«La fortuna di essere donna. E altre storie per il cinema», un libro per celebrare la sceneggiatrice Suso Cecchi d’Amico
Parlare di Suso Cecchi d’Amico significa raccontare la storia del cinema italiano. Una sceneggiatrice raffinata, una donna colta e intelligentissima, una signora che ha collaborato con i registi e gli attori italiani più importanti del Novecento. Figlia del critico Emilio Cecchi e della pittrice Leonetta Pieraccini, sposerà il musicologo Fedele D’Amico, a sua volta figlio del critico Silvio D’Amico, da cui avrà tre figli: Masolino, Silvia e Caterina. Quest’ultima ha curato, insieme allo scrittore Francesco Piccolo, il volume La fortuna di essere donna. E altre storie per il cinema, edito da Einaudi e inserito nella prestigiosa collana “I millenni”, che raccoglie alcuni soggetti e sceneggiature, editi e inediti, conosciuti e non.
Cecchi d’Amico ha scritto più di centoventi sceneggiature, dal ‘46, quando aveva trentasei anni, sino al 2006. Una carriera lunga e straordinaria, la sua, ricca di premi e di riconoscimenti. È raro trovare una figura così prolifica e versatile, in grado di lavorare a commedie e a storie estremamente drammatiche, mantenendo uno stile sempre puntuale e mai banale. E sono tantissimi gli autori con i quali ha condiviso la penna: Vasco Pratolini, Age & Scarpelli, Ennio Flaiano, Cesare Zavattini, Alberto Moravia, Leonardo Benvenuti e Piero De Bernardi. I più grandi.
C’è anche lei dietro capolavori come Proibito rubare (Comencini, 1948), Ladri di biciclette (De Sica, 1950), Prima comunione (Blasetti, 1950), Miracolo a Milano (De Sica, 1951), Il sole negli occhi (Pietrangeli, 1953), Senso (Visconti, 1954), Le notti bianche (Visconti, 1957), I soliti ignoti (Monicelli, 1958), I magliari (Rosi, 1959), L’estate violenta (Zurlini, 1959), Il Gattopardo (Visconti, 1963), Gli indifferenti (Maselli, 1964), Metello (Bolognini, 1970), Fratello sole, sorella luna (Zeffirelli, 1972), Ludwig (Visconti, 1972), Il male oscuro (Monicelli, 1990), Parenti serpenti (Monicelli, 1992), Cari fottutissimi amici (Monicelli, 1994) e tanti, tanti altri. Per non parlare poi di opere televisive indimenticabili come Le avventure di Pinocchio (Comencini, 1972) e Cuore (Comencini, 1984).
Nel libro sono raccolti sei soggetti, quattro sceneggiature, un trattamento (una via di mezzo tra il soggetto e la sceneggiatura), un racconto e una lettera al regista Nikita Sergeevič Michalkov riguardo il film Oci ciornie, del 1987, con Marcello Mastroianni e Silvana Mangano. L’amicizia quasi famigliare di Suso con l’attrice romana, peraltro, proseguì nel tempo, nonostante le tragedie, sino alla scrittura di una sceneggiatura, Ti trovo un po’ pallida, fino ad oggi inedita ma presente nel volume, pensata per lei, sotto la direzione di Monicelli, che però non vide mai la luce a causa della morte dell’attrice.
Questa pubblicazione corposa rappresenta una grande occasione per conoscere, parola per parola, le fondamenta di opere rimaste nell’immaginario collettivo.
Ad esempio, si potrebbe citare Bellissima (Visconti, 1951), film di punta della carriera di Anna Magnani, chiamata a interpretare la popolana Maddalena Cecconi, forte, determinata, coraggiosa e sempre speranzosa, illusa di far fare alla sua figlioletta un’ascesa sociale grazie a un’audizione a Cinecittà, non capendo di andare contro le volontà della piccola Maria. E quel primo piano struggente con la madre che assiste di nascosto ai provini e vede la figlia che scoppia in lacrime davanti alla commissione che ride commentando spregevolmente.
«Che je manca a mi’ fija? Guardatela… che je manca…»1, dirà straziata.
Anche la spiritosa commedia Peccato che sia una canaglia (Blasetti, 1954), con Sophia Loren e Marcello Mastroianni, è interessante non solo per il ritmo travolgente con sui si alternano le vicende ma perché è il primo film che battezzerà il fortunato sodalizio di una delle coppie più amate del cinema italiano; un rapporto che si alimenterà presto, ad esempio, con La fortuna di essere donna, uscito due anni dopo sempre con la regia del cineasta romano.
Preziosissimo è il testo Nadia, un elaborato chiesto da Visconti che tracciasse il disegno e l’evoluzione della protagonista, una prostituta seducente che rappresentasse il bene e il male, interpretata da Annie Girardot nella celebre pellicola Rocco e i suoi fratelli, del 1960. Come ricorda lo scrittore Vasco Pratolini, queste furono le parole con cui il cineasta si espresse per la stesura della trama:
«Cinque figli, una madre, la boxe, non so altro. Ambientatela a Firenze, ambientatela a Roma, dove volete, la storia deve essere questa»2.
Altri due film importanti, inseriti nel volume, sono Salvatore Giuliano (Rosi, 1962), con un grande lavoro di ricerca da parte del regista e degli sceneggiatori, sulla storia del bandito, sulla strage di Portella della Ginestra e, in generale, sul contesto sociale della Sicilia in quegli anni, e Nella città l’inferno (Castellani, 1959). Quest’ultima pellicola, tratta dal romanzo Roma, via delle Mantellate (1953) di Isa Mari, seppur differente per alcuni aspetti, si basa su una personale esperienza dell’autrice rinchiusa in carcere otto mesi per motivi politici. Anche qui è stato fondamentale il lavoro di studio e preparazione del regista e della sceneggiatrice, sia in tribunale, durante i processi, che in carcere per incontrare i detenuti. Ed è grazie a operazioni come La fortuna di essere donna. E altre storie per il cinema che si possono leggere e apprezzare i dialoghi originali, come quelli all’interno della galera tra Egle (Anna Magnani) e Lina (Giulietta Masina).
Interessantissimo è il “trattamento”, che unisce soggetto e sceneggiatura, di Speriamo che sia femmina (Monicelli, 1986), film corale pluripremiato che per la sceneggiatura vincerà il David di Donatello e il Nastro d’argento.
«Pioviggina. La grigia incombente sagoma del Palazzo di Giustizia si riflette sull’asfalto lucido dell’immenso parcheggio brulicante di macchine come insetti morti»3,
si legge tra le pagine del racconto di una famiglia borghese allargata, tra comicità e criticità, in perfetto stile monicelliano.
Non mancano progetti rimasti inediti e mai realizzati, per mille motivi, come il soggetto Kafès (La gabbia), ispirato ad un viaggio in Turchia, immaginando la vita delle donne in un Serraglio. O ancora la trama de La mia ragazza, nata dai racconti dell’autista di Suso scelto narratore.
«Così, mentre io continuavo a toccarle le natiche per quella chiusura lampo impigliata nel collant, Enrica mi spiegò di non avere nulla in contrario ad essere la mia ragazza, sempre che io lo volessi, ma che intendeva liberarsi al più presto del vincolo matrimoniale che era uno sbaglio. Forse non soltanto per lei, ma in assoluto»4, appunta la sceneggiatrice dipanando la matassa sentimentale.
Cinematograficamente parlando, Il Gattopardo è stata una delle opere che più ha fatto conoscere la Sicilia al pubblico estero. Immaginarsi Suso Cecchi D’Amico assieme a Martin Scorsese in viaggio per l’Isola alla ricerca dei luoghi d’origini della famiglia del regista statunitense. E lì che nacque la proposta, nel 1993, del soggetto Pupi, che mai vide la luce, e poi il suggerimento e l’aiuto per il lungo documentario, del ’99, intitolato Il mio viaggio in Italia.
Il merito di un prodotto editoriale come quello realizzato dalla storica casa editrice torinese non è soltanto quello di aver messo a disposizione del pubblico soggetti e sceneggiature fondanti per la storia della Settima Arte, ma di aver inserito per la prima volta elaborati meno conosciuti della sceneggiatrice romana, così da valorizzarne ancor di più le qualità letterarie. Si tratta di un libro da collezione, da avere nello scaffale di casa per ricordarsi di quanto sia stato grande e glorioso il nostro cinema.
Note:
1 Suso Cecchi D’Amico (a cura di Caterina D’Amico e Francesco Piccolo), La fortuna di essere donna. E altre storie per il cinema, Einaudi, Torino 2025, p. 204.
2 Ivi, p. 439.
3 Ivi, p. 688.
4 Ivi, p. 619.
Il libro recensito è stato cortesemente fornito dalla casa editrice.