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Dio ci vuole felici: il diario di Etty Hillesum nelle parole di Elisabetta Rasy

Rasy Dio ci vuole felici il diario di Etty Hillesum

Il diario di Etty Hillesum nelle parole di Elisabetta Rasy
Dio ci vuole felici. Etty Hillesum o della giovinezza, di Elisabetta Rasy – HarperCollins (2022) – recensione

Il 7 settembre di ottanta anni fa, Etty Hillesum lasciava il campo di detenzione di Westerbork, nel nord-est dei Paesi Bassi, destinazione Auschwitz. Fino a pochi giorni prima avrebbe continuato ad annotare su un quaderno pensieri, storie, citazioni letterarie. Poi il treno, l’arrivo nel campo di concentramento e la morte, il 30 novembre di quello stesso anno. Il diario di Etty Hillesum sarebbe rimasto nascosto ancora a lungo, prima di vedere la luce nel 1981. Da allora, è diventato un libro insostituibile per ripercorrere la vicenda non solo di una giovane vittima dell’Olocausto, ma di una donna libera. E di una scrittrice e intellettuale tra le più illuminanti del suo tempo.

Il campo di transito di Westerbork. Foto UK Army, in pubblico dominio

Ad essere stata illuminata dal diario di Etty Hillesum è stata anche la scrittrice Elisabetta Rasy, tornata da poco in libreria con Dio ci vuole felici. Etty Hillesum o della giovinezza (HarperCollins, pp. 160, euro 18). Un libro che si configura, come ha affermato l’autrice in una recente intervista a «Fahrenheit», come un «diario al quadrato». Perché la vita di Etty Hillesum – le sue riflessioni, le sue letture, i suoi amori – dialoga a ogni pagina con i ricordi autobiografici di Rasy. In un contrappunto che chiama a raccolta altri libri, altre storie, soprattutto altre donne che hanno rappresentato l’amore per la libertà. Proprio come Etty,

ragazza di una buona e colta borghesia ebraica, laica e aperta, che a diciott’anni se ne va di casa per frequentare l’università e si destreggia con disinvoltura tra amici e fidanzati in un milieu sociale – alla metà degli anni Trenta olandesi – accogliente e sicuro.

La copertina del libro di Elisabetta Rasy, Dio ci vuole felici. Etty Hillesum o della giovinezza (HarperCollins, 2023)

Ha solo ventinove anni Etty Hillesum quando viene deportata a Auschwitz. E ventisette quando inizia a scrivere il suo diario. Giovanissima è anche Elisabetta Rasy quando, nel 1985, ha tra le mani la prima edizione italiana di quel libro. L’identificazione è dunque inevitabile: «la ragazza Hillesum nei suoi eterni vent’anni è stata, e resta per me, la perfetta maestra della giovinezza», scrive Rasy. Ma è una consonanza destinata a infrangersi contro un muro di parole. Le parole con cui Hillesum descrive l’Amsterdam invasa dai nazisti, le discriminazioni e le violenze contro gli ebrei, il transito nel campo di Westerbork. Troppo diverso e troppo lontano quel clima di oppressione in un paese occupato rispetto all’Italia degli anni Ottanta.

Etty Hillesum (1939). Crediti per la foto: Collection Jewish Museum, Amsterdam

Nonostante tutto questo, nel suo diario Etty Hillesum manifesta l’incrollabile esigenza di voler vivere la sua giovinezza ad ogni costo. Intende farlo – e lo fa – applicando alla sua vita una pratica banalmente rivoluzionaria: combattere l’odio con una smisurata propensione all’amore. Sotto ogni punto di vista. È qui che nasce e si sviluppa la sua relazione con il cinquantenne psico-chirologo tedesco Julius Spier, con una vicenda sentimentale già impegnativa alle spalle: una ex moglie, due figli, e una giovane fidanzata in fuga come lui dalla Germania nazista, e che lo attende a Londra. Etty lo sa. Eppure decide di vivere ugualmente questa storia d’amore, e – scrive Rasy –

di vivere soprattutto una diversa giovinezza femminile, di diventare donna in modo diverso dalle generazioni precedenti, inventarsi un modo sperimentale di essere una ragazza, di essere una ragazza inedita. È un’onda di cambiamento che attraversa il “continente nero della femminilità” – così Freud – per tutto il Novecento.

È il ritratto di una giovane ribelle, anticonformista, irrequieta, non soltanto in amore. Nel racconto del diario di Etty Hillesum scritto da Elisabetta Rasy emerge anche – benché non in misura prevalente, rispetto alla liaison con Spier – una personalità vorace di libri, di scrittura, di lavoro, con una frenesia che la agita in profondità. La vita, scrive nel diario, è «una lotta invitante». Non a caso il suo estro si manifesta, nella parola scritta, proprio nel corso dell’occupazione nazista. Quando ad Amsterdam e nei Paesi Bassi gli ebrei – tra cui lo stesso padre di Hillesum – sono già stati licenziati da tutti i servizi amministrativi e gli incarichi pubblici, essendo richiesto il certificato di “arianità”:

È questa la sua scommessa, la sua acrobatica sfida, è questo il lascito del suo diario: la bellezza della vita nei giorni dell’annientamento. Come dare, come trovare un senso in questa strada strettissima che è chiamata a percorrere.

Al suo fianco, in questo sentiero angusto, Rasy pone al fianco di Hillesum una teoria di donne e personaggi femminili che in qualche modo possiamo accostare a lei e alla sua vita avventurosa. Da Katherine Mansfield a Virginia Woolf, da Marguerite Duras (nata nel 1914, nello stesso anno di Hillesum) a Simone Weil, dalla Tatiana dell’Eugenio Onegin di Puškin alla Micòl del Giardino dei Finzi-Contini. Ma anche Primo Levi e Joseph Conrad. Compagne e compagni di strada in gran parte diversi da quelli menzionati da Hillesum nel suo diario: i grandi nomi della letteratura russa, ma anche Casanova, Boccaccio. E poi, soprattutto, Rainer Maria Rilke: come scrive Rasy,

il più intimo di questi amici di lettura […], alle cui parole certe volte si aggrappa come a una sorta di ancora di salvezza e fa proprie, ricopiandole sul quaderno, lunghe citazioni che la consolano e la guidano.

La pietra d’inciampo dedicata a Etty Hillesum ad Amsterdam. Foto di Christian Michelides, CC BY-SA 4.0

La guidano fino al giorno in cui sale sul convoglio diretto a Auschwitz, il 7 settembre del 1943. Il giorno in cui si spengono le parole del suo diario, poche settimane prima che si spenga anche il suo corpo. Aveva rinunciato a salvarsi, accettando fino in fondo il destino del suo popolo. Si salvò invece il suo diario: a sua insaputa, quel quaderno diventerà uno dei più importanti romanzi di formazione del Novecento. Ci lascerà il racconto di una vita inquieta, e insegnamenti intramontabili, come questo:

Una cosa, tuttavia, è certa: si deve contribuire ad aumentare la scorta di amore su questa terra. Ogni briciola di odio che si aggiunge all’odio esorbitante che già esiste, rende questo mondo più inospitabile e invivibile.

Elisabetta Rasy. Credits: foto di Marco Delogu

Il libro recensito è stato gentilmente fornito dalla Casa Editrice.

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