Pompei dopo Pompei: tracce di frequentazione sino al tardoantico, dopo l’eruzione del 79 d.C.
Alessandra Randazzo
Pompei dopo Pompei: tracce di frequentazione sino al tardoantico, dopo l’eruzione del 79 d.C.
Esiste una Pompei post eruzione 79 d.C.? Non dobbiamo immaginare case ed edifici ricostruiti e nemmeno abitanti che si riappropriano delle abitazioni. La Pompei del 79 d.C. doveva apparire più come uno scenario lunare che ha ripreso vita solo dopo mesi e anni. Tracce di frequentazione esistono già nel territorio vesuviano circostante e questo lo si deduce anche dalla recente pubblicazione della Carta del Potenziale Archeologico del territorio comunale di Pompei di Domenico Camardo e Mario Notomista in cui su 88 siti ne sono stati censiti 14 in cui è attestata una frequentazione post eruzione del 79 d.C.
l’Insula Meridionalis vista dall’alto
l’Insula Meridionalis vista dall’alto
l’Insula Meridionalis vista dall’alto
Resti di Forno, Insula Meridionalis Regio VIII
Resti di Forno, Insula Meridionalis Regio VIII
Contenitore in terracotta da garum riutilizzato nell’insediamento post 79 d.C.
Granai del tempio di Venere – Tracce di insediamento post 79 d.C.
Contenitori in terracotta da dispensa. Tracce di insediamento post 79 d.C.
scheletro di equide
Non tutta la città venne sepolta, alcuni edifici come parte del Foro, l’Anfiteatro e l’Insula Meridionalis dovevano risultare ancora ben visibili nonostante cenere, pomici e la distruzione eruttiva.
Nell’ambito dei lavori di messa in sicurezza, consolidamento e restauro proprio della Meridionalis, i recenti scavi archeologici nel piano terra degli Horrea, hanno evidenziato la presenza di livelli di frequentazione post-eruttiva databile in due fasi distinte tra fine I e inizi III secolo d.C. e tra IV e V secolo d.C.
L’ambiente 66 del complesso degli Horrea prima dell’indagine archeologica iniziata nel giugno 2024, si presentava completamente colmo di terra; una volta asportati i riempimenti di età contemporanea, sono stati messi in luce diversi piani di calpestio inquadrabili al 79 d.C. ma, sorpresa inaspettata, sicuramente la presenza di un ulteriore piano di frequentazione che ha restituito frammenti ceramici di età tardo-antica che coprono un arco temporale compreso tra IV e metà del V secolo d.C.
In particolare, molti frammenti di ceramica sigillata africana, frammenti di ceramica comune e da fuoco come tegami e casseruole diffusi in contesti tardo antichi campani. Anche nell’adiacente ambiente 65, con riferimenti stratigrafici molto simili all’ambiente 66, gli archeologi hanno ritrovato negli strati, materiale di età tardo-antica e in particolare due frammenti di lucerne in sigillata africana di cui uno con il monogramma di Cristo (Chi-Rho) databile al V secolo d.C.
Non solo quindi materiale ceramico relativo all’uso quotidiano, ma ulteriori scavi in ambienti adiacenti, in particolare l’ambiente 63, hanno ancora restituito resti di un forno. Lo scavo della struttura ha intercettato una grande quantità di frammenti ceramici di età tardo-antica che confermano una frequentazione che non va oltre la metà del V sec. d.C.; numerosi sono i frammenti di ceramica da fuoco come casseruole e testelli per la cottura del pane.
I dati preliminari raccolti finora dimostrano come le strutture del fronte meridionale dell’area sotto il tempio di Venere fossero visibili e accessibili dall’esterno, tanto da permettere un insediamento più o meno stabile di alcuni ambienti. La realizzazione di una struttura come quella del forno, insieme alla grande quantità di materiale ceramico rinvenuto finora, non sembra ascrivibile ad un insediamento temporaneo o di fortuna, ma ad uno stanziamento prolungato nel tempo che si spinge, sulla base dello studio preliminare dei materiali, dal IV a non oltre la metà del V sec. d.C.
Scendendo ancora di livello stratigrafico in altri ambienti pertinenti gli Horrea, si è potuto rilevare la presenza di un’ulteriore frequentazione successiva all’eruzione del 79 d.C. che può essere inquadrata, in base all’analisi preliminare dei materiali ceramici, tra la fine del I secolo d.C. e gli inizi del III secolo d.C.
Nell’ambiente 65, al di sotto della fase tardo-antica, sono emersi strati di accumulo con materiali che comprendono frammenti di marmi, alcuni con iscrizioni e frammenti di ceramica sigillata e africana databili tra fine I-inizi III sec. d.C. Una volta asportati questi materiali è emersa la traccia di una struttura, forse una scalinata con tre gradini che si imposta direttamente sulla cinerite del 79 d.C. I gradini sono realizzati con marmi di reimpiego, frammenti di tegole messe di taglio e blocchi sbozzati in tufo di Nocera. La scalinata permetteva l’accesso dal finestrone dell’ambiente, quindi da una quota molto più alta rispetto a quella del 79 d.C.
Tracce di una frequentazione post eruzione del 79 d.C. databile tra la fine del I e l’inizio del III secolo d.C. sono state rinvenute anche negli altri ambienti degli Horrea, dove è stata eseguita un’indagine archeologica limitata. Il dato è supportato dal rinvenimento di una discreta quantità di sigillata africana e ceramica africana da cucina.
Particolarmente cospicua è la presenza di frammenti di marmo, soprattutto tessere di opus sectile di varie forme, frammenti di lastre pavimentali ed elementi architettonici, alcuni provenienti probabilmente da edifici pubblici.
Di particolare importanza anche un frammento, probabilmente del basamento di una statua, su cui si legge “…] HIA L· F·” che rimanda alla ben nota Eumachia, figlia di Lucio, sacerdotessa pubblica vissuta a Pompei in età augustea.
Riveste un certo interesse il rinvenimento della sepoltura di un neonato individuata nell’angolo nordest dell’ambiente 72 in un contesto stratigrafico databile al II secolo d.C., e il rinvenimento di una moneta (asse o sesterzio) coniato da Marco Aurelio per il Divo Antonino Pio della zecca di Roma, databile al 161 d.C.
L’attestazione di una frequentazione di qualche decennio successivo all’eruzione del 79 d.C. di una parte della città di Pompei rientra pienamente nella ripresa del controllo dell’area vesuviana. Tra il 120 e il 121 d.C. viene ufficialmente riattivata la strada Nuceria-Stabiae, che già prima dovette essere riaperta parzialmente.
Nell’area a nord di Pompei sono attestate inoltre strutture che poggiavano in parte sui resti sepolti dall’eruzione del Vesuvio e sepolture ricavate nei depositi vulcanici che coprono un arco cronologico che va dal II al III secolo d.C. La frequentazione del complesso degli Horrea dopo l’eruzione del 79 d.C. indica che l’edificio era in parte visibile dall’esterno e soprattutto in gran parte intatto, tanto da permetterne una rioccupazione continuativa, sulla cui natura restano ancora molti aspetti da indagare.
Dal quadro che emerge è evidente che la frequentazione tardo-antica non è un caso isolato, ma rientra in un processo di rioccupazione dell’area vesuviana da cui non è esente l’area di Pompei. Una rioccupazione però che non sembra andare oltre la seconda metà del V sec. d.C. quando è attestata la cosiddetta eruzione di Pollena avvenuta nel 472, prima di una serie di altre eruzioni avvenute nei primi decenni del VI sec. d.C.
Questi eventi probabilmente arrecarono seri danni ad un territorio assai debole e potrebbero aver provocato l’abbandono degli insediamenti attestati in area vesuviana.