Università di Pisa Archivi - Classicult https://www.classicult.it/tag/universita-di-pisa/ Dove i classici si incontrano. Cultura e culture Thu, 07 Aug 2025 11:42:11 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.8.2 https://www.classicult.it/wp-content/uploads/2018/08/cropped-tw-profilo-32x32.jpg Università di Pisa Archivi - Classicult https://www.classicult.it/tag/universita-di-pisa/ 32 32 Uşaklı Höyük e gli infanti della Struttura Circolare https://www.classicult.it/usakli-hoyuk-e-gli-infanti-della-struttura-circolare/ https://www.classicult.it/usakli-hoyuk-e-gli-infanti-della-struttura-circolare/?noamp=mobile#respond Thu, 07 Aug 2025 08:53:53 +0000 https://www.classicult.it/?p=314927 Nuove scoperte dagli scavi a Uşaklı Höyük, in Anatolia, rivelano resti di infanti nella Struttura Circolare, in un contesto rituale di epoca ittita 

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Uşaklı Höyük e gli infanti della Struttura Circolare
Nuove scoperte dagli scavi in Anatolia diretti dall’Università di Pisa rivelano resti di infanti in un contesto rituale di epoca ittita 
Struttura Circolare degli infanti a Uşaklı Höyük
Si è da poco conclusa la diciottesima campagna di scavo della Missione Archeologica Italiana in Anatolia Centrale, guidata dall’Università di Pisa presso il sito di Uşaklı Höyük, sull’altopiano anatolico centrale. Una missione che ha restituito scoperte di grande rilievo, su tutte il ritrovamento di resti umani infantili in un contesto che lascia ipotizzare pratiche rituali di epoca ittita. Il team di archeologi dell’Ateneo pisano, coordinato da Anacleto D’Agostino, professore di Archeologia e Storia dell’Arte dell’Asia occidentale, era composto da studenti e archeologi del dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere, che hanno lavorato nell’ambito di un progetto internazionale a fianco di ricercatori provenienti dalle università Koç (Istanbul), Siena, Firenze, UCL (Londra), Bozok (Yozgat), Sapienza (Roma) e Hacettepe (Ankara).
Le ricerche di questi ultimi mesi hanno permesso di chiarire aspetti finora poco noti relativi alla cosiddetta Struttura Circolare di età ittita, scoperta nel 2021, contribuendo a definirne la funzione e il contesto d’uso. Al tempo stesso, le indagini hanno restituito elementi preziosi per comprendere lo sviluppo dell’insediamento a partire dall’età del Ferro, offrendo nuove chiavi di lettura dei cambiamenti che accompagnano l’evoluzione delle strutture sociali e politiche.
scavi a Uşaklı Höyük
ritrovamenti più significativi riguardano i resti di 7 infanti in stretta connessione con la cosiddetta Struttura Circolare, un’enigmatica architettura in pietra che già in anni recenti aveva attirato l’attenzione degli studiosi per la sua possibile funzione cultuale. Le ossa non sono deposte in tombe vere e proprie, ma associate a frammenti ceramici, cenere e resti animali: un contesto tanto misterioso quanto prezioso.  Le fonti ittite non forniscono indicazioni chiare sui rituali riservati ai bambini deceduti ma i ritrovamenti di Uşaklı rafforzano l’ipotesi che si trattasse di un’area destinata alla loro deposizione, così come accadeva, ad esempio, nel caso dei tofet delle città fenicie e puniche.
“Il legame tra i resti e l’architettura monumentale appare ormai evidente – sottolinea il professor Anacleto D’Agostino – Siamo di fronte a uno spazio che probabilmente aveva una funzione rituale connessa con le pratiche comunitarie e i suoi valori simbolici della popolazione che vi ha abitato nel corso del Tardo Bronzo”.
Particolarmente rilevante è il ritrovamento del dente di un infante, sia per la possibilità di ottenere una datazione assoluta, sia perché – grazie al suo stato di conservazione e al contesto stratigrafico preciso – potrà fornire, attraverso le analisi del DNA, dati fondamentali sulla composizione biologica delle genti che abitavano il sito nel periodo ittita. Gli studi sono in corso presso il laboratorio Human_G dell’Università Hacettepe di Ankara.resti a Uşaklı Höyük
La Struttura Circolare e la città santa: nuove evidenze per comprendere l’abitato ittita
Il contesto dei ritrovamenti si colloca nell’Area F, dove lo scavo ha rivelato nuovi muri riferibili a una fase tarda dell’occupazione ittita. Le murature rispettano la presenza della Struttura Circolare, suggerendone una continuità d’uso e una funzione riconosciuta nel corso del tempo. Sul lato orientale, le stratificazioni dei lastricati indicano una lunga frequentazione, e connessa forse ad un ambito cultuale.
Grazie alle nuove evidenze, si fa più concreta l’ipotesi che la struttura avesse un ruolo centrale nella definizione dello spazio sacro dell’insediamento, forse in rapporto con il culto del Dio della Tempesta, divinità principale della città ittita di Zippalanda, che molti studiosi tendono oggi a identificare con Uşaklı Höyük.
resti a Uşaklı Höyük
Acropoli, città bassa e necropoli: uno sguardo d’insieme su un sito millenario
Oltre all’Area F, la campagna 2025 ha interessato l’acropoli, dove per la prima volta è stato possibile ricostruire una sequenza di abitazioni e spazi aperti compresi tra l’età del Ferro e il periodo ellenistico. In un saggio esplorativo, a quattro metri di profondità, è emerso anche un deposito di distruzione con pietre bruciate e ceneri, databile alla media età del Ferro, che potrà offrire nuove informazioni su un periodo ancora poco conosciuto nella regione.
La sequenza di pavimenti lastricati e punti fuoco, oltre al ritrovamento di un braciere in pietra suggeriscono una continuità funzionale dell’area, mentre l’assenza di tracce di epoca medievale — documentate invece nella città bassa — ne conferma l’abbandono in età posteriore.
Un ulteriore fronte di ricerca ha riguardato l’Area G, dove continua lo studio della necropoli medievale. Le indagini genetiche su una famiglia sepolta stanno restituendo informazioni interessanti sul popolamento medievale dell’altopiano anatolico dopo la battaglia di Manzinkert (1071 d.C.).
Ceramiche, resti animali, DNA e archeobotanica: i reperti raccontano la vita quotidiana
Accanto ai dati architettonici e antropologici, lo studio dei materiali ha permesso di approfondire la conoscenza delle pratiche alimentari, produttive e rituali. La varietà di specie animali rinvenute — domestiche e selvatiche — riflette un paesaggio eterogeneo e un’economia mista di allevamento e caccia.
In Area F, una fossa di epoca tarda contenente resti interi di vari animali — tra cui cavalli, asini, bovini, caprovini e una lepre — potrebbe testimoniare pratiche collettive o cerimoniali. Le analisi sulle ceramiche, intanto, proseguono anche attraverso sperimentazioni relative all’archeologia del cibo.
Lo studio dei semi, carboni e terreni flottati prosegue con l’obiettivo di ricostruire il contesto ambientale e agricolo, mentre il lavoro sul DNA umano e animale promette di ampliare la conoscenza biologica delle antiche popolazioni anatoliche.
Uşaklı Höyük
Uşaklı Höyük con la Struttura Circolare degli infanti
Un progetto internazionale nel cuore dell’Anatolia ittita
Coordinato dall’Università di Pisa in collaborazione con numerose istituzioni turche ed europee, il progetto rappresenta l’unica missione italiana in un insediamento ittita nel cuore della madrepatria. Un’esperienza di cooperazione scientifica e formativa resa possibile dal supporto della Direzione Generale del Patrimonio Culturale della Turchia e finanziata dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale italiano, dalla Fondazione per l’Oriente Mediterraneo, dall’Università di Oxfors e dal Progetto PRIN AlandAcon fondi Next Generation EU.
Maggiori informazioni sul progetto sono disponibili sul sito del Dipartimento di Civiltà e forme del sapere
Testo e immagini dall’Ufficio comunicazione istituzionale d’Ateneo dell’Università di Pisa

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In Toscana due degli ultimi insediamenti dei Neandertal in Italia a Buca della Iena e Grotta del Capriolo https://www.classicult.it/in-toscana-due-degli-ultimi-insediamenti-dei-neandertal-in-italia-a-buca-della-iena-e-grotta-del-capriolo/ https://www.classicult.it/in-toscana-due-degli-ultimi-insediamenti-dei-neandertal-in-italia-a-buca-della-iena-e-grotta-del-capriolo/?noamp=mobile#respond Wed, 18 Jun 2025 10:01:59 +0000 https://www.classicult.it/?p=308651 In Toscana due degli ultimi insediamenti dei Neandertal in Italia nei siti di Buca della Iena e Grotta del Capriolo (Massarosa)

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In Toscana due degli ultimi insediamenti dei Neandertal in Italia a Buca della Iena e Grotta del Capriolo
Nuovi dati sono emersi dalla ricerca pubblicata sulla rivista internazionale PLoS ONE e coordinata da Jacopo Gennai ricercatore dell’Università di Pisa nei siti di Buca della Iena e Grotta del Capriolo (Massarosa)
Buca della Iena Grotta del Capriolo: in due siti della Toscana gli ultimi Neandertal per l'Italia
La Toscana nord-occidentale è uno degli ultimi territori italiani in cui è documentata la presenza dei Neandertal prima della loro estinzione. È quanto emerge da un nuovo studio pubblicato sulla rivista scientifica PLoS ONE, coordinato da Jacopo Gennai, ricercatore presso il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa, in collaborazione con la professoressa Elisabetta Starnini.
L’indagine, realizzata in collaborazione con ricercatori del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, dell’Università di Roma “Tor Vergata” e dell’Università di Vienna, ha riguardato due importanti siti paleolitici dell’area: la Buca della Iena e la Grotta del Capriolo (Massarosa). Le analisi, condotte su materiali già noti dagli scavi condotti negli anni ’60 ma riesaminati con tecnologie attuali come la datazione al radiocarbonio effettuata tramite avanzati protocolli scientifici utilizzati dall’Università di Vienna, hanno portato a datare la presenza dei Neandertal a circa 42.000 anni fa (ca. 40.000 a.C.) Una datazione che colloca i due siti tra le ultime testimonianze della presenza neandertaliana in Italia, accanto a quelle già note in Liguria (Balzi Rossi) e Campania (grotte di Castelcivita).
La ricerca getta nuova luce sulla fase finale dell’esistenza dei Neandertal nel nostro Paese prima della loro estinzione, in un periodo segnato dall’arrivo dei primi gruppi di Homo sapiens provenienti dall’Africa e dal Vicino Oriente.
Inoltre, il riesame delle ossa animali, condotto da Angelica Fiorillo dell’Università di Roma “Tor Vergata” (attualmente assegnista di ricerca all’Università di Bologna) ha evidenziato la coesistenza e l’interazione dei Neandertal con grandi carnivori: la Buca della Iena come suggerisce il nome, era primariamente una tana di iene che hanno popolato l’Europa fino alla fine dell’Era glaciale, ma ha ospitato anche gruppi neandertaliani.
“I nuovi dati supportati dalle datazioni al radiocarbonio – spiega Jacopo Gennai – sono un importante tassello nella comprensione delle ragioni che hanno condotto all’estinzione i gruppi di Neandertal e del loro comportamento in un periodo di profondo cambiamento, rappresentato dall’arrivo di nuovi gruppi umani potenzialmente in competizione.”
Jacopo Gennai
Jacopo Gennai
Lo studio – finanziato nell’ambito del programma Horizon Europe Marie Skłodowska-Curie Actions MobiliTy e dal Progetto di Eccellenza 2023-2027 “Un senso nel disordine. Praticare la complessità” dell’Università di Pisa – apre nuove prospettive di ricerca per indagare i fattori di resilienza dei gruppi neandertaliani nel contesto dell’arrivo di Homo sapiens in Toscana meridionale: in siti come la Grotta La Fabbrica (GR) sono presenti nella stessa epoca manufatti attribuiti ai primi Homo sapiens, di cui invece non troviamo traccia nella zona di Buca della Iena e Grotta del Capriolo.
manufatti da Grotta del Capriolo
manufatti da Grotta del Capriolo
Riferimenti bibliografici:

Gennai J, Higham T, Romboni M, Fiorillo A, Giannì M, van der Sluis L, et al. Buca della Iena and Grotta del Capriolo: New chronological, lithic, and faunal analyses of two late Mousterian sites in Central Italy. PLoS One (2025) 20(6) : e0315876, DOI: https://doi.org/10.1371/journal.pone.0315876
Testo e immagini dall’Ufficio Stampa dell’Università di Pisa

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L’età dei Rotoli del Mar Morto: più antichi di quanto finora ipotizzato https://www.classicult.it/leta-dei-rotoli-del-mar-morto-piu-antichi-di-quanto-finora-ipotizzato/ https://www.classicult.it/leta-dei-rotoli-del-mar-morto-piu-antichi-di-quanto-finora-ipotizzato/?noamp=mobile#respond Thu, 05 Jun 2025 07:51:56 +0000 https://www.classicult.it/?p=307510 “Le mani che scrissero la Bibbia”: svelata la vera età dei Rotoli del Mar Morto; sono più antichi di quanto finora ipotizzato

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“Le mani che scrissero la Bibbia”: svelata la vera età dei Rotoli del Mar Morto; sono più antichi di quanto finora ipotizzato

L’Università di Pisa nello studio internazionale pubblicato sulla Rivista PLoS ONE: i Rotoli del Mar Morto sono più antichi di quanto sinora ritenuto e due frammenti del Libro di Daniele e dell’Ecclesiaste risalgono all’epoca in cui sono vissuti gli autori anonimi dei testi biblici.

I Rotoli del Mar Morto sono più antichi di quanto finora ipotizzato e in alcuni casi la loro stesura è contemporanea all’epoca in cui sono vissuti gli autori anonimi dei testi biblici. È questo quanto emerge da un nuovo studio internazionale pubblicato sulla rivista PLoS ONE al quale ha partecipato l’Università di Pisa insieme agli atenei di Groningen e della Danimarca  Meridionale (Southern Denmark) nell’ambito del progetto europeo ERC “Le mani che scrissero la Bibbia”. La ricerca ha combinato per la prima volta l’intelligenza artificiale con la datazione al radiocarbonio permettendo di affinare la cronologia dei manoscritti.

“Le mani che scrissero la Bibbia”: svelata la vera età dei Rotoli del Mar Morto; sono più antichi di quanto finora ipotizzato. Lo studio pubblicato su PLoS ONE
“Le mani che scrissero la Bibbia”: svelata la vera età dei Rotoli del Mar Morto; sono più antichi di quanto finora ipotizzato. Lo studio pubblicato su PLoS ONE

I test condotti su 135 rotoli hanno rivelato che numerosi manoscritti sono in realtà molto più antichi di quanto sinora ritenuto. I manoscritti in scrittura di tipo asmoneo, tradizionalmente datati tra 150–50 a.C., risultano a volte precedenti anche alla metà del II secolo a.C. (cioè intorno al 175–150 a.C. o anche fine III sec. a.C.). Anche la scrittura erodiana è risultata più antica del previsto, indicando una coesistenza dei due stili già dalla fine del II secolo a.C., piuttosto che dalla metà I secolo a.C., come ritenuto finora.

Lo studio ha inoltre permesso di identificare due frammenti del Libro di Daniele e dell’Ecclesiaste – 4QDanielc e 4QQoheleta – che risalgono rispettivamente al II e al III secolo a.C., lo stesso periodo in cui si presume siano vissuti gli autori anonimi dei rispettivi testi biblici. È la prima volta che frammenti della Bibbia possono essere associati con così alta probabilità al tempo dei loro estensori, offrendo una prova tangibile per gli studiosi che si interrogano sulle origini della Bibbia e sulla trasmissione dei suoi testi.

Il team pisano, composto dalle professoresse Ilaria Degano e Maria Perla Colombini e dal dottor Jacopo La Nasa del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale, ha partecipato allo studio mettendo a punto protocolli innovativi per la rimozione di contaminanti presenti nei frammenti, in particolare sostanze residue di vecchi restauri, che avrebbero potuto alterare l’accuratezza della datazione al radiocarbonio.

Il nostro compito è stato assicurare che i materiali inviati per la datazione fossero il più possibile puliti e privi di residui che potessero alterare i risultati — spiega la professoressa Ilaria Degano — Per farlo, abbiamo sviluppato e validato un protocollo specifico che consente di rimuovere i contaminanti senza compromettere l’integrità del campione e di verificarlo analiticamente. È stata una sfida che ha richiesto grande precisione, perché abbiamo lavorato su reperti unici e fragili. Questo approccio, altamente innovativo, potrà essere impiegato in futuro anche su altri manoscritti antichi, offrendo uno standard avanzato per la preparazione di campioni destinati alla datazione radiometrica”.

Rotoli del Mar Morto analisi

I dati chimico-fisici ottenuti sono stati fondamentali per allenare Enochun nuovo modello predittivo basato sul machine learning, capace di stimare l’età dei manoscritti a partire dalle immagini delle scritture. Realizzato all’Università di Groningen, Enoch utilizza BiNet, una rete neurale profonda progettata per analizzare le tracce d’inchiostro e la morfologia dei caratteri manoscritti. L’algoritmo, validato attraverso la datazione al radiocarbonio, ha raggiunto una precisione senza precedenti, con un margine di incertezza di circa più o meno 30 anni, inferiore a quello delle stesse tecniche radiometriche nel periodo considerato.

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Questa ricerca è stata finanziata dall’European Research Council, GA 640497 (European Commission, Horizon 2020). Mladen Popović è il principal investigator del progetto.

Riferimenti bibliografici:

Popović M, Dhali MA, Schomaker L, van der Plicht J, Lund Rasmussen K, La Nasa J, et al., Dating ancient manuscripts using radiocarbon and AI-based writing style analysis, PLoS ONE (2025) 20(6): e0323185, DOI: https://doi.org/10.1371/journal.pone.0323185

Testo e immagini dall’Ufficio comunicazione di Ateneo dell’Università  di Pisa

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La luce di sincrotrone svela i segreti dei resti umani antichi: un potente alleato della paleopatologia https://www.classicult.it/la-luce-di-sincrotrone-svela-i-segreti-dei-resti-umani-antichi-un-potente-alleato-della-paleopatologia/ https://www.classicult.it/la-luce-di-sincrotrone-svela-i-segreti-dei-resti-umani-antichi-un-potente-alleato-della-paleopatologia/?noamp=mobile#respond Wed, 04 Jun 2025 11:18:17 +0000 https://www.classicult.it/?p=307318 La tomografia a contrasto di fase, una tecnica di imaging avanzato resa possibile dalla luce di sincrotrone: un potente alleato della paleopatologia

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La luce di sincrotrone svela i segreti dei resti umani antichi: un potente alleato della paleopatologia

Un progetto dell’Università di Pisa indaga le malattie respiratorie nelle popolazioni del passato con tecnologie all’avanguardia

reperto osseo luce di sincrotrone paleopatologia

La luce di sincrotrone – una radiazione molto intensa usata come un “super microscopio” per osservare materiali e tessuti in altissima definizione senza danneggiarli – diventa un potente alleato della paleopatologia, la disciplina che studia le malattie nelle popolazioni antiche attraverso i resti scheletrici e mummificati. Un recente progetto di ricerca condotto dall’Università di Pisa ha sfruttato questa tecnologia all’avanguardia per indagare in modo non distruttivo le alterazioni ossee associate alla sinusite mascellare cronica in resti umani di interesse archeologico. Il progetto, guidato da Giulia Riccomi, ricercatrice del Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia, in stretta collaborazione con Bianca Casa —assegnista di ricerca afferente allo stesso dipartimento — si è distinto per l’innovatività metodologica e l’approccio multidisciplinare. L’obiettivo era analizzare con estrema precisione e senza compromettere i reperti, i segni ossei di patologie respiratorie croniche nelle comunità del passato.

Per farlo, le ricercatrici hanno utilizzato la tomografia a contrasto di fase, una tecnica di imaging avanzato resa possibile dalla luce di sincrotrone, capace di generare immagini bidimensionali e tridimensionali ad altissima risoluzione. La tecnologia, applicata per la prima volta a livello internazionale a resti osteoarcheologici con segni di infiammazione cronica del tratto respiratorio superiore, consente una vera e propria “istologia virtuale” non invasiva. Questo approccio apre nuove prospettive per la diagnosi paleopatologica e la comprensione della salute respiratoria nel passato.

L’importanza del progetto non si limita al campo della ricerca accademica. Lo studio delle malattie nei resti osteoarcheologici offre una chiave per riflettere su tematiche estremamente attuali, come l’impatto dell’ambiente, lo stile di vita e il loro impatto sulla salute respiratoria. Analizzare il rapporto tra uomo e ambiente in epoche remote può infatti aiutare a comprendere meglio le dinamiche che influenzano la salute oggi.

A rendere possibile questa impresa scientifica è stata la selezione del progetto alla “Call for Proposal 2024” del centro di ricerca Elettra Sincrotrone Trieste, una delle infrastrutture più avanzate d’Europa nel campo dell’imaging con luce di sincrotrone. In particolare, le ricercatrici sono state ammesse alla prestigiosa beamline SYRMEP (SYnchrotron Radiation for MEdical Physics), dove, nel maggio 2025, hanno potuto condurre le loro analisi.

“Poter lavorare a Elettra è stata un’opportunità tanto straordinaria quanto inaspettata – racconta Giulia Riccomi, principal investigator del progetto – Abbiamo raccolto dati di altissima qualità che potranno aprire nuove strade per lo studio non distruttivo dei resti umani antichi”.

Durante la loro permanenza a Trieste, le due studiose hanno eseguito esperimenti su reperti con lesioni ossee legate alla sinusite mascellare cronica, ottenendo immagini 2D e 3D dettagliatissime, indispensabili per comprendere l’evoluzione delle condizioni patologiche nel tempo.

“La possibilità di studiare in dettaglio queste alterazioni strutturali ci consente di contribuire concretamente a una migliore comprensione delle malattie croniche del passato – continua Riccomi – Un entusiasmo condiviso anche dalla collega Bianca Casa, che aggiunge: “Lavorare in un’infrastruttura come Elettra ha rappresentato una straordinaria occasione di crescita scientifica”.

Un’esperienza resa ancora più significativa dal supporto ricevuto dal team di SYRMEP, in particolare dalla beamline scientist Elena Longo e dalla MSCA postdoctoral fellow Simone AM Lemmers, figure chiave nella buona riuscita dell’esperimento.

Giulia Riccomi e Bianca Casa
Giulia Riccomi e Bianca Casa

Riccomi e Casa rappresentano un nuovo volto della ricerca umanistica-tecnologica, capace di integrare approcci bioarcheologici con le tecnologie più avanzate. Entrambe condividono una forte passione per la valorizzazione dei resti umani archeologici attraverso metodi non invasivi. Giulia Riccomi, insignita del riconoscimento MSCA Seal of Excellence, ha una formazione in bioarcheologia, paleopatologia e scienze archeologiche. Bianca Casa è esperta in osteologia umana e nello studio del rapporto uomo-ambiente nelle epoche passate. Il progetto, selezionato su base altamente competitiva, dimostra l’importanza di investire in infrastrutture scientifiche condivise e nell’apertura verso approcci interdisciplinari.

Testo e foto dall’Ufficio Stampa dell’Università di Pisa

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A Pisa la mostra “La Battaglia di Curtatone e Montanara: storia, memoria, mito” https://www.classicult.it/a-pisa-la-mostra-la-battaglia-di-curtatone-e-montanara-storia-memoria-mito/ https://www.classicult.it/a-pisa-la-mostra-la-battaglia-di-curtatone-e-montanara-storia-memoria-mito/?noamp=mobile#respond Wed, 28 May 2025 15:39:22 +0000 https://www.classicult.it/?p=306605 A Pisa inaugurata la mostra “La Battaglia di Curtatone e Montanara: storia, memoria, mito”, nel 177° anniversario

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L’Università di Pisa ha celebrato il 177° anniversario della battaglia di Curtatone e Montanara; inaugurata la mostra “La Battaglia di Curtatone e Montanara: storia, memoria, mito”

Nel Palazzo della Sapienza inaugurata una mostra dedicata alla battaglia e firmato un protocollo d’intesa per la valorizzazione dell’episodio storico

Mercoledì 28 maggio, si sono svolte a Pisa le commemorazioni del 177° anniversario della battaglia di Curtatone e Montanara, uno degli episodi simbolo del Risorgimento avvenuto il 29 maggio 1848. Le celebrazioni, con cui ogni anno l’Università di Pisa rende omaggio al coraggio dei membri del Battaglione Universitario Toscano che partirono volontari per combattere nella prima guerra di indipendenza, sono iniziate dal Camposanto Monumentale, in Piazza dei Miracoli, con la commemorazione dei caduti e gli indirizzi di saluto delle autorità.

A Pisa la mostra “La Battaglia di Curtatone e Montanara: storia, memoria, mito” A Pisa la mostra “La Battaglia di Curtatone e Montanara: storia, memoria, mito” A Pisa la mostra “La Battaglia di Curtatone e Montanara: storia, memoria, mito” A Pisa la mostra “La Battaglia di Curtatone e Montanara: storia, memoria, mito” A Pisa la mostra “La Battaglia di Curtatone e Montanara: storia, memoria, mito”

A seguire, le celebrazioni si sono spostate nel Palazzo della Sapienza, dove si è tenuta la deposizione delle corone ai caduti nella Battaglia e subito dopo l’inaugurazione della mostra “La Battaglia di Curtatone e Montanara: storia, memoria, mito”. Sono intervenuti i curatori Lorenzo Gremigni, Pietro Finelli, Lucia Liguori e Michele da Caprile.

Nell’Aula Magna Nuova della Sapienza si è poi tenuta la presentazione e la firma del protocollo di intesa tra l’Università di Pisa, il Comune di Pisa, la Provincia di Mantova, il Comune di Curtatone, l’Istituto Domus Mazziniana avente lo scopo di promuovere la memoria della Battaglia di Curtatone e Montanara, lo studio e la conoscenza del Risorgimento. Il protocollo è stato firmato da Giuseppe Iannaccone, prorettore vicario dell’Università di Pisa, Carlo Bottani, presidente della Provincia di Mantova, Filippo Bedini, assessore del Comune di Pisa, e Paolo Mancarella, presidente dell’Istituto Domus Mazziniana.

“Il protocollo d’intesa che firmiamo oggi costituisce il fondamento per l’avvio e la promozione di una serie di eventi, percorsi didattici ed eventualmente anche progetti di ricerca da realizzare in collaborazione con i soggetti firmatari – ha detto il prorettore vicario Giuseppe Iannaccone – L’obiettivo è quello di valorizzare i principi che hanno animato il Risorgimento, con particolare riferimento – per quel che ci riguarda – al Battaglione Universitario Toscano a Curtatone e Montanara. Per l’Università di Pisa si tratta effettivamente di accettare l’impegno a trasmettere questi valori alle prossime generazioni, affinché il sacrificio compiuto allora da studenti e docenti si trasformi in consapevolezza nel presente”.

Dopo l’illustrazione del restauro del Monumento dei Caduti della Battaglia a Curtatone a cura di Giulia Ellisse (Comune di Curtatone), la mattinata si è chiusa con una selezione di canti risorgimentali a cura del Coro dell’Università di Pisa, diretto da Stefano Barandoni, e di brani tratti dalla corrispondenza del Capitano Ferdinando Agostini (letti da Lorenzo Gremigni e da Lucia Liguori).

L’organizzazione della giornata è stata curata dal Comitato scientifico per la commemorazione della Battaglia di Curtatone e Montanara, del CIDIC – Centro per l’Innovazione e la Diffusione della Cultura, e dell’Istituto Domus Mazziniana.

Testo e immagini dall’Ufficio Stampa dell’Università di Pisa.

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Nuovo documento sul poeta lucchese Bonagiunta Orbicciani lo attesta in vita nel 1274 https://www.classicult.it/nuovo-documento-sul-poeta-lucchese-bonagiunta-orbicciani-lo-attesta-in-vita-nel-1274/ https://www.classicult.it/nuovo-documento-sul-poeta-lucchese-bonagiunta-orbicciani-lo-attesta-in-vita-nel-1274/?noamp=mobile#respond Tue, 06 May 2025 09:20:51 +0000 https://www.classicult.it/?p=304022 Un nuovo documento sul poeta lucchese Bonagiunta Orbicciani lo attesta ancora in vita nel 1274, diciassette anni in più di quanto ritenuto

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Scoperto un nuovo documento sul poeta lucchese Bonagiunta Orbicciani che lo attesta  ancora in vita nel 1274, diciassette anni in più di quanto finora ritenuto

Il documento sarà presentato per la prima volta nel corso dell’evento “Dagli archivi alla storia della letteratura: novità su Lucca e i suoi poeti al tempo di Dante” 

8 maggio 2025, ore 15.30, Auditorium della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, via San Micheletto 3, Lucca

Il Laboratorio Ipermediale Dantesco dell’Università di Pisa annuncia la scoperta di un nuovo documento sul poeta Bonagiunta Orbicciani da Lucca. Il ritrovamento verrà presentato per la prima volta al pubblico da Elisa Orsi (Università di Pisa) e Federico Lucignano (ricercatore indipendente) giovedì 8 maggio 2025 in occasione dell’evento “Dagli archivi alla storia della letteratura: novità su Lucca e i suoi poeti al tempo di Dante”, un pomeriggio di studi aperto alla cittadinanza e alle scuole del territorio che ha l’obiettivo di mostrare concretamente in cosa consiste la ricerca in ambito storico e letterario.

Conservato presso l’Archivio di Stato di Lucca, l’atto accerta che nel 1274 il rimatore era ancora in vita, con un guadagno di ben diciassette anni per la biografia del poeta lucchese. La cronologia di Bonagiunta, che Dante nel canto XXIV del Purgatorio sceglie come interlocutore per formulare la celebre definizione di «dolce stil novo», viene riscritta da questo importante ritrovamento con significative ricadute sotto il profilo letterario: Bonagiunta ci appare oggi, anche da un punto di vista biografico, un vero e proprio anticipatore dello Stilnovo fiorentino, aprendo così la strada a una nuova interpretazione complessiva del passo della Commedia di cui è protagonista.

La scoperta è il primo significativo risultato del progetto promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, Poeti nella Lucca del Duecento. Primi scavi per una nuova valorizzazione di identità ed eredità della cultura cittadina prima di Dante, che indaga il patrimonio dell’Archivio di Stato e dell’Archivio Storico Diocesano di Lucca. Grazie a un innovativo approccio interdisciplinare, il progetto mira a realizzare la prima ricostruzione complessiva del panorama poetico della Lucca del Duecento, tracciando un profilo storico-letterario, sociale e familiare dei suoi protagonisti, a partire dall’importante figura di Bonagiunta. Al focus sui poeti del Duecento lucchese, nel corso dell’evento, si affiancherà un approfondimento sugli studiosi locali che di Dante si sono occupati, per valorizzare appieno la vivacità culturale e l’importanza di Lucca per gli studi su Dante e sul Medioevo.

Parteciperanno all’incontro Alberto Casadei, professore ordinario di Letteratura italiana (Università di Pisa) e direttore di LIDUP, Federico Lucignano, ricercatore indipendente, Elisa Orsi, assegnista di ricerca in Letteratura italiana (Università di Pisa) e coordinatrice del Gruppo di lavoro LIDUP di Lucca e provincia, Margherita Paoli, docente di Lettere (I.S.I. Barga), Alma Poloni, professoressa associata di Storia medievale (Università di Pisa).

L’incontro è organizzato dal gruppo LIDUP di Lucca e provincia col sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca. In collaborazione con: Accademia Lucchese di Lettere, Scienze e Arti, Archivio di Stato di Lucca, Archivio Storico Diocesano di Lucca, Associazione Amici di Enrico Pea e Società Dante Alighieri Lucca.

L’evento sarà trasmesso in streaming sul canale YouTube dell’Associazione Amici di Enrico Pea (https://www.youtube.com/@associazioneamicidienricopea).

Dagli archivi alla storia della letteratura novità su Lucca e i suoi poeti al tempo di Dante Locandina 8 maggio 2025
la locandina dell’evento nel quale si annuncia la scoperta del nuovo documento sul poeta Bonagiunta Orbicciani, ancora in vita nel 1274

Testo e immagine dall’Ufficio Stampa dell’Università di Pisa.

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Pantano Grande, Messina, Sicilia: 3700 anni fa, età del Bronzo, le prime tracce di sfruttamento dell’olivo in Italia https://www.classicult.it/pantano-grande-messina-sicilia-3700-anni-fa-eta-del-bronzo-le-prime-tracce-di-sfruttamento-dellolivo-in-italia/ https://www.classicult.it/pantano-grande-messina-sicilia-3700-anni-fa-eta-del-bronzo-le-prime-tracce-di-sfruttamento-dellolivo-in-italia/?noamp=mobile#respond Thu, 10 Apr 2025 08:19:14 +0000 https://www.classicult.it/?p=300553 Le prime tracce di sfruttamento dell’olivo in Italia da parte dell’uomo provengono dalla Sicilia e risalgono a 3700 anni fa, in piena età del Bronzo

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In Sicilia 3700 anni fa, le prime tracce di sfruttamento dell’olivo in Italia: da Pantano Grande, vicino Messina
L’Università di Pisa partner dello studio pubblicato su Quaternary Science Reviews

Le prime tracce di sfruttamento dell’olivo in Italia da parte dell’uomo provengono dalla Sicilia e risalgono a 3700 anni fa, in piena età del Bronzo. La testimonianza è la più antica di tutto il mediterraneo dopo quella di Malta che risale a 5000 anni fa. A rivelarlo è uno studio pubblicato su Quaternary Science Reviews e condotto dalle università di Pisa, della Tuscia e Sapienza di Roma.  

Le indagini hanno riguardato in particolare il sito di Pantano Grande, un’area paludosa vicino Messina. I carotaggi eseguiti in questa zona hanno restituito una sequenza continua di sedimenti di circa 3700 anni. L’analisi al microscopio ha rivelato quantità eccezionalmente elevate di polline di olivo già nella Media età del Bronzo, il che suggerisce una massiccia presenza di questi alberi e la loro possibile gestione attiva da parte delle popolazioni.

olivo Sicilia età del Bronzo i carotaggi nella zona Pantano Grande, un’area paludosa vicino Messina i carotaggi nella zona Pantano Grande, un’area paludosa vicino Messina

Secondo la ricerca, l’olivo selvatico era sfruttato in modo sistematico non solo per la produzione di olio. Il legno era utilizzato come combustibile o materiale da costruzione, e le foglie servivano come foraggio per gli animali. Anche se non si trattava ancora di una vera e propria coltivazione, la sua presenza intensiva nel paesaggio suggerisce un intervento umano consapevole e mirato.

Dopo l’Età del Bronzo, lo studio identifica altre due fasi di propagazione dell’olivo collegate a momenti chiave della storia culturale e politica della Sicilia. In epoca romana (dal II secolo a.C. al III secolo d.C.) le evidenze archeologiche e paleobotaniche convergono: il polline di olivo è associato a reperti come anfore o presse per l’olio e tutto fa pensare ad una vera e propria coltivazione. In epoca moderna (Regno di Sicilia, XIII–XIX secolo) si assiste a una nuova espansione dell’olivo. Come testimonia la documentazione storica siamo di fronte ad una olivicoltura in senso moderno, non più una gestione del selvatico.

“Il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Ateneo pisano ha contribuito al recupero e alla datazione delle carote sedimentarie, alla validazione dei dati geochimici e all’interpretazione dei risultati alla luce dell’analisi paleoambientale e climatica del sito”, racconta la professoressa Monica Bini, coautrice dell’articolo insieme al collega Giovanni Zanchetta.

“Abbiamo adottato un approccio fortemente interdisciplinare per indagare l’evoluzione storica, ecologica e culturale degli olivi in Sicilia orientale – conclude Zanchetta – questa sinergia tra scienze naturali e discipline umanistiche ci ha consentito di ricostruire le dinamiche a lungo termine dell’interazione tra uomo e ambiente, evidenziando come fattori culturali, climatici e commerciali abbiano modellato il paesaggio olivicolo. L’espansione degli olivi non è spiegabile solo con condizioni ambientali favorevoli, ma è piuttosto il risultato di scelte antropiche, pratiche agricole, e reti di scambio che hanno attraversato i millenni”.

Testo e foto dall’Ufficio Stampa dell’Università di Pisa

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Lo Sheikh Zayed Book Award per la traduzione di Orosius. Seven books of histories against the Pagans https://www.classicult.it/lo-sheikh-zayed-book-award-per-la-traduzione-di-orosius-seven-books-of-histories-against-the-pagans/ https://www.classicult.it/lo-sheikh-zayed-book-award-per-la-traduzione-di-orosius-seven-books-of-histories-against-the-pagans/?noamp=mobile#respond Tue, 08 Apr 2025 20:26:18 +0000 https://www.classicult.it/?p=300542 Lo Sheikh Zayed Book Award, premio per la traduzione dall’arabo, al libro Orosius. Seven books of histories against the Pagans

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Lo Sheikh Zayed Book Award, premio per la traduzione dall’arabo, al libro “Orosius. Seven books of histories against the Pagans” pubblicato dalla Pisa University Press 

La premiazione avrà luogo durante l’Abu Dhabi International Book Fair a maggio

Il volume “Orosius. Seven books of histories against the Pagans” pubblicato dalla Pisa University Press, la casa editrice dell’Università di Pisa, e curato da Marco Di Branco, docente dell’Università Sapienza di Roma, ha vinto lo Sheikh Zayed Book Award, uno più prestigiosi premi al mondo dedicato alla letteratura e cultura araba per la categoria traduzione da o verso l’arabo.

Il premio, che riconosce il ruolo importante dei traduttori nell’arricchire la cultura e nel promuovere il dialogo tra i popoli quest’anno ha ricevuto un record di 3.151 candidature. La cerimonia di premiazione avrà luogo durante l’Abu Dhabi International Book Fair a maggio.

Kitāb Hurūšiyūš, il volume vincitore, è una traduzione e rielaborazione in arabo della celebre Historiae adversus paganos dello storico latino Paolo Orosio, ed è il frutto della collaborazione tra autori cristiani e musulmani alla corte del califfo andaluso al-Ḥakam II al-Mustanṣir. Il libro rappresentò un nuovo accesso al mondo greco-romano per la cultura islamica medievale e la sua influenza sulla conoscenza storica islamica fu molto significativa.

La Collana Greco Arabo Latino della Pisa University Press di cui l’opera fa parte, si aggiudica così un secondo importante riconoscimento internazionale, dopo aver ricevuto prestigioso premio “Custodian of the Two Holy Mosques King Abdullah bin Abdulaziz International Award for Translation” per la traduzione in italiano di Cecilia Martini Bonadeo del testo del filosofo medievale Al-Fārābī, L’armonia delle opinioni dei due saggi Platone il divino e Aristotele (Pisa University Press 2008).

la copertina del libro Orosius. Seven books of histories against the Pagans (Arabic version). Vol. I: Arabic Text and English Translation (2 tomi), a cura di Marco di Branco, con introduzione e traduzione dello stesso; volume pubblicato da Pisa University Press (2025)
ha vinto lo Sheikh Zayed Book Award il libro Orosius. Seven books of histories against the Pagans (Arabic version). Vol. I: Arabic Text and English Translation (2 tomi), a cura di Marco Di Branco, con introduzione e traduzione dello stesso; volume pubblicato da Pisa University Press (2025)

Testo dall’Ufficio Stampa dell’Università di Pisa

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Scoperto nel sito di Hayy Al-Sarh un accampamento della fine del Neolitico, tra le montagne dell’Al-Hajar in Oman https://www.classicult.it/scoperto-nel-sito-di-hayy-al-sarh-un-accampamento-della-fine-del-neolitico-tra-le-montagne-dellal-hajar-in-oman/ https://www.classicult.it/scoperto-nel-sito-di-hayy-al-sarh-un-accampamento-della-fine-del-neolitico-tra-le-montagne-dellal-hajar-in-oman/?noamp=mobile#respond Tue, 25 Mar 2025 14:25:06 +0000 https://www.classicult.it/?p=298969 Scoperto nel sito di Hayy Al-Sarh un accampamento della fine del Neolitico, tra le montagne dell'Al-Hajar in Oman

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Scoperto nel sito di Hayy Al-Sarh un accampamento della fine del Neolitico tra le montagne dell’Al-Hajar in Oman
Il ritrovamento è avvenuto grazie agli scavi dell’Università di Pisa ad Hayy Al-Sarh

Hayy Al-Sarh Oman sito accampamentoGrazie a una campagna di scavi avviata nel 2024 nell’area di Hayy Al-Sarh, nei pressi della città di Rustaq in Oman, sono emersi i resti di un accampamento neolitico risalente al 3600-3400 a.C., portati alla luce nell’ambito del progetto internazionale PrehistOman. Il progetto, diretto da Niccolò Mazzucco dell’Università di Pisa, in co-direzione con Khaled Douglas e Nasser Al-Jahwari dell’Università Sultan Qaboos, si svolge con l’approvazione del Ministero del Patrimonio e del Turismo dell’Oman e con il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale italiano.

La missione ha l’obiettivo di studiare l’occupazione preistorica delle aree interne dell’Oman, ancora oggi poco conosciute. La maggior parte delle evidenze relative alle popolazioni di cacciatori-raccoglitori-pescatori proviene infatti da scavi effettuati lungo la costa, nell’area dell’attuale capitale, Muscat, e dello Ja’lān.

Hayy Al-Sarh Oman sito accampamento

Nel sito di Hayy Al-Sarh è stata aperta un’area totale di circa 60 mq, individuando uno strato archeologico con resti di un accampamento risalente alla fine del Neolitico. Particolarmente importante è il ritrovamento di una struttura abitativa, una capanna pseudo-circolare, probabilmente costruita con un’intelaiatura in legno, di cui rimangono le buche di palo, e poi ricoperta di frasche. Si tratta di un’abitazione molto simile agli esempi trovati sulla costa nell’area di Ras Al Hamra. Attorno sono state scoperte varie aree di combustione e strutture per il fuoco, oltre a una zona destinata alla scheggiatura e alla produzione litica, con la presenza di caratteristiche punte di freccia a ritocco bifacciale.

Hayy Al-Sarh Oman strumenti litici

“Il rinvenimento di una struttura archeologica in un contesto stratigrafico è un evento molto raro in Oman, dove la maggior parte delle testimonianze preistoriche è documentata in superficie, attraverso resti di strutture spesso poco conservate e dispersioni di manufatti – commenta il professor Mazzucco – La buona conservazione del sito in stratigrafia ha permesso di raccogliere un numero maggiore di campioni per le analisi bioarcheologiche e paleoambientali, oltre a datare la struttura tramite la tecnica del radiocarbonio al 3600-3400 a.C.
L’accampamento doveva trovarsi in prossimità di una zona umida a carattere stagionale, come indicato dalle indagini polliniche e geomorfologiche preliminari”.

Sulla base delle materie prime rinvenute e scheggiate sul sito, nonché degli ornamenti in conchiglia presenti, sembra che il gruppo umano che occupò Hayy Al-Sarh si spostasse su un’ampia area, dalla costa fino alla catena montuosa dell’Al Hajar, spingendosi fino all’area dell’attuale città di Bisya, per distanze in linea d’aria superiori ai 150 km.

il team al lavoro
il team al lavoro

Le ricerche future mirano a completare lo scavo dell’accampamento e a individuare nuove strutture antropiche nel sito, probabilmente molto esteso e con ampie zone ancora da esplorare.

 

Testo e immagini dall’Ufficio Stampa dell’Università di Pisa.

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Progetto GeoLithics: prima campagna di scavo, prime indagini geofisiche sul sito Preceramico di Ba’ja in Giordania https://www.classicult.it/progetto-geolithics-prima-campagna-di-scavo-prime-indagini-geofisiche-sul-sito-preceramico-di-baja-in-giordania/ https://www.classicult.it/progetto-geolithics-prima-campagna-di-scavo-prime-indagini-geofisiche-sul-sito-preceramico-di-baja-in-giordania/?noamp=mobile#respond Mon, 17 Mar 2025 10:59:34 +0000 https://www.classicult.it/?p=297685 Progetto GeoLithics: prime indagini geofisiche sul sito Preceramico di Ba'ja in Giordania, conclusa la prima campagna di scavo e ricognizione

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Progetto GeoLithics: conclusa la prima campagna di scavo e ricognizione, concluse le prime indagini geofisiche sul sito Preceramico di Ba’ja in Giordania

Ricercatori e studenti dei Dipartimenti di Civiltà e Forme del Sapere e di Scienze della Terra dell’Università di Pisa hanno collaborato per individuare resti di strutture nel villaggio preceramico

prima campagna di scavo, prime indagini geofisiche sul sito Preceramico di Ba'ja in GiordaniaSi è recentemente conclusa la prima campagna di scavo e ricognizione presso il sito di Ba’ja, all’interno del progetto speciale della didattica GeoLithics, guidato da Niccolò Mazzucco ed Adriano Ribolini dell’Università di Pisa. Il progetto aveva lo scopo di coinvolgere studentesse e studenti dell’Università di Pisa nello studio di questo importante sito preceramico. Ba’ja è un insediamento del Neolitico Preceramico Tardo (LPPNB, tardo VII millennio a.C., circa 9.000 anni fa), situato in una posizione naturalmente fortificata a nord di Petra, nel sud della Giordania. Il sito si trova tra le montagne ed è accessibile solo attraverso una stretta gola, che conduce a un pianoro nascosto tra alte pareti di roccia.

L’insediamento neolitico è caratterizzato da case in pietra costruite su più livelli e terrazzamenti, disposte su ripidi pendii. Queste strutture, interamente realizzate in pietra, dovevano essere di almeno due piani, le une addossate alle altre.

L’indagine del sito si svolge all’interno del “Ba’ja Neolithic Joint Project (BJNP)”, un progetto di ricerca e scavo internazionale, codiretto da Niccolò Mazzucco (Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere, Università di Pisa, Italia), Hala Alarashi (UMR 7264, CEPAM, CNRS, Francia) e Bellal Abuhelaleh (Università Al-Hussein Bin Talal, Giordania), in collaborazione con il Dipartimento delle Antichità della Giordania. Il BJNP, attualmente in corso, mira ad approfondire la studio delle comunità preceramiche e del loro declino, fornendo nuove prospettive sull’evoluzione delle prime società proto-urbane.

prima campagna di scavo, prime indagini geofisiche sul sito Preceramico di Ba'ja in Giordania

L’obiettivo del progetto GeoLithics è stato quello di documentare le strutture ancora sepolte e il loro possibile andamento grazie all’uso del metodo di geofisica superficiale Ground-Penetrating Radar (Georadar). I risultati ottenuti, molto promettenti, confermano la presenza di una densa trama urbana, con numerosi edifici a pianta rettangolare disposti su più livelli. Queste analisi saranno fondamentali per organizzare le prossime missioni di scavo e orientare la ricerca verso le aree più interessanti di questo vasto villaggio. In particolare, le indagini condotte potranno verificare l’esistenza di una zona centrale, forse destinata a uno spazio collettivo o a funzioni di riunione, situata nel cuore del villaggio.

prima campagna di scavo, prime indagini geofisiche sul sito Preceramico di Ba'ja in Giordania

Testo e foto dall’Ufficio Stampa dell’Università di Pisa

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