Islam Archivi - Classicult https://www.classicult.it/tag/islam/ Dove i classici si incontrano. Cultura e culture Thu, 09 Jan 2025 11:51:19 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.8.2 https://www.classicult.it/wp-content/uploads/2018/08/cropped-tw-profilo-32x32.jpg Islam Archivi - Classicult https://www.classicult.it/tag/islam/ 32 32 Progetto MOSAIC – Mapping Occult Sciences Across Islamicate Cultures: indagare le antiche pratiche “occulte” per riscoprire le radici della scienza moderna https://www.classicult.it/progetto-mosaic-mapping-occult-sciences-across-islamicate-cultures-indagare-le-antiche-pratiche-occulte-per-riscoprire-le-radici-della-scienza-moderna/ https://www.classicult.it/progetto-mosaic-mapping-occult-sciences-across-islamicate-cultures-indagare-le-antiche-pratiche-occulte-per-riscoprire-le-radici-della-scienza-moderna/?noamp=mobile#respond Thu, 09 Jan 2025 11:51:19 +0000 https://www.classicult.it/?p=290241 Progetto MOSAIC – Mapping Occult Sciences Across Islamicate Cultures: indagare le antiche pratiche “occulte” per riscoprire le radici della scienza moderna

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Indagare le antiche pratiche “occulte” per riscoprire le radici della scienza moderna

Finanziato con circa 9 milioni di euro dallo European Research Council (ERC), il progetto MOSAIC indagherà le fonti delle scienze occulte islamiche e cristiano-orientali dalla tarda antichità al XIX secolo, in un vasto continuum di lingue, tra greco, siriaco, arabo, persiano e turco.

Alchimiaastrologiageomanzialettrismomagia, ovvero quelle scienze tradizionalmente definite “occulte”, hanno rappresentato uno strumento essenziale e sofisticato con cui gli antichi hanno tentato di studiare e interpretare la natura. Le conoscenze e le osservazioni raccolte negli antichi testi sono infatti una parte integrante della storia della scienza e della tecnologia. Conosciamo però ancora poco dei complessi intrecci avvenuti nei secoli tra queste discipline, in particolare nel mondo tardo-antico, islamico e cristiano-orientale.
A fare luce su questo affascinante e articolato insieme di pratiche sarà MOSAIC – Mapping Occult Sciences Across Islamicate Cultures, un nuovo grande progetto di ricerca Synergy finanziato con circa 9 milioni di euro dallo European Research Council (ERC).
Ad aggiudicarsi questo ERC Synergy Grant all’Università di Bologna è stato Matteo Martelli, professore al Dipartimento di Filosofia. Il progetto sarà realizzato in collaborazione con la Università Cattolica di Louvain (prof. Godefroid De Callataÿ), la FAU Erlangen-Nürnberg (prof.ssa Petra Schmidl) e la Università della Carolina del Sud (prof. Matthew Melvin-Koushki), e con la partecipazione della Università Autonoma di Barcellona.
“MOSAIC è il primo grande progetto di ricerca che indaga le fonti delle scienze occulte islamiche e cristiano-orientali dalla tarda antichità al XIX secolo e dall’Iberia all’India, in un vasto continuum di lingue, tra greco, siriaco, arabo, persiano e turco”, spiega Martelli. “Esploreremo un ampio patrimonio di testi e artefatti finora largamente trascurato, per comprendere meglio la costruzione storica delle scienze naturali e matematiche e mappare i percorsi di diffusione ed incrocio delle scienze occulte nel mondo islamico e bizantino”.
Matteo Martelli
Matteo Martelli
Il progetto andrà a creare una rete senza precedenti di collaborazioni internazionali e competenze sinergiche, anche formando una nuova generazione di studiosi altamente qualificati su queste fonti. Il loro studio sarà condotto in dialogo continuo con gli scienziati per ricercare le basi scientifico-tecnologiche su cui poggiano i testi studiati.
Il gruppo di ricerca si metterà al lavoro per identificare, catalogare e interpretare un gran numero di fonti altamente tecniche sulle pratiche occulte del passato. Le fonti delle diverse discipline, dall’alchimia alla geomanzia, dall’astrologia alle arti magiche, saranno analizzate ricostruendo sia il loro contesto teorico sia, quando possibile, esplorando gli aspetti pratici e tecnologici con una serie di ricostruzioni sperimentali.
Presso l’Università di Bologna si svolgerà il cuore di questo lavoro sperimentale, grazie al coinvolgimento del Dipartimento di Chimica “G. Ciamician” (prof.ssa Lucia Maini) e del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali (prof.ssa Marta Galloni), per valutare la realtà fattuale di queste fonti e comprendere meglio le nozioni e le osservazioni raccolte.
I quattro PI del progetto MOSAIC – Mapping Occult Sciences Across Islamicate Cultures
I quattro PI del progetto MOSAIC – Mapping Occult Sciences Across Islamicate Cultures
Il patrimonio di testi e di pratiche che verrà alla luce sarà messo a disposizione con traduzioni ed edizioni critiche e raccontato con esposizioni ed eventi. Non solo: è in programma lo sviluppo di una serie di strumenti digitali per permettere di consultare il materiale riscoperto dagli studiosi e offrire una base di conoscenze da cui partire per continuare a sviluppare questi temi.
Testo e immagini dall’Ufficio Stampa dell’Università di Bologna

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Conoscenza e Libertà. Arte Islamica al Museo Civico Medievale di Bologna https://www.classicult.it/conoscenza-e-liberta-arte-islamica-al-museo-civico-medievale-di-bologna/ https://www.classicult.it/conoscenza-e-liberta-arte-islamica-al-museo-civico-medievale-di-bologna/?noamp=mobile#respond Thu, 18 Apr 2024 14:40:34 +0000 https://www.classicult.it/?p=252278 Conoscenza e Libertà. Arte Islamica al Museo Civico Medievale di Bologna, una mostra a cura di Anna Contadini

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Conoscenza e Libertà. Arte Islamica al Museo Civico Medievale di Bologna, una mostra a cura di Anna Contadini

20 aprile – 15 settembre 2024

Museo Civico Medievale
Via Alessandro Manzoni 4, Bologna
 

Mostra promossa da Settore Musei Civici Bologna | Musei Civici d’Arte Antica, SOAS University of London

In collaborazione con Museo di Palazzo Poggi – Sistema Museale di Ateneo | Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, Dipartimento di Storia Culture Civiltà | Alma Mater Studiorum – Università di Bologna

Fiala di vetro. Siria, XIII secolo. Vetro blu decorato a smalti policromi e oro, cm 17,5 x 7,8Provenienza: collezione Pelagio Palagi Bologna, Museo Civico Medievale, inv. 1395
Fiala di vetro. Siria, XIII secolo. Vetro blu decorato a smalti policromi e oro, cm 17,5 x 7,8
Provenienza: collezione Pelagio Palagi
Bologna, Museo Civico Medievale, inv. 1395
Bologna, 18 aprile 2024 – Il Museo Civico Medievale di Bologna è lieto di presentare la mostra Conoscenza e Libertà. Arte Islamicaal Museo Civico Medievale di Bologna, a cura di Anna Contadini, visibile nello spazio del Lapidario dal 20 aprile al 15 settembre 2024.
L’esposizione, nata da un importante progetto di ricerca scientifica tra Musei Civici d’Arte Antica del Settore Musei Civici Bologna SOAS Università di Londra,intende valorizzare la collezione di materiali islamici, rari e di altissima qualità, appartenenti alpatrimonio del Museo Civico Medievale, e promuovere la riscoperta di vicende e percorsi che, da secoli, costituiscono una parte significativa della storia culturale di Bologna e non solo.
La mostra è realizzata in collaborazione con il Museo di Palazzo Poggi, afferente al Sistema Museale di Ateneo | Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, e con il Dipartimento di Storia Culture e Civiltà | Alma Mater Studiorum – Università di Bologna.

Alla curatrice Anna Contadini, professoressa ordinaria di Storia dell’arte islamica presso SOAS University of London, si affianca il comitato scientifico composto da Mattia Guidetti, Farouk Yahya, Silvia Battistini, Mark Gregory D’Apuzzo, Antonella Mampieri, Giancarlo Benevolo, Massimo Medica e Ilaria Negretti.

Il patrimonio artistico islamico presente in Italia è ricchissimo e tra i più rilevanti al mondo, sia sul piano quantitativo che su quello qualitativo, ma caratterizzato da una spiccata dispersione sul territorio. Innumerevoli raccolte pubbliche e private ospitano, su tutta la penisola, opere importanti, a testimonianza di un interesse per le civiltà e arti del mondo islamico che si mantiene vivissimo e duraturo dal Quattrocento al Settecento, e di una reale funzione di ponte nel Mediterraneo svolta dal nostro paese nel favorire contaminazioni tra influssi culturali di varia provenienza.
Bologna, con la sua antica Università fondata nel 1088, partecipa pienamente al clima di apertura internazionale, svolgendo un ruolo fondamentale nell’acquisizione di opere d’arte e nelle relazioni con le terre islamiche tra il XV e il XVIII secolo. Situata al confine tra lo Stato imperiale e quello papale, la città fu in grado non solo di costruire solidi legami commerciali e alleanze geopolitiche ma divenne un importante centro di mecenatismo artistico e culturale.
Scrive Anna Contadini nel suo saggio in catalogo:

“Importante centro per la circolazione e la diffusione di oggetti d’arte provenienti dal mondo islamico, la città felsinea è stata fin dal Medioevo polo di attrazione per mercanti, collezionisti, artisti e studiosi. Il suo ateneo, conosciuto in tutto il mondo, ha offerto un valido supporto allo studio del patrimonio culturale che il mondo islamico ha prodotto nei campi della filosofia, della medicina, della tecnologia oltre che allo studio delle lingue, come l’Ebraico e l’Arabo. Grazie alla sua fitta rete di legami familiari e politici internazionali e al suo ruolo di centro culturale, Bologna ebbe il ruolo di un conduttore, da cui oggetti d’arte e idee ebbero modo di diffondersi dal mondo islamico al di là dei confini dell’Italia, verso Ungheria, Germania, Francia e ben oltre”.
Fiala di vetro. Siria, XIII secolo. Vetro blu decorato a smalti policromi e oro, cm 17,5 x 7,8 Provenienza: collezione Pelagio Palagi Bologna, Museo Civico Medievale, inv. 1395 Fiala Dettaglio iscrizione attorno al corpo esterno: “‘Izz li-mawlana al-sultan al-malik al-‘alim al-ma…”, عز لمولانا السلطان المالك العالم الما Siria, XIII secolo Vetro blu decorato a smalti policromi e oro, cm 17,5 (cm 19,2 con montatura) x 7,8 Provenienza: collezione Palagi Bologna, Museo Civico Medievale, inv. 1395 Conoscenza e Libertà. Arte Islamica al Museo Civico Medievale di Bologna Fiala Dettaglio iscrizione attorno al corpo esterno: “‘Izz li-mawlana al-sultan al-malik al-‘alim al-ma…”, عز لمولانا السلطان المالك العالم الما Siria, XIII secolo Vetro blu decorato a smalti policromi e oro, cm 17,5 (cm 19,2 con montatura) x 7,8 Provenienza: collezione Palagi Bologna, Museo Civico Medievale, inv. 1395 Brocca Iznik (Turchia ottomana), meta XVI secolo Ceramica dipinta a fiori sotto invetriatura, cm 23 x max 15,8 cm, ø bocca 8 cm, ø base 8,5 cm Provenienza: collezioni universitarie Bologna, Museo Civico Medievale, inv. 1304 Dettaglio decorazione con colori turchese, verde e rosso aranciato Iznik (Turchia ottomana), meta XVI secolo Ceramica dipinta a fiori sotto invetriatura, cm 23 x max 15,8 cm, ø bocca 8 cm, ø base 8,5 cm Provenienza: collezioni universitarie Bologna, Museo Civico Medievale, inv. 1304 Brocca Siria o Egitto, tardo XIII secolo Ottone ageminato in argento, cm 34,5 x 17,5 Provenienza: collezione Cospi Bologna, Museo Civico Medievale, inv. 2093 Brocca Dettaglio con decorazioni Siria o Egitto, tardo XIII secolo Ottone ageminato in argento, cm 34,5 x 17,5 Provenienza: collezione Cospi Bologna, Museo Civico Medievale, inv. 2093 Candeliere Sud-est Anatolico, tardo XIII-XIV secolo Ottone ageminato in oro e argento, (a) cm 20,5, ø 19,5 cm; ø sommità cm 6,3 Provenienza: collezioni universitarie Bologna, Museo Civico Medievale, inv. 2092 Candeliere Dettaglio con decorazioni Sud-est Anatolico, tardo XIII-XIV secolo Ottone ageminato in oro e argento, (a) cm 20,5, ø 19,5 cm; ø sommità cm 6,3 Provenienza: collezioni universitarie Bologna, Museo Civico Medievale, inv. 2092 Bruciaprofumi Siria, prima meta del XV secolo Ottone traforato con tracce di agemina d’argento, ø 9,5 cm Provenienza: collezioni universitarie Bologna, Museo Civico Medievale, inv. 2116 Scatola portapenne Mosul (Iraq), prima metà XIII secolo Ottone ageminato in oro e argento, cm 6,8 x 29 x 8,4 Provenienza: collezione Savorgnan Bologna, Museo Civico Medievale, inv. 2129 Vaso di vetro Venezia o Turchia ottomana, XVII-XIX secoli Pasta di vetro turchese e decorazione in oro, (a) cm 21, ø base cm 8,5 Provenienza: collezione Cospi (?) Bologna, Museo Civico Medievale, inv. 1394 Vaso biansato alato Manises, seconda meta XV secolo Ceramica decorata a lustro monocromo, cm 55,5 x 35, ø base 21 cm Provenienza: collezione Cospi Bologna, Museo Civico Medievale, inv. 2782 Maestro del 1314 (seguace di Jacopino da Reggio) Frontespizio della Matricola dei Merciai Bologna, manoscritto datato 1314 Pergamena, inchiostro, tempera e oro, cm 35 x 24,8 Provenienza: Bologna, sede dell’Arte dei Merciai Bologna, Museo Civico Medievale, ms. 632 Veduta di allestimento Pittore del “Bacile di Apollo” Presentazione della Vergine al tempio (fronte) Arabeschi dipinti a lustro e al centro l’iscrizione “1532/ M°G°/finj de maiolica”, firma di Maestro Giorgio Andreoli da Gubbio (retro) Piatto di maiolica con decorazione a lustro, (a) cm 2, ø cm 48,5 Provenienza: collezione Pepoli (?) Bologna, Museo Civico Medievale, inv. 1124 Veduta di allestimento Piatto Valenza, 1513-1521 Ceramica decorato a lustro, (a) 6,3 cm, ø 47,2 cm Provenienza: collezioni universitarie Bologna, Museo Civico Medievale, inv. 2789 Veduta di allestimento Conoscenza e Libertà. Arte Islamica al Museo Civico Medievale di Bologna Veduta di allestimento Museo Civico Medievale, Bologna, 2024 Courtesy Settore Musei Civici Bologna | Museo Civico Medievale Conoscenza e Libertà. Arte Islamica al Museo Civico Medievale di Bologna Veduta di allestimento Museo Civico Medievale, Bologna, 2024 Courtesy Settore Musei Civici Bologna | Museo Civico Medievale Conoscenza e Libertà. Arte Islamica al Museo Civico Medievale di Bologna Veduta di allestimento Museo Civico Medievale, Bologna, 2024 Courtesy Settore Musei Civici Bologna | Museo Civico Medievale Conoscenza e Libertà. Arte Islamica al Museo Civico Medievale di Bologna Veduta di allestimento Museo Civico Medievale, Bologna, 2024 Courtesy Settore Musei Civici Bologna | Museo Civico Medievale Conoscenza e Libertà. Arte Islamica al Museo Civico Medievale di Bologna Veduta di allestimento Museo Civico Medievale, Bologna, 2024 Courtesy Settore Musei Civici Bologna | Museo Civico Medievale
La cospicua presenza di oggetti islamici nelle collezioni costituite da illustri personaggi bolognesi fin dalla seconda metà del XVIII secolo testimonia ancora oggi, nella loro ricchezza e varietà, una straordinaria lungimiranza e ampiezza di orizzonte culturali.
Esemplare è la vicenda del marchese Ferdinando Cospi (Bologna, 1606 – 1686), frequentatore della corte medicea fiorentina, dove ebbe certamente l’opportunità di familiarizzarsi con le rare cose d’Oriente. Seguendo le orme del celebre naturalista Ulisse Aldrovandi (Bologna, 1522 – 1605), nel 1672 egli donò al Senato cittadino la sua raccolta di reperti archeologici e di storia naturale, nuclei principali del Museo Cospiano ispirato alla Wunderkammer o “Stanza delle meraviglie”. La tradizione di collezionismo di arte orientale e mecenatismo verso le istituzioni pubbliche bolognesi si rinnovò nel Settecento con Luigi Ferdinando Marsili (Bologna, 1658 – 1730), generale e diplomatico, oltre che viaggiatore, geografo e naturalista erudito. Marsili mise a disposizione dell’Istituto delle Scienze e delle Arti, da lui stesso fondato a Bologna nel 1711, una ragguardevole dotazione di libri, un’attrezzatura scientifica d’avanguardia insieme a collezioni naturalistiche e a reperti archeologici raccolti durante le sue campagne militari e scientifiche o acquistati presso librai e costruttori di strumenti in varie parti d’Europa. Nell’Ottocento, l’eclettico Pelagio Palagi (Bologna, 1775 – Torino, 1860) fu influenzato dagli stilemi proprio dell’arte islamica nella sua attività di architetto, pittore e scultore. Nella sua collezioni di oltre 3.000 oggetti destinata al Comune di Bologna sono numerosi quelli provenienti da culture non occidentali.

La
 mostra Conoscenza e Libertà vuole essere un’occasione per richiamare l’attenzione del pubblico sul prezioso nucleo di opere di arte islamica conservato al Museo Civico Medievale di Bologna,nella certezza che la loro conoscenza possa essere utile per superare pregiudizi e stereotipi. Attraverso la lente della decolonizzazione, il progetto espositivo intende contribuire a trasformare gli approcci ereditati sulla ricezione della creatività artistica musulmana e favorirne una più corretta comprensione, rivelando l’importantissima influenza che le culture materiali di produzione islamica hanno svolto sull’arte e sul pensiero occidentali.
In Italia l’incontro tra Oriente e Occidente è stato caratterizzato dallo scambio, dall’adozione e dall’adeguamento – nelle tecniche, nei motivi e nei modelli – dei principali linguaggi con cui si è espressa nei secoli la cultura artistica islamica: dalla scrittura, iconografia principale e distintiva, ai filoni decorativi dell’ornato geometrico e dell’arabesco.

Realizzati in materiali diversi, i 38 manufatti esposti – tra metalli, ceramiche, maioliche, vetri e manoscritti – provengono da un’ampia fascia geografica del mondo islamico che si estende dall’Iraq fino a Turchia, Siria, Egitto e Spagna, e coprono un ampio arco cronologico, dall’inizio del XIII al XVIII secolo, rappresentando la produzione artistica delle dinastie Abbaside, Zangide, Ayyubide, Mamelucca e Ottomana. Anche gli esemplari spagnoli, prodotti tra il XV e il XVIII secolo, risentono di un’ispirazione islamica.
La tipologia maggiormente documentata in mostra è quella di oggetti di uso quotidiano realizzati in metalli ageminati, la cui lavorazione ebbe il massimo sviluppo tra XIII e XIV secolo in Iran e Afghanistan per diffondersi verso occidente fino all’Iraq.
Anche nell’ambito della ceramicasono osservabili interessanti interazioni interculturali. Il Museo Civico Medievale di Bologna contiene alcuni dei migliori esempi di produzione ottomana provenienti da Iznik, l’antica Nicea, e alcuni dei più raffinati ed emblematici esempi di ceramiche spagnole-islamiche. Una tecnica decorativa che ebbe una grande influenza sulla produzione europea, fu inoltre quella della doratura e smaltatura dei vetri realizzata in Siria ed Egitto, particolarmente durante il XIII-XIV secolo (periodi tardo ayyubide e mamelucco).

Tra i pezzi esposti, diversi sono riconosciuti dalla comunità scientifica internazionale come 
capolavori assoluti. Solo per citarne alcuni: lascatola portapenne in ottone ageminato in oro e argentodecoratoda iscrizioni beneaugurali e poetiche; il bruciaprofumi ageminato in oro e argento, particolarmente interessante per lo scudo privo di decorazioni che compare al vertice di una delle due porzioni emisferiche e indica la destinazione del prodotto al mercato europeo; il vaso biansato del XV-XVI secolo appartenente alla celebre manifattura di ceramiche ispano-moresche delle botteghe di Manises; il piccolo flacone per profumo in vetro datato al XIII secolo, proveniente dalla Siria, considerato uno dei rari esemplari della vetraria della tarda epoca ayyubide o del primo periodo mamelucco.
Atri oggetti utili per la comprensione della cultura islamica e dei suoi influssi sull’arte europea sono visibili nelle sale 1 e 20 dell’allestimento permanente del museo.È disponibile per Sagep Editori il catalogo Conoscenza e Libertà. Arte Islamica al Museo Civico Medievale di Bologna, a cura di Anna Contadini, contenente prefazioni di Eva Degl’Innocenti e delle conservatrici e dei conservatori dei Musei Civici d’Arte Antica di Bologna, saggi di Anna Contadini e Mattia Guidetti, oltre alle schede di tutti gli oggetti esposti a cura di Anna Contadini, Mattia Guidetti e Farouk Yahya.La mostra costituisce una parte importante del progetto di ricerca “The Bologna Nexus”, dedicato alle collezioni di arte islamica, manoscritti e documentazione correlata a Bologna, insieme a quelle di Modena e Ferrara, con riferimenti anche a Mantova, soprattutto per quanto riguarda gli Estensi, che culminerà in una monografia di Anna Contadini dal titolo The Bologna Nexus: Islamic Art and Scholarship.L’iniziativa espositiva fa parte di Bologna Estate 2024, il cartellone di attività promosso e coordinato dal Comune di Bologna e dalla Città metropolitana di Bologna – Territorio Turistico Bologna-Modena.Durante il periodo di apertura il pubblico può fruire di un’ampia proposta di attività collaterali – tra conferenze di approfondimento, visite guidate e laboratori – tutte a ingresso libero, fino a esaurimento posti disponibili.

Conferenze
Mercoledì 8 maggio 2024 ore 17.00

Anna Contadini (SOAS Università di Londra)
Trasmissione e ricezione: arte islamica a Bologna

Mercoledì 15 maggio 2024 ore 17.00

Lucia Raggetti (Università di Bologna)
Scienza come arte. Tecnica, natura e cultura nel Medioevo arabo-islamico

Mercoledì 29 maggio 2024 ore 17.00

Frédéric Bauden (Università di Liegi)
Quando gli oggetti parlano: citazioni poetiche nell’arte islamica

Mercoledì 5 giugno 2024 ore 17.00

Mattia Guidetti (Università di Bologna)

Il collezionismo di arte islamica a Bologna

Visite guidate e laboratori
Sabato 20 aprile 2024 ore 10.30
Visita guidata con la curatrice Anna Contadini

Venerdì 17 maggio ore 17.00
A cura di RTI Senza Titolo S.r.l., ASTER S.r.l. e TecnoscienzaVenerdì 31 maggio 2024 ore 17.00
A cura di RTI Senza Titolo S.r.l., ASTER S.r.l. e Tecnoscienza

Venerdì 7 giugno 2024 ore 17.00

A cura di RTI Senza Titolo S.r.l., ASTER S.r.l. e Tecnoscienza

Venerdì 21 giugno 2024 ore 17.00
A cura di RTI Senza Titolo S.r.l., ASTER S.r.l. e Tecnoscienza

Venerdì 19 luglio 2024 ore 17.00
A cura di RTI Senza Titolo S.r.l., ASTER S.r.l. e Tecnoscienza

Domenica 28 luglio 2024 ore 10.30

Visita guidata in inglese
A cura di RTI Senza Titolo S.r.l., ASTER S.r.l. e TecnoscienzaVenerdì 30 agosto 2024 ore 17.00
A cura di RTI Senza Titolo S.r.l., ASTER S.r.l. e Tecnoscienza

Sabato 7 settembre 2024 ore 16.00

Laboratorio per bambini da 6 a 10 anni
A cura di RTI Senza Titolo S.r.l., ASTER S.r.l. e Tecnoscienza
Prenotazione obbligatoria: tel. 051 2193930 | musarteanticascuole@comune.bologna.it

Sabato 14 settembre 2024 ore 10.30
Visita guidata con la curatrice Anna Contadini.
SCHEDA TECNICAMostra
Conoscenza e Libertà. Arte Islamica al Museo Civico Medievale di Bologna

A cura di
Anna ContadiniPromossa da
Settore Musei Civici Bologna | Musei Civici d’Arte Antica
SOAS Università di LondraIn collaborazione con
Museo di Palazzo Poggi – Sistema Museale di Ateneo | Alma Mater Studiorum – Università di Bologna
Dipartimento di Storia Culture Civiltà | Alma Mater Studiorum – Università di BolognaComitato scientifico
Mattia Guidetti, Farouk Yahya, Silvia Battistini, Mark Gregory D’Apuzzo, Antonella Mampieri, Giancarlo Benevolo, Massimo Medica, Ilaria Negretti

Sede
Museo Civico Medievale
Via Alessandro Manzoni 4 | 40121 Bologna

Periodo di apertura
20 aprile – 15 settembre 2024

Inaugurazione
Venerdì 19 aprile 2024 ore 17.30

Orario di apertura
Martedì, giovedì 10.00 – 14.00
Mercoledì, venerdì 14.00 – 19.00
Sabato, domenica, festivi 10.00 – 19.00
Chiuso lunedì non festivi, 1 maggio, 25 dicembre
Aperto 25 aprile

Ingresso
Intero € 6 | ridotto € 4 | ridotto speciale giovani tra 19 e 25 anni € 2 | gratuito possessori Card Cultura

Catalogo

Sagep Editori, Genova

Informazioni
Settore Musei Civici Bologna | Musei Civici d’Arte Antica
Via Alessandro Manzoni 4 | 40121 Bologna
Tel. +39 051 2193916 / 2193930
museiarteantica@comune.bologna.it
www.museibologna.it/arteantica
Facebook: Musei Civici d’Arte Antica
Instagram: @museiarteanticabologna
TiKTok: @museiarteanticabologna
X: @MuseiCiviciBolo

Settore Musei Civici Bologna
www.museibologna.it
Facebook: Musei Civici Bologna
Instagram: @bolognamusei
X: @bolognamusei

Testo e immagini dall’Ufficio Stampa Settore Musei Civici Bologna

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Al MAO di Torino la mostra Metalli sovrani. La festa, la caccia e il firmamento nell’Islam medievale. https://www.classicult.it/al-mao-di-torino-la-mostra-metalli-sovrani-la-festa-la-caccia-e-il-firmamento-nellislam-medievale/ https://www.classicult.it/al-mao-di-torino-la-mostra-metalli-sovrani-la-festa-la-caccia-e-il-firmamento-nellislam-medievale/?noamp=mobile#respond Thu, 15 Jun 2023 20:24:54 +0000 https://www.classicult.it/?p=206779 Al MAO Museo d’Arte Orientale di Torino la mostra Metalli sovrani. La festa, la caccia e il firmamento nell’Islam medievale

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la mostra Metalli sovrani. La festa, la caccia e il firmamento nell’Islam medievale

all’interno del programma espositivo Frontiere liquide e mondi in connessione

Esposizione a cura di Veronica Prestini, The Aron Collection

16 giugno – 17 settembre 2023

MAO Museo d’Arte Orientale, Torino

La seconda tappa del viaggio di avvicinamento alla grande mostra dell’autunno dedicata all’arte dei paesi tra estremo Oriente e centro Asia fino alle sponde del Mediterraneo è un progetto espositivo dedicato ai più raffinati oggetti di arte islamica in metallo dal titolo Metalli sovrani. La festa, la caccia e il firmamento nell’Islam medievale e rappresenta la prima collaborazione fra il Museo d’Arte Orientale e The Aron Collection.

La mostra, che succede a Lustro e lusso dalla Spagna islamica all’interno della galleria islamica del MAO, presenta una mirata selezione delle principali tipologie di oggetti della metallistica islamica (bruciaprofumi, portapenne, candelieri, vassoi, bacili, coppe, bottiglie porta profumo) che, insieme alla miniatura, può essere considerata tra le più alte espressioni della creatività artistica islamica.

MAO Torino mostra Metalli sovrani Portapenne (qalamdan), Iraq (Mosul), XIII secolo, Lamina di ottone, battuta, incisa e incrostata d’argento e oro, Foto © Valerio Ricciardi.ì
alla mostra Metalli sovrani. La festa, la caccia e il firmamento nell’Islam medievale, il portapenne (qalamdan), Iraq (Mosul), XIII secolo, Lamina di ottone, battuta, incisa e incrostata d’argento e oro, Foto © Valerio Ricciardi

Una creatività che dalla Persia si diffondeva nel mondo come un linguaggio, raggiungendo a Oriente l’India e la Cina e arrivando in Occidente alle pendici dell’Atlante. Frutto di ammirazione e di imitazione raggiunse anche l’Europa, dimostrando quanto le frontiere politiche e religiose non corrispondessero affatto a quelle della percezione estetica.

Quali erano i soggetti preferiti dagli artigiani per decorare questi preziosi oggetti in metallo?

Senza dubbio quello della caccia, e in particolare l’iconografia del re a cavallo affiancato da alcuni animali (spesso un falcone o un ghepardo) e da una schiava, che poteva essere un’artista scienziata e musicante.

L’astronomia, che insieme all’astrologia, rivestiva un ruolo centrale nella vita dei sovrani e ne influenzava le scelte politiche, militari e persino amorose, era un tema figurativo molto comune con pianeti, costellazioni e segni zodiacali, ma anche immagini legate alla predizione del futuro; infine le scene di festa e banchetto, legate anche al genere letterario conosciuto come Bazm-o-Razm, ovvero “banchetto e battaglia” ad indicare come i fasti della pace si contrapponessero in maniera ciclica all’ardore dei combattimenti.

In particolare l’astrologia, con le scene di vita di corte, e gli sfarzi della regalità riescono a sfuggire nel Medioevo all’iconoclastia islamica, diventando le raffigurazioni predilette anche per gli oggetti destinati alla fiorente borghesia medievale islamica che, a partire dal X secolo, popola le città del Califfato.

A questo repertorio straordinario e metafisico si associa infine il rigore delle arti calligrafiche, utilizzato in prevalenza negli oggetti destinati all’illuminazione, quali candelieri e lampade, fondamentali non solo nella vita quotidiana e secolare, ma anche nella più sfarzosa dimensione spirituale e sacra.

Fra gli oggetti più raffinati in esposizione troviamo un portapenne incrostato in argento (Mosul, Iraq, fine XIII secolo), che reca una raffigurazione del sole circondato dai pianeti, motivo iconografico tipico degli oggetti destinati a governanti e ad altri membri dell’élite nonché emblema dell’iconografia astrologica nell’Islam medievale, e un grande bacile in ottone inciso e ageminato in argento (Fars, Iran meridionale, XIV secolo) dalla decorazione altamente simbolica: le scene di caccia col ghepardo, col falcone e con l’arco che ricorrono su tutta la superficie dell’oggetto erano espressione di una prerogativa reale e, rimandando alle eccezionali qualità di combattente del sovrano, ne legittimavano il potere.

Come già accaduto per altri progetti espositivi del MAO, anche Metalli sovrani intende costruire un dialogo tra opere antiche e contemporanee, offrendosi come dispositivo di studio e di approfondimento di culture e materiali. Questa volta, all’interno del percorso espositivo, il MAO ha il piacere di presentare l’opera Monochrome bleu (1959) di Yves Klein (1928-1962).

Yves Klein Monochrome Bleu
Yves Klein, Monochrome bleu, 1959, Pittura su carta, Collezione privata, Torino, Foto © Paolo Mussat Sartor

La sperimentazione artistica di Yves Klein, che ha trasformato il colore in arte esaltando la luminosità e l’intensità del blu oltremare, rappresenta in qualche modo il compiersi di una ricerca che ha origini antichissime. Il blu oltremare può senza dubbio essere considerato come il più importante dei colori naturali già conosciuto e usato in pittura nell’antichità. La ricerca stilistica del colore ha coinvolto in maniera assoluta anche i miniaturisti islamici dediti all’illustrazione dei manoscritti. Il blu oltremare, il cosiddetto blu di Persia, domina infatti nelle pregiatissime miniature ed è spesso sapientemente accompagnato dall’uso della foglia oro.

In quest’ottica l’opera Monochrome Bleu permetterà di apprezzare l’evoluzione della sapienza tecnica, artigianale e artistica, in continua tensione espressiva, divenuta un modello filosofico nell’interpretazione di Klein, e poter godere a pieno della profondità dirompente del suo colore.

L’esposizione Metalli sovrani sarà l’occasione per mostrare al pubblico numerosi oggetti attualmente custoditi nei depositi del MAO, che verranno accostati e messi in dialogo con le opere provenienti dalla Aron Collection e da altre importanti collezioni private.

L’ingresso in mostra è incluso nel biglietto delle collezioni permanenti.

Grazie alla convenzione con l’Istituto dei Sordi di Torino, i contenuti della mostra sono disponibili in LIS Lingua dei Segni italiana e in versione audio.

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Testo e immagini dall’Ufficio Stampa Fondazione Torino Musei |MAO Museo d’Arte Orientale

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Alla scoperta di Segesta islamica: i simboli del sacro https://www.classicult.it/alla-scoperta-di-segesta-islamica-i-simboli-del-sacro/ https://www.classicult.it/alla-scoperta-di-segesta-islamica-i-simboli-del-sacro/?noamp=mobile#respond Thu, 13 Apr 2023 16:53:27 +0000 https://www.classicult.it/?p=198291 Alla scoperta di Segesta islamica, i simboli del sacro: seminari, visite guidate, percorsi inediti al parco archeologico. Dal 22 aprile 2023

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Alla scoperta di Segesta islamica, i simboli del sacro: seminari, visite guidate, percorsi inediti al parco archeologico. Dal 22 aprile 2023

Un nuovo progetto sulla stratificazione delle culture mediterranee

 

Segesta incontra le culture. I simboli del sacro

Seminari gratuiti, visite guidate, percorsi inediti: coinvolti studenti, professori, storici e islamisti

Dal 22 aprile al 17 giugno 2023

Segesta, moschea

SEGESTA. Non sono diverse, non sono lontane, non nascono differenti. Mai come in questo momento, si deve immaginare un Mediterraneo complesso, crocevia di culture che, pur nella loro unicità e linguaggio, riescono ad entrare in connessione tra loro e trovare infiniti punti di contatto. In particolare Islam e Cristianesimo in Sicilia riescono a sovrapporsi, integrarsi, abbracciarsi: terra pacifica di popoli in dialogo, pesca nella sua storia millenaria e trova le ragioni per far sì che quelle connessioni siano valide oggi, in giorni in cui si alzano muri, rigidi o liquidi. Da un’isola aperta e annodando le orme di un popolo dalle origini misteriose come gli elimi, nasce un progetto che affronta il mosaico-Sicilia e lo declina su più direttrici: un nuovo percorso di visita sui simboli del sacro; la presenza di popoli diversi da rintracciare nella sovrapposizione di stili; il coinvolgimento degli studenti, l’apporto professionale di docenti universitari ed esperti di cultura araba.

 “Segesta incontra le culture. I simboli del sacro” è un piano di engagement ideato e organizzato da CoopCulture – gestore dei servizi aggiuntivi di Segesta – con la direzione del parco archeologico guidato da Luigi Biondo. Il progetto si focalizza sul periodo normanno quando si insediò nell’isola una comunità a forte prevalenza islamica; e racconta il contatto e l’interscambio tra culture apparentemente diverse e distanti, ma eredi del grande mondo mediterraneo.

Alla scoperta di Segesta islamica: i simboli del sacro

L’obiettivo a lungo raggio entra nelle pieghe più profonde del Parco e mira a disegnare a Segesta un nuovo itinerario di visita sui simboli del sacro – che è insieme luoghi, rituali, religioni, tradizioni, architetture -, a partire dalla moschea, dall’imponente tempio dorico e dalla piccola chiesa di San Leone, interessante sito stratificato di civiltà precedenti. San Leone nasce nel 1442 su una preesistente chiesa normanna-sveva di fine XII secolo che a sua volta sorge su un edificio di età ellenistica (tra il II e il  I secolo a.C.) i cui mosaici – riportati alla vista in questi giorni dopo pesanti interventi di disboscamento – furono poi riutilizzati come pavimento delle due chiese posteriori. Anche il vicino cimitero risulta sovrapposto ad ambienti di un precedente abitato musulmano. Il nuovo percorso di visite guidate sarà disponibile da luglio, tassello di un progetto più ampio del Gal Elimos – “Siqiliyyah gannat al-‘ard La Sicilia è il giardino paradiso in terra”, progetto“INCULTUM Visiting the margins” finanziato con fondi Horizon 2020 – che punta alla valorizzazione del patrimonio culturale, materiale ed immateriale, di tradizione islamica nel Trapanese.

Segesta islamica simboli del sacro
Alla scoperta di Segesta islamica, i simboli del sacro: percorso della moschea

Un itinerario che condurrà a zone del parco archeologico che non fanno parte dell’abituale percorso di visita – interviene il direttore di Segesta, Luigi Biondo -, per scoprire preesistenze arabe affiorate nel corso di scavi del passato, ma mai adeguatamente valorizzate. Oggi un efficace intervento di ripulitura le ha riportate alla luce, permettendoci di leggere in maniera più approfondita le stratificazioni storiche e architettoniche, dell’insediamento antico”.

Tutto il progetto potrà contare su basi solide: prima la formazione di operatori didattici e guide turistiche che possano proporre l’itinerario; poi seminari di approfondimento per studiosi, insegnanti o appassionati, sul periodo della dominazione araba in Sicilia e sulle sue connessioni con il mondo antico.

“Segesta è una fonte inesauribile di meraviglia per il turista– spiega il direttore di CoopCulture, Letizia Casuccio -, ma il nostro compito è anche quello di riconsegnarla alla sua comunità, ai suoi giovani, ai cittadini. Per far sì che sia lo stesso territorio ad abbracciarla e farla sua. Vorremmo che ogni abitante della zona visitasse più e più volte Segesta, scoprendola diversa ogni volta”.  

Fra aprile e maggio il nuovo itinerario arriverà nelle scuole: saranno i ragazzi a raccontare questi nuovi percorsi e a promuoverli sui social. Il debutto di queste guide “atipiche” sarà nelle Giornate europee dell’archeologia (16/17/18 giugno) quando condurranno, con il supporto di archeologi e studiosi di cultura islamica, visite gratuite alla moschea e alla chiesa di San Leone nel parco di Segesta.

Tre giornate di studio – 22 aprile, 6 maggio e 17 giugno – e uno spettacolo finale

Del tutto gratuiti e aperti al pubblico, i seminari grazie a studiosi, specialisti e docenti di atenei italiani, spingeranno a riflettere sull’universo complesso della cultura islamica dal punto di vista storico, archeologico, culturale, religioso e letterario, a partire dai luoghi di culto, gli ordinamenti giuridici, la geopolitica e il pluralismo culturale e politico.

Tre gli appuntamenti, nella sala didattica: il 22 aprile, dalle 9,30 si parlerà di letteratura, paesaggio, religione con due docenti dell’Università di Palermo: Gianluca Saitta (“Le rappresentazioni del paesaggio e della natura nella poesia araba di Sicilia”) e Marco Di Donato (“Islam religione dell’occidente: teologia e violenza, sacro e profano”). La seconda giornata di studio – 6 maggio – affronterà il tema delle modalità espressive e dell’uso della voce tra preghiere islamiche e rituali cristiani d’Oriente, con altri due docenti dell’Università di Palermo, Maria Rizzuto (“Suono, parola e pratiche rituali nell’Islam”) e Girolamo Garofalo (“Voce, spazio e movimento tra Islam e Cristianesimi d’Oriente”). Dalle 15 alle 17, in collaborazione con l’Officina di Studi medievali, laboratorio di scrittura araba tenuto da Yousra Haddaoui, cultrice di Lingua e letteratura araba, docente dell’Institut Bourguiba des Langues vivantes a Tunisi. Archeologie e Corano saranno i protagonistidel terzo ed ultimo incontro, il 17 giugno, con Patrizia Spallino (“Il Corano e gli Arkan al-Islam. Testo sacro e precetti”) e Alessandra Molinari (Roma Tor Vergata) su “Musulmani e cristiani a Segesta in età normanno-sveva: monumenti, necropoli e cultura materiale”. Si chiude alle 17 con “Siqiliya – danza e poesia dalla Sicilia araba”, spettacolo dell’associazione Hathor, regia e coreografia di Helena Russo sempre in collaborazione con l’Officina di studi medievali; un viaggio nella Sicilia e nel Mediterraneo arabo-medievale, attraverso gli occhi e le parole dei viaggiatori dell’epoca. Danzano Helena Russo, Concetta Giliberto, Giovanna Mineo, Monica Planas Larrosa, Marianna Battaglia, Maria Tuttoilmondo; Vito Amato al tamburo a cornice.

PROGRAMMA

22 aprile | ore 9.30

Gianluca Saitta | Le rappresentazioni del paesaggio e della natura nella poesia araba di Sicilia”) 

Marco Di Donato | Islam religione dell’occidente: teologia e violenza, sacro e profano

6 maggio | ore 9.30

Maria Rizzuto | Suono, parola e pratiche rituali nell’Islam

Girolamo Garofalo | Voce, spazio e movimento tra Islam e Cristianesimi d’Oriente

Ore 15/17 Laboratorio di scrittura araba Yousra Haddaoui (Officina di Studi Medievali)

17 giugno | ore 9.30

Patrizia Spallino |“Il Corano e gli Arkan al-Islam. Testo sacro e precetti”

Alessandra Molinari | Musulmani e cristiani a Segesta in età normanno-sveva: monumenti, necropoli e cultura materiale

Ore 17 Spettacolo associazione Hathor

 

Testo e immagini dall’Ufficio stampa CoopCulture Sicilia

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Lustro e lusso dalla Spagna islamica. Frontiere liquide e mondi in connessione https://www.classicult.it/lustro-e-lusso-dalla-spagna-islamica-frontiere-liquide-e-mondi-in-connessione/ https://www.classicult.it/lustro-e-lusso-dalla-spagna-islamica-frontiere-liquide-e-mondi-in-connessione/?noamp=mobile#respond Tue, 31 Jan 2023 19:58:56 +0000 https://www.classicult.it/?p=187097 Lustro e lusso dalla Spagna islamica. Frontiere liquide e mondi in connessione: l'esposizione a cura di Filiz Çakır Phillip al MAO Museo d’Arte Orientale, Torino

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Lustro e lusso dalla Spagna islamica. Frontiere liquide e mondi in connessione

Esposizione a cura di Filiz Çakır Phillip

1 febbraio – 28 maggio 2023

MAO Museo d’Arte Orientale, Torino

Lustro e lusso dalla Spagna islamicaLa programmazione 2023 del MAO Museo di Arte Orientale si apre con un nuovo progetto dedicato all’arte islamica e agli esiti che, nei secoli, questa ha prodotto in Europa e nel bacino mediterraneo.

Un’esposizione puntuale che intende volgere un primo sguardo su un universo di grande complessità e bellezza: partendo dal patrimonio delle collezioni, Lustro e lusso dalla Spagna islamica. Frontiere liquide e mondi in connessione pone l’accento sul sincretismo culturale tra mondo islamico ed Europa, che trova nell’area mediterranea una sua sintesi ideale, e offre al visitatore un punto di vista inedito da cui osservare una storia secolare di trasformazioni e contaminazioni artistiche, linguistiche e di conoscenza scritta nelle trame dei tessuti e sulla superficie lucente delle ceramiche.

Mare Nostrum, Mediterraneus, Mar Bianco, Hayam Hatikhon, Grande Verde: tanti nomi per indicare un luogo di incontro, di scontro, di scambio, di battaglie e di dialogo fra popoli e culture diversi fra loro ma accomunati da una prossimità profonda.

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Il Mediterraneo ha sempre esercitato una forza d’attrazione a cui nessun popolo ha potuto sottrarsi: per lunghi secoli merci, tradizioni, invenzioni, scoperte sono nate o sono transitate da qui. Perché questo non è solo un mare e soprattutto non è solo Europa: è stato – e per certi versi è ancora – una possibilità dall’identità mutevole.

Ciò che nasce sulle sponde del Mediterraneo si contamina per prossimità e si radica per necessità, innestandosi sull’esistente e assumendo identità e forme nuove. Così è accaduto con la lingua araba, ma soprattutto con le arti figurative, in particolare con la produzione tessile e ceramica: diverse raffigurazioni e tecniche della produzione di tappeti, tessuti e vasellame, custodite come segreti preziosi nei territori del Medio Oriente e del Nord Africa, sono approdate nella penisola iberica insieme ai conquistatori, quasi un “effetto collaterale” della secolare dominazione, dando origine a una straordinaria produzione autoctona ibridata.Lustro e lusso dalla Spagna islamica

L’esposizione Lustro e lusso dalla Spagna islamica intende presentare negli spazi della Galleria del MAO dedicata all’arte dei Paesi Islamici dell’Asia una mirata selezione di opere provenienti da collezioni pubbliche e private (dall’Instituto Valencia de Don Juan di Madrid, della Fondazione Bruschettini per l’Arte Islamica e Asiatica di Genova, da Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica di Torino e dalla galleria Moshe Tabibnia di Milano), che vengono poste in dialogo con quelle presenti nelle collezioni permanenti del Museo d’Arte Orientale.

Pregiati tappeti e frammenti tessili e ceramiche ispano-moresche di provenienze diverse datati tra il X e il XVI secolo, capaci di trasportare il visitatore in territori poco esplorati, aprono diverse traiettorie di conoscenza e riflessione e mettono in evidenza la relazione tra il mondo ispanico europeo e quello islamico nel contesto del Mediterraneo.

Fra le opere esposte segnaliamo un frammento della bordura di un tappeto, datato fine XV o inizi del XVI secolo, appartenente alla Collezione Istituto “Valencia de Don Juan” di Madrid e proveniente da un esemplare del gruppo di tappeti ‘Mudejar’ a stemmi araldici, che doveva essere particolarmente splendido. Sulla sinistra si individua la fascia a fondo blu con elementi pseudo-cufici molto stilizzati che individuano dei riquadri, contenenti alternativamente un albero o un vaso fiorito affiancato da uccellini stilizzati e figure di animali, tra i quali un leone rampante, un toro ed un leprotto. In alto è visibile la raffigurazione, purtroppo tagliata nella parte superiore, di un “uomo” con il corpo rosso maculato, ricoperto di pelliccia, che tiene in una mano una specie di scudo e nell’altra, che non si vede, probabilmente una spada o una lancia, analogamente a quanto si può riscontrare in altri esemplari con la stessa scena. Nella parte destra sono invece presenti dei motivi floreali assai geometrici e stilizzati, sempre su fondo blu, disposti entro una griglia di losanghe tratteggiata in rosso.

Questo manufatto di straordinaria qualità sarà esposto solo fino al 12 febbraio.

Dalla Fondazione Bruschettini provengono invece due frammenti di un tappeto a ghirlande, risalenti all’inizio XVI secolo, che compongono una ghirlanda circolare, caratteristica del gruppo di tappeti di Alcaraz definito ‘rinascimentale’ e chiamato appunto “a ghirlande” o “coronas” in spagnolo, dal disegno molto grafico e lineare, a tre colori – il rosso del fondo, il verde degli ornamenti e il giallo che li contorna – e un capitello in marmo scolpito in rilievo del periodo omayyade (seconda metà del X secolo) ascrivibile a Cordoba, capitale di Al-Andalus. Questo raffinatissimo elemento architettonico mostra decorazioni profonde, decise e delicate, che svelano sapiente maestria nelle tecniche dell’intaglio. Le foglie d’acanto sono una reminiscenza dell’eredità artistica e tecnica della tarda antichità in combinazione con il repertorio di artisti e artigiani del califfato. Il disegno del capitello è esemplificativo della transizione degli stili decorativi che hanno portato all’estetica astratta sviluppata durante i primi periodi della presenza musulmana in Spagna.

Lustro e lusso dalla Spagna islamica

Lustro e lusso dalla Spagna islamica è curato Filiz Çakır Phillip, ricercatrice specialista in Arte Islamica, già curatrice dell’Aga Khan Museum a Toronto e membro dell’Association of Art Museum Curators & AAMC Foundation di New York.

La mostra è il primo esito di un più ampio progetto di collaborazione con la Fondazione Bruschettini e altre collezioni pubbliche e private, tra cui Palazzo Madama e la Aron Collection, che culminerà nell’ottobre 2023 con l’apertura di una grande mostra strutturata come un viaggio nel tempo dal periodo Tang (VII secolo d.C.) ai giorni nostri, un itinerario ideale dalla Cina al Mediterraneo, passando per l’Asia centrale, attraverso la lente delle relazioni, degli scambi e delle ibridazioni che hanno avuto origine da questo movimento. La mostra vuole anche gettare le basi per un consorzio di musei del Mediterraneo per avviare uno scambio di mezzi e conoscenze volto a facilitare la circolazione di opere e progetti.

Come gli altri progetti espositivi del MAO, anche Lustro e lusso dalla Spagna islamica si configura come un progetto in progress che si evolverà durante i mesi di apertura della mostra e sarà arricchito da incontri di studioconferenze e momenti performativirituali e rassegne musicali.

L’esposizione sarà accompagnata da un apparato di approfondimento visivo e testuale che prevede, fra le altre cose, la pubblicazione di un libretto dedicato – distribuito gratuitamente all’interno della mostra – con testi, fra gli altri, di Cristina Maritano, conservatrice di Palazzo Madama, e Alberto Boralevi e video in LIS realizzati in collaborazione con l’Istituto dei Sordi, per una completa accessibilità del progetto.

Lustro e lusso dalla Spagna islamica nasce da un’idea della Fondazione Bruschettini condivisa con il MAO ed è stata resa possibile grazie al contributo di Maria Paola Ruffino, conservatrice di Palazzo Madama.

L’ingresso in mostra è incluso nel biglietto delle collezioni permanenti.

 

Testo e immagini dall’Ufficio Stampa Fondazione Torino Musei

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Egitto, rinvenute a Esna monete risalenti all’Epoca d’oro islamica https://www.classicult.it/egitto-esna-monete-epoca-oro-islamica/ https://www.classicult.it/egitto-esna-monete-epoca-oro-islamica/?noamp=mobile#respond Tue, 27 Sep 2022 17:20:53 +0000 https://www.classicult.it/?p=159844 La missione archeologica condotta a Esna, in Egitto, ha restituito un cumulo di monete antiche risalenti all’Epoca d’oro islamica

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Nell’ambito della missione archeologica condotta a Esna – sulla riva occidentale del Nilo, a 55 chilometri di distanza da Luxor – dal Consiglio Supremo dell’Antichità d’Egitto è emerso un cumulo di monete antiche risalenti all’Epoca d’oro islamica, il periodo di particolare fioritura culturale, scientifica ed economica della storia dell’Islam compreso tra la metà dell’VIII secolo d.C. e il 1258, anno della presa di Baghdad da parte delle truppe mongole di Hulagu Khan, che posero fine al califfato abbaside.

egitto esna monete
Alcune delle monete dell’Epoca d’oro islamica rinvenute a Esna. Fonte: Ministero del Turismo e delle Antichità

Gli archeologi al lavoro da circa un anno in un’area non distante dal tempio egizio risalente alla XVIII dinastia e dedicato al dio Khnum, protettore delle sorgenti del Nilo, hanno rinvenuto un numero consistente di monete d’oro e d’argento coniate in secoli e periodi storici differenti, ma da una prima analisi ad ogni modo riconducibili all’Epoca d’oro islamica, tra l’VIII e il XIV secolo d.C.

Fonte: Ministero del Turismo e delle Antichità

Un tesoro estremamente composito che ha restituito, tra gli altri, un dinaro d’oro risalente all’età dei Fatimidi e del califfo Al-Aziz Billah, ma anche un dinaro d’argento riconducibile al regno del sultano Badr al-Din Salamish e un mezzo dinaro dell’epoca di Sayf al-Dīn Qalāwūn al-Alfi al-Manṣūr, oltre a 286 monete d’argento facenti riferimento a 19 diversi regnanti del sultanato mamelucco.

Fonte: Ministero del Turismo e delle Antichità

Presenti all’interno del cumulo anche monete provenienti dall’Armenia raffiguranti re Leone II, il cui regno si attesta negli anni compresi tra il 1269 e il 1289, come anche monete di bronzo e rame coniate negli anni dell’Impero ottomano.

egitto esna monete
Fonte: Ministero del Turismo e delle Antichità

Monete a parte, la scoperta dell’équipe di archeologi attivi nel sito di Esna comprende anche parti di stampi e pesi per la monetazione.

Ad annunciare la scoperta è il dottor Mustafa Waziri, segretario generale del Consiglio Supremo dell’Antichità, che ha posto l’accento sull’importanza di uno straordinario ritrovamento in un’area, quella di Esna, che gli studiosi continueranno a indagare per valutare un’eventuale presenza di una zecca nelle immediate vicinanze della città e individuare le motivazioni che hanno determinato il deposito e il successivo ritrovamento di una simile collezione.

egitto esna monete
Fonte: Ministero del Turismo e delle Antichità

Materiali e foto: Ministero del Turismo e delle Antichità

Fonti: Heritage Daily, Daily News Egypt, Middle East National News

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Laura Carnevale, Obbedienza di Abramo e sacrificio di Isacco https://www.classicult.it/laura-carnevale-obbedienza-di-abramo-e-sacrificio-di-isacco/ https://www.classicult.it/laura-carnevale-obbedienza-di-abramo-e-sacrificio-di-isacco/?noamp=mobile#respond Thu, 05 Aug 2021 19:00:21 +0000 https://www.classicult.it/?p=119767 Il saggio di Laura Carnevale, Obbedienza di Abramo e sacrificio di Isacco. La ricezione di un racconto violento tra giudaismo e cristianesimo antico, Il pozzo di Giacobbe (Oi Christianoi 31), Trapani 2020

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Recensione a cura di Laura Martorana

Laura Carnevale, Obbedienza di Abramo e sacrificio di Isacco. La ricezione di un racconto violento tra giudaismo e cristianesimo antico, Il pozzo di Giacobbe (Oi Christianoi 31), Trapani 2020, pp. 192.

Questo volume offre un approccio scientifico-analitico utile a chiunque abbia interesse a studiare l’episodio di Genesi 22 dal punto di vista documentario, filologico e storico. L’Autrice si propone di dipanare i fili che legano i personaggi del padre Abramo e del figlio Isacco, e le loro storie, partendo da due principi: l’obbedienza di un uomo – il patriarca delle religioni cosiddette abramitiche (giudaismo, cristianesimo e islam) – al Dio che gli ha promesso una progenie benedetta e numerosa; la violenza che accompagna l’ottemperanza alla prova, il sacrificio del primogenito Isacco – voluto dallo stesso Dio benefattore – che si configura quale capovolgimento parossistico della promessa fatta in precedenza al padre.

Laura Carnevale Obbedienza di Abramo sacrificio di Isacco
La copertina del saggio di Laura Carnevale, Obbedienza di Abramo e sacrificio di Isacco. La ricezione di un racconto violento tra giudaismo e cristianesimo antico, Il pozzo di Giacobbe (Oi Christianoi 31), Trapani 2020

Lo stile chiaro e lineare accompagna il lettore verso la ricerca di un senso e di una interpretazione della storia del sacrificio di Isacco, in termini non solo teologici, ma anche storici, attraverso l’analisi della sua ricezione nel giudaismo e nella esegesi cristiana, ma anche attraverso la ricerca topografica dei luoghi del racconto e il valore che essi assumono per ebrei, cristiani e musulmani. L’autrice, inoltre, non manca di considerare quanto il forte impianto mitopoietico dell’episodio abbia avuto “fortuna” nella cultura occidentale moderna e contemporanea: le arti figurative, drammatiche e cinematografiche, infatti, hanno attinto al racconto genesiaco che, nel tempo, è stato interpretato in termini valoriali, religiosi e politici nuovi e squisitamente moderni. In ogni luogo e in ogni tempo è stata percepita con forza la dicotomia tra la cieca e fedele abnegazione di un padre e l’orrore e la tragedia dell’immolazione ingiustificata di un figlio innocente1, non di rado richiamati quale metafora orrorifica delle grandi tragedie belliche della Postmodernità.

Matthias Stomer, Sacrificio di Isacco, Musée Fesch. Foto di Francesco Bini, CC BY 3.0

La storia del patriarca ha inizio con la chiamata di Dio, che gli promette una nuova terra e una florida discendenza. L’anziano Abràm (questo il suo nome all’inizio) parte da Ur dei Caldei, con la moglie Sarai e i servi al seguito, e raggiunge la Terra di Canaan, ove si insedia e dove erige un altare al Signore (Gen 12,1-9). Segue una serie di vicissitudini, che raccontano anche la non facile relazione con i popoli limitrofi ma, anche, l’autorizzazione divina ad abitare il territorio di Canaan, avallata dalle benedizioni, dalle alleanze, dai riconoscimenti rivolti al patriarca dai capi delle popolazioni vicine (Gen 14,1-28; 18,16-33; 21,22-34). Dopo la nascita di Ismaele (effettivamente il primogenito figlio di Abramo), avuto da Agar, la serva di Sarai (Gen 16,1-16), Dio si ripresenta al patriarca e con lui stringe un patto. Abràm è rinominato Abramo, cioè “padre di una moltitudine di popoli”; viene stabilita la pratica della circoncisione; Sarai, il cui nome è sostituito in Sara, viene allietata dalla notizia di una gravidanza (Gen 17,1-27). La donna, però, vecchia e sterile, non crede alle parole dei tre uomini alle querce di Mamre, e la loro promessa le suscita il ben noto scoppio di risa (Gen 18,1-15). Quando Sara diventa madre di Isacco (Gen 21,1-7), avendo dato al patriarca il figlio promesso dal quale sarebbe stata generata la discendenza di Abramo, viene deciso l’allontanamento di Ismaele, il figlio illegittimo, e di sua madre Agar nel deserto (Gen 21,8-21). Passati pochi anni, il Signore vuole mettere alla prova Abramo e gli ordina il terribile sacrificio. Il patriarca obbedisce e organizza il viaggio verso la terra che Dio gli ha indicato come sede dell’offerta. Proprio nel momento in cui il coltello sta per ferire la carne di Isacco, un Angelo del Signore si manifesta e impedisce lo svolgimento dell’azione sacrificale. Abramo, allora, sostituisce la vittima umana con un ariete che, miracolosamente, si trova impigliato con le corna in un cespuglio lì vicino. Il Signore benedice Abramo e la sua progenie, per essersi dimostrato degno di una prova così ardua. Il patriarca, allora, compiuto il sacrificio sostitutivo, ritorna a Bersabea, dopo aver rinominato il luogo dove si è svolto il rituale “Dio vede” (Gen 22,1-19).

Genesi 22 si configura quale testo estremamente stratificato e complesso. Come osservato dalla Autrice, è necessario affidarsi ad una analisi filologica del racconto per cercare di risalire (almeno in parte) al carattere originario dell’episodio biblico e alla sua storia compositiva.

Giuseppe Vermiglio, Sacrificio di Isacco, Palazzo Bianco o Palazzo Doria Brignole – Musei di Strada Nuova. Foto di Matteo Bimonte, CC BY-SA 3.0

Il corpus genesiaco potrebbe essere stato messo per iscritto intorno al VII secolo a.C., tuttavia bisogna considerare che, sino a tale data, la maggioranza delle narrazioni in esso comprese è stata non solo soggetta a modifiche, ma anche a influenze culturali molteplici. Alle origini, la narrazione poteva essere una eziologia del passaggio dal sacrificio umano a quello animale, coincidente con il motivo antropologico della pratica dei sacrifici vicari (chiaramente in questo racconto delle origini non figuravano il nome di Abramo né quello di Isacco, mentre era presente, come è ovvio, il riferimento ad una divinità): si trattava di un racconto di probabili origini pre-israelitiche considerato che Israele conosceva la pratica del sacrificio umano, ma anche quella del sacrificio animale, dal contatto con le popolazioni limitrofe. In aggiunta a questo motivo, si ravvisa altresì un altro carattere, di tipo eziologico-cultuale, legato al racconto di un pellegrinaggio verso un luogo sacro: il luogo che fa da sfondo alla vicenda del sacrificio di Isacco sarebbe stato, infatti, un’area cultuale sin dalle origini, ancor prima di assumere un significato e un valore, anche topografico, per i culti abramitici2.

Alla fine del primo capitolo, l’Autrice si sofferma a distinguere due tipologie differenti di “sacrificio del figlio”: l’una riscontrabile nel mondo classico greco-romano, l’altra rappresentata dalla vicenda di Genesi 22. La grande diversità tra Agamennone e Abramo, ad esempio, sta nello scopo del rituale sacrificale: il capo degli Achei, infatti, decide di sacrificare Ifigenia per riconquistare il favore degli dèi nella guerra contro Troia. Il suo è un sacrificio in funzione del risanamento di una crisi che si abbatte sulla collettività, sulla fazione dei Greci, e ne determina la sfortuna militare e l’essere invisi agli dèi. Ifigenia è il pharmakos, il capro espiatorio attraverso cui sbarazzarsi della sfortuna che agisce nella storia. Sebbene i toni tragici e violenti dei due racconti si equivalgano, nell’episodio genesiaco Abramo è chiamato a rispondere a tutt’altra esigenza: egli non deve scongiurare, attraverso il sacrificio del suo unico figlio, l’abbattersi di una calamità in grado di mettere a rischio la vita della propria comunità, né può sfuggire all’ordine che gli è imposto. Ed è proprio la mancata realizzazione del sacrificio del figlio e il suo rovesciamento in sacrificio vicario, che dimostra il valore della prova del patriarca: una fede incrollabile e reverenziale in Dio.

Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, Sacrificio di Isacco. Immagine The Yorck Project (2002) 10.000 Meisterwerke der Malerei (DVD-ROM), distributed by DIRECTMEDIA Publishing GmbH. ISBN3936122202 [1], in pubblico dominio

La peculiarità del profilo del personaggio Abramo sta nell’espressione “Dio mise alla prova” (Gen 22,1), collocata nella cornice del racconto genesiaco che funge da motore dell’azione. È su questa espressione e sui presupposti della prova che viene a costruirsi la ricerca teologico-documentaria di provenienza pre-rabbinica, rabbinica e cristiana.

I capitoli secondo e terzo del volume, infatti, delineano la storia della ricezione di Genesi 22 nella esegesi giudaica e cristiana. Nel giudaismo del Secondo Tempio il sacrificio di Isacco assume già un valore salvifico ed espiatorio, che si intensifica progressivamente a seguito della distruzione del Tempio di Gerusalemme, nel 70 d.C. Estrema attenzione è data, infatti, al motivo della prova di Abramo ma anche al personaggio di Isacco, fortemente legati al motivo della salvezza e della redenzione del popolo ebraico. Nel IV Libro dei Maccabei, ad esempio, è fornita una interpretazione martiriologica della vicenda di Abramo e Isacco, che giustifica il gesto sacrificale in senso soteriologico. Nel Libro dei Giubilei il racconto biblico è contestualizzato al momento della Pasqua ebraica; tale ambientazione verrà ripresa nella interpretazione di Genesi 22 del giudaismo rabbinico, in funzione fortemente anticristiana: in seguito, a partire dal principio dell’Era Volgare, mentre si ponevano le basi per fare di Isacco figura Christi della confessione cristiana, l’esegesi giudaica avvalora il racconto genesiaco collegandolo al tema della redenzione del popolo di Israele (si pensi all’interpretazione che del sacrificio di Isacco compie Flavio Giuseppe, per il quale il figlio di Abramo è un giovane uomo e, di conseguenza, responsabile e consapevole dell’azione sacrificale subita – esattamente come il padre lo è di quella inflitta).

Il carattere soteriologico di Genesi 22 assume, nella esegesi protocristiana e cristiana, un significato cristologico: serve a spiegare la morte di Gesù come sacrificio di redenzione dell’umanità. Già Paolo, ad esempio, che utilizza palesemente questo episodio per fondare la sua teologia, pur senza citarlo, spiega l’obbedienza del Figlio alla volontà del Padre, nonché l’obbedienza e la fede del credente, attraverso il racconto della ‘aqedah.

Filippo Brunelleschi, sacrificio di Isacco, formella per il concorso delle porte del Battistero di Firenze (1401), Museo del Bargello. Foto di Francesco Bini, CC BY 2.5

Abramo è, dunque, ancora una volta exemplum fidei, ma quale è l’interpretazione del personaggio di Isacco? Melitone ravvede in Isacco l’archetipo di Cristo: entrambi accettano volontariamente il sacrificio. Tertulliano – che considera l’impresa di Abramo non come una tentazione, né come una messa alla prova, ma piuttosto una dimostrazione di fede – associa Isacco (anche per l’autore consapevole del proprio destino di vittima sacrificale) a Cristo e si sofferma sull’analogia tra le corna dell’ariete e i bracci della croce. Origene, poi, considera Abramo alla stregua di un profeta, in grado di prefigurare la salvezza di suo figlio, e capostipite della stirpe da cui sarebbe nato Cristo. Isacco, per Origene, è vittima e sacerdote (assieme al padre) del sacrificio, consapevole e responsabilmente attivo della propria immolazione.

Il quarto capitolo si concentra sul fenomeno della sacralizzazione dei luoghi di Genesi 22, legata alla necessità di contestualizzare e avvicinare al lettore-fedele gli exempla e i loci della letteratura scritturistica. Il giudaismo riconduce il luogo in cui è ambientata la vicenda del sacrificio di Isacco al monte Moria in Gerusalemme, su cui è stato edificato il Tempio. La tradizione cristiana associa tale promontorio al Calvario, avvalendosi ancora una volta di una interpretazione cristologica della vicenda di Genesi 22. L’islam, che pure guarda ad Abramo nel ruolo di patriarca e prefigurazione del musulmano ideale, assimila l’episodio genesiaco modificandone uno dei protagonisti rispetto a giudaismo e cristianesimo antico: il figlio del sacrificio è Ismaele, avuto dalla schiava Agar, considerato il capostipite del popolo arabo, mentre il teatro del sacrificio del primogenito coincide con il luogo santo della Mecca.

Una serie di osservazioni, nel volume, si concentra in modo esclusivo intorno al correlativo ariete-figlio-cespuglio, particolarmente fortunato non solo per l’interpretazione che ne dà il primo cristianesimo, ma anche per l’interpretazione rabbinica. Se per le tradizioni giudaiche l’ariete, con cui si sostituisce Isacco, assume un valore e un carattere espiatorio e, a seconda delle tradizioni, è associato alla festa di Pesach o di Yom Kippur (mentre il cespuglio è raffigurato e descritto come un albero, tra i cui rami ab origine si sarebbe trovato l’ariete, generato dalla Creazione), per il cristianesimo la sostituzione del figlio con l’ariete spiega il segreto della incarnazione e il cespuglio è prefigurazione della croce. Un problema fondamentale affiora inoltre, come abbiamo visto, in relazione alla cultura coranica: la legittimità e l’identità del figlio. Questa è una questione che lega visceralmente le religioni abramitiche: del sacrificio di quale figlio Dio mette alla prova Abramo? Per la cultura giudaico-cristiana è Isacco, per quella coranica il figlio del sacrificio è Ismaele3.

Per concludere, come evidenziato nel titolo, un aspetto fondamentale da considerare dell’episodio biblico – che non scarso interesse ha raccolto soprattutto in età contemporanea – è la sua tensione violenta e tragica. Come si coniuga la violenza dell’episodio con la sua funzione sacrale? Se, ab origine, le tendenze aggressive e violente sono alla base del comportamento umano, per istinto di sopravvivenza o predisposizione biologica del sapiens nel momento in cui assume la posizione eretta (si pensi alle riflessioni sull’homo necans di Walter Burkert), ugualmente primigeni sono i tentativi, da parte dell’uomo, di ricondurre e convertire in ordine di senso il caos della violenza originale, attraverso la creazione di eventi violenti “controllati” mediante i quali eliminare catarticamente le pulsioni primordiali. È questo, secondo alcuni studiosi, la principale funzione del sacro ed è a questa funzione che assolve in ogni luogo e in ogni tempo, mutatis mutandis, il rituale sacrificale4.

Carnevale Abramo Isacco
Rembrandt, Sacrificio di Isacco. Immagine The Yorck Project (2002) 10.000 Meisterwerke der Malerei (DVD-ROM), distributed by DIRECTMEDIA Publishing GmbH. ISBN3936122202 [1] in pubblico dominio

1 L’uomo moderno e contemporaneo, tenendo bene a mente i caratteri teologici e allegorici della ’aqedah, si sofferma spesso sul tema della messa a morte di un innocente, rivalutandone il precipuo carattere violento e terrorizzante. Pensando alla drammaturgia, ad esempio, Laura Carnevale richiama l’opera teatrale in tre atti di Ermanno Bencivenga, intitolata Abramo, un dramma in cui le aspirazioni al successo di padre Abramo si scontano contro un destino di solitudine e morte, legato all’atto violento e ingiustificato di un sacrificio compiuto e compreso solo in termini redditizi. A mio parere, nell’opera di Bencivenga il sacrificio di Isacco sottende in Abramo un ragionamento economico e capitalista ante litteram: il padre immola il proprio figlio credendo di ottemperare alla volontà del proprio Signore (si scopre solo in seguito che il patriarca è stato ingannato da tre impostori) aspirando, però, ad ottenere benefici e fortune smisurate al termine di tale prova. Alla logica del guadagno si accompagna una sorta di sindrome di Münchhausen che Abramo ammette solo alla fine del dramma: la paura che Isacco, risuscitato nell’ultimo atto, possa prendere il posto del padre non solo come capo della comunità, ma anche agli occhi di Dio. Cfr. E. BENCIVENGA, Abramo. Tragedia in tre atti, Nino Aragno Editore, Torino 2013. Un altro esempio menzionato nel volume è la mostra interattiva, inaugurata al Museo Ebraico di Berlino, di Peter Greenaway e Saskia Boddeke, intitolata Gehorsam: die Geschichte von Abraham, Isaak und Ismael, intesa a ripercorrere in chiave storica e attualizzante, passando in rassegna la ricezione del sacrificio di Isacco nelle religioni abramitiche, lo sviluppo del dramma umano di Abramo e Isacco (ma anche di Ismaele), ipostasi delle sofferenze di troppi padri e figli del mondo moderno segnato da guerre, tragedie e sacrifici inferti, richiesti e subìti. Per quanto concerne invece l’arte figurativa, tra i tanti esempi di riproduzione dell’episodio genesiaco (Brunelleschi, Rembrandt) desidero qui segnalare due dipinti del Caravaggio. Si tratta di due opere (una realizzata nel 1598, l’altra nel 1603) che rappresentano due facies diverse del racconto biblico: nella prima, i colori luminosi, la luce frontale, un’atmosfera di permissiva religiosità, restituiscono l’immagine pacificata di una offerta consenziente e rassicurante; nella seconda, il taglio obliquo della luce, la smorfia di paura e di dolore sul volto del giovane uomo Isacco, il braccio muscoloso dell’Angelo che blocca il polso del vecchio Abramo, il movimento laterale, quasi repentino (di certo meno statico e plastico di quanto appare nel dipinto precedente) su cui è costruita l’intera immagine, contribuiscono a rappresentare un’idea sofferta e sofferente dell’episodio genesiaco, intrisa di umanità e violenza.

2 Secondo l’analisi di Rudolf Kilian, Genesi 22 celerebbe almeno tre distinti motivi narrativi: il motivo eziologico del riscatto, espresso mediante la linearità della trama dell’episodio: un padre, per onorare la divinità, deve immolare suo figlio che, per magnanimità del dio, viene sostituito da un animale; il motivo del pellegrinaggio, che si compenetra con quello del riscatto ma, se analizzato distintamente, assolve quasi una funzione odeporica, descrivendo l’itinerario che un fedele compie per rendere un omaggio cultuale alla divinità; un motivo etimologico, che risponde alla eziologia legata al luogo di culto riportato nel testo: «Il Signore vede». Quest’ultimo motivo si spiega anche con una serie di trasformazioni legate al personaggio del padre che, essendo una figura dal profilo indistinto nelle prime fasi del racconto, quando esso viene inglobato nelle tradizioni israelitiche verrà identificato con Abramo. Questo avviene però solo in un secondo momento quando un redattore successivo identifica definitivamente le figure di Abramo e di Isacco nella cornice narrativa, anche legando la sede del sacrificio delle origini a quello del monte del Tempio di Gerusalemme. Cfr. R. KILIAN, Il sacrificio di Isacco, Paideia (Studi Biblici), Brescia 1976.

3 «Il caso del sacrificio di Isacco/Ismaele è una dimostrazione di come giudaismo, cristianesimo e islam, pur mantenendo la propria autonomia sul piano teologico, appaiano profondamente interdipendenti per quanto attiene le capacità di attingere a un comune giacimento culturale costituito da figure, luoghi ed eventi considerati fondanti nei testi sacri di riferimento e nelle tradizioni da essi generate»: in L. CARNEVALE, Obbedienza di Abramo e sacrificio di Isacco, cit., p. 158.

4 Per approfondire cfr. W. BURKERT, Homo necans. Antropologia del sacrificio cruento nella Grecia antica, Boringhieri, Torino 1981; R. GIRARD, La violenza e il sacro, Adelphi, Milano 1992; C. GROTTANELLI, Il sacrificio, Laterza, Roma-Bari, 1999.

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L’ospite indesiderato: il non esistente secondo Avicenna https://www.classicult.it/non-esistente-avicenna-libro-della-guarigione/ https://www.classicult.it/non-esistente-avicenna-libro-della-guarigione/?noamp=mobile#respond Mon, 31 May 2021 21:19:06 +0000 https://www.classicult.it/?p=117096 Avicenna, autore del Libro della Guarigione, tenta di delineare la questione del nulla assoluto attraverso l’analisi semantica di alcune parole e la confutazione di teorie

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L’ospite indesiderato: il non esistente secondo Avicenna – Libro della Guarigione

All’ingresso sistematico del nulla assoluto nel discorso filosofico ha contribuito certamente la dottrina creazionista, secondo cui Dio ha creato il mondo «a partire dal nulla». Per l’impianto scientifico aristotelico, che non contemplava il vuoto, il niente si è sempre configurato come un ospite indesiderato. Molti pensatori, stretti fra istanze religiose e filosofiche, hanno dovuto provvedere all’accoglienza di questo visitatore indiscreto.

Tra questi c’è Avicenna, autore del Libro della Guarigione, che tenta di delineare la questione del nulla assoluto attraverso l’analisi semantica di alcune parole e la confutazione di teorie erronee riguardanti l’argomento. Per trattare del non esistente occorre occuparsi, in prima istanza, dell’esistente e della cosa. Si tratta di termini il cui significato è evidente e che, dunque, non necessitano di essere conosciuti attraverso una definizione.

Avicenna Libro della Guarigione non esistente
Ritratto di Avicenna da un vaso in argento presso il Museo del Mausoleo di Avicenna, Hamadan. Foto Flickr di Adam Jones, CC BY 2.0

Le asserzioni riguardanti l’esistente e la cosa hanno, al massimo, una funzione rammemorativa, cioè richiamano alla memoria nozioni già presenti nell’anima (Avicenna, Libro della Guarigione, I, 5, § 2.1). Per chiarire, per quanto possibile, il contenuto di questi concetti, Avicenna ricorre alla distinzione tra esistenza ed essenza. L’esistente è ciò che è realizzato, cioè l’esistenza concreta nella realtà extra mentale; la cosa è ciò che rende qualcosa ciò che è, cioè l’essenza della specie a cui appartiene (Avicenna, Libro della Guarigione, I, 5, § 2.2; § 2.2.1). Facciamo un esempio. Il Socrate-esistente è l’individuo storico, vissuto ad Atene; il Socrate-cosa è l’essenza della specie a cui è appartenuto, cioè, aristotelicamente, un animale razionale. Concluso l’esame terminologico, inizia la trattazione della questione del nulla assoluto.

Raffaello Sanzio, La Scuola di Atene; al centro Platone e Aristotele. Affresco (1509-1511 circa), Musei Vaticani. Foto di Rafael in pubblico dominio

La prima tesi confutata è quella della scuola teologica Mu’tazilita, secondo cui la cosa talvolta è assolutamente non esistente. Da questo asserto possiamo trarre due conclusioni: in primis, la possibilità della non esistenza assoluta della cosa e, in secundis, la possibilità che la non esistenza assoluta sia oggetto di enunciazione. La prima, secondo Avicenna, è falsa, perché una cosa può non esistere in un oggetto concreto ma non può non esistere nemmeno nella mente. Se non esistesse nemmeno nella mente, non sarebbe nemmeno oggetto di enunciazione. Quindi la cosa può non esistere in senso relativo, perché può non esistere nel mondo esterno, ma non in senso assoluto, come vorrebbero i Mu’taziliti (Avicenna, Libro della Guarigione, I, 5, § 3.1). Per intenderci, il Socrate-cosa, cioè la sua essenza, ovvero il suo essere un animale razionale, può non possedere un’esistenza concreta – infatti nel 2021 Socrate non circola per le strade delle nostre città – ma deve possedere un’esistenza mentale.

Se non la possedesse, non potremmo nemmeno scriverne in questo momento. La seconda conclusione è altrettanto falsa, come potremmo già intuire, perché, dato il rapporto indissolubile tra enunciazione ed esistenza mentale, affermare che la non esistenza assoluta è oggetto di enunciazione è contraddittorio. Sia dire ciò che il nulla assoluto è, sia dire ciò che esso non è, presuppone una serie di designazioni, cioè di esistenze mentali che negano la non esistenza assoluta (Avicenna, Libro della Guarigione, I, 5, § 3.2; 3.2.1). Se dicessimo: «il nulla assoluto è Socrate» oppure «il nulla assoluto non è Socrate», l’atto stesso di attribuire o non attribuire qualcosa al nulla assoluto sarebbe in contrasto con la sua natura. Esso, inoltre, non è nemmeno oggetto di una conoscenza vera e propria.

La conoscenza ha una natura predicativa, cioè avviene attraverso l’uso di proposizioni in cui il soggetto e il predicato si uniscono. Affinché si verifichi questa liaison, è necessario, però, che la cosa conosciuta abbia una relazione comprensibile con il mondo esterno. Non è il caso del nulla assoluto, che non ha alcun legame del genere con la realtà extra-mentale. Di ciò che non esiste assolutamente possiamo solo riconoscere il fatto che non esiste. Nulla di più (Avicenna, Libro della Guarigione, I, 5, § 3.3). In poche parole, i concetti di cosa, enunciazione e conoscenza sottintendono una qualche esistenza, dunque sono in contraddizione con il non esistente assoluto.

Avicenna critica anche la dottrina Mu’tazilita della resurrezione dei corpi secondo cui qualcosa che ha cessato di essere viene riportato all’esistenza, data la priorità del non esistente rispetto all’esistente. Il nucleo della confutazione è lo stesso: qualunque cosa che implichi l’esistenza del nulla assoluto è da considerarsi assurda, pertanto lo è anche la resurrezione dei corpi (Avicenna, Libro della Guarigione, I, 5, § 7).

 

Riferimenti bibliografici

Avicenna, Libro della Guarigione, a cura di Amos Bertolacci, UTET, Torino 2015.

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Cantar de mio Cid, dal poema epico alle tensioni storico culturali https://www.classicult.it/cantar-de-mio-cid-poema-epico/ https://www.classicult.it/cantar-de-mio-cid-poema-epico/?noamp=mobile#respond Thu, 30 Jul 2020 19:26:41 +0000 https://www.classicult.it/?p=101956 Il Cantar de mio Cid è il poema epico che funge da "cronicas storico-poetica" del grande palcoscenico culturale medievale della penisola iberica

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Il Cantar de mio Cid è il primo, cronologicamente, e il migliore dei poemi della produzione epica iberica. Molti degli altri elaborati componimenti sono andati perduti, ma sappiamo di certo grazie alle cronicas storiche che esistettero altri cantari, usati come fonti per la registrazione di eventi storici. Il Cid è una forma di epos biografico, nato a livello embrionale dalle recitazioni orali di giullari e poeti erranti, che narra l’epopea di Don Rodrigo Díaz de Vivar il quale venne ingiustamente accusato di sottrarre i tributi al suo re Alfonso VI e punito con l’esilio.

Cantare del Cid
La copertina del Cantare del Cid, pubblicato da Garzanti i grandi libri, con testo a fronte e introduzione, traduzione e note di Andrea Baldissera

Il Cid (probabilmente il suo nome deriva da un dialetto arabo andaluso che significa “signore”), è un cavaliere atipico animato da due immense forze vitali: l’orgoglio cavalleresco (fedeltà al sovrano) e la pietas cristiana. Non stupiscono queste considerazioni, pochi sono i nobili cavalieri che restano fedeli al proprio sovrano anche dopo accuse ingiuste. Il Cid è un prototipo di eroe completamente diverso da quelli dei cicli francesi, la primitiva forza impulsiva è domata dalla razionalità e dalla fede, il condottiero spagnolo non si lascia prendere dagli impulsi bensì ragiona e medita tutte le sue azioni e scelte.

Cantar de mio Cid
Cantar de mio Cid, f. 1r. Foto in pubblico dominio

 Preferisco soffermarmi sul retroterra storico-culturale del Cantar de mio Cid. Nel 711 gli Arabi guidati dal capo berbero Ṭāriq ibn Ziyād al-Laythī, conosciuto in Spagna come Taric el Tuerto (il Guercio), approdò sulle coste spagnole, dopo aver oltrepassato il breve braccio di mare che in suo onore prese il nome di Gibilterra (Gabal Tariq) e fagocitò in breve tempo il regno dei Visigoti, già indeboliti da conflitti dinastici, con i successi ottenuti sulle sponde del Rio Barbate, dove annientò l’esercito nemico.

 

Cartina degli sbarchi degli Arabi. Immagine opera di Bonas, CC BY-SA 3.0

Una volta assoggettata gran parte della Spagna, gli Arabi iniziarono a chiamare questa terra “Al-Andalus”. Secondo Marco di Branco è erroneo ricercare l’etimologia del nome dell’Andalusia con il nome di Vandalicia (denominazione dei Vandali data alla Spagna Betica) ma in un termine visigotico che definiva la Spagna. Dal gotico ricaviamo l’espressione “landahlauts” traslitterata poi in arabo in Andalus, poi preceduta dall’articolo determinativo al-.

Soltanto una striscia di terra a settentrione della penisola iberica rimase in mano ai cristiani, per tre secoli la Spagna sarà governata dal florido califfato ommayade di Cordova, fino a quando nella prima metà dell’XI secolo venne meno l’unità amministrativa favorendo la nascita di piccole unità territoriali, regni minori chiamati taifas, dal termine arabo che corrisponde a fazioni. Lo smembramento del califfato ommayade getterà le fondamenta per la Reconquista cristiana della Penisola Iberica, processo che si concluse dopo quasi 5 secoli nel 1492.

Cantar de mio Cid
Francisco Pradilla Ortiz, Resa di Granada. Immagine in pubblico dominio

Questo sfaccettato panorama storico, arricchito dalla presenza di forti nuclei di tutte le popolazioni “abramitiche”, ebrei, cristiani, musulmani, porterà alla nascita della fervida cultura iberica.

I gruppi si mescolano o convivono, secondo diversi gradi di tolleranza: dai mozàrabes (cristiani che vivono sotto il dominio musulmano, mantenendo la propria fede) ai mudéjares (al contrario, musulmani che possono sotto un dominio cristiano) sino ai diversi tipi di convertiti (conversos dall’ebraismo o dall’Islam; muladìes, dal cristianesimo all’Islam), che spesso mantenevano occultamente la propria religione (come i marranos ebrei).

Corano andaluso. Foto in pubblico dominio

Quel che mi preme sottolineare, parlando del Cid, è che il poema non cerca di mitizzare o di abbondare con gli stereotipi. I nemici degli spagnoli non sono selvaggi invasori che vengono da terre barbare ma sono visti come dei loro pari, anzi c’è una profonda invidia o solenne rispetto per il nemico musulmano. Il Cid tratta i mori senza enfasi religiosa o non animato da qualche spirito crociato sanguinario, anzi a volte sono gli avversari della stessa religione che incorrono nella sua ira.

Gli arabi, al contrario delle chansons, non sono strumentalizzati per arricchire di elementi pittoreschi la narrazione, essi sono il nemico reale e storico della cultura spagnola del tempo. Molto più interessante è l’antisemitismo del protagonista, gli ebrei sono sempre descritti con i soliti stilemi degli avari, dei viscidi cospiratori e dei bugiardi; e tutto ciò si riscontrerà nelle tensioni storico-politiche che sfoceranno nel 1492 con l’esilio coatto delle popolazioni sefardite e ashkenazite (tribù ebraiche).

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Volubilis, il volto antico del Marocco https://www.classicult.it/volubilis-il-volto-antico-del-marocco/ https://www.classicult.it/volubilis-il-volto-antico-del-marocco/?noamp=mobile#comments Sat, 18 Apr 2020 08:09:34 +0000 https://www.classicult.it/?p=94458 Volubilis, cittadina descritta da Plinio il Vecchio come colei che è “alla stessa distanza dai due mari”, facendo naturalmente riferimento al Mediterraneo e all'Oceano Atlantico

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Sulle dolci pendici del massiccio dello Zerhoun, a soli 3 km di distanza da Moulay Idriss, uno dei centri spirituali più noti, il Marocco svela parte più antica del suo volto, in cima ad un pianoro silenzioso, circondato da ulivi e oleandri.

Probabilmente è proprio dal nome berbero Oualili, oleandro, che deriva il nome di Volubilis, cittadina descritta da Plinio il Vecchio come colei che è “alla stessa distanza dai due mari”, facendo naturalmente riferimento al Mediterraneo e all’Oceano Atlantico, e sito di grande importanza per il paese che ancora oggi è definito “l’estremo Occidente dell’Oriente”.

Non esistono mezzi pubblici per raggiungere lo straordinario sito archeologico, né da Meknes, né dalla altrettanto vicina Fès, la città imperiale che con la sua fondazione, nell’anno 808 d.C. decretò la fine di Volubilis, ma soltanto una lenta e stretta via tutta curve, da percorrere ascoltando il silenzio del vento e il frusciare degli ulivi.

Territorio già organizzato secondo un impianto di impronta punico-ellenistica, Volubilis era probabilmente già cinta da mura a partire dal III sec. a.C. e già si presentava come luogo di convivenza fra genti diverse, presentando la coesistenza di un tempio di tradizione africana locale, accanto a due templi più vicini alla tradizione classica mediterranea. Incerto è ad ogni modo l’inquadramento della Mauretania nel suo percorso di lenta e difficile romanizzazione: il governatore scelto da Augusto, Giuba II fu il primo a cimentarsi nell’arduo compito di imporre un potere di tipo monarchico alla popolazione ribelle per eccellenza, quella dei Berberi.

La storia della Mauritania è difatti costellata da tumulti, rivolte e da un sempre debole imporsi del potere imperiale. Note e testimoniate solo le vicende rivoltose anti-romane sotto Caligola, Claudio, Marco Aurelio. Per una fase di maggiore tranquillità e rinnovamento bisogna attendere l’età dei Severi, celebrata dal noto arco di trionfo che ancora oggi si impone sul pianoro, importante simbolo del condono dei tributi fino ad allora imposti e della nuova concessione di cittadinanza romana agli abitanti. Questi ultimi erano eterogenei come in pochi altri centri del nord Africa: un melting pot in cui, finalmente, convivevano in pace autoctoni, romani, galli e genti orientali.

Volubilis
Arco di Caracalla, lato orientale. Foto di Jessica Lombardo

Non sono ad oggi chiari i motivi per cui a partire dal 285 d.C., con l’ascesa al potere di Diocleziano, venne abbandonata la parte meridionale della provincia, e dunque anche Volubilis, da parte dei funzionari amministrativi e dell’esercito di Roma: gli abitanti rimasti si spostarono verso occidente creando un nuovo quartiere e trasformando l’area dell’arco in zona adibita a necropoli. Qui diverse iscrizioni cristiane databili tra il 599 e il 655 d.C. testimoniano una parentesi cristiana prima dell’arrivo di Idriss I, della fondazione di Fès (prima città imperiale) e della conseguente islamizzazione del Marocco.

La memoria di ciò che fu Volubilis in antichità però non andò mai perduta. Gli scavi archeologici iniziarono sistematicamente nel 1915 , l’anno in cui fu creato il Service des Antiquités du Maroc e ancora proseguono ai giorni nostri. Dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 1997 il sito oggi presenta con evidenza due distinte aree di interesse: un quartiere settentrionale e uno meridionale.

Quest’ultimo fu il primo in ordine cronologico ad essere interessato dalle prime edificazioni romane del I sec. d.C.: tra queste le terme del capitolium e un primo grande tempio a quattro celle. Rimaneggiate alla fine del II sec. le piccole terme di Volubilis coprivano una superficie limitata a soli 460mq, ma erano composte da due vestiboli a L, un frigidarium, una piscina centrale e ben due sale riscaldate rivolte a sud-ovest. Il lato meridionale del foro vedeva innalzarsi la tribuna degli oratori, con dedica alla Concordia, in nome di una auspicata pacifica convivenza tra le differenti componenti della cittadinanza. Il capitolium vero e proprio e e la basilica giudiziaria sono invece frutto di un secondo importante intervento edilizio, datato al III sec.

Facciata della Basilica Giudiziaria. Foto di Jessica Lombardo

Il cosiddetto quartiere settentrionale, invece, racconta di una destinazione d’uso prettamente abitativa, a sua volta diviso in due blocchi: la prima componente del quartiere nord procedeva intorno all’arco di Caracalla seguendo l’andamento del quartiere meridionale, mentre una seconda espansione è stata individuata in corrispondenza del decumano massimo, che devia verso nord-est in quella che sembra una programmazione autonoma.

Fatta eccezione per alcune domus, come quella detta “di Orfeo”, che si distinguono per il prezioso apparato decorativo e musivo, l’area abitativa di Volubilis è un succedersi di modeste abitazioni e di laboratori.

Impossibile non notare quale fosse la produzione che garantiva la sussistenza economica in città: circondata dagli ulivi, Volubilis era, in epoca romana, un medio-grande produttore di olio destinato al commercio interno, regionale e in piccola parte anche nel Mediterraneo occidentale: 56 sono i frantoi rinvenuti nella cittadina, 41 dei quali parte integrante di abitazioni, a testimonianza della coincidenza degli spazi tra uso abitativo e produttivo.

Caratteristica diffusa delle abitazioni di Volubilis, di contro, era la presenza di aggiuntive stanze isolate, quasi un piccolo appartamento riservato e nascosto rispetto ai canonici percorsi interni alla casa; altre domus potevano disporre di una piccola corte quadrata dotata di una vasca centrale con giochi d’acqua, destinata a raffrescare l’ambiente nel caldo torrido della Mauritania, precedendo di qualche secolo l’uso marocchino e andaluso del patio, o giardino domestico interno.

Per ora non colpita dalle folle del turismo di massa, Volubilis è tappa imperdibile di un tour consapevole nel territorio del Marocco: ne testimonia l’indomita natura, le genti libere, le notevoli risorse e ancora offre molto da raccontare.

Veduta di Volubilis. Foto di Jessica Lombardo

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