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Visus – Storie del volto dall’antichità al selfie, libro di Riccardo Falcinelli

VISUS – Storie del volto dall’antichità al selfie, libro di Riccardo Falcinelli

Visus – Storie del volto dall’antichità al selfie, di Riccardo Falcinelli, è un libro fondamentale per la cultura visiva contemporanea, ma come tutte le cose grandi è anche un testo lungo e impegnativo. Quello che quest’opera restituisce in abbondanza ai suoi lettori è una radicale consapevolezza sul tema della comunicazione delle immagini, dalle origini fino ad oggi.

Fin dalla nascita siamo portati a riconoscerne tutte le possibili gamme emotive che attraversano il volto di chi ci accudisce. Una delle nostre massime attenzioni da neonati passa proprio per il viso dell’altro, e questo, artisti, imperatori e graphic designer lo sanno da sempre. La rappresentazione del volto diventa così uno strumento potentissimo nella comunicazione di tutti i tempi.

Ogni epoca storica promuove con forza una sua idea di volto. Lavorare con le immagini significa essenzialmente cercare di trasferire questo spirito del tempo nelle proprie opere.

C’è però un paradosso, all’interno del quale i nostri antenati e noi abbiamo sempre vissuto nel rapporto con le immagini del viso: è come se fossimo dei ladri professionisti a cui svuotano sempre la casa. Come mai?

Il nostro expertise biologico nei volti inciampa spesso nella possibile suggestione che l’immagine di un viso può esercitare su di noi quando ne subiamo la sua fascinazione.

Il nuovo libro di Riccardo Falcinelli, Visus – Storie del volto dall’antichità al selfie, attraversa i delicatissimi equilibri che sono necessari alla creazione di un volto, ponendoci costantemente una fittissima rete di domande che possono essere preliminarmente riassunte in questa: qual è il fine di tutto questo rappresentare? La trasmissione di un messaggio che ci dica tutto al primo sguardo.

Visus, in latino, ha una molteplicità di significati: vista, facoltà di vedere, occhi, sguardo, apparenza, spettacolo. Ma l’autore nasconde nel gioco di parole tra il suo significato e viso anche la soluzione dell’enigma. Infatti, se da una parte il libro parla di “visi”, al tempo stesso si interroga costantemente sulla nostra possibilità di vedere davvero le immagini che incontriamo oltre la primissima e potentissima suggestione per le quali sono state create.

[…] questo libro […] è il racconto di come la faccia sia stata, fin dai tempi antichi, una fucina di idee, riflessioni ed elaborazioni visive” (p. 5)

Partirei da questa frase per addentrarmi con voi nel nuovo appassionante viaggio che Falcinelli ha intrapreso nel nostro presente, attraversando moltissime delle epoche della storia dell’arte, fino ad arrivare a noi, ai nostri selfie e all’intelligenza artificiale.

Per chi non lo conoscesse, Riccardo Falcinelli è uno dei più apprezzati graphic designer italiani, già noto per altri due libri che sono, a mio avviso, testi fondamentali per una lettura del mondo delle immagini: Cromorama (2017), e Figure (2020).

Anche questa volta è Einaudi a pubblicare un’opera così importante e che si presta, al pari delle precedenti, ad essere un punto focale della situazione presente della rappresentazione visiva occidentale, e che è fermamente legata al nostro immaginario pubblico e privato.

Ma visto che siamo nel 2025 e abbiamo sempre più bisogno di sintesi, per chi volesse fermare qui nella lettura dell’articolo, vi lascio il cuore del cuore del libro, così che possiate decidere se immergervi con me, e chi sa, magari decidere di leggerlo davvero oppure scappare a gambe levate verso altri piaceri:

l’argomento del libro è questo […] dire la verità da un certo punto di vista” (p. 26)

Per chi è rimasto, direi di cominciare nella ricerca del soggetto del libro, che forse è già in bella mostra nella sua copertina. L’autore è un professionista nella creazione di immagini di facciata dei libri, e quella che vediamo su Visus ha la levatura di opera nell’opera.

Il volto che non ci stacca gli occhi di dosso è quello di Caroline Rivière ritratta da Jean-Auguste-Dominique Ingres, cui è stata applicata la scansione algoritmica per la definizione della forma.

Uno sguardo magnetico, un richiamo, la promessa di una rivelazione, l’impossibile equilibrio tra passato e presente: cosa potrà mai dirci il volto ritratto da Jean-Auguste-Dominique? E perché contemporaneamente c’è una scansione algoritmica in corso?

La storia di questo dipinto attraversa in filigrana tutto il libro, percorrendo gli appuntamenti presenti nell’opera per cercare di prendere confidenza con i volti che tutti i giorni, tra video, foto, arte, pubblicità e vita vissuta ci capita di incontrare.

Così i macro capitoli: Somiglianza, Rappresentazioni, Espressioni, L’Uso delle immagini, Canoni, La società dello spettacolo, Il regno digitale, diventano le declinazioni che circoscrivono l’impresa dell’autore nella sua narrazione sulla creazione artificiale di un volto e del suo senso.

Fin dalle prime pagine capiamo quanto rappresentazione di un volto, psicologia, sociologia, politica, cultura e arte siano strettamente legate tra loro, e quante tracce siano disseminate nel tempo per chi ha l’attenzione di coglierle.

Se nei libri precedenti l’autore aveva già dato messo in relazione cultura e la storia, questa volta porta all’ennesima potenza questo processo, entrando in territori nuovi e più vasti.

L’autore, con un tono confidenziale, si spinge in vasti approfondimenti, partendo da episodi della sua biografia. Il tutto è accompagnato da immagini fondamentali per dar corpo alla sua riflessione.

L’opera è sontuosa, richiede forse anche una giusta dose di tempo per essere approfondita, ma lascia chiare indicazioni anche ad una prima lettura ingenua, proprio perché la narrativa di Falcinelli ha la felicità di una divulgazione aperta a tutti.

Credo che molti nel leggere potrebbero aggiungere ai vari macro capitoli la parola “scoperta”, ad esempio: “La scoperta delle rappresentazioni”. Perché si entra di continuo in mondi che ci sono prossimi e sconosciuti. Per gli esperti di settore, il libro ha il pregio dell’approfondimento.

Certo, ogni rosa ha le sue spine, per ogni novità appresa il libro mette a nudo, senza polemizzare, una cultura che sceglie sistematicamente il cosa rappresentare e il come vada mostrato di un volto. Questo determina l’esclusione di ampie parti della società, ad esempio, su tutti le donne e i bambini, le cui rappresentazioni sono anche segnali del punto di vista storico su di loro.

A mio avviso è proprio questa rivelazione del libro, il riconoscere che la “verità è stata mostrata da un certo punto di vista”.

Questo tratto saliente sveglia le nostre future visioni, e dona una maggior profondità prospettica nell’osservazione della cultura delle immagini, rispetto a qualunque tempo venga trattato.

Ma mentre accade tutto questo, e ci inoltriamo nella lettura, siamo costantemente richiamati a interrogarci anche sul modo in cui noi subiamo e partecipiamo a questa costruzione collettiva.

È pensiero comune che la cultura abbia un’importanza vitale nella nostra vita, ma molto spesso fatichiamo a comprenderne a fondo il motivo. Il libro in questo senso ha il pregio di valorizzare l’aspetto della visione, mettendo in atto anche un metodo implicitamente educativo rispetto alla fruizione che noi facciamo degli eventi culturali.

Quando scegliamo di fermarci di fronte ad una immagine, oppure ci cadiamo dentro in stato di trance, potremmo pensare di comprenderla, ma il libro inconsapevolmente ci informa dell’unicità storica di ogni volto.

Durante la lettura è possibile che ci si chieda quanto nelle nostre personali esplorazioni siamo pronti ad ascoltare davvero il messaggio di fronte al quale ci troviamo, che sia questo una pubblicità o un’opera d’arte. Pagina dopo pagina sprofondiamo in un abisso di segni che si richiamano continuamente. Riemergiamo dalla lettura con la consapevolezza che oggi nel nostro confronto con le immagini che creiamo, per svago o memoria, ci troviamo di fronte agli stessi problemi degli artisti dei millenni precedenti.

L’aspetto storico e di ricerca che il testo propone ha la virtù di mettere in forte collegamento passato e presente, mentre a partire dalle primordiali rappresentazioni neuronali del viso ci spostiamo di epoca in epoca, di cultura in cultura, verso il nostro presente che ci appare via via sempre più vicino all’alba dei tempi.

Le meraviglie del libro si occupano di una grande parte della comunicazione contemporanea, e un pregio in più a mio avviso è nel sapiente uso della lingua italiana. Il saggio di Falcinelli ha una levatura internazionale ed il pregio raffinatissimo di essere ben scritto, in un solido equilibrio tra narrazione, informazione, e didattica.

Si tratta di un ottimo libro sull’argomento del vedere ed essere visti, un viaggio molto lungo (514 pagine), dal quale si tornerà sicuramente diversi, più consapevoli e attenti a canoni della comunicazione occidentale.

la copertina del saggio Visus – Storie del volto dall’antichità al selfie, di Riccardo Falcinelli, pubblicato da Giulio Einaudi Editore (2024) nella collana Stile Libero Extra

Il libro recensito è stato cortesemente fornito dalla casa editrice.

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