La città e le sue mura incerte, di Haruki Murakami – Recensione
Cuore o ragione? Il proprio sé o la propria ombra? È un sogno o è realtà?
Sono questi gli interrogativi da cui il lettore parte, immergendosi nelle pagine dell’ultimo romanzo di Haruki Murakami, da anni considerato tra i favoriti per il Premio Nobel per la Letteratura.
Scritto inizialmente nel 1980, e pubblicato in parte sulla rivista letteraria Bungakukai, Murakami ha deciso di riscriverlo completamente, portandolo a termine tra il 2020 e il 2022. Questa nuova versione è alimentata non solo dalla maturità letteraria acquisita negli anni, ma anche dal contesto della pandemia di coronavirus.
“Ho cominciato a scrivere questo romanzo ai primi di marzo, quando l’epidemia ha iniziato a diffondersi seriamente in tutto il Giappone e l’ho terminato quasi tre anni dopo.”[1]
La città e le sue mura incerte è un romanzo quasi proustiano, che narra di un luogo immaginario dove l’alternanza misteriosa tra un mondo e un altro sospende il protagonista in uno stato di eternità, scandito da rigide regole. Al tempo stesso, quel mondo riflette una precarietà umana che cerca di attribuire senso a qualcosa che ormai ha perso qualsiasi significato.
“Sei tu che mi hai fatto scoprire la città.”[2]
Così si apre il romanzo, narrato in prima persona da un diciassettenne senza nome. L’adolescente racconta un amore giovane e acerbo, fatto più di parole che di gesti concreti. Il protagonista è innamorato di una sua compagna di scuola, ma il loro legame rimane sospeso in una dimensione immaginaria. La ragazza gli descrive una città fantastica, circondata da mura altissime, attraversata da un fiume sereno e con tre ponti di pietra, una torre di guardia e una piazza centrale dominata da un orologio senza lancette.
In questa città fiabesca vagano mandrie di unicorni dal manto dorato lungo strade di pietra, mentre invisibili uccelli notturni popolano un silenzio irreale. Ma, in un momento di sincera rivelazione, la ragazza confessa di sentirsi come un’ombra sbiadita, perché afferma che il suo vero sé appartiene a quel luogo misterioso:
“In realtà la vera me stessa è lì che vive, in quella città dalle alte mura, – mi hai detto.”[3]
Quando la ragazza scompare improvvisamente, il protagonista decide di oltrepassare le alte mura della città, un luogo enigmatico dove le giornate si susseguono in un eterno ciclo privo di variazioni. Nella sua ricerca, la ritrova in una biblioteca surreale, dove lui stesso assume il ruolo di Lettore di Sogni, colui che ha il compito di far rivivere i sogni altrui, dando loro una nuova vita.
Tuttavia, nonostante il sacrificio e la determinazione che lo hanno portato fin lì, il protagonista scopre una verità dolorosa: il suo viaggio si rivela un labirinto di dubbi e incertezze. Ogni sforzo sembra svanire nel nulla, lasciandolo intrappolato in un mondo in cui realtà e illusione si intrecciano.
“A quale dei due mondi volevo appartenere? Non riuscivo a prendere una decisione.”[4]
Da quel momento, la narrazione si snoda tra i confini del reale e dell’irreale, in uno spazio onirico che si sfalda continuamente. Il protagonista vaga alla ricerca di risposte che rimangono elusivamente indefinite, affrontando un’esplorazione che non è solo fisica, ma profondamente psicologica. I fili della sua psiche si intrecciano con gli echi di due mondi paralleli, lasciandolo sospeso tra la possibilità di scegliere e l’impossibilità di farlo.
Murakami, con la sua maestria, intreccia realtà e sogno, confrontandosi con i grandi temi dell’esistenza: il significato dell’identità, il peso delle scelte e il modo in cui il passato modella il presente. La città stessa diventa un’entità mutevole, un luogo che perde continuamente linearità, spingendo il protagonista a cercare una verità al di là delle barriere tra cuore e ragione.
“La parola «realtà» aveva perso per me il suo significato originale, frammentandosi in mille pezzi. Non avevo più un valido criterio con cui verificare cosa fosse vero e cosa no.”[5]
Con una prosa nostalgica, dolorosa, sognante, intrisa di simbolismi, Murakami accompagna il lettore in una narrazione costellata di frammenti di sogno e riflessioni profonde. In tal senso, la scrittura diventa così uno strumento per indagare la psiche umana e le sue contraddizioni, creando un mondo dove le parole sembrano perdersi in mondi stratificati. La città e le sue mura incerte è un romanzo che non offre risposte, ma invita il lettore a interrogarsi sul significato delle sue stesse barriere interiori e a riscoprire il potere della letteratura come mezzo per sondare i misteri più profondi dell’animo umano. Se la realtà è dunque un luogo mutevole, non ci è dato saperlo. Questo, per Murakami, potrebbe dipendere da una scelta da compiere tra infinite possibilità.
“Come quel fiume che scorre nelle tenebre profonde del sottosuolo trasformandosi in un laboratorio intricato, la nostra realtà sembra avanzare dentro di noi ramificandosi in più di una strada. E queste realtà ormai diverse l’una dall’altra si mescolano, le varie possibilità di scelta si intrecciano, e da lì nasce la sintesi di una nuova realtà – o quello che noi consideriamo realtà.”[6]
Note:
[1] Haruki Murakami, Postfazione in La città e le sue mura incerte, Einaudi Editore, Torino, 2024, p. 551.
[2] Ivi, p. 5.
[3] Ivi, p. 6.
[4] Ivi, p. 128.
[5] Ivi, p. 307.
[6] Ivi, p. 159.
Il libro recensito è stato cortesemente fornito dalla casa editrice.