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Rosario Castellanos: una voce ancora attuale

Rosario Castellanos: una voce ancora attuale contro la cultura maschilista
una breve introduzione all’opera di questa scrittrice

la copertina del libro «Poesía no eres tú», di Rosario Castellanos, Editorial Joaquín Mortiz (1972). Foto di Yuleisy Cruz Lezcano

Rosario Castellanos (1925-1974), una delle più importanti voci femministe della letteratura latinoamericana, ha esplorato in modo profondo le dinamiche di violenza e oppressione di genere, anticipando con la sua riflessione molte delle problematiche che oggi sono al centro del dibattito sociale e politico. La scrittura di Castellanos è un atto di denuncia contro il patriarcato, la discriminazione razziale e la marginalizzazione delle donne nella cultura messicana. La sua opera è scritta con il dolore. La sua vita, infatti, è molto affascinante, ma piena di contrasti, come le sue poesie.

Al momento, poche opere di Rosario Castellanos hanno ricevuto traduzioni in italiano, e per leggerle bisogna farlo, il più delle volte, in lingua originale, in spagnolo. 

L’autrice, nata a Città del Messico, trascorse la sua infanzia a Comitán, Chiapas, in una famiglia benestante, figlia di proprietari terrieri. In età precoce conobbe le ingiustizie che impedivano il progresso del popolo indigeno, una comprensione, che insieme alle sue ambizioni intellettuali, era da considerarsi impropria per una donna della sua epoca. Questo la fece sentire non integrata dal punto di vista sociale. Basta pensare che alla morte dei suoi genitori, diventò lei stessa unica erede e proprietaria delle terre, che decise di donare agli indigeni di Chiapas. Nel 1950 Rosario conseguì la laurea in Filosofia all’Università del Messico, poi studiò Estetica e Stilistica all’Università di Madrid. In seguito tornò in Messico, dove lavorò come insegnante.

Nel 1958 si sposò con il filosofo Ricardo Guerra. Il matrimonio però non fu dei più felici. Suo marito segnò la sua vita con molteplici infedeltà e il dolore provocò in lei crisi depressive, che dovette curare con trattamenti, farmaci e psicoanalisi. Poi dopo anni di sopportazione, nonostante fosse indipendente economicamente, prese la decisione di divorziare.

Rosario morì a Tel Aviv nel 1974, dove si trovava per rivestire l’incarico di ambasciatrice dal 1971, per un incidente domestico. Le voci sui suoi tentativi di suicidio e le speculazioni riguardo alla sua morte continuano ad alimentare la fantasia.

L’opera di Rosario Castellanos

La condizione femminile all’interno delle opere di questa autrice è trattata in modo pioneristico, perché si avvicina alla situazione delle donne messicane, alla loro posizione di inferiorità e di essere oppresse, nonostante l’autrice rifiuti il vittimismo. La sua posizione rivendica la necessità di finirla con l’autocompiacimento femminile di lamentarsi e propone alle donne di responsabilizzarsi, con la propria vita, portando avanti il pensiero che la maggiore differenza che esiste tra uomini e donne non è radicato o non deriva dalla biologia o da un’incapacità congenita, ma da un modo diverso di canalizzare le energie e lo spirito. Nella cultura messicana dell’epoca, per gli uomini, la produzione di cultura era la via per raggiungere la trascendenza, mentre la maternità lo era per le donne.

Rosario Castellanos scrive molto sulle donne, sulle loro emozioni, su come vivono l’amore, il matrimonio, la maternità, la solitudine… non solo fotografando la reale condizione della donna nella società messicana, ma trattando temi politici e rappresentando in modo anche ironico una serie di personaggi femminili. La donna, infatti, è presente nei vari generi che coltivò, in una forma o in un’altra. Per esempio, nei suoi racconti raccolti in tre volumi, «Ciudad Real» (Città reale, 1960), «Los convidados de agosto» (Gli invitati di agosto, 1964) e «Album de familia» (Album di famiglia, 1971), così come nei suoi romanzi «Balun-Canán» (1957) e «Oficio de tinieblas» (Ufficio di tenebre, 1962), Castellanos affronta la condizione femminile con una lucidità straordinaria, risaltando non solo le difficoltà individuali delle donne, ma anche il contesto sociale, culturale ed economico che le rende vulnerabili alla violenza, il loro inserimento in un sistema patriarcale.

È forse però nella saggistica che mette di più in evidenza argomenti riguardo alla donna e il suo inserimento in un sistema tradizionale di relazioni sociali. Il lettore non può non notare il grande numero di articoli e saggi suoi che trattano la donna nel suo ruolo nella storia, come scrittrice o semplicemente come spettatrice di un mondo messicano dominato dall’uomo. Per Castellanos, la violenza contro le donne non è solo un fatto individuale, ma una manifestazione di un sistema di potere che perpetua l’ingiustizia sociale. Le sue opere sono una riflessione sull’identità femminile e sul modo in cui la violenza di genere è connaturata alla struttura stessa della società.

La scrittrice, consapevole della sua posizione dentro una società che stava cambiando, con determinazione affrontò l’emarginazione femminile. Infatti, nel titolo di una collezione di saggi pubblicati postumi, nel 1979, già si annuncia il contenuto e si focalizza il tema trattato. Il titolo del libro «Mujer que sabe latín» (Donna che conosce il latino, 1973) già ci fa pensare. Infatti, Rosario combatte l’emarginazione con le armi dell’ingegno e dell’ironia.

In questo libro si parla di scrittrici di tutto il mondo, alcune più conosciute di altre: Clarice Lispector (in cui parla del libro «La Passione secondo GH»), Natalia Ginzburg, Flannery O´Connor, Eudora Welty, Isac Dinesen, Virginia Woolf, Lillian Hellman, Mary Mcarthy, Simone Weil, Doris Lessing, Silvina Ocampo. Altre, meno note, come Penélope Gilliat, Mercedes Rodoreda, Maria Luisa Bombal, Violette Leduc, Ulalume González. In definitiva, è un libro che necessita di essere letto, un libro che è stato necessario per me quando ho pensato di scrivere il mio ultimo libro «Di un’altra voce sarà la paura», pubblicato nel 2024 da Leonida Edizioni, che in questo momento sta accendendo il dibattito sulla violenza contro le donne, il trauma da stupro e le varie fragilità. Rosario parla, tra tante cose, anche del carnefice, della vittima. Inoltre, questo libro parla della sua vocazione per la scrittura.

Di un’altra voce sarà la paura: un inno alla vita e al coraggio

Esiste un detto popolare, usato spesso dalla comunità ispanica: “Mujer que sabe Latín no tiene marido ni buen fin” (“Donna che sa il latino non ha marito né fa una buona fine”). Sembra quasi che il nostro destino, nascendo donne, sia già tracciato: dobbiamo procurarci la bellezza fisica, così da incontrare marito o un compagno, dedicarci ad essere mogli e madri che si sacrificano per gli altri. Null’altro. Educarsi, leggere, pensare criticamente non sono altro che ostacoli lungo quel cammino rilucente che comporta che noi siamo state create per diventare perfette donne che accudiscono la famiglia e si preoccupano della propria. Sono anni che si mettono in discussione questi concetti, che chiamerei stereotipi.

In questa serie di meravigliosi micro saggi contenuti nel suo libro postumo, Rosario Castellanos esplora la ribellione femminile di fronte a questa imposizione ancestrale, analizzando 24 scrittrici. Non approfondisce le circostanze di ciascuna, non è necessario, poiché tutte condividono un tratto unificante: il trionfo della vocazione di queste donne, di fronte a un mondo che metteva loro contro tutto per contrastarle come artiste. La saggista si concentra sui particolari prodigi di ciascuna di loro: il cristianesimo incarnato di Simone Weil, l’intuizione gioiosa ed erudita di Virginia Woolf, la lucidità speranzosa di Flannery O’Connor, la rigorosa intellettualità di Susan Sontag. La descrizione di queste autrici diviene un piacere che si moltiplica, dopo avere letto anche la prosa e l’umorismo di Castellanos, che ci illustra nuovi modi di leggere autrici famose e meno famose.

È ammirevole la Castellanos poeta, consiglio caldamente di leggere La anunciación (La Annunciazione) o Misterios gozosos (Misteri Gaudiosi) per misurare l’enorme poeta che è stata; In Castellanos saggista però, si può scoprire oltre che la stessa profondità, piena di ironia e umorismo, la sua capacità di tradurre numerose autrici, tramite una visione e una lettura approfondita.

Secondo la stessa Castellanos, la sua poesia è composta da tre fili:

“L’umorismo, la meditazione seria, il contatto con le radici carnali e storiche. E il tutto è immerso nella luce livida della morte, che rende ogni cosa memorabile.1

Leggere scrittrici straordinarie come Castellanos, che portano ad altri scrittori straordinari, provoca in me un tipo di emozione molto particolare. Un incoraggiamento, chiamiamolo così, a continuare a scrivere perché nel seguire la propria vocazione sta la libertà. Un paragrafo come un mantra: Il significato della parola è il suo destinatario, l’altro che ascolta, che capisce e che, quando risponde, trasforma il suo interlocutore in colui che ascolta e in colui che comprende, stabilendo così il rapporto di dialogo che solo

“è possibile tra coloro che si considerano e si trattano da pari a pari ed è fruttuoso solo tra coloro che vogliono essere liberi”2.

Questa citazione si inserisce nel contesto più ampio del saggio in cui l’autrice riflette sulle dinamiche di potere, disuguaglianza e le possibilità di cambiamento nella società.

 

La Annunciazione

I

Perché sin dall’inizio eri destinato a me.

Prima dell’età del grano e dell’allodola

e ancor prima di quella del pesce.

Quando Dio non aveva altro che orizzonti

D’azzurro illimitato e l’universo

era solo una volontà inespressa.

Quando tutto giaceva nel grembo

divino, mescolato e confuso,

giacevamo tu e io, nella totalità, insieme.

Perché davanti a te che sei fatto di neve

e di candidi velli e petali,

devo essere come un’arca e come un tempio:

unta e fervente,

elevata in incenso e campane.

Perché saresti venuto a rompermi le ossa,

le mie ossa, al tuo annuncio, si sono rotte.

…”

I versi selezionati dalla poesia La Anunciación”3, come si può notare, sono figli della poesia visuale che crea immagini. Il suo passaggio dal concreto verso l’astratto apre nuove prospettive, in cui gli oggetti e le cose dell’intorno, della vita quotidiana diventano, e si vede, un motivo per cercare significati, adatti ad integrare la sua propria visione del mondo. Nella poesia precedente si può cogliere l’esperienza di vita dell’autrice.
A prima vista, questo potrebbe sembrare una sorta di esplorazione o di esposizione di natura autobiografica, sicuramente la poesia per eccellenza ha molti elementi autobiografici, ma anche se molte delle poesie della Castellanos sembrano parlarci di lei stessa, attraverso una varietà di immagini, la poesia precedente ha aspetti universali e ci fa pensare, per esempio, alla madre che attende anelante l’arrivo del suo primo figlio.

Nella poesia La Anunciación leggiamo anche:

“… Perché tu lo abiti, vorrei darti

un mondo illuminato di zefiri, allori,

alghe fosforescenti, litorali senza termini,

grotte di muschio fine e cieli di colombe.

… “

Questo ultimo passaggio racchiude il desiderio di preparare il meglio di sé per un arrivo, dopo tutto quello che si smette di essere e nelle varie premonizioni delle perdite, dovute a una diseguaglianza sociale, in un modello di sudditanza e sottomissione, si dona la libertà “con un cielo di colombe”.

La poesia La Anunciación di Rosario Castellanos è stata pubblicata nel libro «Poesía no eres tú» nel 1972, edito dalla casa editrice Editorial Joaquín Mortiz. Questo libro raccoglie una parte significativa della sua produzione poetica. Rosario Castellanos è una delle poetesse più importanti della letteratura messicana, e La Anunciación è un esempio del suo impegno verso temi come la condizione della donna e la riflessione sociale.

Esiste ed è visibile in tutta l’opera di Rosario Castellanos, una certa intertestualità, cioè una relazione dei suoi testi con i testi di altri autori: si può cogliere ad esempio l’influenza di Gabriela Mistral. Non ci sono dubbi che quando un autore crea, porta con sé un carico di letture, concetti e immagini acquisite previamente, che si vedono riflesse nelle sue parole.

Anche la morte è una costante nella poesia di questa autrice, ed è la forza che spinge molti dei suoi versi. La certezza della mortalità è presente, come una sentenza, in alcuni versi della poesia Falsa Elegía4, che inizia con:

Condividiamo solo un disastro lento.

Mi vedo morire in te, in un altro, in tutto

e ancora sbadiglio e mi distraggo

come prima di uno spettacolo noioso.

Si schiariscono i giorni

le notti si consumano prima di accorgerci

è così che finiamo

…”

Nonostante il titolo Amanecer5, che può corrispondere in italiano All’alba, Al sorgere del sole, nella poesia di Rosario Castellanos, alla morte vengono riservati gli spazi più importanti, i dubbi, che accompagnano l’incertezza universale dell’essere umano, nessuno sa dove sarà, cosa farà, penserà o non penserà all’ora di morire.

Cosa si fa all’ora di morire? Si volta la faccia verso il muro?

Si prende dalle spalle a chi è vicino e ascolta?

Si mette uno a correre come quello che ha

i vestiti che vanno a fuoco, per raggiungere la fine?

… “

Questi versi fanno pensare a una postura esistenzialista, nella quale esiste una consapevole lucidità della fugacità dell’essere umano. L’autrice crea un’atmosfera di thanatos, che continua a sviluppare nei seguenti versi della stessa poesia:

Quale è il rito di questa cerimonia?

Chi viglia l’agonia? Chi stira il lenzuolo?

Chi allontana lo specchio senza macchia?

… “

Anche la poesia Presencia6 (Presenza) inizia con versi simili:

Un giorno lo saprò. Questo corpo che è stato

mi abita, la mia prigione, è la mia tomba

…”

La morte è qui un elemento che si ripete più volte, e sembra una morte vissuta sin dalla radice della vita, sin dalla nascita.

Un altro esempio di questa affermazione è la poesia Muro de lamentaciones7 (Muro di lamenti):

“… Perché i bimbi sorgono da ventri come bare

E nel petto materno si nutrono di veleni.

… “

Poi si ripete ancora una volta il tempo fragile e fugace dell’essere umano con i seguenti versi della stessa poesia:

“… Perché il fiore è breve e il tempo interminabile

e la terra un cadavere trasformandosi

e lo spavento la maschera perfetta del nulla.

… “

Le metafore e le immagini diventano un pungiglione che cattura l’attenzione del lettore, mentre si sommerge nell’idea dell’agonia chiara descritta dalla Castellanos. La sua poesia segnata dai paradossi e dalle tragedie, racchiudono dettagli autobiografici e riflessioni autentiche sulla morte, sul vuoto, sulla consistenza labile del corpo e sulla solitudine.

Per esempio nella poesia El otro8 (L’altro) si può cogliere l’esasperazione della solitudine, in cui i versi parlano chiaramente del fastidio che dà la vicinanza di quell’altro non ideale o immaginario o astratto, ma quell’altro con chi ci si incontra, che esiste nella maniera più prossima, ma del quale spesso non ci accorgiamo, ci disturba. Pensando a questi versi, un lettore attento potrebbe chiedersi perché sia necessario ribadire che l’essere umano è un essere di relazioni, se poi nella sua presunta autosufficienza, crede di non avere bisogno di nessuno.

“… Guardati intorno: c’è un altro. Sempre c’è un altro.

Quello che lui respira è ciò che ti soffoca

quello che mangia è la tua fame.

Muore con la metà più pura della tua morte.”

Con la poesia Trayectoria del polvo9 (Traiettoria del polvo), i metri predominanti sono l’endecasillabo, l’ettasillabo e l’alessandrino. I versi descrivono il processo di creazione di un “io” che a volte si integra con elementi della natura, altre volte si rivolge a un tu indefinito. I versi di questa poesia alludono al vuoto, alla distruzione e alla perdita della forma.

Mi sono staccata dal sole (era il viscere

perpetuo della vita)

e sono rimasta lo stesso che la nube

sospesa nel vuoto.

…”

L’autrice in queste poesie usa un linguaggio artistico e sarcastico per mostrare come le figure del pensiero contrastano con il corpo vivo. Nonostante questo la presenza della morte nella poesia di questa autrice è sinonimo di calma, non di disperazione, una sorta di sedativo davanti all’incertezza della vita in cui frequentemente si soffre.

la copertina del libro «Poesía no eres tú», di Rosario Castellanos, Editorial Joaquín Mortiz (1972). Foto di Yuleisy Cruz Lezcano

Le traduzioni delle poesie citate sono a cura di Yuleisy Cruz Lezcano.

 

Riferimenti bibliografici:

«Poesía no eres tú», di Rosario Castellanos, Editorial Joaquín Mortiz (1972)

«La mujer que sabe latín» di Rosario Castellanos, Segreteria de Educación Pública (1973)

«Entrevistas», a cura di Adelaida García Morales, Siglo XXI Editores (1988)

«Feminize Your Canon: Rosario Castellanos», di Emma Garman (17 settembre 2018), link: https://www.theparisreview.org/blog/2018/09/17/feminize-your-canon-rosario-castellanos/

«Rosario Castellanos, la feminista que da nombre a nueva universidad en México», di Héctor Román, El Sol de Zacatecas (2 dicembre 2024), link: https://oem.com.mx/elsoldezacatecas/cultura/rosario-castellanos-la-feminista-que-da-nombre-a-nueva-universidad-en-mexico-18433162

«The Communicative Functions of Language in Balún Canán», di Ruth Ward, Hispania, vol. 93, no. 2, 2010, pp. 198–207, JSTOR, link: http://www.jstor.org/stable/25703431

 

Note:

1 Rosario Castellanos descrive i “tre fili” che compongono la sua poesia in una riflessione che la stessa autrice ha condiviso in un’intervista, contenuta nel libro «Entrevistas», a cura di Adelaida García Morales, casa editrice Siglo XXI Editores, 1988.

2 «La mujer que sabe latín» di Rosario Castellanos, 1973, edito da Segreteria de Educación Pública, pag. 43.

3 «Poesía no eres tú», di Rosario Castellanos, 1972, edito dalla casa editrice Editorial Joaquín Mortiz, Sezione DE LA VIGILIA ESTÉRIL, pagg. 34-36.

4 Ibidem, pag. 116.

5 Ibidem, Sezione LÍVIDA LUZ, pag. 186.

6 Ibidem, pag. 191.

7 Ibidem, pag. 48.

8 Ibidem, pag. 116.

9 Ibidem, pagg. 19-25.

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