilevanza di Glastonbury non è, insomma, messa in discussione.
La monografia “Glastonbury Abbey: archaeological investigations 1904–79”, di Cheryl Green e Roberta Gilchrist è stata pubblicata da Oxbow Books. Gli archivi degli scavi archeologici presso l’Abbazia di Glastonbury tra il 1904 e il 1979 sono alla pagina relativa dell’Archaeology Data Service.
Link: Glastonbury Abbey; Science; The Guardian; Independent; Daily Mail; Past Horizons.
L’Abbazia di Glastonbury nel 1905, foto del Photochrom Print Collection is available at http://hdl.loc.gov/loc.pnp/pp.pgz; Print no. “10932”.; Title from the Detroit Publishing Co., Catalogue J-foreign section, Detroit, Mich. : Detroit Publishing Company, 1905; da Wikipedia, Pubblico Dominio, caricata da Fæ.
La cosiddetta tomba di Artù, foto di , da Wikipedia, Pubblico Dominio, caricata da Gene.arboit.
L’Abbazia di Glastonbury, foto di Littleblackpistol, da Wikipedia, Pubblico Dominio, caricata da Manuel Anastácio.