La nuova illuminazione della Basilica di Santa Sabina all’Aventino ha avuto come obiettivo primario quello della valorizzazione del monumento
Basilica di Santa Sabina all’Aventino
BrowsingLa basilica di Santa Sabina all’Aventino (Roma) è una delle chiese romane più antiche e, tra quelle paleocristiane, una delle meglio conservate nonostante i numerosi cambiamenti, rifacimenti e restauri avvenuti nei secoli.
Viene fondata nel 425 sotto il pontificato di Celestino I, come riporta l’iscrizione di dedica nel mosaico della controfacciata, una delle poche parti della decorazione originaria oggi conservata. Secondo la tradizione, sorgerebbe sopra al Titulus Sabinæ, situato probabilmente nella casa della matrona Sabina. Le fonti antiche attestano anche la presenza di un battistero.
Significativi interventi di restauro nella basilica sono documentati tra la fine dell’VIII e gli inizi del IX secolo, durante i pontificati di Leone III ed Eugenio II, risultando la stessa inglobata nel X secolo nella fortezza dei Crescenzi e nel XIII nella Rocca della famiglia Savelli. Nel 1219 un membro di questa famiglia, divenuto papa con il nome di Onorio III, affida la chiesa a Domenico di Guzmán e al suo Ordine di Frati Predicatori, che la officiano ancora oggi, ospitando nell’attiguo convento la loro Curia Generalizia. Sempre al XIII secolo risale la costruzione del campanile.
L’interno viene radicalmente modificato nel 1587, durante il pontificato sistino da Domenico Fontana e ancora, nel 1643, da Francesco Borromini. L’aspetto attuale della chiesa si deve ai restauri di Antonio Muñoz, effettuati in due fasi dal 1914 al 1919 e dal 1936 al 1937, con l’intento di riportare la chiesa al suo aspetto originario, liberandola dai rifacimenti barocchi, di cui restano solo due cappelle laterali dedicate a San Giacinto e Santa Caterina. E proprio il risultato di questi interventi ha reso alla chiesa l’atmosfera austera e solenne delle tre navate scandite dalle 24 colonne di spoglio antiche, appartenute probabilmente a un vicino monumento di epoca tardo imperiale.
La porta dell’ingresso principale risale al V secolo, epoca della costruzione della chiesa, ed è il più antico esempio di scultura lignea paleocristiana. Nei 18 riquadri conservati, dei 28 che la componevano in origine, sono raffigurate storie dell’Antico e del Nuovo Testamento, combinate tra loro in modo da simboleggiare la continuità e la corrispondenza tra la legge mosaica e quella di Cristo.
La decorazione degli interni della basilica di Santa Sabina all’Aventino in origine doveva probabilmente avere una forte presenza di mosaici, di cui si conservano solo quelli della controfacciata e un motivo in opus sectile tra le arcate. Il pavimento è coperto da numerose lastre tombali. In prossimità del presbiterio è la Schola Cantorum, ricostruita nel 1936 su ispirazione di quella originaria paleocristiana del IX secolo, anche mediante il reimpiego dei resti dei blocchi che ne formavano la recinzione, ritrovati alla fine del XIX secolo da Ferdinando Mazzanti, utilizzati come gradini del presbiterio sistino.
Il catino absidale conserva un grande affresco cinquecentesco di Taddeo Zuccari, in cui sono state rinvenute tracce dell’antica decorazione musiva, mentre l’arco trionfale venne dipinto da Eugenio Cisterna nel 1919, basandosi su una tavola seicentesca di Giovanni Giustino Ciampini che ritraeva il mosaico prima che venisse distrutto nel Settecento. Tra le pitture si segnalano la Gloria di San Giacinto di Federico Zuccari, fratello di Taddeo, e la Visione di San Giacinto di Lavinia Fontana, che con Artemisia Gentileschi e Fede Galizia è stata una delle prime pittrici italiane a ritrarre scene sacre.
Testo dall’Ufficio Stampa Soprintendenza Speciale di Roma Archeologia Belle Arti e Paesaggio.