Shantaram, di Gregory David Roberts: vent’anni di un viaggio letterario che continua a emozionare i lettori

Conosciuto come il romanzo che, a vent’anni dalla sua pubblicazione in Italia per Neri Pozza, continua a vendere e conquistare circa 20.000 lettori all’anno, Shantaram deve il proprio successo a una serie di elementi che lo rendono uno di quei libri da leggere almeno una volta nella vita.

la copertina del romanzo Shantaram, di Gregory David Roberts, pubblicato da Neri Pozza (2005), con traduzione di Vincenzo Mingiardi, nella collana Le Tavole d’Oro. Foto di Francesca Barracca

Un ibrido letterario

Primo fra tutti, il suo sfuggire a una classificazione univoca. A chiunque si chieda, infatti, risulta difficile inserire un libro come Shantaram all’interno di un solo genere letterario. Sfidando facili definizioni e presentandosi piuttosto come un ibrido che intreccia autobiografia romanzata, thriller criminale, epopea spirituale e diario di viaggio, il romanzo catapulta il lettore nella Bombay (oggi Mumbai) degli anni ’80 attraverso gli occhi di Lin, alter ego dell’autore Gregory David Roberts, ex rapinatore australiano evaso da un carcere di massima sicurezza in cerca di rifugio e di una nuova esistenza nella caotica e vibrante metropoli indiana.

Il cuore pulsante della narrazione è proprio il percorso fisico e interiore di Lin, che lo conduce dalla povertà e la solidarietà dello slum alle spietate dinamiche della mafia locale, passando per esperienze con l’eroina, momenti di puro amore e amicizia, profonde riflessioni filosofiche e morali fino ad arrivare sul fronte di guerra in Afghanistan.

[…] Sono stato un rivoluzionario che ha soffocato i propri ideali nell’eroina, un filosofo che ha smarrito l’integrità nel crimine, un poeta che ha perso l’anima in un carcere di massima sicurezza. Scappando di galera […] sono diventato l’uomo più ricercato del mio paese. La buona sorte mi ha tenuto compagnia per mezzo mondo, e mi ha seguito fino in India. Sono entrato nella mafia di Bombay, ho fatto il trafficante d’armi, il contrabbandiere, il falsario. Mi hanno messo in catene in tre continenti, mi hanno preso a botte, bastonato, privato del cibo. Sono andato in guerra. Sono fuggito sotto il fuoco nemico. Sono sopravvissuto, mentre altri intorno a me morivano.”1

Punto di partenza è l’incontro con Prabaker, un indiano dalla semplicità disarmante e dal calore umano contagioso, la cui forza del sorriso farà da leitmotiv per tutto il romanzo. Prabaker rappresenta per Lin la porta d’accesso a una realtà culturale e linguistica inizialmente aliena, ma in cui gradualmente finisce per integrarsi, arrivando persino a fondare una clinica medica nello slum in cui vive l’amico.

Prabaker mi piaceva. Avevo imparato ad ammirare il suo incrollabile ottimismo. Sentivo il bisogno di calore che trasmetteva il suo ampio sorriso. Nei mesi trascorsi con lui in città e al villaggio mi ero divertito in sua compagnia, giorno e notte. Ma in quel momento, nella seconda notte che passavo alla slum, mentre lo guardavo ridere con Jitendra, Johnny Cigar e gli altri suoi amici, cominciai ad amarlo.”2

la copertina del romanzo Shantaram, di Gregory David Roberts, pubblicato da Neri Pozza (2005), con traduzione di Vincenzo Mingiardi, nella collana Le Tavole d’Oro. Foto di Francesca Barracca

Personaggi indimenticabili

Altro elemento del romanzo che contribuisce al pieno coinvolgimento del lettore risiede nella minuziosa esplorazione psicologica dei suoi personaggi. Lin stesso, ad esempio, emerge come un protagonista tormentato, intrappolato nella sua ricerca di redenzione e di un significato esistenziale. È spiazzante, infatti, il modo in cui definisca se stesso come un duro, ma spesso nel corso della storia lo si veda compiere gesti di puro e sincero altruismo. La sua ambiguità e il suo essere un eroe non convenzionale sono stati messi in evidenza da lettori e lettrici di ogni tipo, così come da Matilde ed Eleonora Caressa, lettrici appassionate del romanzo, che ne hanno discusso insieme con la madre Benedetta Parodi e l’esploratore Alex Bellini nel Bookclub di Neri Pozza in occasione dell’evento di celebrazione dei vent’anni dall’uscita in Italia organizzato dalla casa editrice lo scorso 12 Aprile presso la Libreria Il Trittico di Milano.

presso la Libreria Il Trittico a Milano. Foto di Francesca Barracca

La galleria dei personaggi secondari, tra cui spiccano il generoso Prabaker, l’enigmatica Karla, il carismatico Khaderbhai, il complesso Abdullah e poi ancora “quelli del Leopold”, come l’iconico Didier, l’ingenua Ulla, Vikram, Maurizio e Modena costruisce un vero e proprio mosaico di prospettive che arricchiscono il tessuto narrativo, offrendo non solo una serie di “storie nella storia”, ma anche visioni del mondo contrastanti che si confrontano con quella del protagonista. In particolare, i due grandi amori di Lin, Karla e Khaderbhai incarnano rispettivamente l’inafferrabilità dell’amore e la pericolosa seduzione del potere ammantato di giustificazioni ideologiche.

« […] Mi piace la gente, mi piace la vita, ma non amo nulla – nemmeno me stessa – e non m’importa di nulla. E lo strano è che in realtà mi va bene così.»”3

«Ricorda», disse Khader appoggiandomi una mano su un braccio per sottolineare il concetto, «che a volte è necessario compiere un’azione sbagliata per un motivo giusto. L’importante è essere certi che il motivo sia giusto, e riconoscere che l’azione è sbagliata. È importante non mentire a sé stessi convincendosi di compiere un’azione giusta.»”4

Temi universali

Definito come un romanzo-mondo, Shantaram si addentra in effetti in temi universali e atemporali come il peso della colpa, il dolore e il fallimento, la possibilità di redenzione, il significato intrinseco della libertà, la costruzione dell’identità e il senso di appartenenza. Il percorso di Lin si snoda tra il mondo del crimine e la ricerca di una dimensione spirituale, un tentativo costante di riconciliare il suo passato con la sua nuova identità in una terra che lo accoglie, ma lo mette anche costantemente alla prova.

Perché la vita è così. Procediamo a piccoli passi. Rialziamo la testa e toruiamo ad affrontare il volyo feroce e sorridente del mondo. Pensiamo. Agiamo. Sentiamo. Diamo il nostro piccolo contributo alle maree del bene e del male che inondano e prosciugano la terra. Trasciniamo le nostre croci ammantate d’ombra nella speranza di una nova notte. Lanciamo i nostri cuori coraggiosi nelle promesse di un nuovo giorno. Con amore: l’appassionata ricerca di una verità diversa dalla nostra. Con struggimento: il puro, ineffabile anelito di essere salvati. Poiché fino a quando il destino ce lo consente, continuiamo a vivere.[…]”5

Stile

Ciò che rende un romanzo di più di mille pagine scorrevole e tutt’altro che noioso è anche lo stile narrativo di Roberts, che si distingue per la sua densità e liricità, talvolta sovrabbondante e con frequenti incursioni filosofiche e digressioni introspettive. Questa prosa viscerale, ricca di immagini potenti e riflessioni esistenziali, restituisce tanto la complessità dei personaggi quanto delle ambientazioni. La Bombay descritta non è un semplice sfondo esotico, ma un’entità viva e pulsante, colta nelle sue stridenti contraddizioni e nelle sue sottili sfumature sociali, raccontata con uno sguardo che traspira amore incondizionato per la città. Sebbene questa ricchezza descrittiva possa talvolta appesantire il ritmo e forse scoraggiare chi predilige una narrazione più incalzante, si rivela essenziale nel restituire la profondità emotiva e la stratificazione culturale del contesto.

Nonostante la sua indubbia forza narrativa, Shantaram non è immune da critiche. Sono proprio la sua considerevole lunghezza e la tendenza di Roberts a dilungarsi in disquisizioni filosofiche a poter rappresentare un ostacolo alla lettura, così come la natura parzialmente autobiografica del racconto solleva interrogativi sull’effettiva veridicità di alcuni episodi; un’ambiguità che, pur non inficiando la potenza della narrazione, contribuisce al fascino mitopoietico che circonda l’autore e la sua opera.

Foto di Francesca Barracca

Più che una semplice lettura, dunque, Shantaram è una vera e propria esperienza letteraria che esige dedizione e pazienza ma che sa ripagare con una storia intensa e profondamente umana, intessuta di luci e ombre. È un’opera che, parlando a qualsiasi generazione, ne stimola la riflessione, mettendo in discussione certezze e offrendo molteplici sguardi sulla condizione umana. La sua autenticità, che traspare proprio dalla sua imperfezione e dalla sua oscillazione tra realtà e finzione, tra crimine e redenzione, la rende un’avventura letteraria unica e memorabile.

la copertina del romanzo Shantaram, di Gregory David Roberts, pubblicato da Neri Pozza (2005), con traduzione di Vincenzo Mingiardi, nella collana Le Tavole d’Oro

Note:

1 Gregory David Roberts. Shantaram, Neri Pozza 2005, p. 9.

2 Ivi, p. 213.

3 Ivi, p. 1166.

4 Ivi, p. 891.

5 Ivi, p. 1174.

la copertina del romanzo Shantaram, di Gregory David Roberts, pubblicato da Neri Pozza (2005), con traduzione di Vincenzo Mingiardi, nella collana Le Tavole d’Oro. Foto di Francesca Barracca

Il libro recensito è stato cortesemente fornito dalla casa editrice.

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