Thalassa non è solo una mostra sul Mediterraneo antico ma è, soprattutto, un esempio di metodo. Al centro del nostro lavoro  ci sono la ricerca scientifica, il sostegno tra enti statali e territoriali, l’apporto delle Università, le professionalità dei giovani archeologi, le azioni innovative di aziende tecnologiche private. Le costellazioni del cosmo celeste dell’Atlante Farnese, simbolo della mostra, non sono dunque solo un riferimento alle rotte nel mondo antico ma, per noi, equivalgono ad una guida verso un nuovo corso. Nelle molte sezioni troverete  temi legati al Mediterraneo antico, nelle quali dialogano reperti archeologici riemersi dalle acque, tecnologia, ricostruzioni: dai tesori al commercio, dal mito all’economia, dalla vita di bordo alle ville d’otium fino ai rinvenimenti nelle acque profonde il visitatore potrà avere un quadro aggiornato dello stato dell’arte dell’archeologia subacquea del Meridione. Vi saranno naturalmente anche  le nuove scoperte provenienti dall’area portuale di Neapolis. Thalassa disegna, nel complesso, rotte culturali tra tanti siti campani, del Meridione  e di altri paesi mediterranei. Si tratta di una connessione storica che però deve rafforzare l’idea che il Mare Nostrum sia un ponte e non una separazione. In questo senso vanno intese anche le mostre collaterali, che ci parlano di migranti napoletani e Ischitani fra fine Ottocento e primi del Novecento”, commenta il Direttore del Museo, Paolo Giulierini, che sarà presente alla cerimonia di apertura della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico ed inaugurerà, domattina alle ore 10, lo stand del MANN.

Thalassa. Nereide su pistrice da Villa del pauslypon, età augustea, MANN

Molteplici, dunque, i filoni tematici che saranno approfonditi dalla mostra “Thalassa”: se un focus ad hoc sarà dedicato all’archeologia subacquea, dagli albori degli studi negli anni Cinquanta del Novecento (tra i primi ritrovamenti, le statue del porto di Baia, le migliaia di lucerne dal porto di Pozzuoli, l’elmo dal relitto di Albenga) alla sperimentazione tecnologica del terzo millennio (grazie a robot e strumentazioni raffinate, è possibile oggi conoscere la ricchezza degli abissi del Tirreno), l’esposizione si connoterà come una vera e propria enciclopedia, per immagini, della vita e della cultura antica dedicata al mare.

Indispensabile, per delineare questa summa di significati, l’analisi dei carichi delle imbarcazioni che sono affondate in epoca antica: in “Thalassa”, sarà possibile ammirare raffinati gioielli in oro, pregiate coppe di vetro, parti di statue bronzee ed oggetti della vita di bordo del relitto di Antykithera, così come sezioni di nave ed anfore vinarie del relitto rinvenuto nel 1990 a largo di Punta Licosa.

Thalassa. Cratere a figure rosse. seconda metà V sec. a. C., MANN

Il mare era, dunque, la via per eccellenza dei commerci, la sconfinata distesa d’acqua che veniva solcata da costa a costa o con traversate più lunghe: a questa dimensione sarà legata la presenza, nel percorso di visita, di utensili per la preparazione e conservazione del cibo, anfore per il trasporto di olio, vino e garum, così come di lingotti di piombo che, dalla penisola iberica, raggiungevano Roma, testimoniando la ricchezza dei più importanti mercati delle province romane; eccezionale l’esposizione di lingotti in oricalco, prezioso materiale citato da Platone nei racconti su Atlantide.

Eppure il Mediterraneo era, per gli antichi, non soltanto trait d’union, reale e simbolico, tra popolazioni diverse (testimoniano una suggestiva prassi di contaminazione culturale l’applique d’oro del sito protostorico di Vivara, le coppette del II millennio a.C. provenienti dal relitto di Lipari, la dea Lakshmi in avorio proveniente da Pompei), ma base per il sostentamento delle comunità locali: nella sezione dedicata a “Il mare e le sue risorse”, saranno esposti strumenti provenienti da Pompei, Ercolano e dalle acque di Pantelleria, utilizzati per pesca di cetacei, tonno e corallo; su un’anfora saranno leggibili addirittura resti di pesce, forse garum.

Naturalmente, iMare Nostrum sarà anche raccontato attraverso i luoghi dell’otium, grazie alle sculture ritrovate sui fondali della Grotta Azzurra, ninfeo di età romana, così come ai raffinati affreschi provenienti da Pompei, Ercolano e Stabiae.

Eppure la mostra “Thalassa” andrà oltre la matrice archeologica, per promuovere un messaggio dall’alto valore culturale e didattico, ben incardinato nella programmazione culturale dell’Archeologico, come sottolinea il Direttore Paolo Giulierini: “Il mare è anche avventura, fascino dell’esotico, crocevia di culture: per questo ‘Verso thalassa’ abbiamo ospitato  la mostra su Corto Maltese nel quadro del progetto Obvia e questo spiega il calendario di eventi che accompagnerà i giorni iniziali dell’ esposizione. Il mare è, infine, ambiente da tutelare: nel percorso si succedono le fasi antiche e quelle future del Mediterraneo mentre, praticamente a fianco, la mostra -Capire il cambiamento climatico-, realizzata con il National Geographic, ci parla di quanto le plastiche e le altre forme di inquinamento insidino le nostre acque“.

Il progetto espositivo di “Thalassa” è nato nel più ampio framework di collaborazione con l’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana della Regione Siciliana: questa rete di ricerca è stata resa possibile dall’impegno del prof. Sebastiano Tusa, archeologo di fama internazionale, scomparso tragicamente nella sciagura aerea di marzo 2019.

“Teichos. Servizi e tecnologie per l’archeologia”, ancora, ha promosso l’esposizione, che è stata realizzata anche in sinergia con il Parco Archeologico dei Campi Flegrei.

La mostra ha ottenuto il patrocinio morale di: Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Regione Campania, Comune di Napoli ed Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno centrale (Napoli-Salerno-Castellammare di Stabia).

 

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