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Anfiteatro di Boboli

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L’Anfiteatro di Boboli, progettato dal Tribolo per Eleonora di Toledo e realizzato dopo la morte del suo ideatore (1550) fu in origine concepito come un’architettura vegetale, un “Anfiteatro di Verzura” che costituiva l’ingegnosa trasformazione della cava di pietra forte da cui era stato estratto il materiale per la costruzione di Palazzo Pitti. Fu Cosimo II, nell’ambito dell’ampliamento del Palazzo, a decidere di trasformarlo in un anfiteatro in muratura. Con la morte di Cosimo II nel 1621 la trasformazione subì una battuta d’arresto. Tuttavia nel 1628, in occasione delle nozze tra Margherita de’ Medici e Odoardo Farnese, lo spazio ospitò per la prima volta spettacoli e rappresentazioni teatrali, predisponendo una cavea provvisoria per gli spettatori. I lavori vennero ripresi nel 1630 per volere di Ferdinando II, sotto la guida di Giulio Parigi e si conclusero nel 1634. L’Anfiteatro assunse così un aspetto simile a quello attuale, documentato da numerose incisioni che testimoniano gli allestimenti per feste e caroselli. Dopo la rappresentazione tenutasi nel 1739 per l’arrivo del Granduca Francesco Stefano di Lorena, la platea venne trasformata in un giardino formale e l’Anfiteatro perse la sua funzione di luogo per gli spettacoli e le strutture architettoniche andarono incontro ad un progressivo degrado. A metà del ‘700 tutte le fabbriche granducali furono interessate da interventi, compreso le gradonate dell’Anfiteatro. Inoltre, venne costruito un ampio viale carrozzabile per collegare l’Anfiteatro più agevolmente al Cortile di Bacco (1764-65). Il progetto comportò una modifica sostanziale per l’Anfiteatro: il terreno, risultante dai poderosi sbancamenti necessari a far posto alla nuova architettura, venne riversato nella platea, innalzandone il livello, la balaustra che chiudeva il teatro verso il palazzo fu demolita e l’estetica che aveva caratterizzato questa parte del giardino in epoca barocca fu stravolta. Con l’arrivo di Pietro Leopoldo nel 1765 il teatro divenne ambientazione perfetta per le feste campestri, allora molto in voga, che il Granduca volle in alcuni casi aprire al pubblico. Nel 1790, sotto Pietro Leopoldo su progetto di Niccolò Gaspero Paoletti, venne inserito al centro della platea l’obelisco egizio, databile al XIII secolo a.C. portato a Roma al tempo dell’Impero e proveniente dalle collezione di Villa Medici a Roma. Nel 1818 sotto Ferdinando III, vennero inserite, su progetto di Giuseppe Cacialli, le urne in terracotta dipinte alternandole alle statue. Nel 1840, sotto Leopoldo II su progetto di Pasquale Poccianti, fu inserita la vasca in granito rosso (probabilmente appartenuta alle Terme Alessandrine di Campo Marzio) alla base dell’obelisco egizio. Il tramonto del Granducato segnò anche la fine delle celebrazioni di corte e, dopo l’ultima grande festa voluta da Leopoldo II nel 1839 con le scenografie del Poccianti, l’Anfiteatro di Boboli si avviò ad ospitare altri tipi di spettacoli: nel 1906 si svolse lo storico concerto di Pietro Mascagni, al quale nei decenni successivi fecero seguito eventi di stampo patriottico, festività legate alla tradizione popolare fiorentina, oltre a numerose edizioni del Maggio Musicale Fiorentino fino al 1997.

 

Testo dall’Ufficio Relazioni Esterne delle Gallerie degli Uffizi sui lavori al Giardino di Boboli.

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