9 Luglio 2015
I Romani si sono forse ispirati alle rocce vulcaniche dei Campi Flegrei, per la creazione del loro celebre cemento, visibile nel Pantheon e nel Colosseo, oltre che in diversi porti nel Mediterraneo (Alessandria, Cesarea, e a Cipro).
Già con Seneca (e con Vitruvio prima di lui) si notava che la cenere a Puteoli diventava pietra, a contatto con l’acqua. I Romani erano degli attenti osservatori della natura: utilizzarono la pozzolana per il loro cemento, e tuttavia una fonte diversa per la calce. E queste considerazioni potrebbero pure permettere oggi lo sviluppo di nuove tipologie di cemento, a partire da elementi simili.
Queste sono alcuni dei risultati di un nuovo studio pubblicato su Science da Tiziana Vanorio e Waruntorn Kanitpanyacharoen. Gli studiosi sono partiti dall’analisi delle rocce fibrose, simili al cemento, che si trovano nella caldera del supervulcano dei Campi Flegrei. Tiziana Vanorio era una delle 40 mila persone residenti a Pozzuoli, che furono evacuate nel 1982, in seguito all’innalzamento del terreno e a piccoli terremoti che seguirono. L’esperienza lasciò un segno vivido che l’ha spinta poi ad esaminare questa sorta di coperchio roccioso che sigilla la caldera.
Lo studio “Rock physics of fibrous rocks akin to Roman concrete explains uplifts at Campi Flegrei Caldera”, di Tiziana Vanorio e Waruntorn Kanitpanyacharoen, è stato pubblicato su Science.
Link: Science; Stanford’s School of Earth, Energy & Environmental Sciences; Scientific American; Eurekalert via American Association for the Advancement of Science; Science Daily.
Vista satellitare dei Campi Flegrei, foto della NASA, da Wikipedia, Pubblico dominio, caricata da AlMare.