Non si fermano le analisi all’interno della Tomba del Cerbero recentemente scoperta nel territorio di Giugliano dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Napoli diretta dall’Arch. Mariano Nuzzo.

Scoperta a Giugliano la Tomba del Cerbero

Le attività di scavo, coordinate dalla dott.ssa Simona Formola, hanno portato alla scoperta eccezionale di una deposizione in ottimo stato di conservazione di un inumato in posizione supina, coperto da un sudario, probabilmente mineralizzatosi grazie alle particolari condizioni climatiche della camera funeraria, circondato da elementi di corredo, tra cui si segnalano diversi unguentari e strigili.

La cura rivolta all’inumato e la tipologia degli oggetti, lasciano ipotizzare che ad essere seppellito possa essere il capostipite della famiglia per la quale è stato realizzato il mausoleo.

“La Tomba del Cerbero continua a fornire preziose informazioni sul territorio flegreo nei pressi di Liternum, ampliando la conoscenza del passato, e offrendo opportunità per ricerche anche di carattere multidisciplinare” dichiara il Soprintendente Mariano Nuzzo.

“Negli ultimi mesi, infatti, le analisi di laboratorio condotte sui campioni prelevati in corrispondenza degli inumati e dei letti deposizionali, hanno restituito una notevole quantità di dati circa il trattamento del corpo dei defunti e il rituale funerario messo in atto, arricchendo notevolmente il panorama delle nostre conoscenze. Un lavoro di squadra guidato dalla Soprintendenza, che ha visto impegnati archeologi, tecnici, antropologi, paleobotanici, chimici, uniti nel comune obiettivo di interpretare i dati raccolti e svelare il sito nel tempo”.

Non si fermano le analisi all’interno della Tomba del Cerbero recentemente scoperta nel territorio di Giugliano dalla SABAP Napoli. Foto Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l'area metropolitana di Napoli
Non si fermano le analisi all’interno della Tomba del Cerbero recentemente scoperta nel territorio di Giugliano dalla SABAP Napoli. Foto Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Napoli

Procedure complesse sono state messe in atto, ad esempio, per le analisi sui tessuti dalla prof.ssa Margarita Gleba del laboratorio dell’Università degli Studi di Padova, per determinare la struttura dei filato, il tipo e la qualità dei tessuti, per trarne informazioni anche di carattere culturale e sociologico.

Osservazioni al microscopio sono state condotte dalla prof.ssa Maria Rosaria Barone Lumaga, ricercatrice presso il dipartimento di Biologia Vegetale dell’Università degli Studi di Napoli Federico II – Real Orto Botanico di Napoli, su sostanze organiche presenti in alcuni contenitori; analisi polliniche condotte dall’archeobotanica Monica Stanzione in collaborazione col dott. Marco Marchesini e la dott.ssa Silvia Marvelli del CAA (Centro Agricoltura Ambiente “Giorgio Nicoli”) lasciano ipotizzare che il corpo degli inumati possa essere stato trattato con creme a base di chenopodio e assenzio per una migliore conservazione.

Analisi sul DNA degli individui sono invece tuttora in corso grazie alla bio-antropologa Barbara Albanese in collaborazione col dott. Pontus Skoglund, il dott. Thomas Booth e la dott.ssa Sarah Johnston dello Skoglund Ancient Genomics Laboratory al Francis Crick Insitute.

Ulteriori informazioni tratte dallo scavo sistematico e dalle analisi e campionature, consentirà di raccogliere certamente ulteriori dati interessanti non solo dall’ipogeo ma anche dalla necropoli circostante, utili a ricostruirne il contesto.

Grazie a ricognizioni di superficie, in occasione delle indagini archeologiche preliminari prescritte dalla Soprintendenza per l’Area Metropolitana di Napoli, che hanno portato al riconoscimento di una dispersione di materiale di epoca storica, e ad un’intuizione della dott.ssa Simona Formola, funzionario responsabile per il territorio, è stato posizionato un saggio di scavo proprio in corrispondenza dell’area che si è rivelata densa di sepolture, con riti diversi (sia ad inumazione che ad incinerazione), che testimoniano il lungo utilizzo dell’area a scopi funerari, con più livelli di frequentazione, in un arco cronologico che va dall’età repubblicana a quella imperiale.

La tomba di Giugliano presenta il soffitto e le pareti affrescate, in perfetto stato di conservazione, con scene mitologiche.

Le pitture, con colori vivaci, mostrano gli Ittiocentauri, forse Aphros (personificazione della schiuma del mare) e Bythos (personificazione della profondità del mare) che sorreggono un clipeo sulla parete frontale, festoni che girano tutt’intorno la camera, e rappresentazioni figurate di Cerbero da cui la denominazione dell’ipogeo come “Tomba del Cerbero”.

Tre klìnai dipinte, un’ara con vasi per libagioni, inumati ancora deposti sui letti funebri con ricco corredo, completano il quadro di una scoperta che, in questo territorio, non ha precedenti.

L’area della necropoli si pone significativamente in un punto nevralgico dell’ager Campanus, nei pressi di assi centuriali noti, ed equidistante dagli antichi assi stradali della via Cumis-Capuam e della via per Liternum. In particolare, da una prima analisi del contesto, sembra che la zona possa gravitare nella sfera culturale e politica di quest’ultima.

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