a cura di Simona Bartolena
dal 4 novembre 2023 al 3 marzo 2024
“La mostra – afferma la curatrice Simona Bartolena – permette ai visitatori di immergersi in un momento storico e culturale molto vivace, da cui emergeranno i fermenti di rivolta di questi nuovi pittori, insieme alle loro forti personalità artistiche e umane. La scena artistica francese del XIX secolo è notissima e sempre molto apprezzata dai visitatori delle grandi mostre. L’Ottocento italiano, invece, è ancora poco raccontato. Proprio per questo riserva ancora numerosi motivi di interesse, sorprendendo per la sua complessità e per la straordinaria qualità degli artisti. A Gubbio si dipana un suggestivo racconto che farà rivivere un ventennio d’oro dell’arte italiana, tra l’esperienza a Barbizon e le gustose caricature realizzate al Caffè Michelangelo, tra scene nei campi e un pomeriggio a Montemurlo. Si tratta perlopiù di opere di piccole dimensioni, adatte ad essere trasportate appunto en plein air, a volte anche su supporti improvvisati che celano aneddoti e storie personali. Come ad esempio uno splendido quadro di Giovanni Fattori, dipinto dietro il coperchio di una scatola per sigari. Sono opere che sembrano piccoli studi, come appena abbozzati, e hanno tutto il sapore di quadri realizzati al volo, appunto dal vero. Il clima in cui nasce la macchia era goliardico, fatto di amici e personaggi di tutta Italia che si incontravano a Firenze e trovano qui spunto per la loro piccola rivoluzione. Lo spettatore della mostra scoprirà, mediante citazioni, stralci di racconti scritti, approfondimenti biografici e spiegazioni tecniche, la vera importanza storico-artistica della pittura macchiaiola, troppo spesso nota solo per la piacevolezza delle sue tavolette”.
Sullo sfondo di un’Italia impegnata nelle fasi finali del Risorgimento, la mostra analizza la rivoluzione macchiaiola nei suoi più diversi aspetti, dalle sue origini nella seconda metà degli anni cinquanta, agli anni settanta, quando la ricerca pittorica del gruppo, ormai perduta l’asprezza delle prime prove, acquisisce uno stile più disteso, aperto alla più pacata tendenza naturalista che andava diffondendosi in Europa. I Macchiaioli furono un fenomeno di dimensione europea, non qualcosa di provinciale come spesso la critica ha presentato, ma piuttosto parte fondamentale di una nuova tendenza europea alla lettura del paesaggio dal vero e del realismo.
Titolo: “I Macchiaioli e la pittura en plein air tra Francia e Italia”
Sede: Gubbio, Logge dei Tiratori, Piazza Quaranta Martiri, 43
Data: 4 novembre 2023 – 3 marzo 2024
Orari di apertura: dal lunedì al venerdì dalle ore 10 alle 13 e dalle 14.30 alle 19.30, sabato e domenica dalle ore 10 alle 20. Ultimo ingresso 30 minuti prima dell’orario di chiusura.
Biglietto: intero € 12,00 (weekend e festivi); intero € 10,00 (feriali); ridotto € 8,00 (tutti i giorni della settimana) giovani fino a 14 anni, over 65, gruppi min 10 max 25 px, studenti, universitari, giornalisti, convenzionati; scuole € 5,00; gratuito fino a 6 anni. Biglietto open € 15,00 (include ingresso salta fila).
Prenotazioni visita: tel. +(39) 351 8403634 – +(39) 333 6095192 – prenotazioni@navigaresrl.com
Vendita online: ticketone.it
Per informazioni: tel. 075 8682952 – navigaresrl.com
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SEZIONI DELLA MOSTRA
La nascita della pittura en plein air tra Francia e Italia
La prima sezione della mostra racconta l’evoluzione della pittura “del vero dal vero”, partendo dall’esperienza – preziosissima anche per gli artisti italiani – dei pittori del cenacolo di Barbizon. Insieme ad alcune loro opere, saranno esposti anche dei lavori degli artisti italiani che alle ricerche dei barbizonniers hanno attinto e contribuito (come, ad esempio, Giuseppe e Filippo Palizzi), ma anche di pittori importanti per i futuri sviluppi della pittura di paesaggio, quali Antonio Fontanesi. La sezione si chiude con un’opera di Serafino De Tivoli che, grazie alle conoscenze acquisite durante un viaggio a Parigi, porterà ai colleghi del Caffè Michelangelo novità e conferme importanti.
Cos’è la macchia?
La seconda sezione chiarisce “la macchia” dal punto di vista tecnico, approfondendo le novità introdotte dal movimento nato intorno ai tavoli del Caffè Michelangelo. Attraverso le opere di alcuni grandi protagonisti del gruppo, si ha modo di avvicinarsi alla tecnica macchiaiola, alle sue caratteristiche salienti e ai motivi della sua carica rivoluzionaria. Imperdibili sono anche le caricature che i frequentatori del locale fiorentino amavano farsi vicendevolmente. Una testimonianza storica straordinaria, necessaria a comprendere il clima in cui si è sviluppata la vicenda macchiaiola.
Il paesaggio
La terza sezione riunisce una serie di piccoli-grandi paesaggi macchiaioli, realizzati in anni diversi. Le opere esposte offrono anche l’occasione per riflettere sui luoghi della Macchia (le campagne fiorentine, le coste di Castiglioncello e dintorni, le località tra Toscana e Liguria…) e soprattutto per sottolineare il rapporto tra la pittura di macchia e la fotografia (una relazione fondamentale per gli sviluppi della nuova pittura del vero).
La scena di genere
Il racconto del quotidiano – tra lavoratrici nei campi, mercati del bestiame e monaci a passeggio in un chiostro cittadino – è certamente uno dei temi su cui più si è esercitata la pittura di macchia, con esiti sempre innovativi. Opere quali Donne che lavorano nei campi di Cristiano Banti (Palazzo Foresti, Carpi) e Contadina al Gabbro di Silvestro Lega (collezione privata) ben introducono il visitatore in questo genere pittorico, rendendo molto evidente la modernità dell’interpretazione macchiaiola. Un focus particolare sarà dedicato al soggetto letterario e di storia antica, tematiche che i Macchiaioli hanno frequentato, in linea con una tendenza al tempo assai diffusa, interpretandole in modo personale e innovativo.
L’eredità della macchia
Già nel sesto decennio dell’Ottocento il gruppo macchiaiolo comincia a entrare in crisi. L’ultima sezione della mostra analizza la produzione più tarda dei principali protagonisti del movimento, prendendo in considerazione anche la loro eredità. Una selezione di opere tarde testimoniano le strade intraprese dai tre grandi maestri. Ma accanto ai loro lavori sono esposti anche alcuni capolavori di quegli artisti che, per primi, hanno raccolto il loro insegnamento e ne hanno seguito le tracce, quelli che potremmo definire gli allievi di prima generazione, come Nicolò Cannicci, i fratelli Gioli e i Tommasi.