Tra le novità del catalogo Morcelliana Scholè segnalo due importantissimi testi cardine del fantastico, il capolavoro di Collodi Pinocchio e il pilastro dello juvenile fantasy Alice nel Paese delle Meraviglie. Il vero pregio delle edizioni menzionate risiede soprattutto sulle tavole e le illustrazioni che arricchiscono il testo dei romanzi.
Infatti il capolavoro di Lewis Carroll (1832-1898) Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie (1865) è corredato da dodici eliografie, una per ogni capitolo, firmate dalla mano di Salvador Dalì (1904-1989), il celebre artista spagnolo del surrealismo. Seppur non si siano mai incontrati, i due “padri” di questa neonata edizione, sono uniti in un sottile ma evidente rapporto simbiotico basato sul no-sense, ovvero quella infantile e fantasiosa visione del mondo che traduce la realtà in nuove e giocose forme dell’immaginazione. Non per forza positive e ottimistiche, il no-sense artistico-letterario è capace di mascherarsi con una veste tanto sfarzosa quanto puerile per nascondere un profondo dissidio interiore o un’anima tormentata dalla schizofrenia o malattie.
Salvador Dalì invece fu arruolato dalla Press-Random House di New York nel 1969 per corredare con dodici eliografie il capolavoro del narratore inglese pubblicato con una tiratura limitata e in chiave deluxe. L’edizione Morcelliana è la prima versione italiana del sodalizio Carroll-Dalì e dopo cinquant’anni porta ai lettori del Bel Paese un prodotto di qualità ed estro fantastico. Il libro, di cui mi preme sottolineare il prezzo modesto a fronte di una carta pregiata con illustrazioni a colori, è un intrigante monumento ai due autori che si incontrano nel campo dei giochi (il)logici, delle bizzarrie, dei mondi onirici e della sovra-posizione dei piani astrali dell’immaginazione e del reale. I mondi fisici dei due autori possono collidere, implodere o unirsi in un magma cangiante e coloratissimo, un quasar di potenza narrativa inedito e unico nel panorama editoriale e che può contagiare e emozionare il lettore più giovane fino a quello più rodato.
Molto più classica, ma non per questo meno suggestiva, è la versione Morcelliana del capolavoro di Collodi illustrato dall’immortale Jacovitti, artista presente e vicino ai movimenti cattolici italiani tra gli anni 60 e 70. Questa edizione è molto più vicina al pubblico più giovane ma non per questo è scevra di contenuti critici, tra cui segnalo l’interessantissima introduzione di Giuseppe Lupo, volta ad esaminare i parallelismi tra la storia di Pinocchio e quella di Gesù.
La speculazione è nata in ambito cardinalizio ai tempi di Monsignor Giacomo Biffi (1928-2015). Citando Giuseppe Lupo:
Sono figli di falegnami e appartenenti a famiglie anomale, entrambi con un padre putativo, uno però ha la madre certa, l’altro no. L’idea funziona. Come Cristo, infatti, anche Pinocchio ha avuto la sorte del profeta Giona, rimasto tre giorni nel buio chiuso di una balena. In un certo modo, perfino la parentela esplicita con il legno è un elemento che li avvicina moltissimo, arrivando quasi a sovrapporne l’epilogo: tutti e due muoiono per rinascere a nuova vita. Se è vero che Cristo e Pinocchio condividono un destino parallelo, a questo punto nulla vieta di spingersi ancora un poco oltre il semplice accostamento e giungere a un’ipotesi altamente fantasiosa, per quanto paradossale. Pinocchio potrebbe essere stato un oggetto creativo di un Gesù in una fase non ancora epifanica del suo mandato – un Gesù non del tutto consapevole di diventare Cristo-, un adolescente che nel suo apprendistato artigiano, in un tempo precedente gli anni cruciali della predicazione, si sarebbe dedicato a elaborare un sogno fanciullesco: quello di regalare a un pezzo di legno l’imitazione del corpo umano fino ad avviarlo verso una natura di carne. Il vero artefice di Pinocchio non sarebbe Geppetto, ma Gesù.
[Collodi, Le avventure di Pinocchio, introduzione di G. Lupo, Morcelliana, 2019, p. 5]
Tale visione teologica e cristologica è intrinseca a quella evangelica del noto pedagogista Franco Nembrini ed è sicuramente fonte di interesse e ulteriori approfondimenti1. Visione in lotta con l’anticlericalismo di Collodi, anima incendiaria e ribelle ma non per questo lontana dalla redenzione e dalla riflessione cattolica. In accordo con Lupo c’è anche la mia opinione di inserire Pinocchio in un corpus di “vangeli dell’infanzia” ma non di relegarlo a testo pro-scuola (visto che ha poco a cui spartire) come il più bonario Cuore di Edmondo de Amicis. Inoltre la verve di Collodi proietta Pinocchio in mondi fantastici, in geografie asettiche e che nutrono il dubbio del lettore quanto quello del burattino; dubbio come motore della trasfigurazione e della crescita personale di Pinocchio, il quale senza una auto-indagine non rincorre a nessuna trasformazione dell’io morale.
Jacovitti funge da artista e allo stesso tempo da mediatore, in sintonia con la fiaba di Collodi e a cui dona un ulteriore ritmo narrativo, come recita la nota dell’editore Morcelliana –Nel Pinocchio di Jacovitti il tradizionale rapporto testo/immagine si inverte: sono le tavole a dare il ritmo alla narrazione in base al particolare punto di vista scelto dal disegnatore, che opera una precisa scelta di campo a favore della vitalità e dell’energia espressa da Pinocchio.-
Il Pinocchio presentato è quello più classico e seppur siano passati tanti anni dalla redazione del testo e dalle tavole di Jacovitti conserva un nucleo di “autenticità” di “genuinità” del tutto inossidabile.
1 Rimando perciò a questa intervista: http://www.lafedequotidiana.it/franco-nembrini-pinocchio-ricalca-vangelo/
Per le foto si ringrazia l’Ufficio Stampa Morcelliana Scholè
Il libro recensito è stato cortesemente fornito dalla casa editrice.