Teatro Archivi - Classicult https://www.classicult.it/category/culture/teatro/ Dove i classici si incontrano. Cultura e culture Wed, 25 Jun 2025 22:24:04 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.8.1 https://www.classicult.it/wp-content/uploads/2018/08/cropped-tw-profilo-32x32.jpg Teatro Archivi - Classicult https://www.classicult.it/category/culture/teatro/ 32 32 Mantova Teatro 2025-2026, la stagione di prosa https://www.classicult.it/mantova-teatro-2025-2026-la-stagione-di-prosa/ https://www.classicult.it/mantova-teatro-2025-2026-la-stagione-di-prosa/?noamp=mobile#respond Tue, 24 Jun 2025 13:36:11 +0000 https://www.classicult.it/?p=309267 Dopo l’enorme successo di pubblico e critica della scorsa stagione, il Teatro Sociale di Mantova riapre per la stagione di prosa 2025-2026

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MANTOVA TEATRO – Stagione di prosa 2025-2026

il logo per Mantova Teatro 2025-2026, la stagione di prosaIl Teatro Sociale di Mantova riapre le proprie porte per riaccogliere una nuova ed entusiasmante stagione di prosa. Dopo l’enorme successo di pubblico e critica della scorsa stagione, Comune di Mantova e Fondazione U.Artioli Mantova Capitale Europea dello Spettacolo annunciano la nuova stagione di prosa Mantova Teatro 2025-2026.

Grande successo per la stagione di prosa Mantova Teatro 2024-2025 al Sociale

Il calendario è composto da sette spettacoli, tra grandi classici e opere contemporanee, con nomi di primissimo piano del panorama teatrale italiano come Daniele Pecci, Franco Branciaroli, Gabriele Lavia, Federica Di Martino, Vanessa Gravina, Giuliana De Sio, Filippo Dini, Lella Costa. Ad essi si aggiunge uno spettacolo di anteprima che vedrà Massimo Massini calcare il palco del massimo cittadino.

Il cartellone, trasversale e poliedrico, affronta temi di grande attualità e propone titoli che mettono in evidenza la convivenza e il confronto tra identità artistiche differenti, portando sul palco sia autori classici che contemporanei, offrendo al pubblico uno sguardo ampio ed eclettico sulla società contemporanea. Il pubblico torna così a vivere le emozioni, le riflessioni e il divertimento degli spettacoli dal vivo nella magia irripetibile del teatro.

Domenica 12 ottobre andrà in scena un’anteprima fuori cartellone: DONALD, di e con Stefano Massini. Lo spettacolo, un racconto rivelatorio e per molti aspetti raggelante, in un succedersi incalzante di colpi di scena  ripercorre la rocambolesca gimkana esistenziale di un uomo che si è trasformato in marchio commerciale, in icona, in brand, in testimonial del suo stesso successo e sponsor della propria scalata, sempre spingendosi oltre il limite e oltre il lecito, con la semplicità disarmante di una narrazione necessaria. 

La stagione si aprirà ufficialmente mercoledì 19 novembre con MACBETH di William Shakespeare. In un viluppo viscerale e indistricabile tra la veglia e il sonno, nel quale indagare la natura più malvagia dell’uomo, questo grande classico “degli opposti” è forse la più esoterica delle opere scespiriane, e affronta il viaggio tra conscio e inconscio del protagonista, interpretato da Daniele Pecci. Ad affiancarlo sul palco, Laura Marinoni e un cast prestigioso.

Mercoledì 3 dicembre sarà la volta di un altro grande classico: SIOR TODERO BRONTOLON di Carlo Goldoni, opera che ha preceduto la commedia raccontando le vicende di un personaggio tanto irritante quanto accattivante. Questa nuova straordinaria e inaspettata rilettura della commedia goldoniana tra realtà e immaginazione, vedrà sul palco il grande maestro Franco Branciaroli nei panni del protagonista, affiancato da un folto e prestigioso cast di attori.

Giovedì 18 dicembre, il palco del Teatro Sociale tornerà ad ospitare Carrozzeria Orfeo con il suo nuovo spettacolo MISURARE IL SALTO DELLE RANE: una dark comedy le cui protagoniste, tre donne di diverse generazioni, sono unite da un tragico lutto avvenuto vent’anni prima e ancora avvolto in un’aura di mistero. Carrozzeria Orfeo, con la sua tipica ironia, indaga in modo poetico e tragicomico sulla condizione umana intima e contemporanea, tra lutti, rinascite, alleanze, tra ciò che definisce e supera l’essere umano.

Il nuovo anno sarà inaugurato mercoledì 14 gennaio con LUNGO VIAGGIO VERSO LA NOTTE, opera di Eugene O’Neill che vedrà il ritorno a Mantova di Gabriele Lavia e Federica Di Martino. L’opera, vincitrice del premio Pulitzer nel 1957, è considerato il capolavoro del drammaturgo statunitense. Come una confessione dell’autore ormai vicino alla morte, la trama racconta un viaggio amaro all’indietro nella vita, tra amarezza e fallimento senza riscatto, tenerezza e violenza, amore e disprezzo.

Mercoledì 11 febbraio sarà la volta di PAZZA, scritto da Tom Topor, che raccolse un grandioso successo a Broadway nel 1980, e poi al cinema con Barbra Streisand nei panni della protagonista Sul palco, Vanessa Gravina vestirà i panni della protagonista, una squillo di lusso, accusata dellomicidio di un anziano cliente.  “Pazzaaffronta temi importanti e attuali, tra cui la violenza sulle donne, la difficoltà di essere compresi e accettati per ciò che si è, e la necessità di contrastare ogni forma di violenza e discriminazione.

Martedì 3 marzo Giuliana De Sio sarà la protagonista, insieme a Filippo Dini e un ricco cast di attori, del capolavoro di Anton Čechov IL GABBIANO. La storia è molto nota: un gruppo di persone, parenti e non, si riuniscono  in una casa di campagna e dibattono nel tentativo di fuggire al grigiore del loro destino. Questo testo, immortale e di bruciante contemporaneità descrive una umanità alla fine, una società sullorlo del baratro, che avverte larrivo di unapocalisse dove le migliori energie vengono stravolte e corrotte.

La stagione di prosa si chiuderà giovedì 19 marzo con l’imperdibile LISISTRATA di Aristofane, che vedrà sul palco Lella Costa affiancata da un prestigioso cast. Una guerra interminabile, un mondo sullorlo del collasso e ununica, folle arma di ribellione: lo sciopero del sesso per fermare la guerra. Ambientata in un’umanità afflitta e sgretolata, questa commedia torna sul palco, irresistibile e attualissima, per scuotere le coscienze, rilanciare la vita e gridare: “Donne di  tutto il mondo, unitevi!”.

Il Teatro Sociale di Mantova, simbolo e cuore pulsante della città, riapre le proprie porte per accogliere il pubblico che, grazie al palinsesto eclettico e trasversale della nuova stagione Mantova Teatro, potrà vivere le grandi emozioni che solo il teatro può regalare.

Il Sindaco di Mantova Mattia Palazzi:

Questa nuova stagione teatrale racconta molto più di un programma culturale: racconta il tempo che viviamo, attraverso grandi classici e testi contemporanei che parlano di potere, identità, fragilità e rinascita.

Un cartellone intenso, ricco di emozioni e pensiero, che ancora una volta nasce dalla collaborazione con la Fondazione Artioli, cui va il mio ringraziamento per il lavoro di visione e qualità che porta avanti. Il Teatro Sociale torna così a essere casa della città, luogo in cui riconoscersi e interrogarsi, con la bellezza e la forza del teatro.

La Presidente di Fondazione Artioli Federica Restani:

Ogni nuova stagione si anima di intenti rinnovati. Già ci aveva mossi la convinzione che il teatro debba essere al centro della vita culturale della nostra, città dove è ancora possibile esperire qualcosa di autentico e vivo, nell’era di una potente digitalizzazione. Oggi vogliamo pensare che il Teatro Sociale di Mantova non sia semplicemente il nostro teatro storico, ma un organismo vivo, complesso, stratificato: un luogo dove passato e presente si interrogano a vicenda. Le stagioni precedenti ci hanno insegnato che Mantova desidera nutrirsi di pensiero e di emozione. La partecipazione del pubblico – numerosa, attenta, generosa – ci ha restituito un’immagine della città che è in movimento, che non si accontenta, che cerca se stessa nel teatro, specchio imperfetto, e proprio per questo necessario. Il valore di una stagione teatrale non si misura solo nei titoli e nei nomi in cartellone, ma nella capacità di creare risonanza: tra il testo e lo spettatore, tra la scena e ciò che accade fuori, nelle strade, nelle case, nei pensieri di ciascuno. E in questo, la nostra programmazione ha un ruolo decisivo. Come Fondazione, abbiamo scelto di presentare non solo ciò che è bello, ma ciò che è urgente, lasciando spazio a voci diverse, che possano parlare non solo di noi, ma a noi. Che questa stagione sia, per tutti noi, un’occasione di incontro reale. Di pensiero che si fa corpo. Di arte che è a tutti gli effetti tornata ad essere un bene comune, non per definizione, ma per scelta condivisa.

Il direttore artistico della stagione di prosa Raffaele Latagliata:

La scelta di portare a Mantova spettacoli teatrali di alta qualità e di indubbio valore artistico e culturale che, nella loro eterogeneità e trasversalità, fossero comunque in grado di coinvolgere e appassionare il pubblico, si è dimostrata, nelle stagioni teatrali di prosa appena trascorse, estremamente vincente sotto ogni punto di vista. Il pubblico ha dimostrato con la propria presenza sempre così numerosa e con il proprio entusiasmo sempre così palpabile, di apprezzare le proposte fatte finora.

Con la nuova stagione di prosa 2025-26, si è, pertanto, cercato di continuare il cammino intrapreso finora, alternando testi classici a nuove drammaturgie, coinvolgendo personalità di primo piano del panorama teatrale italiano e focalizzando l’attenzione su tematiche che fossero vicine al nostro sentire contemporaneo, per una nuova edizione che fosse il più possibile ricca, eterogenea ed emozionante.

Resta obiettivo primario, come negli anni precedenti, anche il coinvolgimento delle nuove generazioni nel  tentativo di avvicinarle e appassionarle al  teatro, nella sempre piu assoluta convinzione che rappresentino la vera, grande speranza per il futuro del teatro nella nostra città e non solo.”

Policy Prezzi stagione di prosa (Macbeth, Sior Todero brontolon, Misurare il salto delle rane, Lungo viaggio verso la notte, Pazza, Il gabbiano, Lisistrata)

– Platea Gold: € 35,00;

– Platea: € 30,00

– I, II, III ordine di palchi: € 27,00;

– Loggia: € 20,00

– Loggione: € 17,00;

– Abbonamento Platea Gold: € 210,00;

– Abbonamento Platea: € 180,00.

Gli abbonamenti sono disponibili esclusivamente presso la biglietteria del Teatro Sociale di Mantova

Policy Prezzi “Donald”

– Platea Gold: € 35,00;

– Platea: € 30,00

– I, II, III ordine di palchi: € 27,00;

– Loggia: € 20,00

– Loggione: € 17,00;

Ciascun abbonato alla stagione di prosa avrà la possibilità di acquistare un biglietto IN PLATEA per lo spettacolo “Donald” al prezzo scontatissimo di 20 €. Il biglietto dovrà essere richiesto al momento del dell’acquisto dell’abbonamento di prosa. Il posto verrà assegnato tra i migliori posti disponibili al momento.

Informazioni su riduzioni presso la Biglietteria del Teatro Sociale e sul sito www.mantovateatro.it

Biglietti in vendita

– online su Ticketone.it

– presso la biglietteria del Teatro Sociale di Mantova, P.zza Cavallotti 14/a – 46100 Mantova:

Orari di apertura: Martedì dalle 10:00 alle 13:00, giovedì dalle 16:00 alle 19:00, sabato dalle 10:00 alle 13:00

Telefono: 0376 1590869 (negli orari di apertura) – Mail biglietteria@mantovateatro.it


MANTOVA TEATRO – Stagione di prosa 2025-2026

PROGRAMMA


Comune di Mantova, Fondazione U. Artioli Mantova Capitale Europea dello Spettacolo e OPEN Festival, annunciano un grande evento speciale al Teatro Sociale; una co-produzione e residenza artistica internazionale che debutterà a Mantova il prossimo 27 settembre. La compagnia francese Les Farfadais dedica la sua nuova produzione “ÂME – Viaggio all’Inferno” al genio creativo di Dante Alighieri con uno straordinario spettacolo di nouveau cirque ispirato alla Divina Commedia. La data di Mantova rappresenta la prima internazionale di “ÂME”, e ogni abbonato alla stagione di prosa, avrà la possibilità di acquistare un biglietto per questo spettacolo, a prezzo davvero vantaggioso.

27 settembre 2025, ore 18:00

ÂME Viaggio all’Inferno nella spirale dantesca

Uno spettacolo di Les Farfadais

ÂME è un viaggio indimenticabile, liberamente ispirato allInferno Dantesco. Un modo per vivere la Cantica dellInferno, tra acrobazie incredibili, creature gigantesche. Messo in scena da Les Farfadais, unisce varie discipline in un impianto scenico grandioso. Prendendo vita come unopera darte interdisciplinare, lo spettacolo è unesperienza immersa ed emozionante, nel quale ogni costume, ogni elemento scenico, sonoro, visivo, è creato per evocare una poetica indimenticabile.
Les Farfadais, una delle più apprezzate compagnie di spettacolo di circo contemporaneo, unica nel saper unire uno storytelling emozionante, allingegnerizzazione dei processi di produzione, utilizza competenze e tecnologie altamente innovative e sperimentali in questo spettacolo che tratta di valori antichi e moderni: lunità dintentà, lo spirito della condivisione, larmonia con la natura e con gli altri, la sostenibilità ambientale e sociale. In questo viaggio straordinario allinterno dellinferno dantesco, incontreremo molti protagonisti come Cerbero, Caronte, Minosse, Paolo e Francesca, in unambientazione mutevole e in movimento, che unisce la tecnologia alle ispirazioni medievali. Con 8 artisti in scena che accompagneranno il pubblico in questo racconto onirico, ÂME è uno spettacolo che lascia il segno; unesperienza capace di immergere lo spettatore in un viaggio straordinario.

La data a Mantova rappresenta la prima assoluta internazionale di ÂME – Viaggio allInferno nella spirale dantesca”

Policy Prezzi “ÂME – Viaggio nell’Inferno dantesco”

  • Platea: € 35,00;

  • I, II, III ordine di palchi: € 27,00;

  • Loggia: € 20,00

  • Loggione: € 17,00;

Ciascun abbonato alla stagione di prosa avrà la possibilità di acquistare un biglietto IN PLATEA per lo spettacolo ÂME – Viaggio all’Inferno nella spirale dantesca al prezzo scontatissimo di 20 €. Il biglietto dovrà essere richiesto al momento del dell’acquisto dell’abbonamento di prosa. Il posto verrà assegnato tra i migliori posti disponibili al momento.

Informazioni su riduzioni presso la Biglietteria del Teatro Sociale e sul sito www.mantovateatro.it

Biglietti in vendita

– online su Ticketone.it

– presso la biglietteria del Teatro Sociale di Mantova, P.zza Cavallotti 14/a – 46100 Mantova:

Orari di apertura: Martedì dalle 10:00 alle 13:00, giovedì dalle 16:00 alle 19:00, sabato dalle 10:00 alle 13:00

Telefono: 0376 1590869 (negli orari di apertura) – Mail biglietteria@mantovateatro.it


Domenica 12 Ottobre 2025

DONALD

Storia molto più che leggendaria di un golden man

di e con Stefano Massini

musiche Enrico Fink

eseguite da Valerio Mazzoni, Sergio Aloisio Rizzo, Jacopo Rugiadi, Gabriele Stoppa

scene Paolo Di Benedetto

disegno Luci Manuel Frenda

immagini Walter Sardonini

costumi Elena Bianchini

produzione Teatro della Toscana Teatro Nazionale

Dopo i successi nei teatri di tutto il mondo con “Lehman Trilogye Manhattan Project”, Stefano Massini torna a occuparsi di un’epica americana stavolta concentrandosi sull’irresistibile ascesa del miliardario newyorkese, Donald J. Trump, fino alla sua prima elezione alla Casa Bianca. Ecco allora prendere forma sul palco la genesi incredibile di un leader che si è proiettato laddove nessun altro, riscrivendosi addosso le regole dell’economia, della finanza, della politica e perfino della civiltà. In un succedersi incalzante di colpi di scena, di incontri decisivi e di vertiginose montagne russe fra trionfi e bancarotte, Massini ripercorre la rocambolesca gimkana esistenziale di un uomo che si è trasformato in marchio commerciale, in icona, in brand, in testimonial del suo stesso successo e sponsor della propria scalata, sempre spingendosi oltre il limite e oltre il lecito, in una sfida instancabile che non ammette l’ipotesi della resa ma sempre e solo l’ebbrezza del rilancio. Si scopre allora che Donald è in fondo la personificazione del nostro tempo, di cui esprime perfettamente il caos fra realtà e reality, fra fake e fiction, fra persona e personaggio. Ne nasce un racconto rivelatorio e per molti aspetti raggelante, che conferma il teatro nella sua missione antichissima di occhio critico sulla contemporaneità, di cui può cogliere ombre e abissi con la semplicità disarmante di una narrazione necessaria.

Mercoledì 19 Novembre 2025

MACBETH

di William Shakespeare

con Daniele Pecci e Laura Marinoni

cast in via di definizione

scene Carmelo Giammello

costumi Alessandro Lai

musiche Originali Patrizio Maria D’artista

regia Daniele Pecci

Ciò che è fatto, non si può disfare”, perché latto stabilisce un punto di non ritorno.

Questo accade nel Macbeth: una volta entrati nel sangue bisogna per forza proseguire in una spirale omicidiaria che non può avere fine. E’ un incubo dal quale ci si vorrebbe svegliare, ma ad un certo punto diventa difficile districarsi fra stato di veglia e sonno. Nella più esoterica delle tragedie shakespeariane il “viaggio” non può che essere all’interno della mente, dell’inconscio, del sogno del protagonista. Desolate lande metafisiche, tramonti surreali di sangue, paesaggi distorti, deformati dal sogno, saranno il tentativo di un’indagine sulla natura omicida dell’uomo.

Nell’opera degli “opposti”, della notte che lotta col giorno tanto da renderli indistinguibili, dove il rosso del sangue colora il verde dell’oceano, dove il brutto è bello e il bello è brutto, vorremmo tanto svegliarci, o evadere sprofondando in quel balsamo ristoratore del sonno a cui anela Macbeth, ma stato conscio ed inconscio, realtà e sogno sono un viluppo indistricabile.

Mercoledì 3 Dicembre 2025

SIOR TODERO BRONTOLON

di Carlo Goldoni

drammaturgia Piermario Vescovo

con Franco Branciaroli

e con Stefania Felicioli, Piergiorgio Fasolo, Alessandro Albertin, Ester Galazzi, Riccardo Maranzana, Valentina Violo, Emanuele Fortunati, Federica Di Cesare

in collaborazione con I Piccoli di Podrecca

regia Paolo Valerio

scene Marta Crisolini Malatesta

costumi Stefano Nicolao

luci Gigi Saccomandi

musiche Antonio Di Pofi

movimenti di scena Monica Codena

produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Teatro de gli Incamminati, Centro Teatrale Bresciano

«Quale maggior disgrazia per un uomo, che rendersi l’odio del pubblico, il flagello della famiglia, il ridicolo della servitù? Eppure non è il mio Todero un carattere immaginario. Purtroppo vi sono al mondo di quelli che lo somigliano; e in tempo che rappresentavasi questa commedia, intesi nominare più e più originali, dai quali credevano ch’io lo avessi copiato». C. Goldoni

Anche oggi non è raro incappare in un “brontolòn” come il Todero di Carlo Goldoni che precedeva la commedia racchiudendo queste riflessioni ne L’autore a chi legge” e si stupiva di come un lavoro incentrato su un personaggio tanto odioso e negativo potesse ricevere dal pubblico un tale successo. La trama vuole, infatti, il Sior Todero, avaro, imperioso, irritante con la servitù, opprimente con il figlio e la nipote, diffidente e permaloso verso il mondo. Sembrerebbe impossibile empatizzare con una simile figura. Eppure questo indifendibile “brontolòn” attira un maestro del palcoscenico contemporaneo come Franco Branciaroli, che – diretto da Paolo Valerio – ne offrirà una nuova straordinaria e inaspettata interpretazione in una rilettura della commedia goldoniana condotta con rigoroso rispetto filologico per il testo e in cui il mondo di Goldoni e quello delle marionette, si incontreranno in un microcosmo in grado di mescolare realtà e immaginazione.

Giovedì 18 Dicembre 2025

MISURARE IL SALTO DELLE RANE

uno spettacolo di Carrozzeria Orfeo

drammaturgia Gabriele Di Luca

con Elsa Bossi, Marina Occhionero e Chiara Stoppa

regia Gabriele Di Luca e Massimiliano Setti

musiche originali Massimiliano Setti

scene Enzo Mologni

costumi Elisabetta Zinelli

una produzione Fondazione Teatro Due, Accademia Perduta/Romagna Teatri, Teatro Stabile d’Abruzzo, Teatri di Bari e Fondazione Campania dei Festival – Campania Teatro Festival in collaborazione con Asti Teatro 47

Misurare il salto delle rane è una dark comedy ambientata in un piccolo paese di pescatori tra gli anni ’80 e ’90. Protagoniste sono tre donne di diverse generazioni – Lori, Betti e Iris – unite da un tragico lutto avvenuto vent’anni prima e ancora avvolto in un’aura di mistero. Il paese emerge come un frammento dimenticato, circondato da un vasto lago e da una palude minacciosa che lo isola dal mondo esterno, un microcosmo sospeso tra arcaismo e quotidianità, dove una piccola comunità persiste ancorata a consuetudini superate.

Partendo da questo habitat, Misurare il salto delle rane, la nuova produzione di Carrozzeria Orfeo, senza rinunciare all’ironia che la contraddistingue, vuole essere un’indagine poetica e tragicomica sulla condizione umana contemporanea: un viaggio nell’intimità di tre esistenze femminili che si specchiano l’una nell’altra e che, in modo diverso, rifiutano etichette imposte dall’esterno. Tre età, tre mondi, tre stagioni della vita che intrecciano le loro esistenze, scavate da lutti e assenze, ma anche da rinascite, alleanze e complicità profonde. Un’ode alla complessità dell’essere umano, con la sua infinita capacità di perdersi e ritrovarsi, tra ciò che ci definisce e ciò che ci supera.

Mercoledì 14 Gennaio 2026

LUNGO VIAGGIO VERSO LA NOTTE

di Eugene O’Neill

traduzione Bruno Fonzi

adattamento Chiara De Marchi

con Gabriele Lavia e Federica Di Martino

e con Jacopo Venturiero, Ian Gualdani, Beatrice Ceccherini

scene Alessandro Camera

costumi Andrea Viotti

musiche Andrea Nicolini

luci Giuseppe Filipponio

suono Riccardo Benassi

regia Gabriele Lavia

produzione Effimera – Fondazione Teatro della Toscana

Lungo Viaggio Verso la Notte” è il titolo che Eugene O’Neill dà alla sua opera centrale, alla sua opera-confessione. Scritto tra il 1941 e il 1942 (prima assoluta nel febbraio 1956 a Stoccolma) dopo la morte dell’autore vinse il Premio Pulitzer per la drammaturgia nel 1957 ed è considerato il capolavoro del drammaturgo statunitense. (Il padre di O’Neill era stato un attore di grande successo, come il protagonista della sua opera teatrale). La casa-prigione della “famigliaccia” che O’Neill ci racconta, in fondo, è proprio casa sua. E qui sta il cammino tortuoso di una possibile messa-in-scena-viaggio di quest’opera, davvero amara, scritta da O’Neill ormai vicino alla morte per fare “un viaggio all’indietro” nella sua vita. Un viaggio impietoso dentro l’amarezza di un fallimento senza riscatto. Le vite degli uomini sono fatte di tenerezza e violenza. Di Amore e disprezzo. Comprensione e rigetto. Di famiglia e della sua rovina.

Mercoledì 11 Febbraio 2026

PAZZA

di Tom Topor

con Vanessa Gravina

e Nicola Rignanese

e con Fabrizio Coniglio, Davide Lorino, Paola Sambo e Maurizio Zacchigna.

sound design Enza De Rose

light design Bruno Guastini

scene Gaspare de Pascali

adattamento e Regia Fabrizio Coniglio

Lo spettacolo, scritto da Tom Topor andò in scena per la prima volta a Broadway nel 1980, per poi essere riproposto al cinema dallo stesso Topor in una fortunatissima versione che vide Barbara Streisand nei panni della protagonista assieme a un giovane Richard Dreyfuss.Claudia Draper, una squillo di lusso, viene accusata dell’omicidio di un anziano cliente e rischia una condanna a venticinque anni di carcere. Per salvarla, la sua ricca famiglia cerca di farla dichiarare incapace di intendere e di volere, in modo da poterla internare in un istituto psichiatrico. Tuttavia, Claudia rifiuta questa strategia e decide di affidarsi a un avvocato d’ufficio, il quale intuisce la sua intelligenza e la sua capacità di collaborare alla propria difesa. Claudia, attraverso un racconto doloroso e caustico, svela i segreti della sua famiglia e le dinamiche che l’hanno portata a scegliere la sua vita. Rivela anche le intollerabili pretese del cliente che hanno scatenato la sua reazione di difesa. “Pazza” affronta temi importanti e attuali, tra cui la violenza sulle donne, i segreti familiari e la difficoltà di essere compresi e accettati per ciò che si è. Lo spettacolo invita a riflettere sulla condizione femminile e sulla necessità di contrastare ogni forma di violenza e discriminazione.

Martedì 3 Marzo 2026

IL GABBIANO

di Anton Čechov

traduzione Danilo Macrì

con Giuliana De Sio, Filippo Dini

e cast in definizione

scene Laura Benzi

costumi Alessio Rosati

luci Pasquale Mari

musiche Massimo Cordovani

regia Filippo Dini

produzione TSV – Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Bolzano, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale

La storia de Il gabbiano è molto nota: un gruppo di persone, di diverse età e collegate tra loro da vincoli di parentela e non, si riuniscono in una casa di campagna in riva a un lago e qui dibattono nel tentativo di fuggire al grigiore del loro destino. Fra le diverse storie che si intersecano nella piece, emerge con prepotenza, la vicenda di un giovane ragazzo che desidera risollevarsi da quel grigiore, attraverso l’arte della scrittura, sostenuto e infiammato dall’amore per una sua coetanea, che sogna di diventare un’attrice, e fomentato dal tentativo di opporsi con veemenza e passione alla madre, una famosa attrice, fidanzata con un importante scrittore assai più giovane di lei.

Questa umanità in miniatura ci racconta di come possa accadere che le nostre migliori energie, i nostri più luminosi talenti, il nostro amore più appassionato, possano tutti essere stravolti e corrotti secondo le leggi del consorzio umano nel quale tentiamo di esprimerli. L’allegra comitiva de Il gabbiano, pur partendo con le migliori intenzioni, si dirige verso l’oblio, inesorabilmente. E ad osservarli c’è appunto un animale (che dà il titolo alla commedia) strano e contraddittorio, aggressivo e nobile nell’aspetto, elegante e volgare, un uccello attratto dalle acque del lago, che vola sulle loro teste, li osserva (come il pubblico che assiste allo spettacolo), ma ad un certo punto viene ucciso nella maniera più vile.

L’immortalità di questo testo e la sua bruciante contemporaneità sta proprio nella descrizione di una “umanità alla fine”, una società sull’orlo del baratro, che avverte l’arrivo di un’apocalisse, che di lì a poco spazzerà via tutto il mondo per come lo abbiamo conosciuto fino a quel momento.

Giovedì 19 Marzo 2026

LISISTRATA

di Aristofane

con Lella Costa

e (in ordine alfabetico) Marco Brinzi, Francesco Migliaccio, Stefano Orlandi, Maria Pilar Pérez Aspa, Giorgia Senesi, Irene Serini

traduzione e adattamento Emanuele Aldrovandi

regia Serena Sinigaglia

produzione Teatro Carcano

Una guerra interminabile, un mondo sull’orlo del collasso e un’unica, folle arma di ribellione: lo sciopero del sesso. Lisistrata torna sul palco, irresistibile e attualissima, per gridare: “Donne di tutto il mondo, unitevi!”

Lisistrata si regge su un presupposto terribilmente serio e grave, qualcosa che affligge l’umanità da sempre e che pare essere da sempre inarrestabile: la guerra. Lisistrata stessa sembra scritta come un’eroina della tragedia. Altro che commedia!

Un Atene dove non ci sono più uomini, perché tutti al fronte. Un mondo che si sta sgretolando e intanto politici e tecnocrati di Atene e di Sparta che non sanno, non possono, non vogliono risolvere la situazione. Ci ricorda qualcosa? La grande commedia è sempre una provocazione, scandalo che scuote le coscienze. E’ l’assurdo che si fà segno di ribellione, di visioni altre, magari poco probabili ma forse possibili. Lo sciopero del sesso da parte delle donne può essere una soluzione per fermare la guerra? Per rilanciare la vita e l’amore? Oggi più di ieri questa esilarante e perfetta commedia ci parla. Il suo antico richiamo risuona potente: “Donne di tutto il mondo, unitevi! Perché non ci provate? Magari è la volta buona che ci riuscite!”

 

Testi e foto dall’Ufficio Stampa Fondazione Umberto Artioli Mantova Capitale Europea dello Spettacolo.

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Libri blu, un’occasione imperdibile per conoscere August Strindberg https://www.classicult.it/libri-blu-unoccasione-imperdibile-per-conoscere-august-strindberg/ https://www.classicult.it/libri-blu-unoccasione-imperdibile-per-conoscere-august-strindberg/?noamp=mobile#respond Thu, 12 Jun 2025 09:15:51 +0000 https://www.classicult.it/?p=308070 L'antologia Libri blu, curata da Franco Perrelli, rappresenta un ottimo punto di partenza per immergersi nella fitta produzione letteraria di August Strindberg

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Libri blu, un’occasione imperdibile per conoscere August Strindberg

«Chi voglia verificare l’esito della mia lunga e mutevole esistenza può cominciare a leggere il Libro blu, che ne è la Sintesi» (p. 7).

Già soltanto questa affermazione dello scrittore, drammaturgo e poeta August Strindberg (1849-1912) vale l’acquisto del volume Libri blu, edito recentemente da Carbonio e curato da Franco Perrelli, docente, saggista, tra i massimi esperti dell’autore svedese che per lo stesso editore ha tradotto la bellissima “Trilogia della solitudine” composta da Solo (2021), La festa del coronamento (2022) e Il capro espiatorio (2023).

Foto di Francesco Saverio Mongelli
la copertina dell’antologia Libri Blu di August Strindberg, a cura di Franco Perrelli, pubblicata da Carbonio Editore (2025). Foto di Francesco Saverio Mongelli

L’antologia attinge da oltre seicentocinquanta brani in millecinquecento pagine, trattando diciotto materie, tra le più varie: filosofia, psicologia, religione, arte ed estetica, letteratura, storia, filologia, matematica, botanica, zoologia, astronomia, meteorologia, fisica, medicina, geologia, mineralogia, occultismo. Il lavoro di Perrelli copre circa un terzo dell’intero corpus che può essere considerato a tutti gli effetti il testamento spirituale di Strindberg, il quale dedicherà il primo volume al filosofo e mistico Emanuel Swedenborg, che egli considera «Maestro e Guida», definendosi suo «Discepolo».

Ed è proprio lo scambio tra un maestro e il suo discepolo a caratterizzare il tratto compositivo del libro, in cui i vari frammenti si snodano, tutti da sottolineare perché pregni di citazioni e di frasi, talvolta da prendere con le pinze, su cui soffermarsi a ragionare. Ad esempio:

«In verità, non esistono due uomini che s’intendano a vicenda e per questo il mondo è così zeppo di malintesi e di bugie» (p. 68).

Oppure, provocatoriamente:

«I piaceri della vecchiaia sono molteplici. Il maggiore consiste nella consapevolezza che non è tanto lontana quella sera in cui, mettendoci a letto, ci si spoglierà senza la necessità di rialzarci e di rivestirci» (p. 127).

Gli esempi sono tantissimi. Le pagine più sentite e dense restano quelle legate alla religione, alla spiritualità.

«Coloro che cercano di dimostrare un assioma cadono nell’assurdo, per questo non dobbiamo mai cercare di dimostrare l’esistenza di Dio» (p. 38), appunta Strindberg.

«Esci dalla tua persona, se hai la forza, e poniti dal punto di vista del credente; comincia a credere e verifica poi come la fede s’accordi con le tue esperienze. Se ciò si verifica, allora hai guadagnato la saggezza e nessuno potrà mai smuovere la tua fede» (p. 47).

Ed è proprio la sua cristianità a guidarlo per tutta la vita.

Foto di Francesco Saverio Mongelli
la copertina dell’antologia Libri Blu di August Strindberg, a cura di Franco Perrelli, pubblicata da Carbonio Editore (2025). Foto di Francesco Saverio Mongelli

Nei Libri blu, oltre a una serie di considerazioni più o meno discutibili riguardo materie scientifiche, non mancano gli appunti letterari su autori come Goethe, Shakespeare, Zola, Hegel, Wilde, Rousseau; dissacrante è il paragrafo in cui parla di Rembrandt, che chiude con un’invettiva verso la consorte Saskia, definita «orribile», «repellente per bruttezza e cattiveria» (p. 171). E, a proposito di consorti, significativa è la trama sentimentale, autobiografica, che abbraccia la drammatica relazione avuta con la terza moglie, la giovane attrice Harriet Bosse.

«Tutti gli esseri umani hanno più o meno timore a svelare i propri sentimenti, per cui si mostrano per lo più un tantino peggiori di quel che sono» (p. 263), affermerà.

Quel pessimismo, misto a una generosa dose di solitudine, si respira spesso tra le pagine, come nelle seguenti parole:

«È pressoché senza speranza pensare di tenere un equilibrio nel tentativo di giudicare equamente gli uomini, perché la natura umana è cattiva, non c’è niente da fare» (p. 184).

Interessantissima, infine, è la breve Appendice in cui Strindberg introduce il termine «Camorra», definendola come un sistema criminale che

«non ha nessuna organizzazione, ma si riscontra in tutte le classi sociali […] È un gruppo naturale di gente disonesta, che trova naturale truffare» (p. 281).

La sua accezione non è quella comune, cioè assimilabile alla mafia, quindi a una struttura organizzata e verticistica, ma viene intesa più come un concetto universale proprio di svariate categorie che si traduce in un sistema di scambi di favori.

la copertina dell'antologia Libri Blu di August Strindberg, a cura di Franco Perrelli, pubblicata da Carbonio Editore (2025). Foto di Francesco Saverio Mongelli
la copertina dell’antologia Libri Blu di August Strindberg, a cura di Franco Perrelli, pubblicata da Carbonio Editore (2025). Foto di Francesco Saverio Mongelli

Libri blu rappresenta un ottimo punto di partenza per immergersi nella fitta produzione letteraria di August Strindberg, perché ci sono al suo interno gli ingredienti più rappresentativi della sua personalità: l’irrequietezza dell’anima, la perseveranza, l’anticonformismo, la visione, il senso di inadeguatezza del vivere la contemporaneità, la spregiudicatezza nell’affermare le idee e nel sostenere le posizioni ma anche il beneficio del dubbio e la saggezza.

la copertina dell'antologia Libri Blu di August Strindberg, a cura di Franco Perrelli, pubblicata da Carbonio Editore (2025)
la copertina dell’antologia Libri Blu di August Strindberg, a cura di Franco Perrelli, pubblicata da Carbonio Editore (2025)

Il libro recensito è stato cortesemente fornito dalla casa editrice.

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Non è la fine del mondo, di Adele Porzia – Una commedia di parole, assenze e ritorni https://www.classicult.it/non-e-la-fine-del-mondo-di-adele-porzia-una-commedia-di-parole-assenze-e-ritorni/ https://www.classicult.it/non-e-la-fine-del-mondo-di-adele-porzia-una-commedia-di-parole-assenze-e-ritorni/?noamp=mobile#respond Thu, 05 Jun 2025 21:00:18 +0000 https://www.classicult.it/?p=304618 C’è una teatralità sospesa, quasi sommessa, che percorre le pagine di Non è la fine del mondo di Adele Porzia. Una teatralità che non si affida all’azione, ma al silenzio interiore delle stanze

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Non è la fine del mondo, di Adele Porzia – Una commedia di parole, assenze e ritorni tra intimità borghese e slittamenti del desiderio

C’è una teatralità sospesa, quasi sommessa, che percorre le pagine di Non è la fine del mondo di Adele Porzia. Una teatralità che non si affida all’azione, ma al silenzio interiore delle stanze, all’eccesso verbale dei suoi protagonisti, al ritmo controllato di un’attesa che non esplode mai del tutto (o quasi). È una commedia da camera, borghese nell’ambientazione ma non nei codici consueti del genere: Porzia si muove in quella zona di confine tra il dramma familiare e l’evocazione lirica, tra la commedia dell’equivoco e il teatro dell’anima.

la copertina del libro Non è la fine del mondo, di Adele Porzia, pubblicato da PAV Edizioni (2025) nella collana Narrativa Teatrale. Foto di Rosa Gadaleta
la copertina del libro Non è la fine del mondo, di Adele Porzia, pubblicato da PAV Edizioni (2025) nella collana Narrativa Teatrale. Foto di Rosa Gadaleta

Il titolo è già indice di un mantra antifrasi (quantomeno un antifrasi rivelatrice): ciò che i personaggi vivono è spesso una fine del mondo interiore, ma il testo invita a resistere con ironia, proprio come Italo Calvino suggeriva: la leggerezza come forma di profondità.

L’intreccio si svolge in tempo reale o quasi, in un interno domestico che funge da “tomba letteraria” per Aldo, scrittore sessantenne, colto, eccentrico, splendidamente tragicomico, bloccato in un’esistenza autoreferenziale e malinconica. I figli, Michela e Carlo, nel tentativo di riattivare il suo desiderio di vivere, organizzano l’incontro con Anna, una figura mitizzata del passato, da lui da sempre amata e idealizzata. Tuttavia, il vero cuore drammaturgico dell’opera non è la relazione tra Aldo e Anna, ma il cortocircuito generazionale e ideologico che si innesca tra i personaggi. Porzia mette in scena una dialettica continua fra stasi e mutamento, fra identità rigide e possibilità di trasformazione.

Costruita secondo l’architettura classica delle tre unità aristoteliche — tempo, luogo e azione — la pièce mantiene una sorprendente contemporaneità nel tono e nei riferimenti. I dialoghi, incalzanti e brillanti, alternano ironia e riflessione con naturalezza. Aldo cita Shakespeare, Alfieri, la Divina Commedia, insomma una letteratura che, per lui, non è più alimento: è corazza. È “guscio”, come lo definisce Michela, figlia intelligente e combattiva, che lo accusa di aver “letto troppo teatro, troppo Ibsen, troppo di troppo”. Michela risponde con sarcasmo moderno e lucidità spiazzante. Questo gioco linguistico produce un attrito fertile tra cultura alta e nevrosi domestiche, tra eredità letteraria e urgenze emotive. Porzia costruisce un microcosmo domestico in cui la lingua si fa tana e trappola, e l’attesa — più che l’azione — diventa gesto teatrale assoluto.

Il commento prosegue con elementi della trama: a chi non avesse letto o visto l’opera consigliamo la lettura prima di procedere oltre.

la copertina del libro Non è la fine del mondo, di Adele Porzia, pubblicato da PAV Edizioni (2025) nella collana Narrativa Teatrale. Foto di Rosa Gadaleta
la copertina del libro Non è la fine del mondo, di Adele Porzia, pubblicato da PAV Edizioni (2025) nella collana Narrativa Teatrale. Foto di Rosa Gadaleta

I personaggi, pur attraversati da tratti caricaturali funzionali alla commedia, sono costruiti con affetto e precisione. Aldo incarna emblematicamente la figura dell’intellettuale in decadenza, che ha trasformato la parola in un rifugio sterile, in una liturgia autoreferenziale. La scrittura, che dovrebbe essere strumento creativo, si è tramutata per lui in sintomo di paralisi. Non è la pagina a salvarlo, ma l’irruzione dell’altro — dei figli, di Anna — a incrinare il suo isolamento. Porzia lo pone così in linea con i personaggi pirandelliani: maschere intellettuali in crisi, chiusi in bolle di finzione. Come Enrico IV o il protagonista del Berretto a sonagli, anche Aldo si rifugia nella memoria e nella retorica per non affrontare il presente. È un Amleto senza corona, inchiodato dal timore dell’azione.

A contrasto, Carlo e Michela sono i motori reali di essa. L’inversione dei ruoli parentali — con i figli che si prendono cura di un padre immaturo — richiama alcune dinamiche care al teatro di Eduardo De Filippo (Filumena Marturano, Natale in casa Cupiello).

Aldo parla per letteratura. Quando prova a dichiararsi, lo fa riscrivendo Romeo e Giulietta: “bastava prolungare di un paio di versi il monologo finale perché tutto si trasformasse in commedia”. Ma la vita, ci ricorda Porzia, non è un testo da correggere: è un corpo vivo che sfugge, che sorprende, che trasforma. Ed è proprio questo scontro tra finzione e realtà — tra parola e gesto, tra citazione e silenzio — il motore autentico della pièce.

Il personaggio di Michela, spudoratamente, si espande: personaggio ambivalente e stratificato, si fa carico della lucidità e della ribellione. La sua presenza scenica è forte e decisiva, ma capace anche di vibrazioni più intime, soprattutto nella relazione finale con Anna. La forza dell’opera, pertanto, risiede proprio in questo spostamento sottile: una riscrittura dei ruoli, dei legami e delle aspettative che non pretende clamore ma lascia spazio alla sorpresa. L’amore di Aldo si sgonfia come un palloncino sdoganato; quello che nasce tra Anna e Michela — esitante, sincero, forse erotico — è un’intuizione limpida, un’apertura verso l’imprevisto. «È la fine del mondo se nasce qualcosa tra di noi» dice Michela, travolta dal senso di colpa. Ma sarà proprio quel “qualcosa” a rimettere in moto la vita.

L’entrata in scena di quest’ultima, infatti, non solo capovolge ogni aspettativa narrativa, ma dischiude un nuovo orizzonte affettivo e simbolico. Anna non è più solo l’oggetto dell’amore maschile del passato, ma una figura autonoma, libera, capace di spostare il baricentro dell’azione. La sua inaspettata intesa con Michela — sottile, intensa, forse erotica — non è semplice provocazione, bensì esito coerente di un testo che ha fatto del desiderio un movente poetico più che sentimentale. In tal senso, Non è la fine del mondo si inserisce con grazia e misura all’interno di quelle scritture queer e post-identitarie europee che riflettono sull’identità fluida e sull’eros come possibilità di riappropriazione del sé: da Caryl Churchill a Valérie Mréjen, fino ad accenti che ricordano il primo Almodóvar.

Il dialogo tra Michela e Anna è il punto più vibrante dell’opera: affiora tra sguardi, silenzi, sfioramenti, con un’intensità che non ha bisogno di proclami. «Distendi queste labbra contratte… o permettimi di…» dice Anna prima di avvicinarsi per un bacio. Michela si ritrae, travolta dal senso di colpa: «È la fine del mondo se nasce qualcosa tra di noi» — frase che dà al titolo il suo vero significato, quello di antifrasi drammatica. Eppure, sarà proprio questo “nascere qualcosa” a rivelare la libertà possibile dell’amore.

Nel finale, il triangolo affettivo non si compone, si disgrega. La relazione auspicata tra Aldo e Anna si dissolve in un’intesa silenziosa e potentemente evocativa tra Anna e Michela. Questo slittamento del desiderio — mai dichiarato, ma vibrante — apre il testo a una lettura che rifiuta le categorie consolidate e accoglie la molteplicità dell’esperienza umana. Porzia non forza il gesto: lo lascia affiorare. E in questo c’è una rara forma di pudore teatrale. A questo punto, il testo compie un climax drammaturgico sorprendente. Anna dichiara apertamente il suo sentimento per Michela: «Ti amo, ti amo davvero… e non intendo commettere lo stesso errore. La nostra è la più speciale di tutte». E il padre, lungi dall’opporvisi, comprende, benedice, si libera: «Anna, ti affido volentieri mia figlia, perché ormai non ti amo più… È Gianna che amo, da sempre». È un momento di disvelamento dolce e spiazzante, dove tutti i personaggi si ritrovano, ciascuno nel proprio spazio di verità.

La scrittura di Porzia si distingue per l’eleganza del registro linguistico. I riferimenti colti non pesano mai come citazioni ornamentali, ma si innestano organicamente nei dialoghi, rendendo la parola veicolo di resistenza emotiva e di pensiero. Il linguaggio teatrale si fa così luogo di lotta tra la finzione e la realtà, tra ciò che i personaggi vorrebbero essere e ciò che, inevitabilmente, sono. Come ha scritto Porzia stessa nella prefazione, questo testo nasce da un periodo di trasformazione, di rielaborazione del vissuto. E si sente: Non è la fine del mondo è un’opera che tocca corde personali senza mai cadere nel privato, che parla a tutti proprio perché nasce da un’urgenza autentica. Come nel teatro di Yasmina Reza (Art, Il dio del massacro), anche qui lo spazio borghese — uno studio pieno di libri — si fa campo di battaglia retorico ed emotivo. Ma mentre Reza lavora sul disfacimento della convivenza sociale, Porzia concentra il proprio sguardo sulle faglie emotive del singolo, lasciando che la tensione si costruisca con misura, senza mai esplodere del tutto.

Non è la fine del mondo è, in definitiva, un’opera prima che si distingue non per fragili virtuosismi ma per coerenza di sguardo e profondità drammaturgica. Un testo che coniuga eleganza e struttura, introspezione e leggerezza, e che restituisce al teatro il suo compito più arduo: parlare dell’intimo senza cedere al privato, interrogare il presente attraverso relazioni, parole e silenzi. Una commedia colta e necessaria, che si lascia attraversare con ascolto e restituisce — con pudore e intelligenza — quel raro stupore che solo il teatro sa offrire. Si è di fronte a un debutto drammaturgico che sorprende per la maturità della voce, per la tenuta formale, per il coraggio di mettere in scena un teatro dell’intimità senza retorica. Il mondo, forse, non finirà. Ma se finisse, Adele Porzia avrebbe già scritto un ottimo finale.

Non è la fine del mondo, di Adele Porzia cover
la copertina del libro Non è la fine del mondo, di Adele Porzia, pubblicato da PAV Edizioni (2025) nella collana Narrativa Teatrale

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Nuova vita per il Teatro Bibiena di Mantova: gli interventi di riqualificazione https://www.classicult.it/teatro-bibiena-di-mantova-gli-interventi-di-riqualificazione/ https://www.classicult.it/teatro-bibiena-di-mantova-gli-interventi-di-riqualificazione/?noamp=mobile#respond Tue, 27 May 2025 17:31:31 +0000 https://www.classicult.it/?p=306217 Teatro Bibiena: gli importanti interventi di riqualificazione in questo luogo fondamentale nella vita sociale e culturale della città di Mantova

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Nuova vita per il Teatro Bibiena di Mantova: gli interventi di riqualificazione

Clicca qui per la presentazione del 27 maggio 2025, commento a cura di Giuseppe Fraccalvieri 
Clicca qui per le informazioni ufficiali sugli interventi

Teatro Bibiena di Mantova interventi di riqualificazione Foto di Giuseppe Fraccalvieri Teatro Bibiena di Mantova interventi di riqualificazione Foto di Giuseppe Fraccalvieri Teatro Bibiena di Mantova interventi di riqualificazione Foto di Giuseppe Fraccalvieri Teatro Bibiena di Mantova interventi di riqualificazione Foto di Giuseppe Fraccalvieri Teatro Bibiena di Mantova interventi di riqualificazione Foto di Giuseppe Fraccalvieri Teatro Bibiena di Mantova interventi di riqualificazione Foto di Giuseppe Fraccalvieri Teatro Bibiena di Mantova interventi di riqualificazione Foto di Giuseppe Fraccalvieri Teatro Bibiena di Mantova interventi di riqualificazione Foto di Giuseppe Fraccalvieri


la presentazione del 28 marzo 2025, commento a cura di Giuseppe Fraccalvieri

Quanto mi era mancato! Questo il commento più ricorrente, tra chi c’era alla presentazione degli interventi di riqualificazione del Teatro Scientifico dell’Accademia. Un commento che tradisce l’attaccamento a questo luogo, familiare e fondamentale nella vita sociale e culturale della città. Il Teatro, opera di Antonio Galli da Bibbiena, è infatti un gioiello della città di Mantova, collocato nell’edificio dove ha anche sede l’Accademia Nazionale Virgiliana di Scienze Lettere e Arti.

Teatro Bibiena di Mantova interventi di riqualificazione Foto di Giuseppe Fraccalvieri
Foto di Giuseppe Fraccalvieri

Rientrando nei suoi spazi, non si perde un istante a riconoscerli e sentirli nuovamente familiari; anche se l’illuminazione non è stata cambiata, la luce sembra però riflettersi diversamente e mostra un luogo che sembra aver recuperato la sua giovinezza. Procediamo però per ordine nel raccontare questi lavori.

Teatro Bibiena di Mantova interventi di riqualificazione Foto di Giuseppe Fraccalvieri
Foto di Giuseppe Fraccalvieri

Durante la presentazione degli interventi di riqualificazione al Teatro Bibiena, sono intervenuti il sindaco di Mantova, Mattia Palazzi; Raffaele Zancuoghi per il Gruppo TEA; Giulia Pecchini, dirigente del settore cultura e turismo del Comune, Veronica Ghizzi per la direzione musei e monumenti del Comune , Nicola Baraldi per Sauber e infine Giovanna Gola, restauratrice della ditta ZòE restauri.

Teatro Bibiena di Mantova interventi di riqualificazione Foto di Giuseppe Fraccalvieri Teatro Bibiena di Mantova interventi di riqualificazione Foto di Giuseppe Fraccalvieri

I lavori hanno innanzitutto riguardato gli impianti termici, separando anche i circuiti del Teatro da quelli dell’Accademia. Con il passaggio dall’impianto a sistema radiante a quello a serpentine vi è anche un miglioramento dell’efficienza. Rifatta anche la pavimentazione in cotto, ed è stato scelto un cotto artigianale; pure il bagno ha visto una nuova pavimentazione ed è ora pienamente accessibile. Rifatte anche le superfici dello zoccolo della platea, logorate, deteriorate dall’utilizzo e dall’umidità di risalita. Restaurato anche il foyer, e grande attenzione è stata destinata anche agli interventi pittorici. Sostituite pure 144 sedute, mantenendo la dima storica del 1989, ispirata a quella del Teatro veneziano La Fenice. Rinfrescati tutti gli arredi tessili: son quasi mille metri quadri di tende, puliti e rimontati in tempi record.

Teatro Bibiena di Mantova interventi di riqualificazione Foto di Giuseppe Fraccalvieri
Foto di Giuseppe Fraccalvieri

Non è stato facile lavorare in un contesto così fragile, ha spiegato il sindaco Mattia Palazzi, ma gli interventi si sono comunque svolti in tempi brevi e in tempo per la prima della manifestazione Trame Sonore. Eppure, se si fosse ritardato ancora i costi sarebbero lievitati ulteriormente, sempre a causa dell’umidità di risalita. Per non parlare dei danni. Almeno altri 12 milioni sarebbero necessari per intervenire sulla parte strutturale, sull’antisismica del Palazzo dell’Accademia. Una cifra del genere sarebbe difficile da gestire per le casse comunali: il sindaco ha quindi lanciato un appello alla Regione in tal senso.

Come ribadito dai presenti, i lavori – aventi natura intersettoriale – si sono svolti in un contesto di massima collaborazione e rispetto dei rispettivi ruoli. Un ringraziamento è andato in particolare alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Cremona, Mantova e Lodi, e al precedente soprintendente, Gabriele Barucca.

Infine, una riflessione da parte del sindaco Palazzi: non dovrebbero passare cinquant’anni per occuparsi del proprio patrimonio, per quanto queste operazioni abbiano un impatto non piccolo su un comune di 50 mila abitanti. Muoversi prima aiuta però a ridurre i costi. Più che un giudizio sul passato, un monito per il futuro e per i mantovani, però, ci tiene a precisare.

Teatro Bibiena di Mantova interventi di riqualificazione Foto di Giuseppe Fraccalvieri
Foto di Giuseppe Fraccalvieri

RIAPRE IL TEATRO BIBIENA DOPO GLI INTERVENTI STRUTTURALI DI EFFICIENTAMENTO CHE RESTITUISCONO ALLA CITTÀ UN GIOIELLO DEL SUO PATRIMONIO CULTURALE

Presentazione lavori Teatro Bibiena di Mantova Presentazione lavori Teatro Bibiena di Mantova Presentazione lavori Teatro Bibiena di Mantova Presentazione lavori Teatro Bibiena di Mantova Presentazione lavori Teatro Bibiena di Mantova

MANTOVA, 27 MAGGIO 2025 – A otto mesi dalla chiusura per le visite al pubblico, ottobre 2024, e a soli sei mesi dall’inizio dei lavori, il Teatro Bibiena torna a risplendere. Da luglio scorso, invece, il teatro di via Accademia era stato chiuso per ogni sorta di evento e spettacolo.
Il Comune di Mantova è orgoglioso di annunciare la riapertura al pubblico di uno dei luoghi più preziosi della vita culturale cittadina, simbolo di storia, arte e musica.
Un momento particolarmente significativo, che avviene a pochi giorni dall’inaugurazione del festival Trame Sonore, evento internazionale che proprio nel Bibiena ha uno dei suoi palcoscenici principali.

L’intervento di riqualificazione rientra nel più ampio progetto di Project Financing promosso dal Comune di Mantova e affidato al raggruppamento temporaneo di imprese RTI composto da Tea Reteluce (89,9%) e Sauber (10,1%). L’opera è parte di un piano strategico di efficientamento energetico e messa a norma degli edifici comunali, con un investimento complessivo di circa 3,7 milioni di euro, di cui circa 1 milione destinati specificamente al Teatro Bibiena.

Gli interventi sono stati presentati, martedì 27 maggio, direttamente all’interno del Teatro Bibiena, dal sindaco di Mantova Mattia Palazzi, dal dirigente comunale del settore Cultura e Turismo Giulia Pecchini, dal direttore dei Musei Civici Veronica Ghizzi, da Raffaele Zancuoghi di Tea Reteluce, da Nicola Baraldi di Sauber e dalla restauratrice Giovanna Gola della ditta ZòE.

IL VALORE DI UN LUOGO UNICO AL MONDO

Progettato tra il 1767 e il 1769 da Antonio Galli Bibiena, il Teatro fu inaugurato il 3 dicembre 1769 da un giovanissimo Wolfgang Amadeus Mozart, che ne sancì il destino glorioso con un concerto memorabile. La sua struttura a pianta di campana, i palchetti lignei affrescati dallo stesso Bibiena, e la facciata classica firmata da Giuseppe Piermarini, lo rendono un capolavoro del teatro barocco europeo, ammirato da artisti, studiosi e turisti da tutto il mondo.

UN RESTAURO TECNICO E ARTISTICO PER IL FUTURO DEL TEATRO

Gli interventi hanno interessato soprattutto il cuore tecnologico del teatro, alcune superfici pittoriche e gli arredi . È stata completamente rifatta la centrale termica, separando i circuiti del Teatro da quelli dell’Accademia, ottimizzando l’efficienza dell’impianto. Il vecchio sistema radiante è stato sostituito da un nuovo impianto a serpentine più performante, con un significativo miglioramento in termini di comfort e risparmio energetico.

Contestualmente, si è proceduto al rifacimento della pavimentazione della platea: piastrelle in cotto artigianale, realizzate a mano dalla Fornace Polirone, trattate con oli e cere naturali, sono state posate seguendo geometrie coerenti con l’impianto originario, restituendo al teatro un’eleganza sobria e rispettosa della sua identità storica.

Un intervento fondamentale ha riguardato anche i servizi igienici, completamente rinnovati con nuove pavimentazioni e rivestimenti approvati dalla Soprintendenza, dotati di sanitari moderni e di boiler elettrici per garantire l’acqua calda sanitaria. E’ stato realizzato un bagno dedicato alle persone con disabilità, rendendo il Teatro pienamente accessibile e conforme agli standard di inclusività e accoglienza.

 

SEDUTE STORICHE E RESTAURI SPECIALISTICI

Sono state sostituite 144 poltroncine della platea, risalenti agli anni Ottanta e ormai deteriorate, con nuove sedute realizzate dalla ditta Decima, utilizzando la dima storica del 1989 ispirata alle poltrone del Teatro La Fenice. La nuova struttura è in massello di faggio curvato a caldo, con rivestimento in tessuto ignifugo. Sono stati inoltre restaurati 78 sgabelli originali dei palchi, conservando le strutture lignee e sostituendo imbottiture e tessuti.

Grande attenzione è stata dedicata al restauro conservativo: le superfici murarie dello zoccolo della platea isono state pulite, consolidate e integrate pittoricamente, rispettando le cromie originali e l’effetto illusionistico del finto bugnato. Il foyer, primo ambiente che accoglie il pubblico, è stato oggetto di un restauro approfondito, grazie a un investimento comunale di 60.000 euro. La volta a padiglione e le pareti decorate sono tornate a esprimere appieno la loro bellezza settecentesca, offrendo un’accoglienza scenografica e degna della magnificenza della sala teatrale.

I lavori sono stati realizzati, oltre che dalle ditte del RTI, da Edil Service (Bagnolo San Vito) per la parte edile, Eurotherm (Bolzano) per il sistema radiante e Zoe di Marmirolo per il restauro e la decorazione pittorica.

IL TEATRO BIBIENA: UN BENE PUBBLICO, UNA RISORSA CULTURALE

Con questo intervento il Comune di Mantova conferma il proprio impegno per la valorizzazione del patrimonio culturale cittadino. Il Teatro Bibiena non è solo un luogo di spettacolo, ma un simbolo della storia e della vocazione musicale di Mantova. La sua riapertura rappresenta un momento di orgoglio e una promessa verso il futuro: custodire la memoria per generare nuova bellezza e cultura.

Per l’amministrazione comunale, la restituzione alla città di un Teatro rinnovato, sicuro, accessibile e pronto ad accogliere eventi di livello internazionale, è un investimento non solo economico ma civico, identitario e profondamente culturale.

 

Comunicazioni ufficiali e immagini (ove non indicato diversamente) dall’Ufficio Stampa del Comune di Mantova.

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Aspettando Godot, dai Quaderni di regia e testi riveduti di Samuel Beckett https://www.classicult.it/aspettando-godot-dai-quaderni-di-regia-e-testi-riveduti-di-samuel-beckett/ https://www.classicult.it/aspettando-godot-dai-quaderni-di-regia-e-testi-riveduti-di-samuel-beckett/?noamp=mobile#respond Thu, 22 May 2025 07:06:19 +0000 https://www.classicult.it/?p=305380 Aspettando Godot, dai Quaderni di regia e testi riveduti di Samuel Beckett editi da Cuepress, arricchisce la conoscenza del drammaturgo

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Aspettando Godot, dai Quaderni di regia e testi riveduti di Samuel Beckett

Nel 1953 venne per la prima volta portato in scena Aspettando Godot, un’opera cui Samuel Beckett si era dedicato tra il ‘48 e il ‘49 e che avrebbe garantito la fama del suo ideatore e sancito la sua appartenenza al Teatro dell’assurdo. Inizialmente, non è stato lo stesso scrittore ad occuparsi della messa in scena dell’opera, sebbene sia stato sempre coinvolto nel suo allestimento. Per esempio, nel 1952 assistette alle prove dello spettacolo, sotto la regia di Roger Blin, per poi affiancarlo nel ‘61.

Aspettando Godot, dai Quaderni di regia e testi riveduti di Samuel Beckett, pubblicato da Cuepress (2021) nella collana Le teorie. Foto di Adele Porzia
Aspettando Godot, dai Quaderni di regia e testi riveduti di Samuel Beckett, pubblicato da Cuepress (2021) nella collana Le teorie. Foto di Adele Porzia

Aiutò gli anni successivi registi come Anthony Page, nella produzione londinese al Royal Court, oppure Deryk Mendel che dirigeva la compagnia dello Schiller Theater. Per anni ha avuto a che fare con gli attori che avrebbero interpretato Vladimir ed Estragon, finché non gli fu offerto di dirigere lui stesso Waiting for Godot presso lo Schiller Theater di Berlino nel 1975.

Non era la sua prima volta alla regia, perché aveva diretto altri suoi testi come Finale di partita (1967), L’ultimo nastro di Krapp (1969) e Giorni felici (1971). Ma è la prima volta che dirige proprio Aspettando Godot. È un momento importante per comprendere la crescita di Beckett sia come regista, sia soprattutto come autore di teatro. Il suo quaderno di regia, pubblicato dalla Cuepress, è un’occasione per il lettore e per lo studioso di Beckett di comprendere il grande lavoro di revisione, rimaneggiamento e analisi che lo scrittore, nonché regista, ha operato sul testo.

Il quaderno riporta sulla destra le battute dei personaggi e sulla sinistra i calcoli, i movimenti scenici, le didascalie di Beckett e permette di comprendere il grado di studio e di ricerca dello scrittore, nonché tutti i significati metaforici e storici che l’autore intendeva dare all’opera. Grazie a questo quaderno, quindi, possiamo colmare (per quanto possibile) anche una serie di dubbi su alcuni dei significati di questa misteriosa opera. Innanzitutto, si ha la conferma della forte impronta cristologica dei due personaggi che, come i due ladroni del Vangelo di Luca, sono chiamati ad attendere Cristo e a interrogarsi sulla sua natura divina e sul significato stesso della vita.

l'interno del libro
Foto di Adele Porzia

All’interno di una strada di campagna, ambientazione della tragicommedia, i due vagabondi protagonisti, simbolo l’uno della terra e l’altro dell’aria o del cielo, sono condannati ad attendere qualcosa che non accade, l’avvento di qualcuno che non si presenterà mai in scena. E queste due figure esistono in virtù di tale eterna attesa. L’albero, presente in scena, è il simbolo proprio di una croce, intorno alla quale sono disposte le due figure, proprio come quelle dei ladroni.

E qui, nell’attesa di qualcuno che non arriva, nella consapevole mancanza di senso della vita, i due vagabondi assistono all’arrivo di Pozzo, un laido figuro, che giunge in scena con Lucky, una sorta di schiavo che tiene legato a sé da una corda. I due giungeranno sia nel primo che nel secondo atto, facendo percepire al pubblico da quanto Vladimir ed Estragon stiano attendendo Godot. E, infatti, nel secondo atto Pozzo sarà cieco e Lucky muto, segno del potere distruttivo del tempo.

Pozzo urlerà contro i due, irritato dalle loro continue domande su come e perché siano diventati l’uno muto e l’altro cieco, ma soprattutto sul quando, visto che credono di aver incontrato i due solo il giorno prima:

“Ma la volete finire con le vostre storie di tempo? È grottesco! Quando! Quando! Un giorno, non vi basta, un giorno come tutti gli altri, è diventato muto, un giorno io sono diventato cieco, un giorno diventeremo sordi, un giorno siamo nati, un giorno moriremo, lo stesso giorno, lo stesso istante, non vi basta? (Calmandosi) Partoriscono a cavallo di una tomba, il giorno splende un istante, e poi è di nuovo la notte” (Samuel Beckett, Teatro, Einaudi, Torino 2014, p.91).

La vita è, proprio come in Pedro Calderón de la Barca, un sogno, un’attesa ostinata di qualcosa che pian piano consuma chi attende. Beckett mette su un triangolo, ai cui vertici troviamo l’attesa, il silenzio e la mutilazione. I personaggi vivono e perciò seguono l’andamento di questo triangolo, per poi spegnersi del tutto, consumare la loro esistenza in un eterno silenzio.

libri di teatro
Foto di Adele Porzia

E così, Beckett ricrea la società del tempo, in cui la cultura e la storia europea, che ha provocato la Shoah e la guerra, deve lasciare il passo alla modernità, al capitalismo, allo scontro tra le due nuove super potenze. E in questo scenario, l’essere umano, proprio come Vladimir ed Estragon, non ha alcun potere e può solo attendere la sua fine oppure qualcuno che rivoluzioni tutto, che porti la cessazione della sofferenza, la pace. E che ruolo può avere l’artista in questo tetro scenario? Lo spiega lo stesso Beckett proprio con il suo teatro: adoperare la scrittura per riflettere sul presente, strappare il velo di illusioni che circonda l’uomo e spronarlo a tornare a vivere. Accettare che la condizione umana è caratterizzata dall’assurdo, che è priva di logica e che nessuno può salvarci se non noi, adoperando ciò che abbiamo a disposizione.

Aspettando Godot, dai Quaderni di regia e testi riveduti di Samuel Beckett, pubblicato da Cuepress (2021) nella collana Le teorie. Foto di Adele Porzia
Aspettando Godot, dai Quaderni di regia e testi riveduti di Samuel Beckett, pubblicato da Cuepress (2021) nella collana Le teorie. Foto di Adele Porzia

Poter visionare e leggere il quaderno di Beckett ci permette di conoscere fino in fondo il suo pensiero e comprendere un’opera che non cessa di affascinare i lettori di ogni tempo. Una lettura che non posso che consigliare e che ha arricchito le mie conoscenze su questo affascinante ed eclettico artista.

Aspettando Godot, dai Quaderni di regia e testi riveduti di Samuel Beckett, pubblicato da Cuepress (2021)
Aspettando Godot, dai Quaderni di regia e testi riveduti di Samuel Beckett, pubblicato da Cuepress (2021) nella collana Le teorie

Il libro recensito è stato cortesemente fornito dalla casa editrice.

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Condannato alla fama: la vita di Samuel Beckett, saggio di James Knowlson https://www.classicult.it/condannato-alla-fama-la-vita-di-samuel-beckett-saggio-di-james-knowlson/ https://www.classicult.it/condannato-alla-fama-la-vita-di-samuel-beckett-saggio-di-james-knowlson/?noamp=mobile#respond Tue, 22 Apr 2025 07:11:55 +0000 https://www.classicult.it/?p=302537 La vita e il metodo del drammaturgo irlandese nel saggio di James Knowlson, Condannato alla fama: la vita di Samuel Beckett

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Condannato alla fama: una vita di Samuel Beckett, saggio di James Knowlson – la vita e il metodo del drammaturgo

Qualche giorno fa, ho terminato di leggere un libro denso come quello di James Knowlson, edito da CuePress, col titolo Condannato alla fama: una vita di Samuel Beckett. Un saggio lungo seicento pagine e di una certa complessità, in grado di far entrare il lettore nella vita di questo geniale drammaturgo, traduttore, poeta, romanziere e finanche cineasta, rivelando quegli aspetti che solitamente non si studiano all’università o che comunque io non avevo mai incontrato nei miei studi.

la copertina del saggio di James Knowlson, Condannato alla fama una vita di Samuel Beckett, edito da CuePress (2024) nella collana Gli artisti. Foto di Adele Porzia
la copertina del saggio di James Knowlson, Condannato alla fama: la vita di Samuel Beckett, edito da CuePress (2024) nella collana Gli artisti. Foto di Adele Porzia

Questo drammaturgo irlandese, che per l’intera durata della sua vita ha cercato di sperimentare e rappresentare le trasformazioni del suo presente, viene soprattutto ricordato per un nuovo genere teatrale, nonché filosofico, conosciuto con il nome di Teatro dell’assurdo, di cui è uno dei principali esponenti. Non è, naturalmente, il suo solo ideatore e rappresentate di questo nuovo modo di fare teatro, ma spesso viene associato ai due drammaturghi francesi Eugène Ionesco e Arthur Adamov, nonché al britannico Harold Pinter.

Foto di Adele Porzia

Ma che cos’è il teatro dell’assurdo? Innanzitutto, il termine è stato coniato da Martin Esslin nel saggio del 1961, intitolato proprio Teatro dell’assurdo, e tale denominazione indicherebbe una serie di opere teatrali, scritte tra gli anni quaranta e gli anni sessanta, nelle quali viene abbandonato ogni procedimento narrativo e razionale, sino al rifiuto di adottare un linguaggio logico e consequenziale. Questo tipo di teatro, quindi, consiste nel portare in scena dialoghi senza un apparente filo logico, tenuti insieme da un linguaggio atipico.

Le stesse trame non sembrano seguire un criterio logico-razionale, ma sembrano immerse e avvolte da un alone di sogno. Questo sia per poter sfuggire alla censura e al perbenismo imperante in quell’epoca (e che Beckett aveva sperimentato sulla sua pelle) sia per trasmettere un messaggio sulla guerra, sull’epoca corrente, sul potere dominante e sulla condizione umana, senza le trappole della razionalità e della logica. L’esigenza era quella di sfuggire alle regole del tempo, ma anche di creare qualcosa di totalmente diverso, che riflettesse l’atmosfera di quegli anni e la loro apparente mancanza di senso.

Sicuramente, come nota lo stesso James Knowlson nel saggio sulla vita di Beckett, molto della formazione di questo nuovo teatro è dovuto ai numerosi contatti che l’autore ha avuto con gli intellettuali e artisti di Parigi, dove si recava spesso da Roussillon, luogo in cui si era rifugiato dopo la Seconda Guerra Mondiale. Ed è proprio qui che tra il 9 ottobre 1948 e il 29 gennaio del 1949, influenzato dal teatro parigino e dalle sperimentazioni letterarie di Parigi, iniziò la stesura di Aspettando Godot in francese, per poi riprendere la stesura di quella che lo stesso autore definì una tragicommedia in due atti nel 1954, stavolta in inglese.

Foto di Adele Porzia

Per ricostruire tutto questo periodo, James Knowlson, professore emerito presso l’Università di Reading di Londra, ha recuperato i due massicci volumi di lettere che sono state pubblicate dalla Cambridge University Press tra il 2009 e il 2016. Ha usato questo vasto supporto cartaceo per ricostruire eventi della vita privata e dell’opera di Beckett che non era mai stati resi noti dalla critica. Un lavoro certosino, insomma, che ci rivela anche il metodo di questo eclettico artista, sempre presente alle prove fatte a teatro e pronto a dire la sua per quanto riguarda l’allestimento e la messa in scena delle sue opere, finché nel 1975 non si occupò lui stesso della regia tedesca di Aspettando Godot (Warten auf Godot) presso lo Schiller Theater di Berlino e, poi, di altre sue opere teatrali.

Foto di Adele Porzia

Knowlson, inoltre, ha anche curato una serie, pubblicata sempre dalla Cuepress, di Quaderni di regia e testi riveduti di Samuel Beckett, in cui mostra il modo in cui l’artista scriveva le sue opere, metodo che viene ricordato perfino da Francesco Piccolo in un libro edito da Einaudi nel 2024, che si intitola Scrivere è un tic. I metodi degli scrittori, pp. 24-25: il drammaturgo usava un quaderno di scuola a quadretti e sulla pagina destra scriveva il testo. Sulla pagina sinistra, invece, faceva delle aggiunte, inseriva qualche suo commento, annotava delle cifre e i movimenti scenici degli attori. Segno di come ogni cosa nel modo di fare teatro di Beckett fosse studiata a tavolino.

Scrive Ruby Cohn, a proposito della messa in scena berlinese che

“non si tratta di una regia in un senso tradizionale, ma di attenzione a chi guarda dove in ogni momento, con la vittoria, passaggio per passaggio, di ciascun attore sull’immobilità, con il disegno generale dei movimenti sul palco, con il contrasto di parole e gesti, con echi visivi, simmetrie e opposizioni” (R. Cohn, Just play: Beckett’s theater, Princeton University Press, Princeton 1973, p.7.).

ConCondannato alla fama: una vita di Samuel Beckett, James Knowlson ha scritto un saggio ricco e complesso, che può rivelarsi un valido strumento di comprensione e analisi dell’opera di Beckett e che rivela la stretta connessione tra la sua vita, le vicende storiche che ha vissuto e il modo in cui questo straordinario drammaturgo vede e intende l’opera d’arte.

Quando è stato insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1969, perché ha raccontato secondo la forma del dramma e del romanzo la condizione dell’uomo moderno, Beckett ha ritenuto che questa sarebbe una catastrofe, la fine della sua tranquillità. Infatti, racconta il professor Knowlson che il drammaturgo si nascose, per sfuggire alle interviste e alle foto dei giornalisti in un albergo a Nabeul. Sarebbe rimasto lì, finché non si fossero calmate le acque. Poi, fu avvistato nella hall dell’albergo qualche giorno più tardi, con un sigaro in bocca e i capelli cortissimi, e la stampa non gli diede tregua.

Era una delle persone più famose dell’epoca e riteneva, timido e geloso com’era della sua privacy, che fosse una condanna, più che una gioia. E, in quella circostanza, aveva sperimentato la forma peggiore di una condizione, quella della fama, di cui aveva già parlato nel suo unico lungometraggio, che si intitola proprio Film e che risale al 1965.

In questo suo lavoro, indagava sull’occhio della telecamera, che insegue il protagonista, interpretato da Buster Keaton, ovunque: in strada e perfino sulle scale di casa e nel suo appartamento, rendendone impossibile la fuga. E quello che voleva rappresentare attraverso l’occhio implacabile della telecamera, che stana ovunque le sue vittime, non era semplicemente il mezzo cinematografico, ma la fama, la gloria e quel desiderio degli altri di possedere chi è oggetto della fama.

la copertina del saggio di James Knowlson, Condannato alla fama una vita di Samuel Beckett, edito da CuePress (2024) nella collana Gli artisti. Foto di Adele Porzia
la copertina del saggio di James Knowlson, Condannato alla fama: la vita di Samuel Beckett, edito da CuePress (2024) nella collana Gli artisti. Foto di Adele Porzia

A questa condizione Beckett sarà sempre condannato, sia quando sfuggirà alla morte durante la guerra, sia quando otterrà i suoi primi successi come scrittore, al punto che James Knowlon ha ritenuto di dover inserire tale condanna proprio nel titolo di questo straordinario volume, che consiglio agli addetti ai lavori e a chiunque voglia cimentarsi in una lettura complessa su uno dei più grandi drammaturghi del nostro tempo, che ha cambiato il nostro modo di concepire il teatro.

la copertina del saggio di James Knowlson, Condannato alla fama una vita di Samuel Beckett, edito da CuePress (2024) nella collana Gli artisti
la copertina del saggio di James Knowlson, Condannato alla fama: la vita di Samuel Beckett, edito da CuePress (2024) nella collana Gli artisti

Il libro recensito è stato cortesemente fornito dalla casa editrice.

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Dal museo al teatro – un progetto di cultura diffusa e inclusiva al Parco archeologico delle Isole Eolie https://www.classicult.it/dal-museo-al-teatro-un-progetto-di-cultura-diffusa-e-inclusiva-al-parco-archeologico-delle-isole-eolie/ https://www.classicult.it/dal-museo-al-teatro-un-progetto-di-cultura-diffusa-e-inclusiva-al-parco-archeologico-delle-isole-eolie/?noamp=mobile#respond Fri, 11 Apr 2025 20:57:15 +0000 https://www.classicult.it/?p=301103 Dal museo al teatro - un progetto di cultura diffusa e inclusiva al Parco archeologico delle Isole Eolie, in scena il Prometeo incatenato di Eschilo

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Dal museo al teatro – un progetto di cultura diffusa e inclusiva al Parco archeologico delle Isole Eolie

ARCHEOLOGIA: PNRR, dal museo al teatro sperimentale. A Lipari le maschere teatrali greche tornano in scena per la tragedia classica “Prometeo incatenato” di Eschilo (3 maggio 2025)

Un caso di best practice: dalle copie tattili destinate ai non vedenti un contributo al teatro di ricerca che può sperimentare la recitazione con le maschere, come nell’antica Grecia

Il Parco Archeologico delle Isole Eolie della Regione Siciliana presenta il 2 e 3 maggio a Lipari le novità del Museo Luigi Bernabò Brea che si racconta in Braille e LIS a non vedenti e non udenti.

Progetto PNRR – MIC con app, video in LIS, storytelling a tema e due golf car per i visitatori a ridotta mobilità (VRM) realizzato con le Università di Milano (Cattolica) e Reggio Calabria e Naos Lab. Lo spettacolo del Prometeo è un Progetto PRIN dell’associazione Kerkis di Milano. Anteprima sperimentale a Milano il 25 marzo, al Teatro Pime.

Dal museo al teatro - un progetto di cultura diffusa e inclusiva Locandina generale
la locandina per Dal museo al teatro – un progetto di cultura diffusa e inclusiva al Parco archeologico delle Isole Eolie

LIPARI (ME), 11 aprile 2025 – Dal prossimo mese di maggio 2025 il Museo archeologico Luigi Bernabò Brea di Lipari – che fa parte del Parco archeologico delle Isole Eolie della Regione Siciliana, ente diretto dall’architetto Rosario Vilardo – “parlerà” in Braille e in LIS (Lingua Italiana dei Segni) e sarà fruibile quindi da non vedenti e non udenti grazie a una serie di innovazioni tecnologiche realizzate con i fondi del PNRR per la rimozione delle barriere fisiche e cognitive.

“Vietato non toccare”, recita infatti un pannello: in arrivo copie tattili delle maschere della tragedia antica (come Paride e Filottete, IV a.C. figure riconducibili alla perduta tragedia di Sofocle “Filottete a Troia”) e della commedia nuova (come Pseudokore e l’Etera, prima metà III a.C.); statuette comiche (come il Satiro sconcertato, dalla pancia gonfia e l’inequivocabile citazione fallica, tipica della satira del IV a.C.); vasi delle culture preistoriche e un cratere attico a figure rosse (V a.C.)

Milano: riproduzioni delle maschere teatrali del Museo di Lipari. Crediti per la foto: Alessandro Villa Museo di Lipari: l'Etera Museo di Lipari: Satiro Cornuto NAOS: digitalizzazione dei reperti UniRC: prototipo per l'Etera UniRC: prototipo di Satiro Cornuto

In tutto 35 reperti tattili, perfettamente uguali agli originali e realizzati in PLA (bioplastica ricavata da zuccheri vegetali) con tecnologie digitali e rilievi con laser scanner, che potranno essere toccati dai visitatori non vedenti (e non solo) restituendo loro la reale percezione della ricca collezione archeologica del Museo di Lipari, istituzione di altissimo valore storico e identitario che proprio lo scorso anno ha compiuto i suoi primi 70 anni di vita. Per i visitatori un’app, video descrizioni a tema e raccontate in LIS, didascalie e segnaletica in Braille (oltre a italiano e inglese) dentro e fuori il museo.

Christian Poggioni, attore e regista del Prometeo a Lipari Milano: l'artigiano Andrea Cavarra al lavoro su una maschera per il Prometeo di Lipari Christian Poggioni in Prometeo, Teatro Pime, Milano. Crediti per la foto: Roberto Bellu

Le novità saranno presentate al Parco delle Eolie il 2 e il 3 di maggio 2025 nel corso di una due giorni che, oltre a un convegno e a un workshop con gli attori istituzionali coinvolti nel progetto – e fra questi gli interventi dell’Assessore regionale dei BBCC Francesco Paolo Scarpinato e del Direttore generale del dipartimento, Mario La Rocca –  prevede sabato sera 3 maggio, ore 21, il debutto di uno spettacolo straordinario allestito nel teatro di pietra della rocca di Lipari, realizzato nel 1978 su modello di quelli greci e che guarda il mare.

Prometeo Incatenato Eschilo Locandina spettacolo Lipari 2025
la locandina dello spettacolo

Si tratta della tragedia greca “Il Prometeo incatenato” di Eschilo. La sua unicità sta nel fatto che gli attori sulla scena indosseranno maschere teatrali perfettamente riprodotte dai rilievi digitali sui reperti archeologici originali, miniature provenienti dai corredi funerari di Lipari ed esposti al Museo. Nel ruolo di Prometeo l’attore Christian Poggioni, regista dello spettacolo.

“Rendere i luoghi della cultura quanto più accessibili possibile è tra le nostre mission – ha detto l’Assessore ai Beni culturali e identità siciliana, Francesco Paolo Scarpinato – Grazie alle moderne tecnologie e ai sistemi più avanzati, la disabilità non può e non deve costituire un limite alla fruizione di Parchi archeologici, musei e gallerie. Stiamo lavorando alacremente in questa direzione affinché un numero sempre maggiore di siti sia accessibile a tutti”.

Il progetto, finanziato dal PNRR con circa 500mila euro, è redatto dal Parco delle Isole Eolie ed è stato messo a punto in collaborazione con l’Università Cattolica di Milano; l’Università Mediterranea di Reggio Calabria e la società Naos Lab (azienda che opera tra Salerno, Catanzaro e Roma) che ha curato tutta l’elaborazione digitale. Il coordinamento scientifico del progetto è di Maria Clara Martinelli archeologa del Parco Eolie, Francesca Fatta, Docente di Disegno dell’architettura (UniRC) e Elisabetta Matelli, Docente di Storia del Teatro Greco (UniCatt).

Con questo progetto – commenta il Direttore del Parco delle Eolie, Rosario Vilardo – il Museo Luigi Bernabò Brea diventa inclusivo, parla il Braille e la LIS, si apre a quote di visitatori che sinora non potevano fruire e apprezzare il grande patrimonio archeologico e la storia delle Eolie che qui sono custoditi. Siamo sinceramente orgogliosi delle innovazioni introdotte, frutto del grande lavoro di squadra di un team interdisciplinare con il coordinamento scientifico e gestionale del Parco”.

Lo spettacolo teatrale del “Prometeo incatenato”, realizzato con i fondi PNRR del Parco delle Eolie e i fondi PRIN (Progetti di Ricerca di Rilevante interesse nazionale) assegnati all’Università Cattolica di Milano, è prodotto dalla compagnia teatrale dell’associazione “Kerkís. Teatro Antico In Scena” che a fine marzo ne ha portato al Teatro Pime di Milano una primissima recita sperimentale, necessaria agli attori per testare col pubblico in sala gli effetti della recitazione con le maschere, come nell’antichità.

*PLA: Il PLA (Acido Polilattico) è un’innovativa bioplastica derivata dalla trasformazione degli zuccheri presenti in mais, barbabietola, canna da zucchero e altri materiali naturali e rinnovabili

ARCHEOLOGIA: LE NOVITÀ DEL MUSEO DI LIPARI PER NON VEDENTI E NON UDENTI

Cuore del progetto PNRR del Parco archeologico delle Eolie è il Laboratorio Multisensoriale allestito al piano terra del primo edificio del complesso museale del Castello di Lipari. Qui i visitatori sono accolti in uno spazio espositivo con 35 riproduzioni tattili realizzate in PLA (acido polilattico, materiale usato nella stampa 3D). Fra cui: 26 maschere della commedia e della tragedia ricavate dalle miniature esposte al museo e provenienti dai corredi funerari rinvenuti nella necropoli di Contrada Diana dalla metà del secolo scorso e oggetto di numerose campagne di scavo coordinate dai grandi archeologi Luigi Bernabò Brea e da Madeleine Cavaliersei statuettedue vasi delle culture preistoriche e un cratere attico nero a figure rosse. Tutti questi prototipi, realizzati fedelmente grazie ai rilievi con laser scanner, sono completati da didascalie trilingue: italiano, inglese e braille. Completano il percorso 3 totem con la mappa degli edifici del Castello, dell’accessibilità dei singoli piani e la mappa cronologica degli scavi iniziati il 20 ottobre del 1950. Anche qui in italiano, ingleseLIS e con testo speakerato per i non vedenti; tre video con storytelling tematici; infine un QR CODE per scaricare l’app che accompagna i visitatori anche con un video con la descrizione audiovisiva dei reperti e contenuti in LIS. Un’area è stata destinata al bookshop e alla caffetteria che sarà data in gestione a terzi mentre tra le novità per i “visitatori speciali” con ridotta mobilità sono stati rinnovati ascensori e montascale secondo le normative più recenti, pedane per facilitare l’accesso ai piani; segnaletica e mappe in Braille nell’area esterna e due golf car elettriche per raggiungere il Museo.

TEATRO: IL PROMETEO INCATENATO DI ESCHILO A LIPARI

Conclude la due giorni dedicata alle novità del PNRR uno spettacolo originale: una tragedia classica, il “Prometeo Incatenato” di Eschilo, dove gli attori indosseranno come nell’antichità le maschere secondo il sistema recitativo del teatro classico. In questo caso si tratta delle maschere provenienti dalla necropoli di Lipari di Contrada Diana e oggi esposte nel Museo Luigi Bernabò Brea: miniature provenienti dai corredi funerari e che, grazie ai rilievi in 3D, sono state ingrandite con precisione a misura umana e realizzate da un artigiano nel modo più simile possibile alle originali per essere usate da attori professionisti ed essere quindi restituite alla loro funzione originaria, la dimensione teatrale.

La rappresentazione intende far emergere anche il potere sinestetico dei capolavori del teatro antico, composti in modo tale da creare ‘visioni’ anche solo ascoltando il testo, e percependo sonorità attraverso la sola vista. Lo spettacolo sarà messo in scena nel teatro all’aperto del Castello di Lipari, spazio straordinario con il mare a fare da scenografia e immerso nel complesso architettonico e museale che ospita il Parco archeologico delle Isole Eolie e il Museo Luigi Bernabò Brea, che nel 2024 ha compiuto 70 anni di storia. La ricostruzione artigianale delle maschere è stata curata da Andrea Cavarra e Chiara Barlassina, mentre Francesco Stilo ha realizzato i rilevamenti digitali delle miniature e la modellazione a grandezza naturale delle maschere

LA COLLEZIONE: STORIA DELLE MASCHERE DEL MUSEO ARCHEOLOGICO DI LIPARI

Le terrecotte di soggetto teatrale sono state oggetto di un importante studio di Luigi Bernabò Brea (tra il 1981 e il 2001), tutt’oggi ritenuto di fondamentale rilevanza scientifica. Lo studioso ha curato personalmente la scelta dei reperti e la loro collocazione nelle vetrine del Museo di Lipari a lui intitolato creando un percorso scenografico arricchito anche da miniature di palcoscenici teatrali.

La collezione è composta da numerosi esemplari di statuette e maschere riconducibili ai generi teatrali in uso all’epoca: tragedia, dramma satiresco, commedia. Le terrecotte provengono, in massima parte, dai corredi funerari delle tombe di Contrada Diana e da fosse votive situate nell’area della necropoli. Si tratta di riproduzioni in miniatura delle maschere che gli attori portavano sul volto durante la recitazione sia per amplificare il tono della voce, sia per interpretare i diversi ruoli loro assegnati, compresi quelli femminili. Accanto alle maschere figurano statuette di danzatori e danzatrici, di attori comici, di giocolieri nonché di satiri e sileni, fedeli e allegri compagni di Dioniso (testi Maria Clara Martinelli, archeologa).

INFO https://parchiarcheologici.regione.sicilia.it/isole-eolie/biglietti/museo-luigi-bernabo-brea-lipari/

REFERENTI DEL PROGETTO

Rosario Vilardo, Direttore del Parco Archeologico delle isole Eolie

Referenti tecnico-scientifici:

Alberto Ainis, Giuseppe Lumia, Maria Clara Martinelli (Parco Archeologico delle Isole Eolie, Museo Luigi Bernabò Brea)

Elisabetta Matelli (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano)

Francesca Fatta, Domenico Mediati (Dipartimento di Architettura e Design, Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria)

Testi, video e immagini dall’Ufficio Stampa “Progetto PNRR del Parco archeologico delle Isole Eolie”, Melamedia

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Grande successo per la stagione di prosa Mantova Teatro 2024-2025 al Sociale https://www.classicult.it/grande-successo-per-la-stagione-di-prosa-mantova-teatro-2024-2025-al-sociale/ https://www.classicult.it/grande-successo-per-la-stagione-di-prosa-mantova-teatro-2024-2025-al-sociale/?noamp=mobile#respond Thu, 10 Apr 2025 20:52:59 +0000 https://www.classicult.it/?p=300749 Grande successo per la stagione di prosa Mantova Teatro 2024-2025 al Sociale: pubblico e critica hanno risposto con grande entusiasmo al programma di spettacoli

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Grande successo per la stagione di prosa Mantova Teatro 2024-2025 al Sociale

La stagione di prosa appena conclusasi al Teatro Sociale di Mantova ha registrato uno strepitoso successo. Pubblico e critica hanno risposto con grande entusiasmo al programma di spettacoli che in questa stagione Fondazione Artioli ha proposto per la rassegna Mantova Teatro, dimostrando non solo un grande interesse per l’offerta culturale, ma anche grande affetto per il lavoro di ricerca artistica che ha portato grandi nomi e produzioni di altissimo livello del panorama teatrale italiano a calcare il palcoscenico del teatro massimo di Mantova.

Il successo è il frutto di una ricerca culturale che, anno dopo anno, ha saputo avvicinare sempre di più il pubblico al mondo del teatro, condividendo con esso le emozioni del vivere la cultura degli spettacoli dal vivo, ed è il risultato della collaborazione tra Fondazione Artioli e Comune di Mantova, e del contributo di Fondazione Banca del Monte di Lombardia. Ad essi si affianca, in qualità di main sponsor, Fondazione Marcegaglia.

Con i sette spettacoli in cartellone, quattro dei quali hanno registrato il sold-out, la stagione di prosa ha registrato una media di oltre 600 spettatori a spettacolo e una campagna abbonamenti andata esaurita in meno di tre mesi. Portando in scena riflessioni, attualità, drammi, ma anche risate e leggerezza, con uno sguardo ai grandi classici e un altro rivolto alla contemporaneità e innovazione, il programma si è concluso confermando un percorso di crescita che non appartiene solo ai singoli individui, ma è tesoro di tutta la comunità che nel tempo del teatro si arricchisce, insieme, del valore inestimabile delle emozioni.

Con l’entusiasmo raccolto da questo grande successo, Fondazione Artioli si prepara per la prossima stagione di prosa: nel mese di giugno verrà annunciato il cartellone 2025-2026: con esso verrà aperta la campagna abbonamenti e messi in vendita anche i biglietti per i singoli spettacoli.

Federica Restani, Presidente Fondazione Artioli:

In questo 2024-25 il teatro a Mantova ha reso visibile quel ciclo di germinazione e fioritura i cui i semi sono stati gettati nel biennio precedente, in un rinnovarsi continuo della cultura condivisa. La straordinaria partecipazione di pubblico, autentica linfa che scorre nelle radici di una comunità, ha reso visibile  un’esperienza collettiva di arricchimento attraverso le tematiche degli spettacoli proposti, che hanno stimolato il pensiero e la riflessione del vasto pubblico. In un luogo che è snodo della nostra città, Fondazione Artioli ha offerto uno spazio in cui le voci si intrecciano e le emozioni si condividono. In questo contesto, la politica culturale della cittadina, ha colto nel segno della necessità del pubblico, dimostrando come l’arte, la cultura e anche l’intrattenimento di un certo livello possano essere motori di crescita e di coesione sociale.

Raffaele Latagliata, direzione artistica Stagione di prosa:

Il mio, più che un commento, vuole essere semplicemente un ringraziamento a tutto il pubblico della stagione di prosa appena conclusasi, che ha dimostrato con la propria presenza sempre cosi’ numerosa  e con il proprio entusiasmo sempre così palapabile al  termine di ogni rappresentazione, di apprezzare particolarmente l’offerta spettacolistica di quest’anno.

La scelta di portare a Mantova proposte teatrali di  alta qualità e di indubbio valore artistico e culturale che, nella loro eterogeneità e trasversalità, fossero  comunque in  grado di coinvolgere e appassionare il pubblico, si  è  dimostrata vincente. 

La presenza, poi, di così tanti giovani che si  avvicinano al  teatro e che ne rimangono affascinati, rappresenta, infine, non solo un motivo personale di orgoglio e di soddisfazione, ma anche uno  stimolo a continuare in questa direzione e una speranza per il futuro del teatro nella nostra città e non solo.

Federico Ferrari, coordinamento e direzione Fondazione Artioli:

Il valore del Teatro come luogo si esalta in un tempo in cui non è semplice sviluppare nuove economie ed ecologie culturali. Lo straordinario risultato della stagione di prosa 2024/2025 segna un passo in avanti che ci obbliga a riconsiderare l’ecosistema culturale del territorio attraverso una consapevolezza nuova che si basa su identità, scambio di competenze e consolidamento con i soggetti culturali che credono nel nostro progetto. L’obiettivo fondamentale di rendere il Teatro Sociale un luogo della comunità e per la comunità è alla base della politica culturale della Fondazione. La sfida più importante sarà quella di crescere ogni anno e confermare che la nostra mission sia sempre a favore di chi ama il Teatro non solo come luogo ma come esperienza quotidiana di bellezza e meraviglia.

Teatro Sociale di Mantova 17-12-2024-13
Grande successo per la stagione di prosa Mantova Teatro 2024-2025 al Sociale: pubblico e critica hanno risposto con grande entusiasmo al programma di spettacoli

Testo e foto dall’Ufficio Stampa Fondazione Umberto Artioli Mantova Capitale Europea dello Spettacolo.

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68° Festival dei Due Mondi di Spoleto – 27 giugno – 13 luglio 2025: la nostra guida https://www.classicult.it/68-festival-dei-due-mondi-di-spoleto-27-giugno-13-luglio-2025-la-nostra-guida/ https://www.classicult.it/68-festival-dei-due-mondi-di-spoleto-27-giugno-13-luglio-2025-la-nostra-guida/?noamp=mobile#respond Tue, 18 Mar 2025 22:03:10 +0000 https://www.classicult.it/?p=309519 La nostra guida al 68° Festival dei Due Mondi di Spoleto, che si tiene dal 27 giugno al 13 luglio 2025 nella città umbra

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68° Festival dei Due Mondi di Spoleto – 27 giugno – 13 luglio 2025: la nostra guida

il manifesto, opera di William Kentridge, del 68° Festival dei Due Mondi di Spoleto
il manifesto, opera di William Kentridge, del 68° Festival dei Due Mondi di Spoleto

L’articolo sulla scorsa edizione del Festival: https://www.classicult.it/festival-dei-due-mondi-di-spoleto-67a-edizione-28-giugno-14-luglio-2024-la-nostra-guida/

 

Spoleto68: Il canto della terra

La sessantottesima edizione del Festival dei Due Mondi di Spoleto è in programma da venerdì 27 giugno a domenica 13 luglio 2025. Opera, Musica, Danza, Teatro, Arte, Performance: Spoleto è ancora una volta la città del Festival delle arti performative più antico d’Italia. Sono attesi più di 700 artisti da 14 Paesi impegnati in oltre 60 spettacoli.

L’indirizzo artistico della direzione di Monique Veaute prosegue nel solco del dialogo interdisciplinare e la proposta compone un cartellone eterogeneo che punta a ridefinire i linguaggi dell’arte. È da un “canto della terra” che si irradia il 68° Festival dei Due Mondi, dalla musica di Gustav Mahler che fa capolino in maniera diretta o indiretta nella programmazione. La partitura mahleriana Das Lied von der Erde compendia una pluralità di significati del vivere nel nostro tempo, che qui trovano traccia in varie forme, nel Lied che caratterizza il ciclo raddoppiato di concerti di mezzogiorno, in quelli cameristici e sinfonici dei tanti ensemble ospiti, così come nelle creazioni di danza, di teatro e nelle arti visive. Lo sguardo attraverso gli occhi dell’arte è uno strumento per interpretare il nostro presente, lo riassumono le esperienze di nomi come William Kentridge, che firma anche il manifesto della 68° edizione, Ersan Mondtag, Robert Mappelthorpe, Clément Cogitore presenti in cartellone. Essi stessi si confrontano con forme nuove: opera, teatro musicale, dramma o concerto, sperimentando nuove connessioni, individuando nuovi punti di intersezione.

L’inaugurazione, venerdì 27 giugno al Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti, è con l’opera Hadrian del compositore newyorkese Rufus Wainwright e con le immagini di Robert Mapplethorpe. Si succedono le più diverse esperienze di Teatro Musicale: con The Great Yes the Great No William Kentridge crea uno spettacolo multidimensionale tra opera da camera, oratorio e teatro, Berliner Ensemble ed Ersan Mondtag mettono in scena Woyzeck di Georg Büchner con musicisti dal vivo. Alessandro Baricco porta a Spoleto una versione originale di Novecento insieme a Stefano Bollani e a Enrico Rava. La violoncellista Sonia Wieder-Atherton si affida all’artista visivo e regista d’opera Clément Cogitore per dare corpo alle sue memorie.

Raddoppiano i concerti da camera: a quelli di mezzogiorno si aggiunge una fascia pomeridiana. Un ciclo dedicato al repertorio per voce e pianoforte include interpreti di livello internazionale come Sandrine Piau, Benjamin Appl, Matthew Rose, Lea Desandre, Raffaele Pe e La Lira di Orfeo. Non possono mancare i musicisti delle orchestre in residenza al Festival: l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e la Budapest Festival Orchestra, cui è affidata l’esecuzione della versione trascritta da Schönberg per piccola orchestra di Das Lied von der Erde di Gustav Mahler e la Sinfonia n. 5 per il concerto finale in Piazza Duomo con la direzione di Iván Fischer. Sono per la prima volta a Spoleto il Quartetto d’archi e l’Ensemble di percussioni del Teatro alla Scala. La musica occidentale incontra gli echi di una tradizione millenaria, con il debutto del cinese Amber Quartet e il concerto in Piazza Duomo della regina del sitar Anoushka Shankar. Attesissimo anche il pianista giapponese rivelazione Hayato Sumino, per la prima volta in Italia. Oltre all’opera inaugurale, Rufus Wainwright è protagonista di un concerto da solista in Piazza Duomo.

La musica di Gustav Mahler guida i passi della compagnia di circo contemporaneo Circa. Nel centocinquantesimo anniversario della nascita di Maurice Ravel, il coreografo Shahar Binyamini affronta per la seconda volta nella sua carriera il celebre Bolero. Le musiche originali per il nuovo spettacolo della Sydney Dance Company guidata da Rafael Bonachela portano la firma di Bryce Dessner, leader dei The National e vincitore di un Grammy. Su Didone ed Enea di Henry Purcell si muovono i danzatori della coreografa andalusa Blanca Li, che torna al Festival dopo il successo di Le Bal de Paris. Fattoria Vittadini crea una nuova esperienza immersiva e sensoriale al Complesso Monumentale di San Nicolò.

Superare il confine – linguistico, filosofico, espressivo – senza perdere di vista la dimensione letteraria del teatro è quello che fanno anche i nostri migliori drammaturghi e attori. Luca Marinelli torna a Spoleto nella doppia veste di regista e attore per interpretare le Cosmicomiche di Italo Calvino. A trent’anni dal debutto, Federico Tiezzi e Sandro Lombardi riportano in scena Edipus di Giovanni Testori. Massimo Popolizio presenta la sua nuova regia in prima assoluta interpretata da Umberto Orsini e guida gli allievi diplomati dell’Accademia Nazionale Silvio d’Amico in una collezione di testi ispirati a efferati assassini letterari. Dalla lettura del romanzo di Giovanni Grasso L’amore non lo vede nessuno parte Piero Maccarinelli, impegnato in una nuova regia concepita per gli spazi di San Simone. La compagnia #SIneNOmine presenta il nuovo spettacolo nato dal laboratorio nella Casa di Reclusione di Spoleto.

Intorno al cartellone ufficiale gli appuntamenti collaterali e gli eventi speciali fanno di Spoleto un luogo vivo della creazione artistica dei nostri giorni: incontri con gli artisti, premi, istallazioni d’arte e mostre. Prosegue il lavoro della Fondazione Carla Fendi, che insieme a Mahler & LeWitt Studios ospita il Centre for the Less Good Idea di Kentridge a Spoleto. Prosegue la rassegna Musica da Casa Menotti di Fondazione Monini e il premio “Una Finestra su Due Mondi”. Anche quest’anno il Festival ospita la rassegna teatrale e i laboratori organizzati dall’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico e la rassegna di La MaMa Spoleto Open che raccoglie le esperienze dei più talentuosi attori, registi e compagnie emergenti del panorama internazionale, arricchita quest’anno di una programmazione speciale per i piccoli spettatori. Si rinnova il sodalizio con Rai Per la Sostenibilità-ESG all’interno dei progetti sulla sostenibilità sociale, economica e ambientale avviati dalla Fondazione. Per tutta la durata del Festival sarà possibile visitare la mostra dedicata ai costumi del Festival negli spazi di Via Saffi e l’esposizione dedicata a William Kentridge a Palazzo Collicola.

William Kentridge, tra i maggiori artisti viventi, è l’autore del manifesto della sessantottesima edizione. Nato a Johannesburg nel 1955, è apprezzato a livello internazionale per la sua capacità di combinare disegno, scrittura, film, performance, musica, teatro in un linguaggio artistico che unisce la riflessione politica alla dimensione poetica ed estetica. Cresciuto in Sudafrica durante il regime segregazionista, ha studiato arte prima di trasferirsi a Parigi, dove si è diplomato alla scuola di mimo di Jacques Lecoq, approfondendo la recitazione e la regia teatrale. Questa combinazione di arti sceniche e visiva è diventata, sin dagli anni Settanta, una caratteristica fondante e distintiva della sua ricerca. Le sue creazioni sono state esposte nei musei e gallerie più prestigiosi del mondo, tra cui il MoMA di New York, il Louvre di Parigi e il Reina Sofia di Madrid. Nel 2016 ha fondato il Centre for the Less Good Idea a Johannesburg, spazio dedicato alla sperimentazione e alla collaborazione tra artisti di discipline diverse.

La 68a edizione del Festival dei Due Mondi è promossa da Ministero della Cultura, Regione Umbria e Comune di Spoleto. È realizzata con il sostegno di Fondazione Carla Fendi (Main Partner), Fondazione Cassa di Risparmio di Spoleto e Banco Desio. Si ringraziano Intesa Sanpaolo (Premium Supporter), Monini (Official Sponsor), gli altri sostenitori, i partner e gli sponsor tecnici. Media Partner sono: RAI (Main Media Partner), la Repubblica, Il Messaggero. APA Roma è Advertising partner.

IL CARTELLONE

OPERA E TEATRO MUSICALE

Il sessantottesimo Festival dei Due Mondi di Spoleto s’inaugura venerdì 27 giugno al Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti con l’opera Hadrian del compositore newyorkese Rufus Wainwright, presentata in prima italiana. Dopo aver riletto il bestseller Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar, Wainwright – che nella sua lunga carriera ha collaborato con artisti quali Elton John, Burt Bacharach, Robbie Williams e Billy Joel – ha deciso di dedicare la sua seconda opera all’imperatore romano passato alla storia, oltre che per il muro che porta il suo nome, per aver amato apertamente un altro uomo, Antinoo. I cantanti e il coro si muovono all’interno di un mondo scenico essenziale, specchio delle tensioni interiori dei personaggi, dominato dalle potenti immagini del fotografo Robert Mapplethorpe. Johannes Debus dirige la Malta Philharmonic Orchestra e il Coro del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto. Il cast di voci è di livello internazionale, con Germán Enrique Alcántara nei panni di Adriano, Santiago Ballerini in quelli di Antinoo, Sonia Ganassi (Plotina), Christian Federici (Turbo) e Ambur Braid (Sabina).

La proposta di Teatro Musicale è particolarmente ricca. Si comincia con il lavoro ideato dalla violoncellista Sonia Wieder-Atherton insieme all’artista visivo e regista d’opera Clément Cogitore: Carnets de là-bas (Auditorium della Stella, 28 e 29 giugno) è un viaggio iniziatico a ritroso nella memoria di Wieder-Atherton quando, diciannovenne, entrò al Conservatorio di Mosca. Cogitore ha esposto le sue opere di video-arte in tutto il mondo, dal Palais de Tokyo al Pompidou di Parigi e al MoMA di New York, e i suoi lavori sono selezionati e premiati nei maggiori festival di cinema (Cannes, Locarno, Los Angeles).

Piazza Duomo ospita una nuova produzione dello spettacolo Novecento (6 luglio): il famosissimo testo di Alessandro Baricco, nato come libro e poi diventato film, è raccontato dal suo autore e interpretato dal pianista Stefano Bollani insieme al trombettista Enrico Rava. Baricco torna ancora una volta a Spoleto dopo il successo delle sue lezioni di musica nel 2024 e dello spettacolo Atene contro Melo nel 2023.

Con il suo Woyzeck (Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti, 5–6 luglio), sbarca a Spoleto Ersan Mondtag, geniale artista berlinese conosciuto per il suo approccio multidisciplinare e le sue regie distopiche. Nella produzione realizzata insieme al Berliner Ensemble, con l’accompagnamento musicale dal vivo di sei musicisti, Mondtag ambienta il testo di Georg Büchner nella foresta, tra i membri di una piccola comunità isolata e imprigionata in una mascolinità tossica.

Creatore di uno stile unico che combina disegno, animazione, cinema e produzioni teatrali, l’artista sudafricano William Kentridge, autore del manifesto di Spoleto 68, presenta un’opera dalle molte dimensioni: The Great Yes, The Great No (Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti, 12–13 luglio) è un’allegoria dell’esilio che unisce teatro, oratorio e opera da camera. Tra surrealismo e irrazionalità, il viaggio di un transatlantico da Marsiglia alla Martinica diventa simbolo delle migrazioni forzate del passato e del presente.

MUSICA

C’è ancora più musica al Festival dei Due Mondi. Dal 28 giugno al 12 luglio i Concerti di Mezzogiorno ritrovano la storica sede del Teatro Caio Melisso Carla Fendi e la proposta musicale raddoppia con una seconda fascia oraria nel pomeriggio. Un ciclo dedicato al repertorio liederistico ospita una collezione di voci di livello internazionale: il soprano francese Sandrine Piau (28 giugno ore 12, Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti) per un programma che include le Cinq Mélodies populaires grecques di Ravel; il baritono tedesco Benjamin Appl (4 luglio ore 12) impegnato in un omaggio a Dietrich Fischer-Dieskau; il basso Matthew Rose (5 luglio ore 12) per un programma di songs inglesi e americane; il mezzosoprano Lea Desandre in duo con il liutista Thomas Dunford (6 luglio ore 12) attraversa le canzoni d’amore francesi nel corso di tre secoli. Con La Lira d’Orfeo, Raffaele Pe (5 luglio ore 17) propone un omaggio ad Alessandro Scarlatti a trecento anni dalla morte. Debuttano il cinese Amber Quartet (4 luglio ore 17) e il giapponese Hayato Sumino (10 luglio ore 17), star del pianoforte che a soli ventinove anni è un prodigio della musica e dell’ingegneria elettronica, seguitissimo dai suoi fan che hanno superato il milione sul canale YouTube “Cateen”. Protagoniste anche le due orchestre residenti al Festival: l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia (10–11 luglio) e la Budapest Festival Orchestra (11–12 luglio) impegnata nella versione cameristica di Das Lied von der Erde di Gustav Mahler. Si aggiunge la speciale partecipazione del Quartetto d’archi (12 luglio ore 17) e dell’Ensemble di percussioni (29 giugno ore 12) del Teatro alla Scala di Milano.

Già a Spoleto per l’opera inaugurale, Rufus Wainwright non poteva perdere l’occasione di partecipare al Festival anche con la sua voce «di velluto» (Times). Il concerto da solista in Piazza Duomo (28 giugno) abbraccia una carriera trentennale da autore e interprete di canzoni, da Leonard Cohen e Judy Garland fino a Mina. Tre volte candidato ai Grammy Awards, Wainwright è stato compagno di palcoscenico di artisti come Burt Bacharach, Miley Cyrus, David Byrne, Robbie Williams, Jessye Norman, Billy Joel, Paul Simon e Sting.

Dopo Max Cooper e Oneohtrix Point Never, la musica elettronica torna al Teatro Romano (2 luglio) con il concerto di Ben Böhmer. Creatore di un sound originale tra beat house e atmosfere oniriche, ha conquistato i più grandi festival internazionali, dal Sónar a Glastonbury e al Primavera Sound, e a Spoleto presenta il suo nuovo album Bloom.

In Piazza Duomo arriva ancora una grande artista: Anoushka Shankar (3 luglio), regina del sitar che ha fatto dello strumento principe della tradizione indiana la chiave del proprio innovativo linguaggio musicale. Prima musicista indiana a essersi esibita live ai Grammy Awards, ha collaborato con Nina Simone, Sting, Madonna e Peter Gabriel. A Spoleto presenta il suo ultimo album Chapter III: We Return To Light.

Dopo il successo dello scorso anno, il Jazz Club torna ad animare il cortile di Palazzo Collicola a tarda sera. Tre giovani musiciste hanno imposto la loro bravura all’attenzione del pubblico: la chitarrista Eleonora Strino (28 giugno), la pianista Francesca Tandoi (5 luglio) e la cantante americana China Moses (11 luglio), figlia d’arte della straordinaria Dee Dee Bridgewater.

A Palazzo Collicola si aggiungono ancora due appuntamenti con la cantante e producer Arushi Jain (4 luglio), che presenta il suo nuovo album Delight tra musica indiana ed elettronica, e il duo olandese-australiano No Plexus (12 luglio), per una performance immersiva tra visual ed elettronica sperimentale.

La sessantottesima edizione del Festival dei Due Mondi si chiude domenica 13 luglio in Piazza Duomo con il tradizionale concerto finale. “Il canto della terra” che abbraccia tutta la programmazione sfocia nella Quinta Sinfonia di Gustav Mahler, eseguita dalla Budapest Festival Orchestra diretta da Iván Fischer. La BFO e il suo direttore sono legati a doppio filo alla musica di Mahler, di cui hanno registrato per Channel Classics tutte le sinfonie con un’ipnotica cura del dettaglio che rivela bellezze inattese.

TEATRO

La proposta teatrale presenta in prima assoluta i progetti di alcuni tra i migliori drammaturghi italiani, con una particolare attenzione per i testi letterari della nostra tradizione e della contemporaneità.

Per la sua nuova regia, presentata a Spoleto in prima assoluta, Massimo Popolizio si accosta con delicatezza alla figura di un attore, interpretato da Umberto Orsini, che prima di entrare in scena rivive alcuni momenti della sua lunga vita. In Prima del Temporale (27 giugno–1° luglio, Teatro Caio Melisso Carla Fendi) la realtà del teatro che fuori dal camerino si anima è il pretesto per dialogare con i fantasmi del passato: una risata ricorda un momento di gioia, un lungo silenzio una perdita lontana nel tempo.

Dopo il debutto come regista teatrale, Luca Marinelli torna a Spoleto nella doppia veste anche di interprete delle Cosmicomiche di Italo Calvino (28 giugno–6 luglio, San Simone), nel quarantesimo anniversario della scomparsa. Marinelli veste i panni di Qfwfq, narratore senza tempo che custodisce in sé la memoria del mondo, esplorando temi come l’infinità del cosmo e la natura dell’esistenza.

Anche nel 2025 la programmazione del Festival include una produzione teatrale della compagnia #SIneNOmine diretta da Giorgio Flamini e formata dai detenuti della Casa di Reclusione di Spoleto: lo spettacolo Senza Titolo (1–2 luglio, Casa di Reclusione di Spoleto) ridefinisce il carcere come spazio di trasformazione per scrivere un “Manifesto” che proclami l’arte come mezzo di liberazione.

A trent’anni dal debutto, Federico Tiezzi e Sandro Lombardi riportano in scena Edipus di Giovanni Testori (4–6 luglio, Auditorium della Stella), uno dei loro più grandi successi che, subito dopo la scomparsa dell’autore, ne rilanciò la drammaturgia. Italiano mescolato a dialetto lombardo, francese, latino e spagnolo, con echi di Ruzante, la lingua di Testori è rivoluzionaria, ed è questa inventiva a rendere Edipus un capolavoro di “teatro di poesia”.

Al Teatrino delle 6 Luca Ronconi Massimo Popolizio dirige gli allievi diplomati dell’Accademia Nazionale Silvio d’Amico in Delitti letterari (9–13 luglio): un collage di testi ispirati a efferati assassini nati dall’immaginazione di grandi scrittori. Una prova di teatro, un divertissement che gioca con la passione per il romanzo giallo e i suoi protagonisti più oscuri.

Al romanzo di Giovanni Grasso L’amore non lo vede nessuno si ispira la nuova regia di Piero Maccarinelli, concepita per gli spazi di San Simone (11–13 luglio). Attraverso la storia di Silvia, in cerca di risposte sulla morte improvvisa della sorella, Maccarinelli crea un’intensa riflessione sul senso dell’esistenza ed esplora la fragilità umana, il confronto con le proprie ombre e il bisogno di perdonare e perdonarsi.

DANZA

Le prime italiane dei migliori coreografi internazionali e delle loro compagnie trovano posto nel cartellone della danza, contraddistinto quest’anno dalla rilevanza della musica condivisa da tutti i lavori: non solo traccia sulla quale muoversi, il suono è ispiratore e parte fondante della creazione.

Il nuovo spettacolo della Sydney Dance Company (28–29 giugno, Teatro Romano) – compagnia australiana tra i principali ensemble internazionali di danza contemporanea diretta da Rafael Bonachela – nasce insieme alle musiche originali composte da Bryce Dessner, vincitore di un Grammy Award e membro della rock band The National. Per scrivere la musica di Impermanence Dessner ha richiamato davanti ai propri occhi l’immagine del bush australiano minacciato dagli incendi, o quella delle guglie di Notre-Dame avvolte dalle fiamme: la bellezza ancora più vivida, quando sta per scomparire.

La musica di Gustav Mahler si fa linguaggio vivo di corpi e di suoni nel nuovo spettacolo della compagnia di circo contemporaneo Circa (4–5 luglio, Teatro Romano) in collaborazione con l’ensemble tirolese Franui Musicbanda, interprete dell’album Mahlerlieder. I maestri della danza acrobatica conducono il pubblico attraverso una rilettura audace e poetica dell’universo mahleriano in cui i corpi degli artisti esplorano le trame emotive della musica in modo del tutto inedito, in un immaginifico viaggio che parla a un pubblico di tutte le età.

Nel dittico New Earth + Bolero X (9 luglio, Teatro Romano) il coreografo e danzatore israeliano Shahar Binyamini – nuova stella nata dalla costellazione Batsheva Dance Company – esplora i temi della ripetizione, del rinnovamento e della progressiva trasformazione. Bolero X, nell’ambito delle celebrazioni dei centocinquant’anni dalla nascita di Maurice Ravel, prosegue la ricerca avviata nel 2022 con la prima versione, moltiplicando i significati che emergono dalla connessione tra una composizione scritta nel 1928 e la danza contemporanea.

La coreografa andalusa Blanca Li, già apprezzata dal pubblico di Spoleto per l’esperienza nella realtà virtuale Le Bal de Paris, si addentra nella tragica storia fra Didone ed Enea (11–12 luglio, Teatro Romano), raccontata da Virgilio e messa in musica da Henry Purcell. Su un palcoscenico ricoperto d’acqua, che evoca il mare, i danzatori scivolano, pericolosamente attratti e respinti dal desiderio e dalla paura dell’abbandono.

Dal 28 giugno al 13 luglio al Complesso Monumentale di San Nicolò una nuova esperienza immersiva conduce il pubblico del Festival in un viaggio sensoriale a 360 gradi. Ispirati dalla tecnica del viaggio sciamanico, Fattoria Vittadini e Maura Di Vietri creano FLUX, un viaggio alla scoperta del proprio animale-guida, creatura che rappresenta il legame con la parte più profonda dell’anima.

PROGETTI SPECIALI

In occasione dello spettacolo The Great Yes, The Great No di William Kentridge, la Fondazione Carla Fendi e i Mahler & LeWitt Studios ospitano The Centre for the Less Good Idea con una mostra e un programma di residenze (28 giugno–13 luglio). La mostra Unhappen Unhappen UnhappenPepper’s Ghost Dioramas (Ex-Battistero della Manna d’Oro) presenta in anteprima quattro diorami animati realizzati da Anathi Conjwa, William Kentridge, Micca Manganye e Sabine Theunissen con la tecnica Pepper’s Ghost. Fondato da Kentridge e Bronwyn Lace a Johannesburg, il Centro promuove progetti collaborativi e interdisciplinari, con particolare attenzione al supporto di giovani artisti del continente africano, incoraggiati a perseguire “l’idea meno buona”. The Centre for the Less Good Idea condivide la propria filosofia e i propri metodi in alcuni workshop ed eventi che includono un’introduzione pratica alle tecniche di Pepper’s Ghost (1° luglio, Sala Pegasus), un workshop di composizione dal vivo con archivi di film muti (2 luglio, Sala Pegasus), e conversazioni con gli artisti (29 giugno e 9 luglio, luoghi vari). Al termine del concerto finale, William Kentridge riceve il Premio Carla Fendi STEAM 2025 in riconoscimento del suo eccezionale talento creativo e del prezioso lavoro svolto in ambito sociale.

Torna Musica da Casa Menotti, la rassegna di concerti che coinvolge giovani musicisti nell’ambito delle iniziative con cui la famiglia e la Fondazione Monini confermano il supporto per il Festival. Il Premio “Una Finestra sui Due Mondi”, giunto alla sua sedicesima edizione, è assegnato ai grandi nomi e ai talenti emergenti di Spoleto68.

Anche quest’anno il Festival dei Due Mondi ospita la rassegna teatrale e i laboratori internazionali organizzati dall’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico dal 28 giugno al 13 luglio: la XVI edizione del Progetto Accademia, dedicato alla presentazione dei migliori lavori del 2025, e la XII edizione dell’European Young Theatre. Massimo Popolizio dirige i giovani attori della Compagnia dell’Accademia in Delitti letterari da Max Aub, Simenon e Maupassant; i saggi degli allievi del I, II e III anno sono curati rispettivamente da Massimiliano Civica, Andrea Baracco e Giovanni Ortoleva. Luca De Fusco supervisiona le esercitazioni dei registi allievi Enrico Torzillo e Fabio Faliero. Il programma si arricchisce infine degli spettacoli vincitori del Premio Camilleri.

Raccoglie le migliori esperienze di attori, registi e compagnie emergenti del panorama italiano e internazionale anche la rassegna di La MaMa Spoleto Open (dal 28 giugno al 13 luglio), a cura di La MaMa Umbria International, residenza artistica, centro studi e produzione fondata nel 1990 da Ellen Stewart, già fondatrice e direttrice artistica del Teatro La MaMa E.T.C. di New York. Il programma include Accabadora di Lunella Cherchi e Caterina Campo, vincitore del bando Bottom Up, e i lavori delle due compagnie selezionate: Hòs della Compagnia UCCI UCCI e Timer della Compagnia ScenaMadre. Sul palco anche la creatività emergente coreana con History of Nightmare di HeeBeom Son, RE:PACKING di Kwon Inc e Balance of the Unconscious di Hyejin Kwon, oltre a performance di artisti di grande interesse come i Motus con Daemon, la SBB Company con Germe, Claudio Larena con Spinte, Elisabetta Lauro e Gennaro Andrea Lauro con Zugzwang, fra gli altri. In collaborazione con La MaMa il Festival propone la rassegna Crescere è uno spettacolo pensata per i più piccoli (Cantiere Oberdan): con I Promessi Sposi. Quel guazzabuglio del cuore umano Valentina Gristina porta il celebre romanzo di Alessandro Manzoni in un dibattito sui temi di responsabilità e storia collettiva; Ritorno ad Oz, per la regia di Gigi Palla, esplora conflitti e riconciliazione con un linguaggio semplice e accessibile; A Song in the Pot, di Natalia Cavalleri, unisce musica e fiaba bilingue per promuovere l’integrazione.

La mattina dei giorni di spettacolo, ogni Weekend, il Festival offre al suo pubblico l’occasione di incontrare gli artisti di Spoleto68 (Giardino dell’Hotel dei Duchi): in dialogo con Andrea Penna musicisti, attori, danzatori, coreografi e registi si raccontano, approfondendo gli spettacoli e concerti di cui sono protagonisti.

Dal 27 giugno al 13 luglio (Sala Pegasus) la retrospettiva di documentari musicali di Frank Scheffer Films For The Earth indaga il ruolo di Mahler come precursore della musica del XX secolo. Scheffer ha una lunga reputazione come autore di oltre quaranta documentari sperimentali sui grandi maestri della musica. Ha lavorato con importanti compositori del dopoguerra come Luciano Berio, Pierre Boulez, John Cage, Elliott Carter, Karlheinz Stockhausen e Frank Zappa. Il MoMA di New York ha ospitato una sua retrospettiva. Nei suoi film, l’immagine e il suono sono orchestrati per offrire al pubblico un’esperienza visiva e sonora unica.

Torna l’appuntamento con la X Giornata Nazionale del Mondo che non c’è, seminario organizzato da CESP – Rete delle Scuole Ristrette dedicato all’istituzione di biblioteche all’interno degli istituti penitenziari e al diritto di accesso alla cultura per la popolazione detenuta.

Prosegue la collaborazione con la Direzione Rai Per la Sostenibilità – ESG e Rai Umbria sui temi del sociale, dell’inclusione, della legalità, della coesione, dell’ambiente, dei diritti umani e dei territori. Nell’ambito del progetto europeo No Women No Panel, rilanciato dalla Rai per la partecipazione attiva e paritaria delle donne al dibattito pubblico, si presenta “Figlie delle stelle”, un incontro tra generi e generazioni con la “signora delle comete” Amalia Ercoli Finzi, pioniera dell’ingegneria aerospaziale, e altre donne protagoniste della scienza e della tecnologia a livello internazionale.

Giunto alla decima edizione, il FuoriFestival si propone come luogo di incontro tra artisti e pubblico, come spazio di sperimentazione al servizio di tutte le forme artistiche, che guarda ai giovani e alle nuove realtà. Il tema di quest’anno, “Armonia”, richiama un principio universale che attraversa la storia dell’umanità.

Lunedì 7 luglio in Piazza Duomo la Banda Musicale della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano, diretta da Stefano Iannilli, offre un concerto che unisce culture e tradizioni. Dal tango al jazz, dall’opera alle colonne sonore, la musica diventa linguaggio universale di pace (ingresso gratuito previo ritiro dei biglietti).

Torna per il terzo anno consecutivo Il laboratorio del sogno, il progetto circolare di creazione di piccoli accessori e capi ispirati agli spettacoli, che permette al pubblico di partecipare a laboratori di sartoria teatrale su prenotazione.

Giunge alla nona edizione il Premio Carispo, con il quale la Fondazione Carispo conferma anche quest’anno la volontà di sostenere gli eventi festivalieri, assegnando uno speciale riconoscimento a protagonisti del Festival che si sono distinti nella propria attività professionale per espressività artistica e valori umani.

L’Associazione Spoleto Festival Friends sostiene il Festival dei Due Mondi con numerose iniziative e con un premio che quest’anno sarà conferito dalla presidente Ada Urbani alla ginnasta, danzatrice, coreografa e regista Blanca Li.

La XVII edizione del Concorso Socially Correct offre a studenti universitari del settore della comunicazione l’opportunità di confrontarsi con la comunicazione sociale, ideando una campagna per l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale per informare la cittadinanza sull’importanza della tutela della sicurezza e la resilienza nello spazio cibernetico. Sabato 12 luglio (Rocca Albornoziana) sarà decretata la coppia creativa vincitrice, premiata con uno stage lavorativo presso il reparto creativo della Saatchi & Saatchi.

Dopo Sessanta decibel, sabato 12 luglio (Sant’Agata) Italo Carmignani porta ancora una volta sul palcoscenico la propria esperienza di giornalista con Calibro 45, un racconto che esplora le storie di quei giornalisti che hanno attraversato le guerre del nostro tempo – e dei fixer (gli intermediari locali) che ne hanno reso possibile il mestiere.

La Sezione dell’Archivio di Stato di Spoleto continua a farsi promotrice di ricerche sulla storia Festival dei Due Mondi. Attraverso una conferenza (2 luglio) e una mostra si intende offrire il quadro dei filoni di ricerca attivati in questi ultimi anni sull’argomento da alcune università italiane parallelamente all’esplorazione e al riordino di materiali e fondi archivistici conservati in seno alle istituzioni cittadine.

ARTE

Dal 27 giugno al 13 luglio (via Saffi, 12), il Festival dei Due Mondi celebra la sua storia con la mostra In scena. L’arte dei costumi al Festival di Spoleto: un’esposizione dedicata all’archivio, frutto di un lungo lavoro di recupero e valorizzazione avviato nel 2021. Questo prezioso patrimonio racconta quasi settant’anni di teatro, arte e innovazione e ripercorre le tappe fondamentali del Festival, dalla fondazione con Gian Carlo Menotti fino alla direzione di Monique Veaute, passando per Giorgio Ferrara. Fulcro dell’esposizione sono i costumi di scena, testimoni della creatività dei grandi costumisti che hanno collaborato con il Festival. Tra i pezzi più iconici spiccano il costume indossato da Rudolf Nureyev in Raymonda (1964, costumi di Beni Montresor) e i bozzetti e costumi di The Rake’s Progress (1993, David Hughes). In mostra anche le creazioni di Maurizio Galante, che ha firmato alcuni fra i costumi più affascinanti per le regie di Giorgio Ferrara e i bozzetti di Anna Biagiotti per le opere Pelléas et Mélisande (2023) e Ariadne auf Naxos (2024), a testimonianza di una tradizione che continua a evolversi.

Come ogni anno, Palazzo Collicola presenta un ricco programma espositivo dedicato all’arte contemporanea. Dal 28 giugno gli spazi del Piano Nobile ospitano Pensieri fuggitivi, un’ampia selezione di opere realizzate negli ultimi anni da William Kentridge. Disegni, sculture, video, stampe e taccuini animano il percorso espositivo dialogando con arredi, dipinti, decorazioni e offrendo uno spaccato dell’universo poetico di Kentridge. Il museo accoglie inoltre Listen to your eyes, che esplora il legame tra opera d’arte e “letterature artistiche” attraverso una selezione di opere, documenti, cataloghi, manifesti dalla collezione di Primo De Donno, da De Chirico a Beecroft, passando per Fontana e Burri. Si prosegue con l’esposizione che ripercorre la storia del Festival dei Due Mondi attraverso i suoi manifesti, dal 1958 a oggi, firmati da grandi artisti come Balthus, Burri, De Kooning, Mirò. Corpi d’aria è la personale di Stefano Cerio, a cura di Stefano Chiodi, con le serie fotografiche Brenva e Aquila, entrate nella collezione di Palazzo Collicola grazie all’avviso pubblico “Strategia Fotografia”. Chiude il percorso la mostra d’archivio Mahler & LeWitt Studios: 10 years of activity, che celebra il decennale del programma.

A partire da giugno il Salone d’Onore della Rocca Albornoziana, il Museo Diocesano e la Basilica di Sant’Eufemia ospitano Segni di Speranza dai luoghi del sisma, mostra frutto della collaborazione tra Direzione regionale Musei nazionali Umbria, Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici dell’Umbria e Arcidiocesi di Spoleto-Norcia. Ispirata al tema giubilare Peregrinantes in spem, la mostra propone opere restaurate dopo il sisma del 2016, scelte per il loro valore identitario, con una particolare attenzione a Norcia, Preci e ai loro territori. Simboli di rinascita, le opere torneranno presto nei luoghi d’origine, affidate di nuovo alla cura delle comunità locali.

BIGLIETTERIA E PROMOZIONI

È possibile acquistare i biglietti per gli spettacoli in programma a Spoleto68 su www.festivaldispoleto.com, tramite il Call Center al numero +39 0743 776444 e presso: 

  • Festival Box Office & Merchandising, via Saffi, 12 | Spoleto – aperto dal 27 marzo tutti i giorni con orario 10-13 e 15-18

  • Box Office Vivaticket, viale Trento e Trieste 78 | Spoleto

  • Punti vendita nazionali Vivaticket, elencati sul sito www.festivaldispoleto.com 

Tante le possibilità di acquisto dei biglietti con riduzioni dedicate agli Under 30, ai Residenti del Comune di Spoleto, ai Gruppi e ai soggetti Convenzionati con il Festival. 

Con il Carnet a tre spettacoli e l’abbonamento libero Easy Card sarà possibile assistere a tutti gli spettacoli del Festival con speciali benefit e agevolazioni.

Per tutte le informazioni sulle modalità di acquisto e sulle promozioni è possibile consultare il sito www.festivaldispoleto.com.

Testi, video e immagini dall’Ufficio Stampa Festival dei Due Mondi.

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Stagione di prosa Mantova Teatro 2024-2025: al Teatro Sociale, Boston Marriage e talk https://www.classicult.it/stagione-di-prosa-mantova-teatro-2024-2025-al-teatro-sociale-boston-marriage-e-talk/ https://www.classicult.it/stagione-di-prosa-mantova-teatro-2024-2025-al-teatro-sociale-boston-marriage-e-talk/?noamp=mobile#respond Sat, 08 Mar 2025 19:26:43 +0000 https://www.classicult.it/?p=296866 Stagione di prosa Mantova Teatro 2024-2025: lunedì 10 marzo al Teatro Sociale: “Boston marriage”, l’acclamato spettacolo di prosa, e alle 17:30 talk nel foyer del Teatro

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Stagione di prosa Mantova Teatro 2024-2025: lunedì 10 marzo al Teatro Sociale: “Boston marriage”, l’acclamato spettacolo di prosa, e alle 17:30 talk nel foyer del Teatro

Teatro Sociale di Mantova Boston marriage Teatro Sociale di Mantova Boston marriage

Il Teatro Sociale si prepara ad aprire le porte per “Boston Marriage”, opera scritta dal drammaturgo David Mamet, premio Pulitzer e più volte candidato agli Oscar, la cui trama racconta le vicende di due donne, Anna e Claire, che si scopre essere state, un tempo, una coppia affiatata. L’espressione “matrimonio bostoniano” era in uso nel New England a cavallo tra il XIX e il XX secolo per alludere a una convivenza tra donne economicamente indipendenti da uomini.

Boston Marriage” è il settimo e ultimo appuntamento con questa stagione di prosa che ha raccolto, sin dal primo titolo in cartellone, un grande riscontro di pubblico e critica, e lunedì 10 marzo 2025, alle 21:00, vedrà sul palco del massimo cittadino tre grandi attrici: Maria Paiato, vincitrice del prestigioso Premio Le Maschere del Teatro Italiano come miglior attrice protagonista proprio per “Boston Marriage”, Mariangela Granelli e Ludovica D’Auria, per la regia di Giorgio Sangati.

Stati Uniti: fine ‘800. Un salotto, due dame e una cameriera: Anna e Claire sono state un tempo una coppia molto affiatata, e dopo la separazione la riconquista si rivelerà più complicata del previsto. In un crescendo ritmico quasi da farsa e ricco di colpi di scena rocamboleschi, lo spettacolo si spinge su un gioco di facciate che da un lato nasconde e dall’altro rivela, attraverso la relazione omosessuale tra le due donne. Protagoniste di questa opera crudele, divertente e squisitamente sofisticata saranno Maria Paiato, vincitrice del prestigioso Premio “Le Maschere del Teatro Italiano 2024” come attrice protagonista proprio per “Boston Marriage”, Mariangela Granelli e Ludovica D’Auria, per la regia di Giorgio Sangati.

Teatro Sociale di Mantova Boston marriage
Stagione di prosa Mantova Teatro 2024-2025: lunedì 10 marzo al Teatro Sociale: “Boston marriage”, l’acclamato spettacolo di prosa, e alle 17:30 talk nel foyer del Teatro. Crediti per la foto: Serena Pea

Biglietti disponibili online su ticketone.it e presso la Biglietteria del Teatro Sociale (martedì 10:00-13:00, giovedì 16:00-19:00, sabato 10:00-13:00)

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Ad arricchire l’appuntamento, si aggiunge, nel pomeriggio del debutto a Mantova, un talk di approfondimento con interventi delle attrici protagoniste Maria Paiato, Mariangela Granelli e Ludovica D’Auria, di Federica Restani – Presidente di Fondazione Artioli, e di Arianna Labanti – Presidente di Arcigay Mantova. Il talk, dal titolo “Superando l’amore degli uomini” sarà l’occasione per conoscere più da vicino lo spettacolo e, partendo proprio dal significato che animava la scelta del matrimonio bostoniano, per affrontare il tema dell’emancipazione femminile e omosessuale, attraverso uno sguardo storico, culturale e artistico.

Il talk nasce dalla collaborazione tra Arcigay “La Salamandra” Mantova e Fondazione U. Artioli Mantova Capitale Europea dello Spettacolo. L’appuntamento è per le ore 17:30 nel foyer del Teatro Sociale di Mantova.

L’ingresso è gratuito e aperto a tutt*.

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10 marzo 2025, Teatro Sociale di Mantova

ore 17:30, Foyer del Teatro

Superando l’amore degli uomini

Talk di approfondimento sul tema dello spettacolo “Boston Marriage”

con le attrici Maria Paiato, Mariangela Granelli, Ludovica D’Auria,

Federica Restani – Presidente Fondazione Artioli

Arianna Labanti – Presidente Arcigay “La Salamandra” Mantova

Ingresso gratuito

ore 21:00

Boston Marriage

di David Mamet

traduzione Masolino D’Amico

con Maria Paiato, Mariangela Granelli, Ludovica D’Auria

Regia Giorgio Sangati

scene Alberto Nonnato

luci Cesare Agoni

musiche Giovanni Frison

assistente alla regia Michele Tonicello

Produzione Centro Teatrale Bresciano, Teatro Biondo di Palermo

in accordo con Arcadia e Ricono Ltd

per gentile concessione di A3 Artist Agency

Biglietti disponibili su ticketone.it e presso la Biglietteria del Teatro

Tutte le informazioni sulla stagione di spettacoli al Teatro Sociale di Mantova sono sul sito www.mantovateatro.it

È possibile inoltre iscriversi in modo completamente gratuito alla newsletter di www.mantovateatro.it, per essere sempre aggiornati sugli spettacoli, sulle importanti news e informazioni di biglietteria.

 

Testo e immagini dall’Ufficio Stampa Fondazione Umberto Artioli Mantova Capitale Europea dello Spettacolo.

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