UNARCHIVE FOUND FOOTAGE FEST 2025 – Il riuso creativo delle immagini – III edizione – Roma, 27 maggio – 1° giugno 2025, Roma
CINEMA CHE BRUCIA
Più di 100 opere in mostra in 10 diverse location concentrate nel cuore di Trastevere, a Roma.
Tra gli ospiti: Leos Carax, Macie J. Drygas, Luciana Fina, Federica Foglia, Johan Grimonprez, David Lang, Bill Morrison, Miranda Pennell, Eyal Sivan, Lina Soualem, Tamara Stepanyan, Andrei Ujică, Tomasz Wolski e molti altri.
Orto Botanico e Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone tra le nuove location del festival
L’immagine di Gianluca Abbate per la terza edizione
I nomi della giuria internazionale
Clicca qui per il commento al Festival, a cura di Adele Porzia e Alessandro Turillo
Clicca qui per la presentazione del 19 maggio 2025, commento a cura di Alessandro Turillo
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commento al Festival, a cura di Adele Porzia e Alessandro Turillo
27 maggio 2025 – Aprendo l’opuscolo dell’UnArchive Found Footage Fest, terza edizione, ho come la sensazione di avere accesso ad un mondo d’incanto che dentro nasconde preziosi temi che riguardano il mondo e me, i suoi dolori, ricordi soffusi, memorie che involontariamente si sono accumulate in silenzio nel continuo flusso del “dire fare comprare” che il mio occidente mi propone ogni giorno, facendo di tutto per spingermi avanti, sempre più avanti, mentre il mondo gira su se stesso in rivoluzioni di eterni ritorni.
Che relazione intima posso cercare tra questo moto planetario e il mio sentire, trattato negli ultimi duecento anni come una cosa accessoria per comprendere la vita?
Mentre cerco senza volerlo pace alle risposte davvero centrali dell’esistenza, come posso sopravvivere? Come posso farlo cercando un equilibrio di pace con gli altri? C’è davvero un bilanciamento possibile tra le mie esigenze e quelle degli altri? Ecco mentre scavo in questo chiedere mi ritrovo tra le mani questa offerta di mondi talmente diversi dal mio quotidiano da farmeli apparire un luogo remoto che però ha lo stesso identico odore della vita, quando nasce, quando cresce ride e muore.
Sarò pronto a ritrovare tra il lavoro di questi cineasti parti mai conosciute di una coscienza collettiva che esorbita il mio sentire ma è comune a noi come esseri umani? Mi arrischierei a dire che quello che ci aspetta alle porte del festival è parte di qualcosa di davvero universale: la memoria, la sua messa in discussione, il continuo ciclo vitale di narrazione e rinarrazione che è alla base del sapere umano così come è arrivato a noi fino ad oggi, dalle prime storie intorno al fuoco fino ai forum di discussione di una qualsivoglia serie tv.
28 maggio 2025
commento a cura di Adele Porzia
Ultimamente, mi muovo sempre in pullman. Non che la cosa sia degna di narrazione, ma in un certo senso questa mia nuova abitudine, dettata dalle circostanze, consente di fare cose che non si riuscirebbe a fare in aereo o in treno. Sia perché in aereo non puoi fare tutte quelle ricerche che faresti sulla superficie, tipo contare al cento per cento sulla connessione, sia perché in treno non hai tutto il tempo che si ha in pullman. Perciò, mentre affrontavo il mio viaggio di sei ore, diretta alla capitale, ho avuto modo di analizzare per bene il programma, studiare i film che avrei visto nei giorni seguenti, studiare l’intero Unarchive Found Footage Fest, giunto alla sua terza edizione.
E devo ammettere che, in viaggio, sono stata proprio contenta (a dire il vero, lo ero anche prima) di aver scelto, ad una settimana dal Salone del libro di Torino, di imbarcarmi in questa nuova impresa. La particolarità di questo festival è che il regista o la regista devono essere abili nell’adoperare il materiale d’archivio. Foto, video, storie, che pareva avessero perso la loro utilità e il loro senso, o averne uno solo e basta, che vengono ripresi, rielaborati, rinnovati, e che divengono materiale di storie sempre diverse. Quello che viene effettuato qui, al Festival, è davvero un “riuso di classe”, come suggerisce la scritta su una cartolina che hanno consegnato a stampa e giuria. Che meraviglia.
E, così, quando mi sono seduta al cinema di Intrastevere, tra le sue poltrone rosse, avevo un’idea ancora vaga di quello che avrei visto e questo ha aumentato la mia sorpresa quando ho assistito al primo cortometraggio e al primo lungometraggio, in concorso.
Iniziamo col parlare di Grandmamauntistercat (2024) di Zaza Banasinska. Un lavoro interessante. La regista ha dato nuova linfa a scene di film, con l’intento di raccontare la storia di una famiglia al femminile, di stampo matriarcale, che viene raccontata dagli occhi di una bambina, cui viene imposta una visione al femminile, del tutto priva dell’impronta paterna. La ragazzina rivaluta anche la figura di Baba Yaga, che viene elevata al rango di dea preistorica, ultimo lascito di una società matriarcale, ormai terminata. In tutta questa narrazione volutamente politicizzata emerge, però, la triste storia della madre della bambina, probabilmente vittima di uno stupro, e di questa bambina che vorrebbe in cuor suo trovare il padre e conoscere il mondo attraverso il suo punto di vista. Una bella idea, peccato il corto risulti piuttosto confusionario e che si sia perso un po’ troppo nella sua sovrastruttura politica (matriarcato vs patriarcato) lasciando poco spazio alla vicenda familiare.
Più unitario e preciso è il lungometraggio I’m not Everything I want to Be (2024) di Klara Tasovska, che ricostruisce la vita della fotografa Libuse Jarcovjakova attraverso le foto che l’artista ha fatto nell’arco della sua vita. La regista ricostruisce la sua storia fotogramma dopo fotogramma, attraverso i suoi viaggi, le sue avventure, i suoi aborti, le sue storie d’amore, la sua ricerca di sé e di quello che intendeva esprimere attraverso la sua arte. La fotocamera riesce a raccontare anche l’epoca nella quale è immersa la donna, raccontando perfino importanti eventi storici, come la caduta del muro di Berlino. Un viaggio emozionante alla scoperta di una delle fotografe più importanti al mondo, che da Praga, sotto il regime socialista, si è spostata via via, conoscendo e interpretando il mondo con la sua macchina fotografica. Una visione che difficilmente dimenticherò.
Bestiari, Erbari, Lapidari – commento a cura di Alessandro Turillo
Tutto concorre ad un clima di rinascita, rivitalizzazione, rivoluzione (nel senso astronomico, di ritorno delle orbite), ma cos’è allora a tornare?
Sappiamo da tempo che la nostra vita, così come percepita dalla nostra coscienza, è un ciclo di continua rivisitazione delle esperienze. Ricordiamo e mentre lo facciamo ricostruiamo attivamente i nostri ricordi, l’arte in questo è maestra da sempre, applica il suo desiderio di dire anima alle categorie del passato e del presente, rimescola poeticamente i ricordi per cercare di ritrovare cose perdute, nella fretta, nella rovina, nell’abbondanza del vivere.
Così fa il Festival, me ne accorgo appena sono sulla soglia del primo spettacolo “Bestiari, Erbari, Lapidari”: mi viene annunciato già nel momento del ritiro dei biglietti che “è un film incredibile”. Non conosco gli autori Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, ma quando entro in sala sono lì, con il microfono in mano intervistati da Marco Bertozzi.
L’atmosfera è già densa di aspettativa, la pacatezza degli autori e l’acume delle domande fa crescere il mio interesse per quanto sta per accadere, si avverte un lavoro grande, pensato, e soprattutto germogliato nel fare.
Essere qui oggi è una grande possibilità non solo di visioni alternative, ma di messa in dialogo della nostra cultura e del nostro modo stesso di ripesare agli avvenimenti, è un po’ questo forse il cuore pulsante dell’evento. Un luogo dove l’atto poetico trova spazio e tempi adeguati per mostrare qualcosa che davvero frequentiamo poco, il ricordo, l’attenzione, la cura per quella che è stata la storia che ci precede.
Ma ora mi fermo, hanno spento le luci.
29 maggio 2025
commento a cura di Adele Porzia
Ed eccoci al secondo giorno.
Un giorno ricco, visto che ho guardato due cortometraggi e due lungometraggi. Più politici, forse, dei primi due (quelli del primo giorno), che si concentravano soprattutto su storie di vita — e proprio per questo, forse, più potenti.
Inizierei con Trains di Marcie J. Drygas, un film che parlava di treni, certo, ma solo per parlare di tutt’altro. Di come i treni, per esempio, siano stati una grande invenzione, che ha permesso a tantissime persone di coprire distanze incredibili in pochissimo tempo, di ricongiungersi a persone lontane, di affrontare i limiti (geografici e non) di ciascuno.
I treni sono viatici di storie e, spesso, complici di grandi eventi storici: portavano i soldati al fronte e conducevano i nemici del regime nazista direttamente ai campi di sterminio.
Sono storie dure, quelle che si avvicendano sullo schermo, ma anche racconti gremiti di speranza — per quanto, in questi tempi (ce lo dice anche il regista al termine della proiezione), ci sia poco da sperare.
L’altro lungometraggio, il primo che ho visto in questo secondo giorno, è A Year in the Life of a Country di Tomas Wolski: un film che racconta, attraverso la ricostruzione e la riproduzione dei filmati dell’epoca, la storia del regime comunista in Polonia.
Una storia a lungo taciuta, che racconta drammaticamente anche il nostro presente, seppur attraverso quanto accaduto in Polonia negli anni ’80: l’invasione russa, la censura, la propaganda, la stanchezza di chi è costretto a combattere e non può mai riposare — e, soprattutto, di quanto poco sappiano perfino gli uomini di potere, che sembrano combattere senza sapere bene cosa stiano facendo né dove vogliano arrivare.
Al riguardo, vi sono non poche scene ironiche che riguardano il generale polacco, che alla domanda di un giornalista sul futuro della Polonia… non sa cosa rispondere.
Visioni potenti, sì, ma ritengo che fosse decisamente più interessante il lungometraggio del primo giorno del festival.
Per quanto riguarda i cortometraggi, il primo che ho avuto modo di vedere al Cinema Intrattenere, in questo secondo giorno di festival, è la storia di una donna vestita di rosso, che ha sposato un politico, uno che voleva cambiare il mondo ed essere un eroe.
E questa donna — di cui non si sa molto, riconoscibile solo per quel vestito rosso e la sua aria gioviale — impazzisce nel corso del documentario, per via della sua situazione: un matrimonio che evidentemente non desiderava, e un marito dalla visione troppo rigida della giustizia.
Peccato che il corto in questione, Like a Nick Tellow di Norika Sefa, si perda un po’.
Invece, davvero interessante è stato il terzo documentario, Razeh-del di Maryam Tafakory, che parla della situazione in Iran attraverso il giornale Zan.
Questo giornale interamente al femminile comincia a raccontare ciò che gli altri giornali non raccontano: la condizione delle donne, nella società come nel cinema, sfidando apertamente lo status quo, la censura, e la disparità di trattamento tra donne e uomini.
Un corto davvero interessante, e di certo il più bello tra quelli che ho visto finora.
commento a cura di Alessandro Turillo
Tutto concorre al perdersi nei percorsi che il Festival ha disseminato per Trastevere, quartiere romano che fin dalla sua fondazione si trovava al di la del Tevere appunto, e dunque luogo di sperimentazione extra imperiale. Fin dalle origini queste strade acciottolate hanno fatto spazio a multiculturalità e alternative forti, non a caso qui troviamo una della prime chiese cristiane come Santa Maria in Trastevere. L’UnArchive Found Footage Festival si inserisce in questa tradizione, partendo dalle sale del cinema Intrastevere e diramandosi fino a Scena Spazio della Regione Lazio, che ospita una quantità enorme di eventi gratuiti fino a Venerdì 30 Maggio.
Non si tratta solo di un’offerta diversificata di pellicole, ma anche di un impegno alla promozione di una cultura dell’archivio che si presta a ulteriori visioni, modificazioni, eversioni che guardano al futuro, come il lavoro di Federica Foglia che oggi presenta una Masterclass sul suo metodo di lavoro che lei ribadisce più volte essere frutto dell’istinto, e di grande pazienza e riflessione.
Il risultato sono film che sono a seconda dei contesti avrebbero anche rappresentatività anche nel mondo dell’arte contemporanea. Alla mia domanda quanto questa pratica sia in contatto con i momenti performativi ed extra cinematografici, Federica risponde che la sua apertura a forme trasformative delle sue pellicole sono connaturate al suo lavoro e presenti nelle ipotesi produttive e distributive.
Il suo è un lavoro istintivo e minuzioso con le pellicole di vari formati. Il suo discorso alla lezione magistrale parte dall’idea di migrazione e tentativo di rappresentare lo spaesamento personale in una forma che fosse autentica. Federica che oggi vive, studia e lavora a Toronto ribadisce la sua difficoltà a trovare rappresentative di se le immagini girate con un telefono digitale. Ci mostra queste immagini a confronto con i suoi primi ritrovamenti d’archivio, e ci accompagna nel suo viaggio che la porta a scoprire tecniche di usura e modificazione delle pellicole dimenticate.
Ad una domanda sul senso di colpa e distruttività che lei pone sulle pellicole che lavora, lei risponde che non ci sono questi sentimenti che la domanda interroga, più che altro trova la responsabilità di lavorare su materiali ritrovati dai rigattieri, oggetti in stato di abbandono, svenduti per pochi soldi e destinati all’usura del tempo.
È commovente ascoltarla parlare delle differenze di prezzo tra pellicole che mostrano scene di guerra o aggressività vendute a caro presso, e scene di vita familiari svendute come materiale futile.
È proprio una di queste pellicole ci viene mostrata “Woman dancing in yard dog watching”, venduta a soli 6 dollari. Federica vuole ridare dignità e valore a questo frammento di vita dimenticato. Siamo nel cuore del senso di questo festival. L’esperienza familiare ritrova nuovi colori e sensi attraverso il lavoro artigianale di Federica.
30 maggio 2025
commento a cura di Adele Porzia
Finalmente ci siamo. È il mio terzo giorno di festival (e, in verità, anche il terzo giorno di festival in generale), e domani terminerà la mia avventura con l’UnArchive Found Footage Fest e la sua terza edizione.
Parto con una confessione: ad eccezione del cortometraggio del secondo giorno Razeh-del e del lungometraggio I’m Not Everything I Want to Be, non avevo ancora visto un film che mi avesse del tutto convinta.
E un po’ me ne stupivo, perché in questo festival ci sono tante buone idee, e registi e registe che sanno padroneggiare molto bene la tecnica del footage, che richiede anni di lavoro, studio e maestria tecnica. Sono corti e lunghi estremamente attuali, capaci di trattare la guerra facendo chiaro riferimento ai conflitti contemporanei – soprattutto alla Russia di Putin – prendendone nettamente le distanze. Affrontano anche temi come il femminismo, il patriarcato e il colonialismo, come si evince dai corti Siluman – Stealth, Invisible, Ghostly, Phantom-Like di Paula Albuquerque e Remenance di Sabine Groenewegen. Si è parlato apertamente anche della guerra in Palestina e in Ucraina, lanciando il messaggio che il nostro presente sia il risultato di un passato con cui ci stiamo confrontando ora.
Eppure, i lunghi e i corti proposti, pur interessanti e pur forti della tecnica e della bravura di chi li ha realizzati, mi sembrava mancassero di qualcosa. La tecnica – ora sto per dire un’ovvietà – è indispensabile, nel cinema come in ogni altra forma d’arte. Ma non è sufficiente.
Con la tecnica del footage non ci si può limitare a ricucire insieme parti di film o spezzoni pubblicitari, come è accaduto in Eight Postcards from Utopia di Radu Jude. È una tecnica che richiede sì maestria, ma anche profondità. Altrimenti si rischia di ottenere solo uno sfoggio di abilità. E questo, alla fine, non serve a niente. L’arte deve arrivare allo spettatore. Non solo a pochi esperti o a un nutrito gruppo di estimatori di un sottogenere.
Io trovo che, finora, il lungometraggio che meglio ha saputo adoperare la tecnica del footage, rendendola un mezzo e non il fine ultimo, sia stato My Armenian Phantoms di Tamara Stepanyan. La regista ha regalato allo spettatore un viaggio. Non una fredda lezione di geopolitica o di femminismo (che spesso allontanano anziché avvicinare), ma una storia: di sé, di suo padre, del cinema armeno.
È stato un viaggio, appunto, nella storia di un popolo e di un cinema che si è ritagliato a fatica il proprio posto nel mondo, mantenendo la propria identità nonostante una storia drammatica, segnata da invasioni, miseria e povertà. Un cinema che è arrivato a Cannes e che sta lentamente emergendo a livello internazionale.
È un film dalla grande coerenza narrativa, che non si limita a unire scene casuali del cinema armeno, ma racconta l’estetica della regista, i motivi per cui ha scelto il cinema. Racconta di suo padre, un attore che ha partecipato ad alcune delle più importanti produzioni armene, e svela anche il modo in cui il cinema armeno ha rappresentato le umiliazioni e le vessazioni subite dalle donne nella società.
Non si tratta di un film pensato per un pubblico di nicchia, ma di una storia che potrebbe essere apprezzata anche da un pubblico più ampio. Anzi, sarebbe un’importante occasione per far conoscere al grande pubblico la tecnica del footage e per avvicinarlo a un cinema così poco noto come quello armeno. Insomma, un lungometraggio davvero meritevole, che – a mio parere – ha centrato l’obiettivo.
presentazione del 19 maggio 2025, commento a cura di Alessandro Turillo
Ci sono occasioni che per me vanno proprio vissute, una di queste sarà a Roma dal 27 Maggio al 1 Giugno: l’Unarchive Found Footage Fest, terza edizione.
Ho sempre pensato che solo rivisitando un luogo più e più volte fosse possibile coglierne la sua essenza. Questo vale per quasi tutto: un libro, una canzone, e senza dubbio un film. Perché ogni essere conduce in sé una complessità che è il risultato di un tempo quasi indicibile, e tanta preziosità necessita di un tempo adeguato per essere ritrovata.
Se poi quel materiale è stato dimenticato, oppure solo intravisto, la sua rivisitazione potrebbe avere in serbo altre sorprese per noi.
Avvolti nel silenzio e nel buio degli archivi esistono tesori inesplorati sempre in attesa di essere scoperti, e questa è solo una delle idee che muove l’enorme lavoro del festival dei filmati ritrovati che sta per partire.
Per me già solo l’idea di entrare in relazione con gli archivi visivi di un determinato luogo e tempo potrebbe valere gran parte della nostra attenzione.
Siamo così tanto immersi nel flusso algoritmico del presente audiovisivo che il nostro (supposto) bisogno di novità è sollecitato in ogni dove, mentre diventiamo sempre più prigionieri di echi babelici e spesso incomprensibili.
Se da una parte il tempo è sempre il nostro miglior alleato nella comprensione di una vicenda, dall’altra siamo consapevoli che la ripresa di un tema o frammento passato necessiti di un pensiero che potrebbe essere archeologico, scientifico, oppure come nel caso della terza edizione dell’Unarchive Found Footage Fest, poetico.
Il tempo e l’arte, visti come capacità di lettura emotiva di un processo vivente, sono i due maggiori ingredienti del festival che si sta per aprire tra vari luoghi di Trastevere, quartiere che ha ospitato originariamente anche la tappa zero di questo viaggio cominciato ufficialmente tre anni fa.
La presentazione della terza edizione, avvenuta presso l’Orto Botanico di Roma fornisce la giusta intonazione forse sintetizzabile in una parola chiave: rigenerazione.
Lo si può vedere fin dal cartelloni che annunciano l’evento in città: enormi papaveri rossi scalati da giovani ragazzi e ragazze che figurano in acrobazie in bianco e nero.
Tutto vibra di riscoperta, rinascita, desiderio di vivere il proprio tempo a partire da una consapevolezza storica anche ritrovabile negli archivi video ti tanti luoghi del mondo: Palestina, Germania, Qatar, Brasile, Polonia, Canada, Armenia, Belgio, Emirati Arabi, Italia e tanti altri luoghi del pianeta, in cui lo sguardo lirico, pietoso, oggettivo, familiare si è impresso su pellicola e tutti gli altri dispositivi pronti a catturare frammenti di esistenza.
Vincenzo Vita, illuminato Presidente del Festival in soli tre minuti riesce a condensare gran parte dell’esperienza che ci attende. Parla di un tentativo di affermare un’estetica ben precisa, radicata nel tema del riuso, liberamente controcorrente rispetto alla cultura preminente, e foriera di una novità che trova collegamenti in ambiti che oltrepassano le sale di proiezione e ritrovano la strada dell’arte contemporanea e anche dell’installazione.
C’è spazio anche per l’Intelligenza Artificiale, che ormai dopo il suo lancio iniziale nel 2024 fa parte della vita di molti, e che qui sempre il Presidente Vita definisce più un manifesto di propositi che una vera e propria intelligenza.
Nove luoghi trasteverini per conoscere e approfondire il tema del riuso dell’immagine, allusione anche gettata alla nostra possibilità di riscoperta di parti di noi, cambiate nel tempo, riflessioni e considerazioni rigiocabili alla luce di un presente sempre in attesa di vitalità non da copertina o da tappeto rosso, ma vera e ardente come la parola d’ordine presente sul cartellone pubblicitario: cinema che brucia.
Si tratta di fiamme vive, di arborizzati sorprese di cui, almeno io, sento di voler partecipare, in un movimento di ritrovamento e rilettura di tempi che sono stati più o meno vissuti, che hanno attraversato la nostra coscienza sotto forma di notizie fuggevoli e che qui oggi ritrovano la via regia per il cuore, l’atto poetico, uno sguardo che al culmine del suo lavoro può anche diventare “una casa degli specchi” come dichiara Luca Ricciardi (Direttore del Festival), o “sguardo a palpebre chiuse” come evocato da Giacomo Ravesi in assonanza con gli echi di quel fotogramma crudo e bruciante che nel 1929 Bunuel e Dalì mostrano nel loro “Un chien andalau”.
Hanno partecipato alla presentazione della terza edizione, presso l’Orto Botanico: Aurora Palandrani, Vicenzo Vita, Luca Ricciardi, Alina Marazzi, Marco Bertozzi, Giacomo Ravesi, Caterina Borelli.
Annunciati i vincitori della terza edizione di UnArchive Found Footage Fest
Tra i premiati trionfano Trains per il miglior riuso d’archivio, Soundtrack to a Coup d’État come miglior lungometraggio e Man Number 4 nei corti
Le sale di Trastevere invase da giovani, studenti, cinefili e curiosi registrano un’affluenza di oltre 6000 spettatori complessivi
Si è svolta domenica 1° giugno, presso il Cinema Intrastevere di Roma, la cerimonia di premiazione della terza edizione di UnArchive Found Footage Fest, alla presenza dei direttori artistici Marco Bertozzi e Alina Marazzi, dei membri delle giurie, degli organizzatori e di un pubblico numeroso e partecipe. L’evento ha segnato la chiusura di un’edizione particolarmente vitale e riuscita, con un’affluenza complessiva di oltre 6000 spettatori, segno tangibile di un interesse crescente verso il riuso creativo di immagini d’archivio.
In una settimana di incontri, proiezioni, installazioni e performance, il festival – prodotto dall’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico – ha riaffermato la sua vocazione come piattaforma internazionale dedicata al found footage e alle pratiche artistiche che trasformano il passato in gesto contemporaneo. Il concept di quest’anno, la rigenerazione, ha assunto una forza ancora più incisiva anche per il suo valore simbolico ed ecologico: il riutilizzo dei materiali audiovisivi si configura non solo come atto estetico e politico, ma anche come risposta sostenibile alla sovrapproduzione e all’oblio delle immagini.
La giuria internazionale, composta da Federica Foglia, Costanza Quatriglio ed Eyal Sivan, ha assegnato i premi ufficiali del concorso internazionale – composto da venti opere selezionate tra lungometraggi e cortometraggi – privilegiando lavori capaci di interrogare criticamente il materiale d’archivio e di restituirlo a nuove forme, significati e sensibilità.
Il premio per il Miglior utilizzo creativo del materiale d’archivio è andato a Trains di Macie J. Drygas, un film che si è distinto per la sua radicale semplicità e per la maestria con cui utilizza le immagini d’archivio come treno narrativo attraverso sogno e incubo, gioia e dolore. Il film incarna una profonda fiducia nel potere evocativo del cinema e nel suo potenziale di trasformazione politica dello sguardo sul passato.
Il premio per il Miglior lungometraggio è stato assegnato a Soundtrack to a Coup d’État di Johan Grimonprez, un’opera poderosa e necessaria, che affronta la responsabilità storica del proprio paese con rigore e intensità artistica. Il film interroga la relazione tra arte, potere e capitale, chiedendo agli spettatori – e agli artisti – di riflettere sul proprio ruolo e sulle seduzioni del compromesso politico. Una vera opera di resistenza.
Il premio per il Miglior cortometraggio è stato attribuito a Man Number 4 di Miranda Pennell, un’opera che mette in crisi la passività dello sguardo contemporaneo attraverso un dispositivo tanto semplice quanto destabilizzante: la ripresa di un desktop che si fa campo di battaglia tra visione e responsabilità. Il corto invita a riconsiderare la funzione stessa del “guardare” in relazione al potere.
Una Menzione speciale è stata inoltre conferita a Like a Sick Yellow, di Norika Sefa, per l’intensità del suo approccio intimo e politico. Il film costruisce un dialogo delicato ma potentissimo tra la regista e la sua memoria familiare, rivelando come lo spazio domestico possa diventare un campo di tensione esistenziale e politica, con la guerra fuori campo ma sempre visibile.
Anche la Giuria Studenti UnArchive 2025, guidata da Agostino Ferrente, ha premiato le opere più significative del concorso, offrendo uno sguardo giovane ma straordinariamente consapevole, segno del crescente coinvolgimento delle nuove generazioni nel pensiero critico e nella pratica del cinema d’archivio.
Il Premio per il Miglior riuso creativo è stato assegnato a I’m Not Everything I Want to Be di Klára Tasovská, riconosciuto per la potenza narrativa e la raffinatezza della sua costruzione visiva. Il film ricostruisce la vita di una grande artista attraverso migliaia di fotografie, dando nuova voce e corpo a un’esistenza vissuta in immagini.
La Menzione speciale per il lungometraggio è andata a My Armenian Phantoms di Tamara Stepanyan, per la capacità di intrecciare il racconto personale con quello storico del popolo armeno, offrendo una nuova luce su un cinema ancora troppo poco conosciuto e valorizzato.
Un’altra menzione speciale è stata conferita a Razeh-Del di Maryam Tafakory, un’opera che si impone come gesto di autodeterminazione artistica e politica, attraverso un riuso sovversivo e potente delle immagini. Un film che rivendica lo sguardo delle donne iraniane come atto di resistenza e speranza.
Il Premio per il Miglior cortometraggio, secondo la giuria studenti, è andato a Man Number 4, per la capacità di interrompere il flusso anonimo delle immagini e restituirgli peso, forma e valore. Il corto riesce a rieducare lo sguardo e mette lo spettatore di fronte alle proprie responsabilità.
Infine, il Premio per il Miglior lungometraggio è stato assegnato anche dalla giuria studenti a Soundtrack of a Coup d’État, confermando l’unanime riconoscimento alla potenza di quest’opera. La giuria ha sottolineato l’eccellenza del montaggio, il ritmo sostenuto e il lungo lavoro di ricerca durato sei anni da parte del regista, premiando l’atto di memoria come esercizio critico e civile sul presente.
Con questa intensa giornata di chiusura, che ha visto anche la proiezione di Subject: Filmmaking di Edgar Reitz e Jörg Adolph, UnArchive 2025 si congeda lasciando un segno indelebile: il riuso creativo dell’archivio non è solo un atto estetico, ma un gesto politico, ecologico e generativo, capace di far germogliare nuove visioni dal terreno fertile della memoria.
Il bando per partecipare alla quarta edizione del festival sarà aperto in autunno.
Tutti gli aggiornamenti saranno disponibili su www.unarchivefest.it e sui canali social ufficiali del festival.
Pronti a partire con la terza edizione di UnArchive Found Footage Fest!
26 maggio 2025 – Dal 27 maggio al 1° giugno 2025, Roma torna a essere il cuore pulsante del riuso creativo delle immagini d’archivio con UnArchive Found Footage Fest, festival internazionale diretto da Marco Bertozzi e Alina Marazzi, e prodotto dall’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico.
Con oltre 100 opere in programma e 10 location nel cuore di Trastevere, UnArchive propone un viaggio unico tra cinema, memoria e innovazione, accogliendo grandi ospiti del panorama internazionale come Leos Carax, Bill Morrison, Eyal Sivan, Lina Soualem, Andrei Ujică e molti altri.
Scopri tutto il programma, gli eventi speciali, le masterclass e le installazioni su unarchivefest.it
19 maggio 2025 – Torna a Roma, dal 27 maggio al 1° giugno 2025, UnArchive Found Footage Fest, giunto alla sua terza edizione. Diretto da Marco Bertozzi e Alina Marazzi e prodotto dall’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico. Il festival è un punto di riferimento internazionale dedicato alle pratiche di riuso creativo delle immagini d’archivio. L’ispirazione di quest’anno è la rigenerazione, intesa come capacità delle opere audiovisive di vivere molteplici esistenze attraverso il recupero, l’innovazione tecnologica e il gesto artistico. Il festival abbraccia l’idea che l’archivio non sia un contenitore statico, ma un organismo vivo che evolve e ispira.
In un immaginario fatto di fiori che si aprono e materia in trasformazione, UnArchive si presenta come una fioritura culturale che coinvolge una rete articolata di spazi nel cuore di Trastevere e oltre: dal Cinema Intrastevere alla Real Academia de España, dalla Casa Internazionale delle Donne all’Orto Botanico, dalla libreria Zalib allo Spazio Scena, dal Live Alcazar fino all’eccezionale sede dell’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone. Nasce così una vera e propria cittadella del riuso creativo.
Fulcro del festival è il Concorso Internazionale, che accoglie venti opere realizzate negli ultimi tre anni, dieci lungometraggi e dieci cortometraggi, tutte incentrate su forme libere e innovative di riuso d’archivio. I premi assegnati saranno tre: il riconoscimento generale UnArchive Award, il premio per il miglior lungometraggio e quello per il miglior cortometraggio. La giuria internazionale, composta da Federica Foglia, Costanza Quatriglio e Eyal Sivan, e la giuria studenti guidata dal regista Agostino Ferrente, assegneranno i premi valutando le opere non solo per la qualità artistica, ma anche per la forza del gesto di ri-significazione del materiale esistente.
Le opere in concorso raccontano un mondo variegato e profondamente connesso alla memoria collettiva. Tra i lungometraggi si segnalano il viaggio meditativo sui treni di Trains di Macie J. Drygas, la ricerca identitaria e intima di I’m Not Everything I Want to Be di Klára Tasovská, la potente operazione di recupero della memoria palestinese di A Fidai Film di Kamal Al Jafari, e l’ode al cinema perduto delle Filippine di Nitrate di Khavn. Si passa dall’analisi del linguaggio propagandistico in Eight Postcards from Utopia di Radu Jude al racconto sulla diaspora armena di My Armenian Phantoms di Tamara Stepanyan, fino alla riflessione storica e personale in A Year in the Life of a Country di Tomasz Wolski.
I cortometraggi propongono percorsi altrettanto ricchi e originali. In Razeh-del, Maryam Tafakory rievoca un “film immaginato” nell’Iran degli anni ’90. In Siluman di Paula Albuquerque, il cinema coloniale è messo in crisi dal punto di vista delle lavoratrici invisibili. L’immersione nella memoria familiare e culturale avviene in In the Flanders Field di Sachin, mentre il dilemma etico della rappresentazione digitale è affrontato in Man Number 4 di Miranda Pennell. Tra i grandi nomi in competizione tra i cortometraggi, Leos Carax che presenterà la sua riflessione artistica-personale It’s not me.
Accanto al concorso, tornano sezioni che hanno caratterizzato le passate edizioni. In Frontiere si ragiona sui limiti simbolici e geografici del found footage, con opere da Cina, Iran, Palestina, Algeria, Portogallo e Bosnia. In Panorami Italiani, trovano spazio autori nazionali come Parenti-D’Anolfi, Sara Fgaier e Samuele Rossi, quest’ultimo con un toccante lavoro sugli ultimi giorni di vita di Enrico Berlinguer. Una fiorente generazione di cineasti italiani è inoltre protagonista della selezione “short”, che dimostra l’attenzione crescente verso il riuso d’archivio come pratica artistica viva.
Tra gli ospiti attesi spicca il ritorno di Bill Morrison con il suo cineconcerto darker scritto assieme al premio oscar David Lang accompagnato da un ensemble di archi dell’Auditorium Parco della Musica diretto da Tonino Battista; mentre la sezione Eventi Speciali si apre con un omaggio a Andrei Ujică, che presenta il suo ultimo lavoro Twst – Things We Said Today, accompagnato dalla sua opera, Out Of the Present. A raccontare il lavoro di Ujica, anche lo spazio per una sua masterclass in collaborazione con CSC – Centro Sperimentale di Cinematografia, moderata dallo storico e critico del cinema Emiliano Morreale. Torna sullo schermo anche Eyal Sivan con la proiezione del suo film Jaffa – La meccanica dell’arancia, una riflessione sul conflitto israelo-palestinese e sul potere politico della memoria.
Tra le altre live la partecipazione di Federica Foglia, che porta i suoi innesti di film orfani in una versione espansa, in dialogo sonoro con il trio Faravelli-Malatesta-Ratti. Anche altri artisti animano le serate con progetti di cineperformance, come Luca Maria Baldini e Cosimo Terlizzi, Davide Minotti e Valeria Miracapillo, Rossella Catanese e Piero Fragola.
La nuova sezione Best of Fest propone una selezione di film presentati nei più importanti festival o premi internazionali dedicati al found footage, tra cui IDFA, Festival of (in)Appropriation, Memorimage.
Uno spazio d’onore è dedicato a Ken Jacobs, maestro del cinema d’avanguardia americano, con la proiezione di due sue opere fondamentali curata da Philippe-Alain Michaud, direttore del dipartimento di cinema sperimentale del Centre Pompidou: Tom, Tom, the Piper’s Son e Star Spangled to Death, che sarà presentato per la prima volta in Italia integralmente, con un intervento del regista in collegamento.
Al di fuori delle sale cinematografiche, la sezione Expanded porta il found footage negli spazi urbani e naturali, con installazioni site-specific di Virginia Eleuteri Serpieri, Ausra Lukosiuniene e un programma alla Real Academia de España che raccoglie lavori realizzati da artisti borsisti ed ex borsisti.
Non mancano i momenti di riflessione e approfondimento con panel e masterclass. Tra questi, “Animare gli archivi” analizza il rapporto tra animazione e materiali preesistenti, mentre “A.I. – Archive Intelligence” affronta le sfide poste dall’intelligenza artificiale al riuso delle immagini. Le masterclass (oltre ad Andrei Ujică anche Federica Foglia) offrono ancora agli studenti e al pubblico un’occasione unica di confronto diretto.
Una collaborazione con la Cinémathèque Québécoise porta a Roma la prima internazionale del programma “Les archives dans les mains des cinéastes”, in cui cinque artisti lavorano su materiali sovietici per dar loro nuova forma e senso attraverso il montaggio e la manipolazione.
In occasione dell’ottantesimo anniversario della Liberazione, il festival presenta in collaborazione con Home Movies il progetto La Liberazione, un film di famiglia, costruito con immagini amatoriali che raccontano la caduta del fascismo e i giorni della libertà.
Nasce infine una nuova rassegna autonoma e collaterale, Riuso di classe, spin-off delle precedenti edizioni, che raccoglie film prodotti in ambito universitario e accademico da autori under 35. Un segnale chiaro della vitalità e dell’interesse che il cinema d’archivio suscita tra le nuove generazioni.
La chiusura del festival, domenica 1° giugno, sarà affidata all’opera di Edgar Reitz, autore fondamentale della memoria cinematografica europea, che insieme a Jörg Adolph presenta Subject: Filmmaking, un film costruito sui materiali dei laboratori scolastici da lui condotti. Un’opera, introdotta dallo storico del cinema Giovanni Spagnoletti, che riflette sul senso della vita, del tempo e del cinema, in perfetta sintonia con lo spirito trasformativo di UnArchive.
UnArchive Found Footage Fest è ideato e prodotto dalla Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico ETS (AAMOD), in collaborazione con Archivio Luce, CSC – Cineteca Nazionale, Assessorato all’Agricoltura, Ambiente e Ciclo dei Rifiuti del Comune di Roma, con il riconoscimento del MiC – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo, con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Roma.
Con il sostegno di: Real Academia de España en Roma, Ambasciata Spagnola in Italia, American Academy in Roma, Delegazione del Québec a Roma, Istituto Polacco a Roma, Ambasciata del Portogallo a Roma, Camões – Instituto da cooperaçao e da língua Portugal.
Partner formativi: John Cabot University, Università IULM, NABA, Nuova Accademia di Belle Arti.
Festival Partner: IDFA – International Documentary Film Festival of Amsterdam, MUTA Festival Internacional de Apropiación Audiovisual, Family Film Project, Festival of (In)Appropriation, Memorimage International Film Festival.
Con la collaborazione di: Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone, Fondazione Musica per Roma, Ministero della Cultura, Direzione Generale Spettacolo, Scena, Spazio della Regione Lazio, Lazio Terra di Cinema, Lazio Crea, Zalib, Live Alcazar, moroni1art, Cinémathèque québécoise, Consulta Universitaria Cinema, Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo Sapienza Università di Roma, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” Dipartimento di Storia, Patrimonio culturale, Formazione e Società, Dipartimento Filosofia, Comunicazione e Spettacolo – Università degli Studi Roma Tre. DAMS – Università degli Studi Roma Tre, Accademia di Belle Arti di Roma, Università Iuav di Venezia, UNINT Università degli Studi Internazionali di Roma, RUFA Rome University of Fine Arts, SudTitles, Home Movies – Archivio Nazionale del film di Famiglia di Bologna.
Si ringraziano: Harry Smith Archives, Cineteca di Bologna, Archivio Aperto, Alpe Adria Cinema-Trieste Film Festival, Eye Filmmuseum Netherlands.
Partnership: InterContinental Rome Ambasciatori Palace
Media partner: RAI Radio Tre, RAI Cultura, Taxi Drivers.
UnArchive Found Footage Fest
III edizione
Roma 27 maggio – 1° giugno 2025
Quando il riuso del cinema si ibrida con la musica dal vivo
Le cinque Live Performance di questa edizione
Sono sempre di più i momenti di ibridazione e sinergia tra musica e immagini d’archivio proposti da UnArchive Found Footage Fest (Roma, 27 maggio – 1° giugno 2025), il festival dell’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, diretto da Marco Bertozzi e Alina Marazzi, che racconta gli orizzonti artistici del riuso creativo delle immagini.
Dallo spazio Zalib al Live Alcazar, passando per la serata speciale all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone, 5 live performance per ripercorrere approcci, tendenze, sperimentazioni della musica contemporanea associata al riutilizzo e alla manipolazione delle immagini, dando spazio sia a grandi nomi del genere, sia a formazioni emergenti che hanno fatto notare il proprio talento.
Si comincia il giorno di apertura del Festival, martedì 27 maggio alle 22:00 presso lo spazio Zalib (Via della Penitenza, 35), con la Live performance in silent sound system Rivisitazione dello sciopero di Luca Maria Baldini e Cosimo Terlizzi, che rielabora per la prima volta i materiali girati da Pier Paolo Pasolini durante lo sciopero dei netturbini a Roma nel 1970 destinati al progetto mai realizzato Appunti per un film sull’immondezza. La voce del regista emerge dai volti degli operai, creando un corto circuito semantico e sonoro.
Sempre allo spazio Zalib, giovedì 29 maggio alle 22:00, la Live performance in silent sound system At alla hours and none di Davide Minotti e Valeria Miracapillo con l’attrice Deniz Özdoğan, che scolpisce Il ritratto della poetessa Aslı Erdoğan, fisica e attivista per i diritti umani, che vive in esilio e continua a scrivere per non svanire e non dimenticare la propria lingua, rompendo con enfasi il silenzio dell’autrice.
Venerdì 30 maggio alle 22:30 ci si sposta al Live Alcazar (Via Cardinale Merry del Val, 14) per la serata Beats & Pieces, nella quale la vj e studiosa di cinema Rossella Catanese manipola filmati della collezione “Bits & Pieces” di Eye Filmmuseum, la prestigiosa cineteca nazionale olandese. Ad accompagnare il flusso di immagini, la colonna sonora originale creata dall’artista multimediale Piero Fragola, realizzata con sintetizzatori modulari e in particolare con l’innovativo sistema polifonico ART di Tiptop Audio.
Sabato 31 maggio alle 21:00 la già annunciata serata speciale del festival vede l’anteprima internazionale di darker, con musiche di David Lang e film di Bill Morrison, eseguito dal PMCE Parco della Musica Contemporanea Ensemble diretto da Tonino Battista. In coproduzione con American Academy in Rome, Fondazione Musica per Roma, la serata si svolge all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone (Viale Pietro de Coubertin, 30).
Si conclude domenica 1° giugno alle 22:30 di nuovo al Live Alcazar, per la chiusura del Festival, con Innesti, tra le immagini dell’artista Federica Foglia (che in questa edizione terrà anche una masterclass sulle sue pratiche artistiche tra “Found Footage, Film Orfani, Archivi e la Riscrittura del Sé nel Corpo della Pellicola”), e le musiche di Attila Faravelli, Enrico Malatesta, Nicola Ratti, In collaborazione con Triennale Milano.
Riuso di Classe
Una rassegna interamente dedicata ai film di riuso realizzati in ambito formativo da autori under 35
Dal 27 maggio al 1° giugno 2025
Scena, spazio della Regione Lazio
Via degli Orti d’Alibert, 1/c – Roma
Ingresso libero fino ad esaurimento posti
Organizzata dalla Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico ETS, nasce la prima rassegna interamente dedicata a film di riuso creativo delle immagini prodotti da giovani autori under 35 in ambito formativo. Si colloca, come iniziativa autonoma e collaterale, nel contesto del più ampio festival internazionale UnArchive Found Footage Fest, a Roma dal 27 maggio al 1° giugno 2025.
La crescente attenzione che corsi universitari, accademie, scuole di cinema, workshop e residenze artistiche dedicano alla riflessione e al lavoro con le immagini preesistenti, è alla base di questa iniziativa che intende da un lato proporre un panorama rappresentativo di tale vivacità culturale, dall’altro dare un’occasione di promozione pubblica ai molti giovani autori che si cimentano spesso per la prima volta con il riuso delle immagini d’archivio.
Può sembrare un paradosso, ma proprio il cinema fatto con le immagini del passato sta catalizzando in misura sempre crescente la creatività degli autori del futuro. In effetti, a ben vedere, la possibilità di accedere a grandi giacimenti di immagini e di utilizzarli liberamente, permette nuove letture e nuove narrazioni, anche critiche verso quelle consolidate, capaci di attivare processi di decostruzione e ricostruzione delle fonti filmiche in chiave fortemente contemporanea, che attirano oggi più che mai la creatività di giovani cineasti.
Riuso di Classe si inserisce nella linea ormai fertile delle attività di formazione al riuso creativo dell’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, quali il Premio Zavattini UnArchive (percorso di formazione e sviluppo per opere di autori under 35) e la Residenza artistica UnArchive Suoni e Visioni (dedicata a filmaker e compositori under 35 attivi nel panorama italiano) e consolida la relazione fra la Fondazione, le scuole di cinema e i percorsi formativi in campo artistico-cinematografico nazionali, alimentando l’attività di ricerca di nuove opere e giovani autori che l’AAMOD porta avanti dentro e fuori le sua attività, a cominciare dal festival.
In questa edizione della Rassegna saranno presentati, oltre agli ultimi lavori prodotti dal Premio e dalla Residenza, opere provenienti da: Academy of Art in Szczecin, CSC – Centro Sperimentale di Cinematografia (sedi di Roma e Palermo), FARE UN FILM / WORKSHOP nell’ambito di L’UOMO E LA BESTIA film partecipato ideato da Antonietta De Lillo e realizzato da marechiarofilm, John Cabot University, LABORATORIO DI CINEMA DOCUMENTARIO – Università IUAV di Venezia, NABA – Nuova Accademia di Belle Arti, Scuola d’arte cinematografica Gianmaria Volonté, e altre da scuole e percorsi di formazione nazionali e internazionali.
La rassegna, totalmente gratuita, si svolgerà, negli stessi giorni del festival (dal 27 maggio al 1° giugno), presso Scena, spazio della Regione Lazio, nel cuore di Trastevere, in via degli Orti d’Alibert 1.
Riuso di Classe è realizzato con il sostegno del MiC e di SIAE, nell’ambito del programma “Per Chi Crea” e in collaborazione con “Lazio, Terra di Cinema” – Regione Lazio e LAZIOcrea.
EVENTO SPECIALE
Sabato 31 maggio 2025 – ore 21:00
darker
di David Lang e Bill Morrison
PRIMA INTERNAZIONALE
Cine-concerto eseguito da
PMCE Parco della Musica Contemporanea Ensemble
diretto da
Tonino Battista
musica di
David Lang
con film di
Bill Morrison
Un evento in collaborazione con
American Academy in Rome e Fondazione Musica per Roma
Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone – Teatro Studio Borgna
Viale Pietro de Coubertin, 10 – Roma
UnArchive Found Footage Fest, il festival dell’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico ETS che racconta gli orizzonti artistici del riuso creativo delle immagini, in programma dal 27 maggio al 1° giugno, svela l’evento speciale della terza edizione. Sabato 31 maggio, alle ore 21:00, nella pregiata cornice del Teatro Studio Borgna dell’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone (Via Pietro de Coubertin, 30), andrà in scena la prima internazionale di darker: un cine-concerto su partiture originali di David Lang per dodici archi, eseguito dal PMCE Parco della Musica Contemporanea Ensemble, diretto da Tonino Battista, su immagini d’archivio rielaborate dal regista candidato agli Oscar Bill Morrison.
Prodotto con il decisivo sostegno dell’American Academy in Rome, e con la collaborazione della Fondazione Musica per Roma, il progetto è frutto della ultradecennale collaborazione tra David Lang e Bill Morrison che ha portato, nel corso degli anni, a differenti performance di ensemble dal vivo con proiezioni cinematografiche, tre le quali si ricordano Carbon Copy Building (The Kitchen, 2000), The New Yorkers (BAM Next Wave, 2003), Shelter (BAM Next Wave, 2005) e Anatomy Theater (LA Opera, 2016), oltre ai film indipendenti How to pray (2006), Back to the Soil (2014), Let me come in (2021), The Village Detective: a song cycle (2021). darker, la loro decima collaborazione, realizzata in un arco di 24 anni, è per molti versi più simile a un oggetto che a un brano musicale. Secondo David Lang, rappresenta “un’esplorazione estrema del controllo emotivo: è un lungo e lento passaggio da qualcosa di per lo più uniforme e piacevole a qualcosa di un po’ meno piacevole. Il mio pezzo, come la vita, impiega molti sforzi per percorrere una distanza molto breve, dal bello a un po’ meno bello, da un po’ di luce a qualcosa di un po’ più scuro. darker è allo stesso tempo estremamente dettagliato e implacabilmente sobrio, e richiede una concentrazione quasi sovrumana per continuare a muoversi, inesorabilmente, verso la fine”.
“Per darker – aggiunge Bill Morrison – ho preso ispirazione dalla colonna sonora minima di David per creare un film che, come la musica, può esistere sia davanti che sotto le palpebre dello spettatore. Una rappresentazione lenta e cadenzata del Sublime, dove attori, ballerini e acrobati riappaiono per poi scomparire di nuovo in una sorta di palude del tempo in piena ebollizione”.
Il Festival, in particolare, ha stretto con Morrison un legame speciale: Incident, il suo film candidato agli Oscar nella categoria cortometraggi documentari, era stato presentato in anteprima italiana e premiato nella prima edizione, mentre l’anno successivo il regista ha preso parte alla giuria internazionale e mostrato uno dei suoi film-cult, Decasia, accompagnandolo con una masterclass. Tra i principali esponenti al mondo del cinema di found footage, noto per la capacità di restituire sul piano artistico i segni di degradazione, muffe e sindromi acetiche delle pellicole, il regista, definito dal New York Times “poeta dei film perduti”, dichiara: “Sono onorato di poter presentare quest’opera nella veste di cine-concerto dal vivo in prima internazionale all’UnArchive Found Footage Fest, una rassegna che già nei suoi due orimi anni di vita ha dimostrato di saper proporre una programmazione estremamente intelligente, che esplora il ruolo dell’archivio nella società, offrendo agli amanti del cinema l’opportunità di incontrarsi e dialogare in un ambiente intimo e suggestivo. È stato un piacere vedere il festival crescere in prestigio internazionale, e senza dubbio la collaborazione con l’American Academy in Rome e il Parco della Musica rappresenta un’evoluzione entusiasmante per tutti noi che teniamo a questo evento. Non vedo l’ora di vederlo realizzato!”.
I biglietti sono già in prevendita sul sito dell’Auditorium: https://www.auditorium.com/it/event/pmce-darker-di-david-lang-e-bill-morrison/
27 marzo 2025 – Dopo il successo delle edizioni precedenti, UnArchive Found Footage Fest torna per il terzo anno a Roma, dal 27 maggio al 1° giugno 2025. Ideato e prodotto dall’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico ETS e diretto da Alina Marazzi e Marco Bertozzi, il Festival racconta gli orizzonti cinematografici del riuso creativo delle immagini, con l’intento di intercettare nuove e diverse forme espressive, al confine tra cinema, videoarte, istallazioni e live performance.
La terza edizione del festival si fa strada nello storico quartiere di Trastevere, aggiungendo alle sedi consuete una location unica e suggestiva, l’Orto Botanico di Roma, che apre i suoi cancelli alle pendici del Gianicolo per ospitare panel e incontri di approfondimento. Inoltre, grazie alla collaborazione con American Academy in Rome e con Fondazione Musica per Roma, l’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone ospiterà l’evento speciale della terza edizione, di cui presto verrà data notizia.
Confermati il Cinema Intrastevere, per la proiezione di film nelle diverse sezioni competitive e fuori concorso, il Live Alcazar, per le live performance audiovisive, la Casa delle Donne per ospitalità e incontri informali. Si aggiungono poi librerie e gallerie d’arte, come lo Spazio Zalib, la galleria moroni1art e altri luoghi anche informali come Casa Borelli, per ospitare istallazioni artistiche, performance, presentazioni, animando per 6 giorni una crescente comunità di artisti, studiosi, cinetecari, sperimentatori e pubblico appassionato di immagini riciclate.
Gianluca Abbate, artista visivo che cura l’immagine del Festival, presenta la sua proposta per questa III edizione:
“dalle fiamme ai fiori: per l’immagine di Unarchive – Cinema che Brucia di quest’anno, le fiamme lasciano spazio ai fiori: il fuoco che bruciava diventa linfa per una nuova fioritura. La primula rossa e i papaveri, legati alla memoria e alla rinascita, emergono come emblemi di questa trasformazione. L’immagine del festival mostra che ogni Liberazione porta con sé nuovi germogli”.
La giuria internazionale del Concorso quest’anno sarà composta dal maestro del documentario Eyal Sivan, già ospite della seconda edizione; dalla regista e direttrice Centro Sperimentale di Cinematografia – sede Sicilia Costanza Quatriglio, tre le autrici italiane più prolifiche e impegnate nel cinema di creazione; e dall’artista visiva sperimentale Federica Foglia, una delle nuove voci del panorama contemporaneo del riuso creativo delle immagini, attiva tra il Canada e l’Italia.
La giuria degli studenti, provenienti da università, accademie di belle arti e scuole di cinema, sarà presieduta dal documentarista Agostino Ferrente.
UnArchive Found Footage Fest è ideato e prodotto dalla Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico ETS (AAMOD), in collaborazione con Archivio Luce, CSC – Cineteca Nazionale, con il patrocinio del Comune di Roma – Assessorato alla Cultura, con il sostegno di American Academy in Rome, Fondazione Musica per Roma, Delegazione del Quebec a Roma, Istituto Polacco a Roma, Università IULM, John Cabot University, Nuova Accademia di Belle Arti (NABA) e altre istituzioni pubbliche e private.
Sito ufficiale: https://unarchivefest.it/
Testi e immagini dall’Ufficio Stampa AAMOD – Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico. Aggiornato il 19 e il 26 maggio 2025.