Medi@evo. L’età di mezzo nei media italiani (Salerno Editrice, 2024), saggio di Marco Brando

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commento a cura di Nicolò Maggio

Muovendosi con piglio storiografico e acume giornalistico, Marco Brando (classe 1958), “giornalista prestato alla storia”, affronta, in questa sua ultima fatica letteraria, Medi@evo. L’età di mezzo nei media italiani (Salerno Editrice, 2024), la complessa questione relativa alla rappresentazione, rielaborazione e ricezione dell’Età di mezzo attraverso i mass-media, come si scorge, del resto, già dal titolo del libro. Il neologismo “Medi@evo”, che richiama quello di una nota pagina facebook MediaEvi. Il Medioevo al presente, curata dai medievisti Riccardo Facchini e Davide Iacono, rimanda proprio all’Età di mezzo inventata e trasmessa dai media, come ben sottolinea anche la medievista Marina Gazzini, autrice della prefazione, che, per l’appunto, si occupa di fake news sul Medioevo (fenomeno che imperversa su Internet, social e realtà virtuale).

la copertina del libro Medi@evo – L’età di mezzo nei media italiani, di Marco Brando, pubblicato da Salerno editrice (2024). Crediti per la foto: Nicolò Maggio

«Un falso», scrive la prefatrice, «nulla dice su ciò che vorrebbe attestare, ma molto rivela sull’ambiente che lo ha prodotto e sulle finalità dei suoi ideatori»,

da qui, aggiunge lo scrivente, la sua importanza in quanto fonte storica e di studio. In tal senso, Marco Brando sottolinea magistralmente come i nuovi media giochino un ruolo cardine nella produzione e diffusione di stereotipi sul Medioevo: Facebook, ad esempio, è la patria di pagine e gruppi amatoriali che, utilizzando il nome di noti storici e divulgatori come Alessandro Barbero, generano e condividono all’impazzata vere e proprie fake news sull’età medievale, da porre in contrapposizione con un mito altrettanto diffuso, quello del Medioevo «oscuro e barbarico» che tanto piace alla stampa giornalistica e alle trasmissioni televisive di inchiesta, politica o cronaca nera.

È il caso di pagine Facebook che citano già dal nome Alessandro Barbero, e che nulla hanno a che fare con il medievista piemontese. Si battono per fare emergere l’idea di un Medioevo affascinante: naturalmente, senza utilizzo di alcuna fonte attendibile. Ancora, all’interno di questi gruppi ci si batte con vigore per far emergere l’immagine di un Medioevo di ricchezza e splendore artistico e letterario.

Tuttavia, come ben evidenzia Brando, nell’opinione pubblica, nel discorso giornalistico, così come in quello politico, ad andare per la maggiore sono i cliché e gli stereotipi negativi sul Medioevo. Spettri medievali sono risorti (e insorti), ad esempio, durante la guerra Russia-Ucraina: nel 2023 i numeri di diversi giornali italiani come «Il Foglio», «Libero», «Repubblica», e gli stessi politici al governo, come il ministro degli Esteri Antonio Tajani, paventavano il rischio di un ipotetico ritorno all’Età di mezzo in caso di vittoria russa sull’Ucraina; lo storico inviato e corrispondente all’estero dell’«Unità» Siegmund Ginzberg, del resto, riporta come vi sia «molta nostalgia di Medioevo nella Russia di Putin», anche se, naturalmente, si tratta di un Medioevo da favola del quale spesso i dittatori «si innamorano» e «finiscono per crederci». Ma il Medioevo stereotipato e ricreato è anche il campo di scontro prediletto in Italia per i partiti di Destra e Sinistra che si contendono l’elettorato a suon di accuse «medievaleggianti»: in un articolo del 2023 intitolato Il vocabolario della destra che riporta l’Italia al Medioevo, «L’Avanti», giornale di ispirazione socialista, accusa la Destra italiana di voler minare i diritti fondamentali dei cittadini, trascinando «l’Italia nel Medioevo», mentre, similmente, il deputato piddino Alessandro Zan, come riporta «Fanpage» in un articolo del 2023, criticava il presidente e segreteria del partito Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, in quanto responsabile di politiche discriminatorie nei confronti delle famiglie arcobaleno, politiche che rischierebbero di «portare questo paese al Medioevo».

Ma, come evidenzia il Brando, forse ancor più interessante quanto avviene a Destra: da un lato i partiti di ispirazione conservatrice come FDI, tendono a strumentalizzare il Medioevo in funzione attiva e positiva, ad esempio attribuendo a Dante immaginarie quanto virtualmente pericolose patenti fascistoidi, mentre altri come la Lega (senza Nord), che pure fa risalire la sua identità e i suoi simboli ai miti neomedievali di Alberto da Giussano e del giuramento di Pontida, non tralascia di servirsi del Medioevo in funzione antiprogressista o di critica verso le istituzioni del presente. La manualistica scolastica non aiuta: il Medioevo risulta essere il periodo più stereotipato e vittima di generalizzazioni, tanto che è ancora in voga, nella maggior parte dei testi in uso per le scuole (dalle elementari ai licei), la proposta di un evo medio caratterizzato da semplificazioni e strutture schematiche, come la piramide feudale, la tripartizione della società (oratores, bellatores e laboratores), la crisi del Mille e del Trecento e, aggiungo io, il presunto splendore e la ricchezza della Sicilia arabo-normanna, (quasi) mai indagata nelle sue specificità e a dovere.

Ma il libro di Brando non si “limita” a fornire un nuovo prontuario degli stereotipi sul Medioevo (titolo, questo, di uno dei primi studi dedicati all’argomento a firma di Antonio Brusa: Un prontuario degli stereotipi sul Medioevo, pubblicato nel 2004): il pregio più evidente di Medi@evo, a detta dello scrivente, sta nell’essere un ottimo studio di storia della storiografia, capace di tracciare esaustivamente e compiutamente la nascita, le tappe e l’evoluzione degli studi dedicati al Medievalismo su territorio italiano e all’estero, ribadendo, ancora una volta, due necessità fondamentali per chi opera (o voglia operare) nel campo della storia (medievale e non solo): quella degli storici di riappropriarsi della loro funzione pubblica, ponendosi quali veri e propri mediatori tra il sapere accademico e il pubblico – sempre più e spesso male informato – e quella dei giornalisti, di perseguire una corretta e appropriata formazione di impianto storico in quanto su loro grava l’onere di essere l’anello di congiunzione tra i professionisti della storia e la collettività, e l’enorme responsabilità di rivestire un ruolo cruciale nella formazione della memoria collettiva.


In Italia spesso i mass media ricorrono a luoghi comuni “medievali” in chiave negativa, con contraccolpi sul lessico pubblico, social inclusi.

Si evoca un “ritorno al Medioevo”, inteso come sinonimo di arretratezza e barbarie, in articoli e servizi su temi che con l’Età di mezzo non c’entrano.

Perché accade? Il libro offre un’analisi degli studi sul “medievalismo” declinando un surreale abecedario degli stereotipi.

 

Il libro è stato presentato in anteprima a Gubbio durante il X Festival del Medioevo 2024, svoltosi a fine settembre.
Il volume – oltre a dedicarsi al tema del medievalismo (oggi inteso come la percezione del Medioevo dopo il Medioevo, in particolare nel XX e XXI secolo) – affronta anche la questione dal punto di vista delle scienze delle comunicazione e della formazione dei giornalisti in campo storico.
la copertina del libro Medi@evo – L’età di mezzo nei media italiani, di Marco Brando, pubblicato da Salerno editrice (2024)

Marco Brando giornalista, scrittore e blogger, ha lavorato all’“Unità” e ha collaborato con “Epoca”, “L’Europeo”, “La Domenica del Corriere”, “L’Espresso”, RAI, Reuters, Sette, Radio Popolare e Radio della Svizzera Italiana. Coordina il progetto Mondimedievali.it

Testi e immagini dall’Ufficio Stampa Stampa Carocci editore.

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