Mare Nostrum – una mostra immersiva sul commercio marittimo nell’antica Roma
Il 4 Febbraio 2020, presso i Mercati di Traiano, è stata inaugurata Mare Nostrum – Storie dal mare di Roma, mostra immersiva sul commercio e il trasporto merci nel Mediterraneo dell’età imperiale.
La mostra, temporaneamente sospesa per l’emergenza COVID-19, prevede un largo utilizzo di tecnologie multimediali - come la realtà virtuale fruibile con Oculus e un docufilm - attraverso le quali il visitatore può scoprire con immediatezza il percorso delle derrate e dei materiali da costruzione che giungevano per via fluviale a Roma dal Mediterraneo.
Anche se al momento non è possibile visitare l’esposizione, abbiamo rivolto alcune domande agli archeologi che hanno preso parte al progetto per parlare di tecnologie immersive, tecniche di storytelling, rielaborazione delle fonti e del lavoro scientifico necessario per allestire le mostre multimediali e fare divulgazione sul mondo antico.
Ci auguriamo che la situazione possa risolversi presto: nel frattempo, invitiamo i nostri lettori a restare a casa e riportiamo l’intervista a Roberto Petriaggi, archeologo subacqueo, curatore scientifico del progetto e autore del soggetto e della sceneggiatura del docufilm, e a Michele Stefanile, archeologo subacqueo e ricercatore.
In che modo i dati provenienti dalle fonti storico-archeologiche sono stati rielaborati nel docufilm in modo da essere alla portata di un pubblico ampio e non necessariamente specialistico?
Roberto Petriaggi:
“La divulgazione di argomenti storico-artistici o archeologici presso un pubblico di non specialisti richiede l’adozione di un linguaggio semplice, con richiami efficaci alla vita di ogni giorno, frequenti raffronti con la realtà moderna, richiami a quelle nozioni che già il pubblico possiede, in parte, come retaggio dell’età scolare. Nella redazione del lavoro non può mancare, dunque, la consultazione delle Fonti antiche; la loro citazione, senza esagerazioni, avverrà anche nell'ambito della presentazione al pubblico. Nel caso del nostro docufilm le Fonti sono state alla base del racconto e sono state richiamate, da parte dell’Archeologo che funge da spirito guida, in tutti quei casi, e in riferimento a quelle scene, in cui si è ritenuto di andare incontro ad una presumibile esigenza di approfondimenti da parte dello spettatore.”
I Mercati di Traiano costituiscono una sede quasi obbligata per una mostra che parla di navigazione e commercio in età imperiale. Il commercio marittimo e gli scambi commerciali attraverso il Mediterraneo nell’antica Roma sono temi conosciuti da un pubblico non specialistico, oppure la mostra “Mare Nostrum” colma un vuoto dal punto di vista della divulgazione in ambito archeologico?
R. P.:
“Credo che il pubblico dei non addetti ai lavori abbia, in larga parte, conoscenze vaghe del complesso sistema che regolava gli scambi commerciali, della qualità, della tipologia e della provenienza delle merci trasportate, del personale marittimo coinvolto, nonché dei contenitori adibiti al trasporto per mare, delle tipologie di navi commerciali e militari. Lungi dal voler costituire un documento esaustivo per la vastità dei temi sopra menzionati, “Mare Nostrum” vuole aprire una finestra su queste tematiche, offrire risposte, stimolanti spunti di interesse e, soprattutto, un momento di riflessione che possa risolversi nel risveglio della curiosità dello spettatore, per indurlo ad ulteriori approfondimenti.”

La mostra si è incentrata sulle vie d'acqua e il commercio marittimo nell'Impero Romano: l'archeologia subacquea, insieme ad altri studi, ha fornito nuove prospettive?
Michele Stefanile:
“L’archeologia subacquea ha certamente offerto un contributo estremamente significativo alle nostre conoscenze sul commercio marittimo romano: sono i carichi delle navi naufragate nel Mediterraneo a consentirci spesso di ricostruire in dettaglio rotte e traffici, mostrandoci in maniera chiara quali merci attraversassero il mare, entro quali contenitori, e secondo quali consuetudini e regolamentazioni. I relitti, in questo senso, sono delle preziose capsule del tempo, in grado di offrirci eccezionali spaccati dell’attività di armatori, navicularii, mercatores; di tutti quegli attori del commercio transmarino, insomma, a noi noto attraverso altre fonti.”
Portus ha sempre avuto problemi di insabbiamento e anche Claudio aveva cercato di risolvere il problema, facendo costruire una nuova struttura.
Come viene illustrata nella mostra la soluzione traianea?
M. S.:
“I filmati di Mare Nostrum, con l’ausilio della realtà immersiva, consentono di scoprire in maniera chiara e fortemente comunicativa il grande bacino esagonale traianeo, e i canali e le vie d’acqua ad esso connessi. Non mancano, inoltre, filmati da drone, ricostruzioni virtuali e splendide ricostruzioni artistiche, che aiutano i visitatori a immaginare un mondo oggi per gran parte scomparso.”
Per Mare Nostrum si sono utilizzati Oculus e Realtà Virtuale: a quale tipo di pubblico ci si rivolge e quali aspetti sono messi in evidenza attraverso questa tecnologia?
M. S.:
“L’uso di Oculus e Realtà Virtuale consente ai visitatori un’esperienza realmente immersiva: grazie a queste soluzioni tecnologiche, anche un pubblico non necessariamente esperto di antichità può ritrovarsi al centro della scena, vivendo una breve, suggestiva, avventura nel tempo. E del resto, fa parte (o dovrebbe far parte) del lavoro dell’archeologo il compito di raccontare le meraviglie del mondo antico con cui ha il privilegio di venire quasi quotidianamente a contatto: poterlo fare in maniera così interattiva e coinvolgente è certamente un grande vantaggio.”
Puoi dirci qualcosa di più sui personaggi che accompagnano i visitatori in Mare Nostrum? Chi sono e quali elementi storico-archeologici hanno fatto da base per la costruzione dei personaggi?
M. S.:
“Farnaces, Proculus, Abascanthus, gli addetti alla misurazione dei carichi, gli avventori delle tabernae: i personaggi di Mare Nostrum sono figure tipiche di una scena portuale antica, e si ispirano a immagini provenienti dalla documentazione iconografica e in particolare musiva di Roma e Ostia; forse proprio questo ce le rende tutto sommato molto familiari. Tra questi uomini di mare e di commercio si aggira di tanto in tanto una figura in abiti moderni, l’archeologo, con il compito di spiegare le azioni meno facilmente riconoscibili, e di fornire il quadro generale della storia.”
Il progetto Mare Nostrum – Storie dal mare di Roma, co-finanziato dalla Comunità Europea, è stato sviluppato nell’ambito del POR - FESR Lazio 2014-2020 - Azione 3.3.1 b – Avviso della Regione Lazio Atelier Arte Bellezza e Cultura - Museo abitato - Mercati di Traiano, in collaborazione con Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, Syremont S.p.A. e Agorasophia Edutainment S.p.A.
IX Rassegna del Documentario e della Comunicazione Archeologica
Licodia Eubea (CT), 12/10/2019






"Degas - passione e perfezione" al cinema
DEGAS PASSIONE E PERFEZIONE AL CINEMA
Riprende la stagione cinematografica dedicata alla Storia dell’Arte con Degas: Passione e Perfezione, il docufilm diretto da David Bickerstaff, ideato per la Grande Arte al Cinema dalla Nexo Digital.
Dal 28 al 30 gennaio, l’artista parigino viene raccontato attraverso le opere esposte nel museo Fitzwilliam a Cambridge, Regno Unito.
Edgar Degas (Parigi, 1834 - Parigi, 1917), padre francese madre creola, pittore, scultore, ritrattista, sonettista, personalità complessa, concepisce la sua arte amando stare nel suo studio e uscendo raramente, ma allo stesso tempo, come ci racconta chi con lui ha trascorso del tempo, quando si trova nei salotti letterari è catalizzatore di attenzioni, pieno di spirito d’invettiva, molto arguto, e a volte anche tagliente nel parlare.
Nel creare le sue opere è molto preciso, ma come lui stesso ci dice, ha piacere nel distruggerle e ricrearle, anche se le stesse, prima della distruzione erano perfette.Si forma, in un primo tempo in una delle principali scuole d’arte di Parigi, poi, si reca dal nonno, a Napoli, il quale, si trovava stabilmente dopo essere scappato dalla Rivoluzione francese. In Italia, accresce la sua formazione artistica, compie quel Grand Tour formativo, ed è attratto soprattutto dai grandi artisti Rinascimentali.
Soggiorna in America e si reca a trovare il fratello a New Orleans (terra natia della madre); del periodo Americano ci ha lasciato anche un bel dipinto con tema il commercio del cotone.


Gravi disturbi alla vista lo affliggono, fino quasi a rischiare la cecità, ma non demorde, trova un modo per eludere questo problema di salute: si dedica al modellare statue in cera, creta, bronzo, plasmando mirabili figure di ballerine.



Degas predilige il disegno per dare forma alla sua arte, e sarà una caratteristica certa di tutta la sua vita artistica. Ritratti, composizioni storiche, ma anche soggetti ispirati alla vita quotidiana (e contemporanea dell’artista), rappresenta la quotidianità in movimento: ballerine, balletti all'Opera, cantanti di caffè, cantanti sul palcoscenico, fantini, cavalli in corsa, stiratrici, serie di donne nell'atto di compiere la propria toilette. Tutte figure mai in posa, ma raffigurate in gesti e atteggiamenti naturali. Crea il movimento attraverso l’esaltazione del colore, un cromatismo tessuto riccamente e in maniera trasparente.

Carlo Scarpa 'il professore': Ca' Foscari dedica un docufilm e ricordi inediti al grande architetto
Giornata scarpiana mercoledì 28 novembre dalle 9.15
SCARPA ‘IL PROFESSORE’: CA’ FOSCARI DEDICA
UN DOCUFILM E RICORDI INEDITI AL GRANDE ARCHITETTO
La figura di educatore, il rapporto con matematica, luce e cinema in Aula Baratto. Proiezione di “Nel cuore muto del divino” alle 14.30 a CFZ
VENEZIA – Ca’ Foscari dedica una giornata a Carlo Scarpa “il professore”, tra i grandi dell’architettura del XX secolo come testimoniano anche gli interventi nel palazzo dell’ateneo ‘in volta de canal’. Proprio nell’Aula Baratto ridisegnata da Scarpa si svolgerà mercoledì 28 novembre dalle 9.15 un convegno aperto a tutti su “Carlo Scarpa come educatore”, seguito, alle 14.30, dalla proiezione del docufilm ”Nel cuore muto del divino, Carlo Scarpa a Ca’ Foscari”, del regista Riccardo De Cal (a CFZ Cultural Flow Zone, Zattere).
La giornata scarpiana chiude una serie di iniziative attorno al rapporto tra Scarpa e Ca’ Foscari che l’ateneo ha curato in occasione del 150° anniversario dalla sua fondazione. ll progetto “Una perla in volta de canal” ha infatti valorizzato con un film e una ricerca d’archivio uno spazio architettonico che racchiude in sé due straordinarie stagioni scarpiane (lavori del 1937 e 1957).
Gli interventi
Scarpa, la Tomba Brion e il fotografo Sekiya (1942-2002). Dall’archivio Sekiya, Tokyo
J.K. Mauro Pierconti, Waseda University, Tokyo
Una riflessione sull’opera di Carlo Scarpa attraverso gli scatti di un fotografo d’eccezione, il giapponese Sekiya Masaaki. Il lavoro di ordinamento del suo archivio sta portando alla luce molti fondi, tutti riguardanti architetti del XX° secolo, da F.L. Wright a Richard Rogers.
Il fondo Scarpa è uno dei più ricchi e solo alla Tomba Brion ha dedicato più di 1000 scatti. Una piccola selezione di immagini ci guiderà così in un percorso di lettura dell’opera di Scarpa più rappresentativa.
La luce di Carlo
Franca Pittaluga
Vagando tra stanze museali di Carlo Scarpa da tutti conosciute, si propone un itinerario inedito e assai tendenzioso: una sorta di ‘visita guidata’ che induce ad ignorare le distanze di tempo e di territorio, per concentrarsi piuttosto sugli stratagemmi che l’allestitore preordina nel ‘mettere in luce’ le opere che espone. Cercando di disvelarne gli artifizi, lungo l’itinerario proposto si focalizza lo sguardo su un solo elemento: la luce naturale. Imparando ad osservare come Scarpa la modula, la inquadra, la nega, la ruba, la chiama, la costringe… creando vere trappole emotive, di cui il visitatore diviene inconsapevole - se pur felice - vittima.
Carlo Scarpa e il cinema
Riccardo De Cal
Alcune considerazioni su cinema e architettura per arrivare nello specifico alla narrazione per immagini delle opere di Scarpa.
Capire la mente di un artista con la matematica
Paolo Pellizzari
Cosa aveva in mente Carlo Scarpa disegnando il pavimento-mosaico del Palazzo Querini Stampalia? La ricerca delle possibili fonti d’ispirazione e la decomposizione dell’opera in “componenti semplici” consente di costruire immagini “matematicamente” simili a quella messa in opera nel marmo. È illusorio affermare che si sia compreso il disegno originale e la sua complessità ma è interessante osservare altri pavimenti che forse avrebbero potuto essere ma non hanno mai visto la luce.
Carlo Scarpa come educatore
Tobia Scarpa e Ferruccio Franzoia
Ricordi e considerazioni sullo stile e sul ruolo di educatore di Carlo Scarpa.
Carlo Scarpa e la Grecia
Franca Semi
Carlo Scarpa come educatore
Guido Pietropoli
Perché Carlo Scarpa è quasi più noto con il titolo di Professore piuttosto che con quello di architetto? Dal 1926 alla sua morte (28/11/1978) Carlo Scarpa svolse un'intensa attività didattica presso l'Università come docente e lui stesso dichiarò che gli sarebbe stato difficile scegliere tra la scuola e la professione d'architetto. Pochi studiosi hanno trattato questo versante della sua vita che si estende per più di cinquant'anni e se Franca Semi non avesse pubblicatone 2010 il suo libro che trascrive alcune lezioni tenute all'IUAV all'inizio degli anni '70 saremmo privi di una straordinaria testimonianza del suo metodo didattico. Fortunatamente un grande numero dei suoi disegni è custodito attualmente al Centro Carlo Scarpa di Treviso e al Museo MAXXI di Roma; grazie a questi documenti straordinari - più di 18.000 unità - è ora possibile ricostruire opera per opera il processo progettuale dell'architetto, quello che Paul Klee ha chiamato la "confessione creatrice" dell'artista.
Lo studio di questa mole straordinaria di elaborati regalerà importanti informazioni sulla sua euristica progettuale e sulla genesi delle varie opere.Scarpa continuerà così a insegnare e a mostrare agli allievi e agli architetti il suo processo di elaborazione della forma architettonica. Uno spunto interessante per avvicinare la personalità dell'architetto è offerto da un ritratto di Carlo Scarpa a firma di Andy Warhol; l'analisi di quest'opera sciamanica con le implicazioni concettuali che la sua visione comporta è l'occasione per ragionare sulla cultura come cibo dello spirito così come ne parla Platone nel suo Protagora.
Cenni biografici
Carlo Scarpa (1906-178) è stato un architetto, designer e accademico italiano tra i più importanti del XX secolo.
Si diplomò in architettura all'Accademia di Belle Arti nel 1926, anno in cui iniziò l'attività didattica presso l'Istituto Universitario di Architettura di Venezia, dove operò in qualità di professore ordinario di composizione dal 1964 al 1976 e come direttore dal 1972 al 1974. Grazie all'insegnamento, Scarpa contribuì alla formazione di diverse generazioni di architetti, ai quali trasmise grande perizia nell'uso dei materiali e la profonda conoscenza della storia.
La sua attività di professionista si concentrò prevalentemente nell'allestimento di esposizioni e mostre, nel restauro di complessi monumentali e musei, nella realizzazione di abitazioni private e negozi. Tra gli interventi museali più famosi si possono ricordare i lavori alle Gallerie dell’Accademia a Venezia (1948-55), Palazzo Abatellis a Palermo (1953-54), Gipsoteca Canoviana di Possagno (1956-57), Museo di Castelvecchio a Verona (1958-74) e Fondazione Querini Stampalia a Venezia (1961-65).
Fin dal 1926 lavorò come progettista di vetri e dal 1932 al 1947 fu alle dipendenze della vetreria di Murano Venini, divenendone anche direttore artistico. Al compimento dei suoi trent'anni, tra il 1935 e il 1937, Scarpa realizzò la sua prima opera impegnativa, la sistemazione della Ca' Foscari di Venezia, sede dell'omonima università.
Ottenne numerosi riconoscimento fra cui il Premio Nazionale Olivetti per l'architettura nel 1956 e la stessa azienda gli commissionò la sistemazione dello spazio espositivo Olivetti in piazza San Marco. La sua opera venne presentata in Italia e all'estero in importanti mostre personali presso il Museum of Modern Art di New York nel 1966, la Biennale di Venezia nel 1968, la Heinz Gallery di Londra, l'Institut de l'Environnement a Parigi, e infine a Barcellona nel 1978. Nello stesso anno ricevette una laurea honoris causa in architettura dall'Istituto Universitario di Architettura di Venezia. Fra le opere più importanti si segnala la Tomba Brion a S. Vito di Altivole, che era quasi terminata quando nel 1978 Scarpa morì a Sendai in Giappone.
Testi da Ufficio Comunicazione Università Ca' Foscari Venezia:
Gian Lorenzo Bernini nella Galleria Borghese
GIAN LORENZO BERNINI
nella Galleria Borghese
Il docufilm Bernini, ambientato nella Galleria Borghese, è un intreccio dell’artista con il museo romano. Bernini non avrebbe scolpito le quattro colossali statue se il suo committente, il cardinale Scipione Borghese, non le avesse commissionate, proprio per quel determinato ambiente.
Possiamo ammirare il ratto di Proserpina, il Davide, Enea con Anchise e Ascanio, Apollo e Dafne: sono opere scolpite in bianco marmo e alte circa tre metri. Due crocifissi bronzei, per l’occasione insieme (oggi non si trovano in Italia, ma uno in Spagna, l’altro in America) e i bozzetti in creta, future, colossali statue, alcune delle quali mai realizzate.
La quattro solenni realizzazioni, fatte da un Gian Lorenzo giovanissimo (alcune di esse, forse, anche con l’aiuto del talentuoso scultore, suo padre Pietro Bernini), sono osservabili da tutti i punti possibili. Bernini vuole dare vita, infonde movimento alla composizione, è una novità, riesce a lavorare il marmo fino al limite massimo prima che si frantumi (le dita di Dafne ormai trasformate in foglie di alloro) o perda il suo baricentro (Enea che avanza con il peso del vecchio padre Anchise).
Studia le statue antiche, iniziando la sua carriera le restaura (come l'Ermafrodito dormiente, copia romana del II secolo d.C., che crea un materasso tattile, oggi la statua è conservata nel Louvre) facendo sua l’arte passata, e una volta conquistata la maestria rompe gli schemi. E così vediamo Ade che affonda le sue possenti mani nella coscia di Proserpina che tende una mano nello spazio e che piange; per la prima volta, una statua esprime un sentimento. La statuaria al pari della pittura è viva.
Ma Bernini, (Napoli 1598 - Roma 1680) non è solo uno scultore, lui è anche architetto, pittore, ritrattista, disegnatore, caricaturista, scenografo e scrittore di opere teatrali.
Pittore di se stesso, le fonti coeve ci raccontano di un Bernini pittore molto talentuoso. Architetto, i papi lo chiamano per creare strutture e tombe in Vaticano; sempre per la città di Roma realizza fontane, piazze, chiese; inoltre le fonti ci descrivono opere teatrali avvincenti con scenografie realistiche. Ritrattista, attua numerosi busti di Papi, cardinali e un sensualissimo busto di Costanza Buonarelli, sua amante (attualmente nel museo fiorentino del Bargello).
La sua fama oltrepassa la nostra Patria e viene incaricato di eseguire opere per la Francia e per l’Inghilterra.
Luigi XIV lo chiama a Parigi nel 1665, per realizzare il progetto della facciata del Louvre ed esegue anche un grande monumento equestre, che oggi si trova nel parco di Versailles.
In Inghilterra nel 1637, concretizza da un triplice ritratto dipinto dal Van Dyck di faccia e di profilo, il busto di Carlo I d'Inghilterra, oggi a Windsor.
Il documentario soffermandosi su particolari, angoli, punti, che ad un osservatore in loco non sarebbe permesso vedere (ricordiamo la maestosità delle opere) e con musiche appositamente scelte per catturare definitivamente l’attenzione dello spettatore, regala, una meravigliosa scoperta del bianco berniniano.
Pia Laviosa Zambotti. Storia di un’archeologa ritrovata
Memoria di fatti, di cose; ma anche memoria di persone.
Lo racconta bene il docufilm di Elena Negriolli: Pia Laviosa Zambotti. Storia di un'archeologa ritrovata, prodotto da L'Officina aps e Decima Rosa Video srl, in programma all'ottava edizione della Rassegna del Documentario e della Comunicazione Archeologica di Licodia Eubea alle 19.00 di venerdì 19 ottobre 2018.
Pia Laviosa Zambotti. Storia di un’archeologa ritrovata
Nazione: Italia
Regia: Elena Negriolli
Consulenza scientifica: Franco Nicolis, Elisabetta Mottes
Durata: 42’
Anno: 2017
Produzione: L’Officina aps – Decima Rosa Video srl
Sinossi: Il documentario raccoglie le testimonianze di chi ebbe la fortuna di conoscere in vita la Zambotti e di chi l'ha conosciuta attraverso gli studi e la biblioteca che costituisce il nucleo fondante della biblioteca specialistica dell’Ufficio beni archeologici provinciale a lei intitolata. Nel film è tratteggiato il profilo della donna, archeologa e studiosa che non solo ha segnato l'affermarsi della preistoria in Italia e all'estero come disciplina, ma ha saputo varcare, fra successi e avversità, confini culturali e sociali in un'epoca di grandi e drammatiche trasformazioni. Un'opera che restituisce alla comunità locale, e non solo, la biografia di una grande donna e nel contempo valorizza un patrimonio librario e archivistico a cui ha attinto una generazione di archeologi.
Partecipazioni ad altri film festival e/o proiezioni pubbliche:
XXIX Rassegna Internazionale Cinema Archeologico – Rovereto
“Pia Leviosa Zambotti e le altre. Dalla terra allo spazio cercando l’umano” – Fondo (TN)
Informazioni regista: Documentarista trentina, ha fondato la casa di produzione Decima Rosa nel 2008. Laureata presso la facoltà di Lettere e Filosofia di Trento, ha studiato regia cinematografica presso la London Film Academy, specializzandosi poi nel documentario, presso la DFG. Per quattro edizioni ha collaborato con il Trento Film Festival della Montagna e dell’Esplorazione, sotto la direzione artistica di Maurizio Nichetti, affinando la sua passione per il documentario. Ha lavorato per alcuni anni nel settore della comunicazione di eventi culturali e artistici e in quello dei nuovi media e dell’informazione, curando, particolarmente, approfondimenti di giornalismo culturale e reportage. Oggi si dedica soprattutto allo studio, allo sviluppo e all’approfondimento del documentario di creazione. Tra i documentari realizzati Minoer (di Micol Cossali, Italia, 2009, P.A.T.; produzione esecutiva e cinematografia, presentato al 58°TrentoFilmfestival, Bansko FilmFestival, Cineteca Nazionale di Milano), La Strada di De Gasperi (Italia, 2010, F.Museo Storico del Trentino; sceneggiatura e regia, presentato al ReligionToday Filmfestival), La fabbrica delle donne (di Micol Cossali, Italia, 2011, Decima Rosa Video, F.M.S.T.; produzione), Flow (U.K., 2011, Doc Film Group; regia), Stall Guys (di Flora Menzies, U.K.,2011, cinematography; nominato come miglior cortometraggio documentario al Portobello Film Festival di Londra), Haraka Haraka (Italia-Kenya, 2012, Decima Rosa Video, sceneggiatura e regia), Conversazioni all'aria aperta, con Erri de Luca (Italia, 2012, Decima Rosa & OhPen, regia), 18KM (di Aurelio Laino, Italia /U.K., 91 min, produzione, riprese e montaggio).
Informazioni casa di produzione:
https://www.facebook.com/decimarosa/ - https://www.trentinofilmcommission.it/it/companies/detail/decima-rosa-video/
Altro (articoli dedicati al film, curiosità, approfondimenti):
http://www.giornaletrentino.it/cronaca/non-e-sole/il-documentario-su-pia-laviosa-zambotti-1.1522593
Scheda a cura di: Fabio Fancello